Bet I made you look

Lilith

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    Affrontare le sveglie al mattino si stava rivelando essere più complicato del previsto. Non era riuscito a prevedere quanto il ritmo serrato delle lezioni l'avrebbe prosciugato, ma come al solito affrontava tutto con lo spirito di chi si trova in mezzo alle situazioni e deve semplicemente riuscire a superarle.
    Rimanere indietro non era un'opzione praticabile, neppure a fronte del fatto che si trovava a vivere - per la prima volta in vita sua - in un ambiente totalmente diverso da quello a cui era abituato.
    Era nato in Corea del Sud e aveva vissuto la stragrande maggioranza della sua vita in Giappone, dunque essere lì ad Hidenstone significava essere appiedato al di fuori della sua comfort zone.
    Nonostante ciò se la stava cavando piuttosto bene, l'unico momento realmente duro da affrontare erano i risvegli. Non tanto per la prospettiva della giornata di lezioni da affrontare, quanto perché gli risultava davvero complicato aprire gli occhi.
    Avrebbe voluto dormire ad oltranza e l'espressione stropicciata che si portava in volto quella mattina ne era la prova inconfutabile. Era riuscito ad indossare la divisa quasi per miracolo: aveva l'orlo inferiore della camicia fuori per metà dal pantalone, le scarpe stringate slacciate e la cravatta ancora sfatta.
    I ciuffi di capelli scuri erano aggrovigliati in un nido scomposto di ciocche spettinate e gli occhi dal taglio affilatissimo erano umidi ed arrossati dalla stanchezza.
    Nonostante la sua condizione non proprio rosea, ad occhi altrui il vero problema non sarebbe probabilmente risultato tanto quello, quanto il fatto che stava uscendo dalla porta del bagno per approdare nella stanza circolare principale... direttamente dal bagno delle ragazze.
    Inutile dire come non si fosse minimamente accorto dell'errore.
    Era semplicemente entrato nella prima porta che gli era capitata a tiro, ad occhi praticamente sigillati dal sonno prima di recarsi a fare colazione, ed aveva inesorabilmente sbagliato.
    Non si era ancora accorto del suo madornale errore, in verità, tant'è che procedette nell'addestrarsi nella stanza circolare tirando su indisturbato la zip del pantalone e poi su col naso, riacciuffando la tracolla con le sue cose che aveva abbandonato lì vicino la porta in preda alla fretta di liberare la vescica.

    Ahhhh.

    Un grugnito bassissimo e gutturale, evidentemente contrariato, mentre si rimetteva dritto con la schiena, arroccando la tracolla sulla spalla ed affondando il viso tra le mani per stropicciarlo con forza, ma lentamente.

    Che palle.

    Un sussurro impastato, poi, mentre se ne stava lì a stropicciarsi gli occhi nel tentativo di darsi una svegliata. Fermo immobile al centro della stanza con tutto il tempo del mondo dalla sua parte e solo la colazione ad attenderlo.

    Joo-hyuk
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    Gli allenamenti mattutini di Lilith erano ripresi. Erano ormai mesi che aveva ricominciato a svegliarsi poco prima dell'alba, preparare il suo intruglio di proteine e sali minerali da buttar giù prima di uscire dalla stanza, indossare i suoi pantaloncini ginnici, felpa nera con linee bianche sui lati e le scarpette da corsa. I capelli ricci erano tirati su in una coda di cavallo molto molto alta, che rendeva meno fastidioso quell'accumulo selvaggio di onde che volevano a tutti i costi scappare dalla presa degli elastici.
    Era una routine ormai consolidata e non le pesava per niente. Anzi, grazie a questo aveva recuperato uno spazio solitario dove poter ricacciare via tutte le frustrazioni delle pesanti giornate che la vedevano alle prese con mille impegni, pur di non permettere alla mente di pensare a cosa diamine stava facendo Blake. Inoltre, correre l'aiutava a caricare il corpo con l'energia giusta per iniziare il tour delle lezioni e dei tirocini, le riunioni con il consiglio dei Prefetti e chi più ne, più ne metta.
    Quella mattina aveva fatto esattamente le medesime attività: sveglia prima dell'alba, corsetta, doccia, colazione, qualche chiacchiera con qualche elfo domestico che aveva gentilmente concesso alla riccia di entrare un po' prima per prendere qualcosina da mangiare ed era arrivato il momento di andare in bagno prima che le lezioni la risucchiassero completamente.
    Era proprio in quella fase della giornata dove niente poteva disturbarla, dove la maggior parte dei disagi scolastici erano a dormire e dove - chi era sveglio - lo era per finta. Non poteva succedere nulla che potesse rovinare quel sacrosanto momento delicato, vero?

    Falso.
    Non appena Lilith mise piede nell'antibagno si ritrovò davanti ad un qualcosa che la confuse decisamente. Non poteva essere reale. Insomma, non era difficile riconoscere il bagno delle ragazze, da quello dei ragazzi.
    Ma non era solo questo: davanti aveva uno dei primini, o meglio, quello che sembrava essere un puzzle con i pezzi fuori posto del ragazzo del primo anno degli opali.
    Ma fermiamoci un attimo, facciamo un passo indietro, con una piccola premessa: Lilith aveva mille pregi, tra questi vi era quello che l'aveva resa antipatica agli occhi dei più; la perfezione. Lilith non solo esigeva di essere perfetta, ma voleva che anche gli altri lo fossero. Amava il decoro e pretendeva che si rispettassero le regole. Forse era questo che l'aveva portata a diventare Prefetto dal primo anno. Era davvero strano come una come lei, avesse trovato in Blake Barnes qualcosa di interessante. Ma - disturbi a parte - davanti a lei, la povera metamorpha - aveva la sua nemesi. Lei che non usciva dalla stanza senza la divisa ben stirata, i capelli profumati e la tracolla ordinata all'interno... quello era un incubo.
    Joo-Hyuk stava mettendo a dura prova la stabilità psico-emotiva della ragazza, che lottava con se stessa, cercando le parole giuste per «Sono piuttosto certa che ci sia una spiegazione per tutto questo.» - non ci era riuscita. La povera Lilith aveva davanti ai suoi occhi il disastro più totale.
    «Bagno delle donne. Divisa... malconcia, anche se non rende bene l'idea. Faccia impresentabile. E... non hai chiuso bene la tua zip.» - arricciò le labbra, indicando verso le parti intime dell'Opale, mentre i suoi ricci iniziavano a colorarsi di porpora.
    «Se dovessi contare quanti punti iniziare a togliere alla tua casa, penso che mi ci vorrebbe una calcolatrice.» - sospirò appena, roteando gli occhi verso l'alto, mentre incrociava le braccia sotto i seni, sollevandoli appena; si avvicinò appena e tentò di afferrare un lembo della cravatta «Sai allacciarla?» - lasciò il beneficio del dubbio, mentre gli occhi cristallini non lasciavano il volto dell'orientale.
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    Riusciva a stento a rimanere in piedi a causa del sonno, figurarsi se aveva avuto modo di percepire che qualcun altro aveva fatto il suo ingresso in quello spazio.
    Con gli occhi affilati nascosti dietro i palmi di entrambe le mani, ci impiegò qualche secondo a realizzare che non era più da solo e, nel momento in cui riuscì ad elaborare le parole che la ragazza aveva appena proferito, non potè far altro che voltarsi appena, alla ricerca di qualcuno alle sue spalle.
    Qualcuno che evidentemente non c'era.
    Ma Lilith non poteva star parlando con lui: era appena arrivato e nessuno lo conosceva da quelle parti. Non era affatto abituato all'intraprendenza delle ragazze occidentali. Le sue coetanee, dall'altra parte dell'oceano, avevano sempre fatto fatica anche solo ad incrociare gli occhi con qualsiasi ragazzo capitato a tiro e lui era nato con un pizzico di fortuna dalla sua: non era il classico orientale impacciato e timidissimo. Tuttavia, era abituato alla remissività delle ragazze giapponesi e coreane, non di certo a quell'analisi dettagliata che la prefetta stava facendo di lui e della sua figura scarmigliata.

    Eh?

    Solo a quel punto si rese conto che erano totalmente soli. Quindi sì, la riccia stava parlando proprio con lui.

    Cos'ha la mia fac-

    Non fece in tempo a formulare una domanda che si sposasse alla perfezione con l'espressione accigliata che aveva in viso, che la delicatezza di Lilith lo colpì come una sprangata in pieno viso.

    Ah? Merda.

    Si affrettò ad abbassare entrambe le braccia, mandando le mani a trafficare con la zip nella quale era rimasto incastrato un lembo della camicia, mentre si costrinse a trattenere il fiato nell'avvertire la pelle alla base del collo surriscaldarsi. Si sentì avvampare, tant'è che abbassò lo sguardo affilatissimo sui propri gesti pur di scappare dagli occhi dolorosamente chiari di lei.
    Non avrebbe mai ammesso di sentirsi spinto all'angolo, ma la dioptase non sembrava intenzionata a mollare la presa né ad arretrare.
    Anzi, restò gelato sul posto nel percepire il movimento altrui verso di lui, tant'è che si irrigidì sollevando appena il mento, con gli occhi scuri che scapparono alla ricerca delle mani di lei.

    Credo di no?

    La risposta all'ultima domanda che gli venne posta circa la cravatta suonò un po' troppo interrogativa per i suoi gusti.
    Agli occhi altrui sarebbe risultata evidente la deglutizione con la quale stava cercando di controllare la situazione del suo corpo. Non che non avesse mai visto né toccato una ragazza in vita sua, tuttavia era sempre stato lui a cercare contatto fisico e vicinanza, mai il contrario. Sempre a causa del timido retaggio culturale al quale era abituato.

    Nel senso... non usiamo cravatte di solito in Corea e non ne ho mai avuta una a Mahoutokoro.

    Non voleva mica passare per scemo.

    Davvero mi toglieresti punti perché non ti piace la mia faccia?

    E a quel punto, l'espressione sul suo volto pulito si ammorbidì in una penombra di genuina curiosità. Piegò leggermente il capo verso destra, agganciandosi ai suoi occhi e restituendole un'occhiata affilata ed indagatrice.
    Non le piacevano gli asiatici, oppure più in generale non le piacevano i ragazzi assonnati?

    Comunque ci sono entrato per sbaglio, lì dentro. Mi sa che ho bisogno di un caffè.

    Aggiunse, seppur senza muoversi di un centimetro, riferendosi al bagno delle ragazze. Nascose piuttosto le mani nelle tasche del pantalone restandosene lì impalato in attesa che Lilith gli annodasse la cravatta e prendendosi tutto il tempo del mondo per studiare il suo viso.
    La sua esperienza ad Hidenstone non sembrava essere cominciata nel migliore di modi.
    O forse sì.
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    In questo momento, la vera domanda era: Lilith era troppo sveglia per essere mattina o Joo-Hyuk era troppo addormentato per essere la stessa mattina che la riccia stava vivendo?
    Forse una vera risposta a tale quesito non c'è, tuttavia le cose stavano oscillando tra la tragedia e la comicità, risultando allo stesso tempo interessanti scene di vita quotidiana (?).
    Lilith non si scompose quando l'orientale cercò dietro di sé qualcuno, respirò profondamente e lasciò che si rendesse conto di quale fosse la realtà che lo stesse circondando, con i tempi di cui necessitava.
    Nei suoi cinque anni lì, la riccia ne aveva visti di primini spaesati e non pronti ai ritmi dell'Accademia di Hidenstone, ma l'orientale stava superando ogni aspettativa, rendendo la situazione ancora più complessa di quel che già non fosse. La Prefetta non capiva se fosse sotto effetto di qualche droga o era solo un ulteriore acquisto pessimo che la Burke aveva fatto in tutti quegli anni. Insomma, su dieci alunni, uno doveva pur venir fuori male. Che Joo-Hyuk fosse quell'uno?
    Quando finalmente si accorse di lei, Lilith allargò le mani, quasi a voler chiedere spiegazioni e risposte a quelle domande che aveva posto. Tuttavia, la delicatezza da principessa che la caratterizzava quella mattina, travolse l'opale manco fosse un elefante in una cristalliera.
    Lilith non si scompose davanti all'imbarazzo e ai gesti strani che fece per cercare di rimediare quella situazione, ben notando quanto lo avesse messo a disagio. Eppure gli aveva solo fatto notare che aveva la zip aperta, lo aveva salvato da ulteriori figuracce a lezione, non ci vedeva niente di male, no? Quando smise di arrabbattare una chiusura di quella lampo, Lilith calò lo sguardo per qualche istante sulla patta del pantalone, per accertarsi che fosse tutto dentro la gabbia, quindi risalì lentamente sul volto dell'orientale, concentrandosi sulla sua cravatta.
    Il vero problema non era la zip o la cravatta, era che Joo-Hyuk non aveva acceso la luce nel vestirsi quel giorno e tutto sembrava un perfetto disastro. Lilith socchiuse gli occhi, mentre i ricci continuavano a variare colorazione, diventando lingue di fuoco che non trovavano pace. Sospirò alla sua risposta, quindi spinse indietro la propria tracolla, così da averla dietro alla schiena e con entrambe le mani si concentrò sulla cravatta. «Devo ricordare a Jesse di fare un corso su come allacciare le cravatte, voi Opal non siete propensi nel farlo.» - e lei ne sapeva qualcosa, visto che più di una volta aveva dovuto aggiustare quella di Blake.
    Le dita affusolate della prefetta scivolarono verso il colletto; sfiorando appena la pelle del collo dell'orientale, cercò di sistemare come meglio poteva il tessuto, tirandolo fuori e piegandolo verso l'esterno, così da coprire la parte di cravatta che avrebbe girato attorno al collo. Quindi si spostò in avanti, afferrò il bottone ultimo della camicia e lo chiuse, inserendolo nell'asola «Mica ho detto che non mi piace la tua faccia.» - puntualizzò con fermezza, mentre iniziava a manovrare la cravatta per fare il nodo «Te li toglierei per la divisa mal messa e per essere entrato nel bagno delle donne.» - non faceva una piega, no? Lo sguardò lasciò la cravatta, in quel frangente, per sollevarsi freddo e glaciale sul volto ravvicinato del ragazzo «Per la faccia te ne darei due, forse tre. Ma non compenserebbero quelli persi.» - era chiaro come il primino si trovava davanti ad una delle ragazze più schiette e sincere della scuola, e la migliore a nascondere l'ironia dietro una buona dose di cinismo.
    Il nodo era terminato, ma prima di lasciare libero l'orientale, le dita di lei si infilarono ad afferrare la camicia, all'altezza del bottone chiuso poco prima, per accertarsi che non fosse troppo stretta «Perfetta.» - sussurrò, guardandolo nuovamente.
    Aveva tralasciato di commentare il suo errore fino a quel momento. Non si mosse di un passo, pur avendo terminato di annodare la cravatta «Credo che te ne servino due. E uno è per me, visto che sono stata così buona da allacciarti la cravatta, non credi?» - la sua espressione sembrava non voler lasciare soddisfazione ad un sorriso, come se scomporsi sarebbe stato troppo per lei «Devo anche infilarti la camicia nei pantaloni o lì sai fare da solo?»
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    Non faticava a capire per quale motivo Lilith fosse stata nominata prefetto della sua casata. Il suo modo di fare pratico e la sua lingua affilata facevano di lei il perfetto emblema del leader.
    Tutto si sarebbe aspettato da quella mattinata, meno che di incontrare in bagno qualcuno intenzionato ad applicarsi per migliorare la sua condizione disordinata. Men che meno uno dei prefetti della scuola.
    Nonostante non fosse riservato e remissivo come i suoi conterranei, passava abbastanza inosservato in mezzo al marasma di personalità eccentriche che abitavano quelle mura e a lui andava benissimo anche così. Preferiva di gran lunga osservare e giudicare dalla distanza, piuttosto che aprirsi con chicchessia.
    Non aveva un passato felice e incontrava davvero molte difficoltà nel lasciarsi andare.
    Il fatto che Lilith avesse deciso di invadere il suo spazio vitale, dunque, lo prese abbastanza in contropiede, tuttavia non era uno che si lasciava intimidire troppo facilmente. Ma semplicemente perché era in grado di frapporre fra sé e gli altri una sorta di distacco lenitivo.
    Il tocco dei polpastrelli di lei contro la pelle accaldata del suo collo lo fece rabbrividire, ma cercò di non darlo a vedere. Si limitò ad espirare forte e a stringere le labbra sottili tra loro prima di prendere a tormentare la pelle di quello inferiore con i denti.

    Chi è Jesse?

    Domandò in maniera meccanica, sollevando maggiormente il mento per garantirle più spazio di manovra e mantenendo lo sguardo basso sul suo volto.
    Non conosceva chissà quante persone al di fuori dei suoi compagni di camerata e faceva ancora più fatica a memorizzare i nomi di quelle poche persone con cui aveva avuto modo di parlare. Non ricordava neppure i nomi dei prefetti, per l'appunto.

    Non ho avuto tempo di sistemarla. Non vado sempre in giro così.

    Non stava mentendo e non riusciva a capire se Lilith fosse seria o meno circa la possibilità di sottrarre punti casata in base alle condizioni della divisa degli studenti.
    Nonostante l'aspetto arruffato profumava di buono e pulito, sintomo del fatto che per lo meno si era concesso una doccia prima di abbandonare il dormitorio. E le ciocche scure appena umide avrebbe potuto rappresentare un altro indizio a riguardo.

    Wow. Sei sempre così generosa?

    Tra le tante cose, era anche un po' permaloso e l'espressione che mise su quando si sentì dare "due, forse tre" punti per la faccia lo fece piccare.

    Adesso ho il cuore spezzato.

    Sarcastico nel tono, mandò il sopracciglio destro a sollevarsi vertiginosamente verso l'alto mentre continuava ad osservarla con insistenza. Aveva soltanto bisogno di prendere le misure, Joo-hyuk. La lingua pronta non era mai mancata neppure a lui.

    Dovrei dirti che ti toccherà farti perdonare, ma facciamo che per questa volta hai il bonus cravatta.

    Aggiunse subito dopo, sollevando le dita della mano destra a tastare il nodo preciso che Lilith aveva approntato per lui.
    Tuttavia, il fatto che Lilith non accennasse ad arretrare lo stava mettendo un po' in difficoltà. Di nuovo, sempre per quanto inatteso gli risultasse che una ragazza decidesse arbitrariamente di stargli così vicino senza tremare come una foglia.

    Direi di sì.

    Confermò sulla questione del caffè, ringraziandola solo con lo sguardo, ma pentendosi amaramente subito dopo di essersene rimasto lì impalato nel momento in cui la dioptase gli rivolse l'ultima domanda.
    Incassò il capo tra le spalle, accartocciando il viso in una smorfia.

    Lo so fare.

    Trattenne il fiato mentre procedeva nel sistemarsi la camicia nel pantalone così come era stato "invitato" a fare, evitando accuratamente di incontrare ancora gli occhi di lei per cercare di non sprofondare in un abisso di disagio senza fine.
    Sistemato l'indumento - in maniera discreta - sollevò appena le braccia come a volersi far ammirare.
    O giudicare.
    Ancora.

    Quanti punti? Meno dieci?

    Quella bonaria presa in giro gli sorse spontanea tra le labbra, mentre arricciava queste ultime nel primo sorriso della giornata. Un sorriso morbido e caldissimo.

    Lo vuoi davvero il caffè?

    Aggiunse subito dopo, sistemando meglio la tracolla sulla spalla destra ed accennando all'uscita del bagno con un rapido cenno del capo, a voler indicare la sala grande dove idealmente avrebbero potuto fare colazione.
    Lasciò andare i suoi occhi solo a quel punto, tornando a nascondere le mani nelle tasche del pantalone ed attendendo una reazione da parte di lei.
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    La differenza tra lei e gli altri prefetti stava proprio nell'essere poco morbida anche con i primini. Le regole andavano rispettate e anche se eri nuovo arrivato, dovevi farlo. La mannaia di Lilith sarebbe arrivata sulle spalle di tutti, era per questo che stronza era il suono che riecheggiava alle sue spalle quando camminava nei corridoi della scuola. E come andava fiera di quel titolo, nessuno lo immaginava.
    Tuttavia dietro quella coltre di acidume, la riccia faceva del suo meglio per aiutare chi era in difficoltà, come per esempio Joo-Hyuk che sembrava essere in difficoltà con il mondo intero, quella mattina.
    Lilith scosse il capo, sospirando rassegnata «Jesse Lighthouse. Il tuo Prefetto. Ma non fa niente, per oggi sarò io il tuo Prefetto. Non che tu abbia troppa scelta, no?» - era come se avesse gli spilli pronti per punzecchiare l'altro, sempre in mano. Era qualcosa di disarmante come Lilith riuscisse ad essere al tempo stesso disponibile e distruttiva.
    Chiunque fosse entrato in quel momento, avrebbe potuto notare quella scena, ma la riccia era piuttosto convinta che nessuno avrebbe avuto da ridire o da commentare, temendo maggiormente per la propria incolumità che altro.
    Clarke aveva notato il disagio del ragazzo, probabilmente lo stava mettendo alle strette, ma non era un buon motivo per mollare la presa su di lui. Il povero orientale era incappato in una trappola mortale e per uscirne aveva solo una strada: starsene.
    Sollevò un sopracciglio a quella giustificazione «Lo spero, altrimenti la mattina dovrò passare ad allacciarti la cravatta e accertarmi che la tua zip sia chiusa.» - aveva trovato davvero i punti su cui colpire, anche se in fin dei conti, seppur non lo dava a vedere, lo stava prendendo in giro; sapeva nascondere bene la sua ironia e forse glielo avrebbe detto alla fine di quella scenetta, o forse no.
    «E comunque, per lo meno profumi. Almeno posso distinguere te da un troll.» - questa volta increspò le labbra, cercando di trattenere un sorriso divertito, mentre gli occhi la tradirono addolcendosi appena. Tirò su col naso per cercare di ricomporsi e non far cadere quella maschera di serietà che indossava.
    Scrollò le spalle alla sua domanda «Dici che sono stata larga di voti?» - mezzo passo all'indietro per cercare di osservarlo meglio, finse di star valutando realmente una votazione per l'opale «Forse hai ragione, ho esagerato.» - ancora le spalle si sollevarono per poi ricadere velocemente verso il basso, quindi sgranò gli occhi alle sue successive parole e tirò avanti la sua borsa, aprendola e iniziando a cercare qualcosa «Dannazione, eppure era qui!» - era davvero concentrata, quando finalmente lo trovò.
    Cacciò dalla sacca un rotolino di scotch «Pensi possa bastare?» - glielo porse gentilmente, senza cambiare mai la sua espressione.
    Il fatto che J.H. le avesse risposto a modo, tuttavia, iniziava a rendere più interessante l'orientale, che sembrava discostarsi dai classici primini che aveva incontrato fino a quel momento.«Pensa un po' che fortuna, altrimenti dovevo pensare ad un modo per riparare al danno.» - lasciò sfuggire una sfumatura di ironia nel suo tono, finora monocorda e basso.

    Lasciò che il ragazzo si sistemasse la camicia, osservando come - una volta fatto - si mettesse in mostra «Sai che così, forse, la tua faccia ha acquistato addirittura mezzo punto? Quant'era? 3 e mezzo?» - e notando il sorriso del primino, Lilith si sentì sollevata che non fosse uno di quelli che si mettessero a piangere al primo incontro con lei.

    Il suo lavoro, forse, era finito. Ed ora che J.H. aveva quasi tutto in regola, Lilith poteva andare finalmente al bagno «Ricordati di allacciare le scar---» - la sua frase si interruppe non appena sentì quella domanda.
    Sgranò le palpebre, come se non si aspettasse quell'invito, se così si poteva chiamare. Tuttavia doveva riprendere la sua posizione, quindi prese due lunghi respiri prima di rispondere «Che domande, certo che sì. Dammi giusto un attimo.» - disse, prima di superarlo su un lato e entrare in uno dei bagni.
    Dalla porta chiusa di questo, Lilith decise di non mollare ancora la presa «Direi che merito anche un dolcetto!» - urlò, ed ora celata dalla porta, sorrise per quanto stesse mettendo a dura prova la pazienza del ragazzo.
    Tirò lo sciacquone, si ricompose e uscì, dirigendosi a lavarsi le mani, prima di tornare da J.H. «Proviamo a recuperare questi dieci punti in meno e qualche punto in più per il faccino.» - e fu in quell'istante che la presa allentò, lasciando spazio ad un caldo e dolce sorriso, mentre gli occhi della riccia si accesero per qualche frangente.
    Lilith Clarke

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    La sua capacità di rimanere emotivamente composto gli consentiva di riuscire a reggere ai colpi inferti dalla personalità esorbitante di Lilith. Più o meno.
    In difficoltà ci si sentiva, ma riusciva bene o male a celare il suo stato d'animo dietro un'espressione che sembrava imperturbabile. Memorizzò il nome del prefetto dei Black Opal, seppur abbastanza convinto di non riuscire a custodire quell'informazione troppo a lungo. Era fatto così: riusciva esclusivamente a ricordare nomi e volti delle persone che gli davano un vero motivo per fare quello sforzo.
    Si rese conto a quel punto di non conoscere il nome della ragazza che gli stava davanti.

    E come si chiama il mio prefetto?

    Calcò volutamente il timbro sull'aggettivo possessivo, sentendosi legittimato ad infilarlo nel discorso seppur appartenessero a due casate differenti.
    Fece un po' di fatica a trattenere una risata alle parole di lei circa l'eventualità di aiutarlo ogni mattina con la divisa e lesse un velo di provocazione nel modo di fare altrui. Ma considerate le premesse di quell'incontro fortuito stava cominciando quasi ad abituarcisi.

    Dai, adesso puoi smetterla. Ho capito che ti piace la mia faccia quindi non c'è bisogno di cercare di nasconderlo. Non sarò un figo pazzesco, ma non sono manco così cesso quanto un troll.

    Era sì permaloso, ma in qualche modo aveva capito il giochetto messo in atto da lei.

    Vorrei poter dire lo stesso di te... aggiunse, in riferimento alla questione del profumo ma sei troppo lontana.

    Una sottospecie di celato rimprovero al fatto che si fosse poi allontanata di qualche passo da lui. Saettò anche entrambe le sopracciglia verso l'alto, in un ammiccamento rapido e che si spense subito dopo.
    Quando la vide trafficare con la tracolla in qualche modo sapeva già di doversi aspettare l'ennesima stoccata. Tant'è che prese a guardarla con un'espressione a metà tra il divertito e l'arreso.

    Ah beh dai, poteva andare peggio. Pensavo che tirassi fuori il dito medio dalla tracolla. Ma sarebbe stato un po' troppo old school, in effetti.

    Estrasse una mano dalla tasca del pantalone solo per poter recuperare il rotolino di scotch ed intascarlo senza troppi complimenti. Tornando a guardarla con in viso l'espressione di chi aveva appena vinto un lauto premio.

    Nel caso in cui qualcos'altro dovesse rompersi.

    Si giustificò in maniera sarcastica, celando il probabile reale motivo per cui aveva accettato il nastro adesivo. Magari la ragazza l'avrebbe reclamato, prima o poi.
    Terminato di sistemare finalmente la divisa, roteò le iridi con fare fintamente esasperato alla questione dei punti, ma non aggiunse altro permettendo alla ragazza di recarsi in bagno. Rimase un po' stupito dall'espressione di sorpresa che si accese sul volto di Lilith in risposta alla sua proposta e per un momento soltanto pensò di aver esagerato con quell'invito.
    Ma, dopotutto, non aveva niente da perdere e tutto da guadagnare tra le mura di Hidenstone.
    In sua assenza potè finalmente trarre un respiro di sollievo. Era stato in tensione fino a quel momento, rigido come una corda di violino per quanto avesse cercato di dissimulare la cosa. Non era abituato a rapportarsi a quel modo con le persone e si rese conto che - da quel momento in avanti - avrebbe dovuto cominciare ad adeguarsi ai modi occidentali.
    Si trattava perlopiù di una questione di abitudine, o almeno così sperava lui, mentre si decideva ad allacciare finalmente anche le scarpe.

    Buona idea... alzò il tono di voce per risponderle al di là dalla porta in merito alla questione dolcetto cheesecake o muffin? Attenta a come rispondi.

    Manco fosse una questione di vita o di morte le pose quel quesito, acciuffando la sua figura nel proprio campo visivo una volta che la dioptase tornò nell'antibagno.
    Rispose al suo sorriso con un'espressione altrettanto distesa, osservandola di sottecchi mentre si dirigeva verso l'uscita premurandosi di mantenere la porta aperta per lei.

    A che anno sei?

    Chiese a quel punto, spinto dalla curiosità di capire con chi stava avendo realmente a che fare. Il processo che lo guidava a conoscere le persone era solitamente lento e calcolato. Ci impiegava una marea di tempo a cominciare a fidarsi.

    Solo per fare un conto di quanti caffè dovrò offrirti per tutte le volte che mi annoderai la cravatta da qui alla fine della scuola.

    Mica per altro.
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    Forse quel giorno l'aveva presa troppo allegra, la ragazzina. E si stava prendendo gioco di un povero primino senza che in realtà qualcuno glielo avesse chiesto (oppure semplicemente da un momento all'altro si è evoluta da Prefetto a Caposcuola yeah!), quindi dovette un attimino trattenersi dal ridere, di nuovo mentre il ragazzo le chiedeva come si chiamasse «Lilith Clarke.» - si presentò, sorvolando nuovamente sulla sua carica, per vedere se almeno il suo nome le dicesse qualcosa, ma con i presupposti di Jesse non sembrava essere molto ferrato sul ricordare i nomi, quel piccolo opale. Chissà quanto avrebbe mantenuto quella farsa, lei che di maschere ne sapeva indossare. Alla fine dei giochi, lei aveva bisogno anche un po' di scendere dalla sua carica e concedersi dei momenti di goliardia, peccato che nessuno glieli avesse chiesti.
    Sollevò un sopracciglio, il sinistro per la precisione, sentendo le sue parole. Poi si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo divertito «Diciamo che l'autostima non ti manca sicuramente.» - disse con un tono leggermente tinto da ironia «Peccato che ci voglia più di un bel faccino per poter attirare la mia attenzione.» - sbuffò quell'amara verità che le aveva schiaffeggiato la vita, in pieno viso, quando aveva cercato di distrarsi con altri faccini piacevoli alla vista.
    Rimase colpita, seppur non lo diede a vedere, dall'audacia con cui il ragazzo rispose alla questione del profumo. Tuttavia, J.H non aveva ben chiaro, forse, chi avesse davanti. O probabilmente aveva capito perfettamente tutto e voleva solo metterla alla prova. Sentendo quelle parole, infatti, Lilith si ritrovò a dover annuire appena, quindi tentò fulminea di afferrare la cravatta - di nuovo - del ragazzino e di avvicinarlo tirandolo (senza strozzarlo, per ora) a sé, mentre anche lei si avvicinava. Se questo fosse avvenuto, gli avrebbe lasciato lo spazio giusto tra collo e spalla, per poter sentire il suo profumo: era un misto tra vaniglia nera e argan, note dolciastre ma allo stesso tempo aspre, che si mischiavano al suo balsamo per capelli «Così ti basta?» - gli avrebbe sussurrato all'orecchio, riferendosi alla distanza che ora li divideva, mentre lo sguardo celeste puntava oltre la spalla dell'orientale.

    Dopo aver ripreso il suo spazio, distante da lui, apprezzò che prese il suo scotch e scosse il capo alla questione del dito medio e di altre eventuali rotture «Beh, se non starai attento a come chiudi le zip, potrebbe rompersi anche altro là sotto. Dicono faccia molto male, l'incastro.»
    Finalmente il giovane cadetto (?) potè liberarsi momentaneamente della Caposcuola; Lilith era piuttosto tranquilla, quindi non dovette prendere nessun respiro, sembrava che quello fosse il suo atteggiamento di sempre. Sentì la proposta di J.H
    e il suo stomaco sembrò rispondere prima di lei «E perchè scegliere quando posso averle entrambe?» - si accontentava di poco lei.
    Altro frangente di stupore che non riuscì a celare, fu il notare la gentilezza dell'orientale nel tenerle la porta. Passò oltre «Grazie» - bofonchiò questa volta leggermente impettita, per poi distendersi alla domanda e indossare un'espressione concentrata: portò un dito al labbro inferiore, gli occhi all'insù e arrestò di poco il passo «Hm... stando ad una stima approssimata, beh ... avrai abbastanza caffè da offrirmi, tenendo presente che ne bevo più di uno al giorno.» - rise piano, quindi rispose alla reale domanda «Sono al quinto anno. Ed è giusto che tu sappia che non sono un Prefetto.» - lasciò del silenzio tra loro, come a voler vedere la reazione del ragazzo «E nemmeno Jesse. Siamo i caposcuola.» - lo guardò con la coda dell'occhio, sollevando un angolo delle labbra in qualcosa di molto simile ad un ghigno.
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    Cominciare la sua avventura scolastica facendosi riprendere per le condizioni della sua divisa non era in programma. Tuttavia, quell'incontro stava prendendo una piega abbastanza inaspettata.
    Aveva messo piede a Hidenstone con tutta l'intenzione di passare inosservato, non cacciarsi nei guai e superare gli anni scolastici nel migliore dei modi e il più in fretta possibile, ma le premesse a quel punto sembravano ben altre.
    Il nome dell'altra smosse dentro di lui qualche ricordo recondito, ma ultimamente aveva bisogno di ricordare talmente tante cose e di prestare attenzione a tante di quelle situazioni che proprio non riusciva a capire dov'è che l'avesse già sentito.
    Per evitare di fare figure barbine, dunque, optò per non commentare affatto quell'informazione né di presentarsi a sua volta, visto che non gli era stato chiesto.

    Più di un bel faccino? E cosa? Oltre alle zip abbassate, s'intende...

    Non aveva alcuna intenzione di offenderla e l'espressione sottilmente divertita che aveva in faccia avrebbe dovuto suggerirglielo.
    Lui era fatto un po' allo stesso modo, in realtà. Si concentrava su ben poche cose per volta ed eliminava dal proprio raggio d'attenzione tutto ciò che non reputava degno del proprio tempo. Difficilmente tendeva a far intuire quel lato del suo carattere, celandolo dietro una fosca coltre di garbo ed il suo aspetto orientaleggiante lo aiutava nel mantenere su quel velo di mistero.
    Tuttavia, Lilith continuava a metterlo a durissima prova.
    L'aveva provocata, certo, ma non si aspettava affatto che la dioptase azzardasse tanto. Nella sua precedente vita prima di Hidenstone, a Mahoutokoro, nessuna aveva mai osato tanto.
    Restò pietrificato sul posto, in bilico sui propri piedi, con la punta fredda del naso ad un centimetro scarso dalla pelle del collo di lei. Trattenne il fiato, gli occhi sgranati contro la figura offuscata di lei a causa della vicinanza, e la testa che cominciava a girare all'impazzata a causa del sangue che pompava forte nelle vene.
    Deglutì silenziosamente e restò immobile, cercando di trovare le parole adatte per reggere il momento, ma era in evidente difficoltà.

    Meglio.

    Il tono spezzato avrebbe suggerito alla ragazza più di quanto lui avrebbe voluto far trasparire: era combattuto tra la necessità di allontanarsi e riprendere fiato e quella di spingersi contro di lei per dar retta all'ormone.

    Accettabile, direi.

    Stava mentendo spudoratamente e il linguaggio del suo corpo l'avrebbe tradito. Riconquistò infatti il suo spazio vitale portando le dita di una mano ad allentare di pochissimo il nodo della cravatta. Si sentiva quasi soffocare.
    Fortunatamente l'espressione del suo volto restava imperscrutabile. Tutto merito dei suoi tratti somatici affilati che lo aiutavano a darsi un'aria algida e distaccata.

    Ok, risposta corretta. Però non esagerare con gli zuccheri, altrimenti stanotte rischi di non riuscire a dormire.

    Proferì quelle parole mentre si avviava verso la porta, seguendo poi Lilith fuori dall'antibagno e vendendosi costretto a fermare il passo nel momento in cui lo fece lei.

    Uno al giorno è più che sufficiente, non vorrei averti sulla coscienza in caso di crisi di pressione alta.

    Avrebbe voluto controllare le espressioni del suo viso nel momento in cui apprese la reale carica ricoperta da Lilith, tanto perché di figure di merda da tizio con la memoria di un pesce rosso ne aveva fatte abbastanza, ma non ci riuscì. Le palpebre affilate si schiusero sugli occhi scuri e le labbra di socchiusero appena in una smorfia sorpresa.

    Aaah, ecco dove avevo già sentito il tuo nome.

    E fu in quel momento che si rese conto di aver appena invitato a fare colazione uno dei Caposcuola. Lui, che era arrivato da pochissime settimane e che cercava di starsene in disparte poiché ormai già annoiato da tutti quei compagni che gli davano erroneamente del cinese.
    Nonostante l'ironia della situazione, non sembrava intenzionato a tirarsi indietro né a lasciarsi intimorire.

    Quindi le cose sono due: o non siete di quei Caposcuola che se ne vanno sempre in giro insieme a terrorizzare tutti oppure la mia faccia è talmente irresistibile che non te la sei sentita di rifiutare il mio invito.

    Suonava ironico, ma in realtà non lo era. Il suo era un modo come un altro per cercare di capire chi aveva davanti e quali erano le reali motivazioni che l'avevano spinta ad acconsentire a seguirlo.
    Forse era stata la fame o la reale necessità di buttare giù un caffè, ma essendo sospettoso di natura le cose aveva bisogno di sentirsele dire in faccia.
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    Nonostante non lo desse a vedere, quella era Lilith quando era di buon umore. Non che fosse una che si prendeva gioco dei novizi, ma le piaceva, di tanto in tanto, lasciarsi andare a qualche scherzo fatto in maniera ben pensata e Joo-Hyuk si stava prestando alla perfezione. Inizialmente, doveva ammetterlo, aveva pensato davvero di sottrargli dei punti per com'era conciato e per il fatto che fosse entrato nel bagno dei ragazzi, ma visto che si era svegliata di buon umore, lo aveva graziato (?) e aveva reso più piacevole (?) quel loro primo incontro.
    Non aveva realmente capito quanto potesse essere a disagio J.H e se solo Lilith lo avesse compreso... avrebbe fatto un tantino peggio. Stiamo pur sempre parlando di colei che ad Hogwarts si faceva pagare gli appunti in favori a dir poco consoni all'ambiente scolastico. Ad Hidenstone non era cambiata poi così tanto, almeno fino a quando non aveva messo la testa a posto con Blake, ma ora che lui non c'era più e chissà dov'era, stava pian piano riprendendo le vecchie abitudini.
    Dopo essersi presentata, Lilith pensò bene di evitare di ricambiare la domanda, almeno per il momento, in quanto aveva ben altro a cui sottoporre il primino. «Se te lo dicessi, rovinerei ogni possibilità di metterti alla prova e riscattare il tuo punteggio totale, non credi?» - rispose, sollevando l'angolo sinistro delle labbra. Lilith aveva trovato pane per i suoi denti, finalmente un primino che le rispondeva a tono e non faceva la parte del bamboccione che si lamentava per aver perso punti o calava la testa per la sgridata del Prefetto di turno (ops, caposcuola!)
    Rimase qualche istante in silenzio, prima di puntualizzare su una cosa «E a me le zip piace abbassarle, non trovarle già giù.» - certo che voleva proprio metterlo sui carboni ardenti, la riccia.
    Lei continuava a non scomporsi, mantenendo un giusto equilibrio tra il detto e non detto, in quel gioco di battutine spezzate da silenzi che per lei non erano per niente imbarazzanti, ma che parlavano più di ogni altro suono in quel bagno.
    Joo-Hyuk stava imparando diverse lezioni, quella mattina, nel bagno delle ragazze.
    Lezione numero 1. La divisa va portata in maniera corretta. Lezione numero 2. Lilith era una che puntualizzava su tutto. Ma la lezione più importante era la numero 3. Quella che Joo-Hyuk aveva imparato sulla propria pelle: mai provocare Lilith Clarke. Lei non temeva di accorciare le distanze, di osservare la reazione che un ragazzo potesse avere alla sua estrema vicinanza e - cosa più importante - lei accettava sempre una sfida. Anche quella più nascosta e implicita.
    Sentì quasi il suo respiro sulla pelle del collo, ma lei non si muoveva, era a suo agio come poche ragazze sarebbero state in quella situazione; per un frangente così breve le parve quasi di sentire il respiro di lui fermarsi e il suo cuore accelerare, ma probabilmente era una sua impressione. Un'impressione sui cui avrebbe fatto leva, facendo scivolare piano il volto e girandolo verso il suo orecchio. Era così vicina che forse anche lui avrebbe potuto sentire il suo respiro «Per sentire il mio profumo... devi respirare...» - gli sussurrò all'orecchio, sfiorando quasi impercettibilmente la pelle del padiglione, per poi volgere di nuovo il collo a quel tentativo di omicidio che stava mettendo in atto (?). Era così tangibile il disagio dell'opale che una persona molto più empatica di lei avrebbe fermato quella tortura carnale (?)
    Cercava di mantenere un contegno, si vedeva, si sentiva... e Lilith ci sguazzava un po'. Sollevò un sopracciglio e spinse il suo corpo verso quello di lui, a sfiorare i due petti, mentre la mano destra si posava delicatamente sulla sua guancia «Accettabile... credi che io mi possa accontentare di un accettabile?» - avrebbe parlato piano, prima di sbuffare un piccolo risolino e allontanarsi «Dovrai rimediare anche a questo...»
    Notò come il nodo alla cravatta sembrava essergli più stretto, ma non disse nulla.

    «Ricorda, non do mai risposte sbagliate. E se non riuscirò a dormire, manderò il tuo prefetto a svegliarti, cosicché tu possa aiutarmi a fare una ronda notturna straordinaria.» - questa volta era udibile il tono ironico, condito dall'occhiolino che fece quasi in contemporanea con il terminare della sua frase.

    Lo guardò con un sopracciglio sollevato, che sembrò scattare quasi istintivamente verso l'alto «Sai quanti caffè servono per mantenere anche solo lontanamente il passo con la mia media alta? Tranquillo, fanciulletto, non mi perderai per uno sbalzo di pressione. Ma non ti affezionare troppo, l'anno prossimo potresti soffrire di astinenza...» - sì, sapeva essere davvero perfida delle volte, soprattutto con i soprannomi.
    Scrollò il capo esasperata e divertita allo stesso tempo «Penso che tu sia troppo fissato con la tua faccina, Narciso. Semplicemente sono curiosa di sapere cosa c'è dietro quel faccino. Insomma, Mr. Zip Calata avrà un nome, per esempio? E... credo che tu non sia di qua... quindi, per sapere tutte queste cose era necessario che tu mi offrissi un caffè.» - sì, necessario.
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    In realtà non aveva la più pallida idea di chi fosse la persona con la quale si stava accompagnando quel giorno, seppur continuava ad approcciarsi a lei come se avesse un'idea chiara a riguardo. Non gli piaceva granché fare salti nel vuoto, semplicemente perché non sapeva cosa aspettarsi, tuttavia Lilith si stava rivelando essere una compagnia interessante e, per uno che non aveva niente da perdere, la Dioptase non poteva che rappresentare un'opportunità.
    Un'opportunità di che tipo? Non avrebbe saputo dirlo, in verità.
    L'unica cosa che aveva compreso per certo era che la ragazza non si sarebbe mai tirata indietro a fronte di provocazioni e che, al contrario, avrebbe rincarato la dose. Un atteggiamento anomalo per lui - in virtù delle esperienze con il genere femminile che aveva avuto fino a quel momento - ma non per questo meno intrigante.
    Si sentì avvampare nel momento in cui la Clarke accennò alla questione dell'abbassare le zip, ma cercò di non darlo a vedere, per quanto il rossore della pelle alla base del suo collo avrebbe potuto tradirlo.

    Da queste parti non puniscono se scoprono gente ad abbassare zip ad altra gente?

    Aveva ricordi non troppo rosei di esperienze del genere a Mahoutokoro, dove il decoro era potenzialmente la prima prerogativa da rispettare.
    Non riuscì tuttavia ad argomentare il suo dubbio perché Lilith si fece talmente vicina da costringerlo a tacere e ghiacciarsi sul posto. Riuscì a non arretrare meccanicamente solo perché si costrinse a farlo, ormai conscio del fatto che non poteva permettersi di mostrarsi più vacillante di quanto non fosse agli occhi della Caposcuola.
    Nonostante il respiro spezzato, riuscì a percepire parte della fragranza che spandeva dalla figura di lei, ma le sue parole azzerarono ogni barlume di razionalità che aveva addosso, provocandogli una scarica di adrenalina talmente forte da fargli quasi tremare le gambe.
    Trasalì in silenzio, contraendo meccanicamente il collo in risposta al tocco di lei contro il proprio orecchio e per quanto si sforzasse di mantenere il suo respiro più lento e silenzioso possibile, il fiato si fece pesante.

    Per oggi mi sa che ti tocca accontentarti.

    Non sapeva neppure lui da dove stava riuscendo a trovare la forza per risponderle per le rime, piuttosto che allungare le mani per trascinarla verso di sé. Il fatto che conoscesse esclusivamente il suo nome probabilmente lo aiutava, guidato dalla sua tendenza a rimanere a distanza da chi conosceva a malapena.
    Tirò un sospiro di sollievo solo quando riuscì a riguadagnare una certa distanza da lei, più che altro perché così facendo poteva mantenere una certa dose di autocontrollo su se stesso.

    Ed è legale?

    Domandò, seppur in maniera divertita, a proposito della ronda notturna, per quanto l'idea lo elettrizzasse abbastanza. Dopotutto, girare per la scuola in compagnia di un Caposcuola dopo il coprifuoco gli avrebbe assicurato di evitare eventuali punizioni.
    Sentirsi appellare con un diminutivo lo fece piccare, tant'è che le lanciò un'occhiata accigliata di sbieco. Tutto si sentiva, meno che un fanciulletto.

    Pensa, ti ho appena conosciuta, devi ancora finire l'ultimo anno e già mi manchi.

    Ironizzò piegando le labbra in un sorriso paraculo mentre si avviava assieme a lei alla volta della sala grande.

    Joo-hyuk. Il resto arriva dopo il caffè, non avere fretta.

    Prendersi i suoi tempi era una delle sue dinamiche di base. Si comportava sempre come se avesse tutto il tempo del mondo dalla sua e forse non aveva neppure torto.
    Dopotutto, la pazienza l'aveva sempre portato lontano e lui ne aveva molta. C'era solo da capire quanto Lilith fosse in grado di resistere prima di fargliela perdere tutta, perché le premesse conducevano proprio lì.
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