The angel from my nightmare

E.M.

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  1. Erin Murphy
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    Si incastrarono con la naturalezza di chi non ha mai avuto bisogno di spiegare niente, i loro corpi, trovarono il proprio posto l’uno accanto all’altra guidati dalla più genuina irrazionalità, e quando la nuca di Erin trovò rifugio sul braccio di Joshua qualcosa nell’universo parve rimettersi finalmente a posto.
    Era sempre stato quello il loro innesco più efficace: l’istinto.
    Nessuna promessa aveva mai sporcato d’arroganza il loro rapporto, né avevano mai osato parlare del futuro ostentando un’illusoria resistenza della loro vicinanza, persino l’inizio di ogni nuova estate vedeva sempre l’arrivo a Brighton pulsante del dubbio di non rivedersi.
    Erin aveva sempre voluto credersi disposta ad accettare qualsiasi epilogo, l’affetto che nutriva verso quel giovane sapeva sconfinare i più canonici precetti di quotidianità e aspettativa; a lei la vita piaceva ingurgitarla a larghe sorsate, la staticità di un futuro certo e già scritto l’avrebbe soffocata. Credeva così tanto nella peculiarità del loro rapporto da non saper temere in alcun modo neppure la routine di un anno scolastico, lui era già un pilastro portante di tutta la sua esistenza.
    «Aspettavo di riuscire a scrivere una lettera personalmente. Ti saresti preoccupato sapendomi reduce da una rissa finita male...»
    Quando Eris mentiva le pupille le si restringevano vertiginosamente nelle iridi verdi, e la fronte si distendeva di qualche millimetro sollevandole le sopracciglia aranciate dagli occhi già per natura troppo grandi, quasi a voler diluire l’assurdità di quanto detto in uno sguardo che sapeva sempre come farsi leggere da chi lo conosceva.
    Che si fosse lasciata coinvolgere da una rissa non era completamente improbabile, ma che lo avesse fatto proprio nel periodo che più preferiva in ogni nuova conoscenza era a dir poco impensabile.
    «...Tricopozione Lisciariccio.»
    Le venne fuori come un rigurgito di indomabile sincerità, non tanto per impedirgli realmente di preoccuparsi quanto più per l’insana incapacità di mettere in scena anche solo la più piccola fandonia. Sbatté le ciglia un paio di volte guardandolo fisso negli occhi, immobile in un silenzio che avrebbe condotto all’intuizione di lui dettagli immaginabili in merito alla complicata preparazione di un intruglio fuori dalla sua portata, prima di sciogliersi arrendevolmente in una risata che sapeva di mare, di innocenza, e di complicità.
    Fu liberatorio tirarla fuori, sentire la pancia indolenzirsi per le contrazioni di quella ilarità, fare un tuffo indietro nel tempo alla spensieratezza che avevano assaporato sotto lo sguardo della miriade di stelle di un cielo inglese.
    «Ehi non ho abbastanza tempo per gestirli, okay?» Alzò gli occhi ad indicare la capigliatura dispettosa. «E qui sono tutte sempre così... perfette.»
    Il sorriso le si ammorbidì sulle labbra, fino a svanire in una nube di pensieri all’orizzonte che Erin non era evidentemente ancora pronta ad accogliere. Le piaceva il proprio buon umore, era l’arma che le aveva permesso di risorgere dalle brutture di un passato deciso da altri, non avrebbe concesso alle preoccupazioni di oscurarle il sole finché non si fosse rivelato inevitabile.
    «Dicono che potrebbero rilasciarmi domattina, comunque.»
    Sospirò con calma, una nuova quiete a discenderle nelle viscere, la consolazione di poter finalmente scambiare un dialogo con chi non aveva motivo d’esser schivo o sospettoso. Si era concessa del tempo anche per guadagnarsi delle nuove amicizie, ma in un percorso iniziato in nome di una causa non sua non era facile riuscire a sentirsi al passo con l’ambizione che la circondava. Ogni studente di Hidenstone sembrava disposto a sfoderare i propri artigli per arrivare in vetta, se Hogwarts era stato per lei un acquario di opportunità l’accademia adesso riusciva a sembrarle una vasca di squali in cui sopravvivere o lasciarsi sbranare.
    Aveva già iniziato a chiedersi che diavolo ci facesse lei lì dentro, e qualcosa le suggeriva che non avrebbe smesso molto presto di domandarselo.
    Ma se nessuno prima di Josh si era mai scomodato a lavorare sulla sua autostima, era altresì inconfutabile che la sua pelle si era sempre dimostrata immune al pessimismo, motivo per cui le bastò un nuovo spunto di riflessione a ristabilire il sereno.
    «Hai visto?»
    Puntò il dito di una mano verso la sedia più vicina, indicando la divisa dai colori inconfondibili che le era stata tolta a vantaggio di una canotta sanitaria più comoda e pratica.
    Non aveva motivi per mettere in dubbio la professionalità dello Snaso smistatore, eppure non chiedersi se le proprie volontà non avessero forse influenzato troppo l’intuito della statua era impossibile. Aveva conosciuto l’essenza degli Ametrin sulle labbra di Joshua, dapprima tramite i suoi racconti, poi in quel sapore di rispetto e libertà che le aveva permesso di restare in piedi a dispetto di ogni avversità, contro una famiglia che non l’aveva mai voluta, in equilibrio su sacrifici e costrizioni costanti.
    «Te lo saresti mai aspettato?»
    Lei no, da sempre convinta di avere tutto da imparare da una personalità come quella di Evans, non una sola volta si era concessa di credersi al suo stesso passo, o meritevole dei suoi stessi colori.
    Era l'effetto Hidenstone, forse.


    RevelioGDR
     
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7 replies since 6/11/2022, 23:28   174 views
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