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Privata

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    i sentiva un idiota – anche più di quanto ci si sentisse solitamente, il che era quanto dire. Da scemo, si era messo in testa (buffo, visto che quel “cambiamento” riguardava proprio la sua testa) di dover cambiare qualcosa di sé, come se iniziando da qualcosa di piccolo avrebbe dato il via a qualcosa di via via sempre più grande.
    Aveva letto da qualche parte – tipo una miriade di volte – che chi voleva cambiare cominciava dai capelli e lui l’aveva preso alla lettera. Aveva avuto la medesima chioma castana da tutta la vita, ma non si era mai immaginato di averne di un colore differente – né tantomeno quello che ne era uscito fuori dopo un disperato e stupido tentativo.
    Aveva preso una mistura a poco prezzo in un negozietto fatiscente di Denrise – e già da lì probabilmente avrebbe dovuto immaginarsi il più nefasto degli esiti. Imperterrito, era tornato a lavoro (si era appostato in un vicolo poco trafficato, in modo da non dare troppo nell'occhio) continuando a ripensare al tubetto di colorante che stava su in camera ad attenderlo, meditando sui pro e sui contro.
    Aveva incontrato i vecchi compagni di scuola già parecchie volte negli ultimi tempi, per cui il fatto che potesse disgraziatamente capitare di nuovo nell’immediato futuro era decisamente improbabile: come pro, quindi, poteva considerare che nessuno di loro avrebbe avuto modo di deriderlo, eventualmente. I contro erano un po’ di più: l’idea di doversi abituare ad un “nuovo Oliver” lo spaventava quanto quella di doversi guardare per forza allo specchio e vedere una persona completamente diversa.
    Biondo cenere, aveva preso.
    Peccato che alla fine si rivelò essere un rosa vomito smorto del millequattrocentoventisei andato a male.
    Non poteva neanche dire di avere un casco di banane in testa, sembrava più una palla da bowling color Big Babol spampinata. Imprecò talmente tanto forte, guardandosi allo specchio, che lo udì anche il tossico al piano di sotto – pensando che gli fosse venuto un infarto.
    Non gli aprì neanche, dopo quando andò a bussargli alla porta, dicendo che andava straordinariamente. Cosa aveva sbagliato? L’aveva lasciato troppo in posa? O ci aveva vomitato dentro un Unicorno senza che se ne accorgesse? Tentato di rasarsi a zero per togliersi il pensiero, decise di aspettare almeno due giorni – il tempo che quella bettola riaprisse giusto per andarne a dire quattro alla proprietaria – e vedere come rimediare.
    «Che cazzo ti guardi»
    Effettivamente non era neanche una domanda, quella che Oliver - quasi biascicando con le parole - aveva rivolto alla tipa che, dall'alto, sembrava essersi particolarmente affezionata alla sua visione. Corrugò la fronte, indispettito, riportando la canna alle labbra e facendo un lungo tiro senza smettere di guardare la ragazza.
    «Ah, fanculo»
    E accompagnò la frase con un gesto della mano, come a voler lasciar perdere, e una scrollata di spalle guardando nella direzione opposta.
    Aveva raggiunto il tronco di quell'albero, al limitare della Foresta di Denrise, sicuro che nessun ragazzino di Hidenstone avrebbe avvicinato un fattone scorbutico tinto di rosa che voleva solo essere lasciato in pace, ma evidentemente ci aveva visto storto.
    Un po' com'era sicuro che presto l'avrebbe guardato quella sconosciuta - che poi, facendoci caso, tanto sconosciuta non era. Ci sarebbe arrivato prima o poi.
    Tempo al tempo.
     
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    Bloom aveva bisogno stare un po’ da sola e quel giorno decise che sarebbe andata nella Foresta lontano da tutti. Le emozioni che provava in quel momento ne aveva fin troppe: l’ amore per Krasus e Vath che avrebbe voluto cancellare dal suo cuore, ma a quanto pare non era possibile e l’ incondizionato amore che lei provava per Alton, un uomo appena conosciuto in tante circostanze, ma non capiva bene perché l’ uomo le tornava sempre tra i pensieri e non riusciva a liberarsene facilmente.

    ‘Perché Alton mi tormenta ogni volta che ci penso...non voglio ma non posso farci nulla sto cercando di capire il motivo della scelta del mio cuore ha scelto lui invece degli altri ? Bo’ non lo riesco a immaginare... ‘

    Pensò la rossa tra i pensieri mentre si sedette sotto un albero quando la voce di un ragazzo la fece saltare in aria e facendola voltare verso di lui.

    “Che modi sono! Non si rivolge così a una ragazza .“

    Disse Bloom un po’ arrabbiata on si ricordava bene chi fosse, ma durante il suo sesto anno conobbe un ragazzo che era in un’ altra casata i Serpeverde. Ne aveva conosciuti molti. Cercò di capire bene chi era quella figura che l’ aveva osservata una volta che si voltata mentre stava ferma sull’ altro fonte vicino ad un ‘altro albero.

    ‘ Ma chi è ? Non sarà qualcuno della mia vecchia scuola a Hogwarts ? ‘

    Mentre la sua mente cercava di fare luce chi lui fosse ma ovviamente non riuscì a mettere a fuoco il nome della figura misteriosa, anche se non lo era doveva dar tempo ai suoi ricordi di scuola di poter riaffiorare. Di certo ci vorrà del tempo ma sicuramente avrebbe capito chi fosse una volta dopo tanto tempo che non si vedevano sperava che si sarebbe ricordata di lui ma come direbbe un detto: tempo al tempo... forse i ricordi ritorneranno.
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    l fatto che l’altra gli stesse dando a parlare come se Oliver avesse la minima idea di chi fosse lo faceva quasi sorridere – poi notava il modo insistente con cui lo stava fissando e passava tutto. Subentrava l’incazzatura, maggiormente perché si era immaginato una simile reazione della gente al solo vederlo conciato in quello stato. La gelataia, quando prima si era azzardato a mettere piede nel suo negozio (nelle cui pareti pareva averci vomitato un unicorno), gli aveva persino riso in faccia. Che cazzo di problemi aveva la gente? Come se l’ex Serpeverde fosse stato il primo ragazzo al mondo che avesse deciso di “provare” a tingersi i capelli.
    Fanculo.
    E quello stesso “fanculo” lo aveva riservato di cuore anche alla sconosciuta – che poi tanto sconosciuta manco era (come forse avrebbe scoperto a breve).
    Ma la vera domanda a quel punto era un’altra: perché gli stava persino parlando? Il Jackson alzò gli occhi al cielo mandandola mentalmente a quel paese per l’ennesima volta, ma questa volta – piuttosto che esprimersi a parole – fece un altro generoso tiro dalla bomba che aveva tra le dita per annebbiarsi ancor di più la mente. Ci vide persino doppio, per un momento, credendo (come un idiota) che ci fossero due cagacazzi anziché una a rompergli le scatole.
    Due nuvolette di fumo biancastre gli fuoriuscirono dalle narici mentre sbuffava.
    Aggrottò la fronte e prese a fissarla a sua volta. Non era certo la prima volta che la vedeva. Ma dove poteva collocarla? Ci pensò un po’ su senza emettere alcun fiato, ma piuttosto continuando a fare qualche tiro della sua canna.
    Non poteva certo essere una vecchia amica. Lui non aveva amici. Né nuovi, né vecchi. Se li era giocati tutti quando aveva deciso che la droga sarebbe stata l’unica amica della sua esistenza: quella che gliel’avrebbe migliorata e quella che, a lungo andare, gliel’avrebbe tolta.
    Era già sulla buona strada.
    Madyson, Quinn, Fabien, Reese, Theo, Marte, Will, Roy, Elia, Octavia.
    Tutti andati.
    Avevano visto la parte peggiore di lui e ne erano rimasti schifati.
    «Ragazzo o ragazza, io faccio quello che mi pare»
    E alzò gli occhi al cielo guardando dalla parte opposta a quella della ragazza, la canna di nuovo fra le labbra.
    E la testa già altrove.
    «E comunque ci sono un sacco di alberi eh, giusto per dire»
    Che fosse un modo per esortarla a cambiare posto? Poco ma sicuro.
    D’altro canto era lei quella non propensa a sopportare le male parole di un Oliver Jackson alquanto irascibile – vista la situazione. Perché allungare così tanto la sua agonia?
     
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2 replies since 4/11/2022, 12:48   89 views
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