Erin Brighid Murphy ☼ ???
Fu solo quando l’imponente portone della Sala Grande le si spalancò davanti agli occhi, che Erin riuscì a rendersi lucidamente conto di quanto tremasse.
Il viaggio fino a quel punto era stato tranquillo, avrebbe raccontato, ogni dettaglio perfettamente sotto controllo e l’agitazione impeccabilmente imbrigliata nel morso dell’incoscienza. Non era mai stata brava a masticare le proprie emozioni, Erin, lei se la cavava meglio a viverle e liberarle, ma soffermarsi a riconoscerle e dare loro un nome proprio non le riusciva.
La verità era che se la stava facendo addosso.
Strinse più forte i denti per evitare che sbattessero, quando lo spettacolo mozzafiato dei fuochi fatui nell’ampio salone le riempì gli occhi di lapislazzuli boreali, incrociò le braccia contro il petto e si fece più piccola nella mandria di novellini che Hidenstone si preparava ad ingoiare. Passare inosservata con una chioma del suo calibro era impossibile, ma a dispetto di qualsiasi più usuale spirito d’avventura si accorse di non avere la minima idea di come gestire quanto provava.
Conosceva a memoria ogni angolo di quell’accademia, i racconti di Joshua negli anni passati le avevano fornito una preparazione teorica invidiabile da tutti coloro che la circondavano in quel momento, eppure respirare personalmente l’odore di quella maestosità era tutt’altra storia.
Pensò, in uno slancio di tenero conforto, che avrebbe dovuto rimproverare al giovane una mancata spietatezza nel ritrarre il fascino e il carisma di quella struttura, avrebbe dovuto insistere maggiormente su quanto Hidenstone sapesse mozzare il fiato di chi la visitava.
Non trovò strano aggrapparsi al pensiero del ragazzo mentre avanzava nella navata, predisponendosi di fronte alla statua dello Snaso in ordine con tutti gli altri. Joshua era l’unica certezza in quel salto nel vuoto, ovunque egli fosse in quel momento, e non osò non portarlo con sé anche quando venne il suo turno di farsi avanti.
Esitante, sciolse il nodo delle braccia non appena venne chiamata, avanzò su passi che sapevano di agitazione e trepidazione, quindi estrasse la bacchetta dalla divisa ancora neutrale sperando che nessuno si accorgesse dell’istabilità delle sue dita.
Seguì quanto le era stato detto, comunque, in quello era piuttosto in gamba. Socchiuse gli occhi ed inspirò a fondo, Erin, si prese qualche istante per tagliar fuori ogni distrazione mentale ed emozionale, provando a concentrarsi unicamente sulla vera essenza del proprio io.
«Revelio!»
Se lo sentì sfuggire dalle labbra quando fu inconsapevolmente pronta a farlo, quando ogni sfumatura di se stessa poté dirsi allineata, disposta a farsi leggere, incurante dei giudizi.
Venne fuori tutto il suo altruismo, la genuinità di un animo empatico e comprensivo, ben più attento agli altri che a se stesso, e più che mai pronto a lasciarsi forgiare da un’educazione riservata solo ai più meritevoli.
Sarebbe davvero diventata una di loro?