Irina Meier ❤ Studentessa Il viaggio fu un inferno.
Non era la nave a darle fastidio, a lei piaceva l'acqua e il rumore delle onde che si scagliavano a ritmo sulle assi di legno, bensì essere circondata da quelli che sarebbero stati i suoi futuri compagni di scuola. Era stata tutto il tempo rannicchiata in un lato con la testa coperta dalle braccia mentre ripensava alla scelta di suo zio di iscriverla a quella nuova accademia, Hidenstone o qualcosa del genere. La vita a Hogwarts era difficile e per poco non scelse di mollare tutto e trasferirsi altrove, dove nessuno l'avrebbe mai più trovata. Che cosa poteva significare per lei una scuola piuttosto che un'altra? Anzi, cambiare non solo comportava il doversi abituare a nuovi volti e a nuove voci, Dio che fastidio, ma soprattutto a superare il fatidico primo giorno di scuola. Quello dove avevi constantemente gli occhi puntati da chi non riusciva a farsi gli affari propri e, per non dimenticare - e come poteva - la tanto "amata" cerimonia di smistamento.
Lei la trovava così antica, inutile, piena di vane speranze accumulate dall'estasi dell'incerto. La verità è che, proprio come nella scuola precedente, non le interessava dove fosse stata smistata. Neanche conosceva le Case, neanche aveva ascoltato le parole dei responsabili: le trovava così noiose, prive di sentimento, senza passione.
Gli studenti stavano confluendo all'interno dell'Accademia per raggiungere la Sala Grande. Irina era lì con loro, in disparte e cercando il più possibile, per quanto fosse stato nelle sue facoltà, di evitare incroci di sguardi o fastidiose parole sulla sua persona. I fuochi fatui galleggianti le illuminavano il volto e lei non poté fare a meno di osservarli per tutto il tragitto, quasi ipnotizzata dal movimento delle fiamme, mentre passo dopo passo raggiunse la statua d'oro di uno snaso.
Vide quelli davanti a lei essere chiamati uno a uno per prendere la spilla della relativa Casa. Noioso. Non capiva cosa ci potesse essere di così eccitante in tutta quella storia e, a differenza dei suoi compagni, non ricevette il fatidico brivido lungo la schiena quando anche il suo nome venne pronunciato.
«È così che mi chiamo.» si limitò a sussurrare muovendosi al cospetto della statua.
L'unica cosa che aveva capito di quella cerimonia era anche la più importante: bisognava utilizzare un incantesimo per poter attivare il potere della statua. Lo aveva sentito vociferare più volte dagli altri studenti, era chiaro che non fu una sua iniziativa di apprendimento.
Tirò fuori la bacchetta in biancospino e la puntò con fare calmo sulla statua. Il volto della ragazza amorfo. La voglia di sparire dall'attenzione si fece sempre più forte quando si accorse che la scuola intera aveva gli occhi puntati su di lei. Deglutì. Cominciò a tremarle prima la mano, poi il braccio. Il solo pensiero di avere tutta quella gente lì vicino poteva bastare a farla svenire. Ma non si arrese. Ormai aveva cominciato e doveva per forza di cose farla finita.
«R-revelio!» il tono di voce che si fece più alto man mano che le lettere vennero pronunciate.
Qualunque fosse stato il suo destino in quel momento non sarebbe stato più importante della necessità di voler svanire per non fare più ritorno.
«Parlato»