Buoncompleanno! - 2 maggio

Blake&Louise

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    BIPOLARE CON DRAMMA
    stato emotivo persistente che, quando estremo, altera sentimenti, pensieri e comportamenti.
    Il 2 maggio era il suo compleanno e Blake non era mai stato fan, davvero dei compleanni. Non era uno che si perdeva in quelle cose, in quanto il suo non è che tanto se lo ricordava come un giorno di festa, o comunque mai nessuno glielo aveva fatto ricordare come tale. Jesse ci aveva provato, Aaron ci era anche riuscito in alcuni anni, ma era comunque molto, molto, difficile per lui fare quello che in realtà stava facendo in quel momento. Aaron si era ricordato di fare un pensiero a Louise, non sapeva cosa diavolo stesse combinando il maggiore con la ragazzina, ma era sempre più sicuro che lei avesse una cotta per lui. Si scambiavano sempre sguardi di intesa, si vedevano spesso ed era più che convinto che non era certamente per chissà quale terapia, e non sapeva perché, ogni volta che Aaron e Lu erano dentro la stessa casa lei era sempre mezza nuda. Adesso, era convinto al cento per cento che Aaron non l’avrebbe mai toccata in quel senso, insomma uno c’era sempre Markab, due non era il suo tipo, tre Evelyn se ne era andata e vedeva il fratello come guardava le donne: diffidenza e disprezzo che non aveva fine. Quindi di quello era sicuro. Comunque, aveva un piccolo pacchettino in mano, era una busta, di un colore Lilla a dire la verità, all’interno c’era un buono per dei vestiti nuovi. Il buono era incantato, nel momento in cui lei entrava in un negozio, la tessera cambiava marchio, così da consentirle di spendere i soldi che vi erano dentro (non specificati) in tutti i negozi che voleva. Quello era il regalo da parte di Aaron. Blake, invece, aveva deciso di farle un bigliettino con scritto “Amsterdam” ed allegato un biglietto, facsimile. Ovviamente non sapeva esattamente quando voleva e poteva andarci, quindi aveva predisposto un viaggio, ma non aveva neanche la certezza che lo avrebbero fatto insieme. Aveva la sua bustina in tasca, la sua sigaretta in bocca e si era fermato sul suo muretto. Le aveva mandato un messaggio e le aveva chiesto di vedersi al solito posto. Ecco, quella era una cosa insolita: Blake non era propenso a chiedere di vedersi mai a nessuno, in genere andava lui direttamente esattamente dove doveva andare. Si mise al a cazzeggiare e rispondere ai messaggi su instagram, fece un videomessaggio ad una ragazza e l’aspettò semplicemente. Ovviamente la puntualità era tutto, perché odiava aspettare e se non fosse arrivata quando lui aveva richiesto, avrebbe trovato solamente la bustina con scritto su: Auguri dai fratelli Barnes!
    La verità era che lui li non voleva esserci ed ancora meno voleva affrontare quella ragazzina in quel momento della sua vita dove sembrava quasi che i fantasmi del passato fossero tornati nel presente ancora più prepotenti di prima. Non aveva veramente voglia di avere una conversazione con lei che parlava di suo zio o di Alton. Dalla litigata che avevano avuto subito dopo la gita, era passato per lo più un mesetto dove loro non si erano rivolti parola, e dove Blake non aveva avuto la minima intenzione di sapere come stava. Louisa veniva seguita da Aaron, Aaron sapeva esattamente cosa e come doveva fare le cose, non serviva che ci fosse anche lui nella sua vita, specialmente perchè non voleva, in nessun modo, parlare con nessun essere umano. Insomma era un periodo strano e voleva stare per fatti suoi, ma ovviamente, Aaron Barnes era il suo tutto, prima di tutto il suo grillo parlante ed ancora una volta, era riuscito a convincerlo di "fare un tentativo". Che poi cosa diavolo voleva dire fare un tentativo? Le aveva comprato il regalo, non bastava come tentativo? Non poteva darglielo lui che la vedeva una volta a settimana? Tutto quello era assurdo ed era ancora più assurdo il fatto che quello stronzo di suo fratello riuscisse a manipolarlo in quel modo. Lo detestava quando faceva così, quando riusciva ad entrargli dentro la testa e fargli fare esattamente quello che lui voleva. Sbuffò ed attese che Louise arrivasse. Aveva poca pazienza quindi sperava che non piantasse troppe scuse e che si muovesse ad arrivare.
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    Blake Barnes
    Quando sei pazzo, pazzo come questo, non lo sai. La realtà è ciò che vedi. Quando ciò che vedi si sposta, allontanandosi dalla realtà di chiunque altro, per te è ancora realtà.


    Edited by Blake Barnes - 27/6/2022, 17:20
     
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  2. Louise De Maris
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    Stato di autonomia essenzialmente sentito come diritto, e come tale garantito da una precisa volontà e coscienza.
    Avrebbe preferito che il giorno del suo compleanno non fosse mai esistito. Prima del rapimento, l’aspettava con ansia, perché i suoi genitori erano solito far qualsiasi cosa di speciale per lei: una torta, portarla allo zoo o alle giostre, insomma, eventi che non accadevano tutti i giorni. La famiglia De Maris non se li era mai potuti permettere, per il semplice fatto che il guaritore Pacome esercitava in proprio e, spesso, non si prendeva nulla di soldi da coloro che non potevano permettersi di pagare, qualsiasi fosse stato il motivo. Suo padre era un uomo buono e parte delle sue entrate le conservava tutti gli anni per regalare a sua figlia quel giorno speciale tanto atteso. Dopo la sua morte e quella di sua madre, però, le cose erano cambiate: il 2 maggio si era trasformato nel giorno più brutto di tutto l’anno, semplicemente perché Evrard si trasformava in una bestia. L’unica cosa che realmente la salvava dalla brutalità che l’attendeva era che fosse ancora a scuola. Ma se capitava che il ricordo della sua nascita capitasse in un giorno festivo, come sabato o domenica, allora lì era un problema. Il 2022, però, non lo considerava proprio il suo anno, perché il 2 maggio cadeva di lunedì e l’uomo aveva tutto il potere di far ciò che avrebbe voluto farle il giorno prima, 1 maggio. Se l’era cavata con una caviglia zoppicante per una storta, qualche livido disseminato qua e la e un occhio nero, che aveva cercato di coprire con correttore, fondotinta e cipria, inutilmente visto che rimaneva comunque visibile un alone nero. Era difficile farlo sparire senza possedere un correttore aranciato. Louise rise amareggiata: possibile che in tutto quel casino del cazzo stava pensando a un fottuto correttore? Era accovacciata in un’alcova di siepi, al fresco e, soprattutto, nascosta alla vista di tutti: osservava il panorama, ma nessuna lacrima le rese lucidi gli occhi né le bagnò le guance. Non aveva più lacrime in corpo, ormai. Le aveva lasciate sfuggire via d’impeto dopo la litigata con Blake e nei giorni a seguire, fino a quando si era rassegnata alla sua solitudine. Era per quello che avrebbe voluto farla finita: a che serviva vivere se nessuno la capiva? Il giorno di quell’attacco di panica in presenza del Black Opal era stato per lei un grosso colpo: lei odiava che gli altri la vedessero debole, vulnerabile, indifesa, odiava profondamente sentirsi una “povera donzella” incapace di qualsiasi cosa, di difendersi, di salvarsi. La sua mente viveva un eterno conflitto: accettare la sua condizione o continuare a combatterla, seppur ciò significava rimaner sola?
    Non era colpa sua se soffriva di attacchi di panico, eppure lei si era rimproverata severamente per quanto accaduto: la sua vita aveva continuato a scorrere come sempre, ma solo la ragazzina conosceva la fatica di buttare cibo in uno stomaco chiuso e di vomitarlo poco dopo perché le rimaneva su come un peso. Era dimagrita ancora di più, ma era riuscita a nasconderlo grazie ad alcune felpe larghe e pantaloni a palazzo, che non fasciassero la sua figura. Nessuno se n’era accorto, forse nemmeno Aaron, a cui non aveva raccontato di quanto accaduto in cabina, della quasi allucinazione che aveva avuto. C’era una domanda che le martellava la testa, divenendo il suo chiodo fisso di giorno e di notte, senza che le dasse la tanto agognata tregua: Sono malata?
    Era un buco nero, senza fondo e ciò le faceva una paura immensa. Avrebbe potuto tagliarsi, ma si era aggrappata all’esile filo di speranza che tutto, un giorno sarebbe cambiato. Sapeva, ma non l’ammetteva a sé stessa, che quella fibra sfilacciata di una corda prima salda era lui. La sua scomparsa, però, non aveva fatto altro che buttarla a terra: l’unica persona con cui poteva parlare e confidarsi, la quale le aveva dato la quasi convinzione che lei fosse abbastanza forte da combattere era svanita. Le pareva di vivere un remake: ogni qualvolta cominciava a voler bene a qualcuno, questi andavano via e lei non poteva far nulla per tenerli lì, stretti al suo petto. Si chiedeva se anche questi, almeno, le avessero voluto bene come lei ne aveva voluto loro. Non lo sapeva con Blake.
    Aveva cominciato a fumare ed era diventata dipendente dalla nicotina, l’unica che sembrava darle un briciolo di dignità.
    Il telefono vibrò nella sua tasca, avvisandola di una notifica pervenuta: rilasciò la posizione di comodità che aveva assunto, testa sulle ginocchia e gambe circondate da braccia unite alle estremità e raccolse l’arnese. Sbloccò lo schermo.
    Il suo nome era lì.
    Il suo nome era lì dopo un mese di assenza. Cercò di non farsi prendere dal panico, di nuovo. Raccolse con mani tremanti gli occhiali da sole, scuri, che si infilò sul naso e prese un mozzicone di sigaretta quasi finita che accese, dopo essersela portata alle labbra, per fumarla e calmare i suoi nervi. Era vicina al “solito posto”. Due minuti e sarebbe stata lì. Abbassò le maniche della sua felpa, si spolverò il retro dei pantaloni, alzò il cappuccio sulla sua testa, per non prendere un colpo d’aria, e si incamminò verso il luogo prestabilito. Lo vide da lontano con la vista oscurata dalle lenti, arrivare con una busta tra le mani, forse nervoso, ma non sapeva dirlo con esattezza. Si avvicinò con passo calmo, ma claudicante, che, nonostante tutta la sua buona volontà, non riusciva a nascondere. Dentro stava letteralmente morendo. Di fronte a lui, non disse nulla. Non n’era capace.


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    stato emotivo persistente che, quando estremo, altera sentimenti, pensieri e comportamenti.
    Blake sapeva fare quasi tutto ma c'erano delle cose che proprio non gli riuscivano bene: la prima era provare compassione per gli altri, la seconda era mentire. Blake non voleva essere li non perchè non voleva rivedere lei ma perchè ancora non gli era passata davvero. Levò il telefono dalle mani e lo mise in tasca con il silenzioso, poi accese una sigaretta e così alzò appena lo sguardo vedendola arrivare. In silenzio, con gli occhiali scuri. Ecco, era chiaro che il giorno prima era stata picchiata dallo zio ed era altrettanto chiaro che le aveva fatto del male. Possibile che non conosceva un cavolo di incantesimo di cura che nascondeva tutto quello? Possibile che non ci pensava. Quando arrivò davanti a lui, non fece altro che prendere la bacchetta e con una stoccata le rimise apposto la caviglia, e poi si avvicinò a lei alzando appena gli occhiali. Fece la stessa cosa sul suo viso. Poi glieli rimise, se lei glielo avesse permesso. Se non aveva voglia di parlare non nera veramente necessario farlo, almeno non in quel momento e non per lui. Anche se la verità era che il silenzioso ed il taciturno della famiglia non era certamente lui, quindi si mise seduto sul muretto e le passò la bustina. Buoncompleanno! Le disse semplicemente, continuandola a guardare e sostenendo il suo sguardo. Le diede una rapida occhiata, poi fece un tiro di sigaretta. Sputò il fumo in alto per non darglielo in faccia. Non sapeva che aveva cominciato a fumare. Non parlavano da troppo tempo. I regali non si possono cambiare, quindi spero che ti piacciano. Uno è da parte mia e l'altro espressamente di Aaron. Anche se mi permetto di dire che li ho suggeriti entrambi io.Era un pò per spezzare quella tensione, un pò perchè Blake non era veramente bravo a consolare gli altri ed un pò perchè tutto quello era assurdo. La verità era che adesso, vedendola in quel momento davanti a lui, poteva affermare a se stesso che le era mancata. Si erano visti così tante volte in quel posto per correre insieme, allenarsi, o semplicemente parlare, che in quel momento si sentiva anche stupido a non averle parlato per tutto quel tempo, eppure, eppure non riusciva a dirlo minimamente. Era troppo orgoglioso ma più che orgoglio quello era il suo deficit emotivo che gli era stato inculcato. Nessuno gli aveva insegnato "l'amore", l'affetto. Per quanto Aaron potesse essere stato bravo a credere Blake, anche lui era un ragazzino, e a 10 anni dover difendere un bambino di un anno da bottde assurde, non era stato facile e di conseguenza gli avevano procurato altri traomi ed era così che Blake era in un costante girone dell'inferno dove si sentiva responsabile di tutto e quindi al centro del mondo. Ma era anche vero che Blake non amava parlare del suo passato, non amava avere niente a che fare con quella parte di lui che ogni tanto, quando riaffiorava, faceva male e lo rendeva completamente incontrollabile. Finì quella sigaretta e se la ragazzina si fosse presa la bustina, Blake l'avrebbe guardata attentamente, poi si sarebbe alzato, avrebbe fatto un giro intorno a lei e senza pensarci neanche un secondo le cinse i fianchi, avvicinandola appena al suo corpo. Sei dimagrita. Era un'affermazione, aveva le sue mani sui fianchi che nolente o volente conosceva bene, conosceva fin troppo bene. Si morse il labbro e si allontanò un momento da lei. Anche se come sempre sei vestita in maniera orribile, andiamo al canto della sirena. Disse senza ammettere nessun genere di replica. Prese ancora la bacchetta. Vestis! Un pantalone lungo nero, che le scendeva morbido sulle gambe ed una camicetta verde acqua che le copriva le braccia apparvero al posto di quello che aveva indosso. Mi ringrazierai dopo. Abbiamo un sacco di strada da fare prima di arrivare li! Aggiunse poi facendole segno di seguirlo e no, non aveva moltissima scelta, glielo aveva fatto capire in altro modo.
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  4. Louise De Maris
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    Ecco, l’aveva fatto un’altra volta: aveva tirato fuori quella benedetta bacchetta e l’aveva rimessa a posto. Ormai aveva perso il conto di quante volte l’avesse fatto. Eppure, non metteva termine al conflitto interno alla sua mente, anzi, l’acuiva: da un lato, adorava la sua premura, soprattutto in quell’istante così particolare; dall’altro, invece, non voleva che lo facesse, perché “non sono una bambina che ha bisogno della tata”. Non riusciva a individuare la causa di quell’orgoglio smisurato, ma era sicura che non poteva essere buona… forse. Ma l’orgoglio, in qualche modo, la stava salvando dal cadere a pezzi: era il collante delle sue ferite.
    Non si permise di dir nulla, lasciò che fosse il silenzio a parlare per lei: si limitò ad osservare ogni suo movimento, la stretta delle sue dita lunghe sull’estremità del legno della bacchetta, la contrazione dei muscoli del suo braccio, lo scuotimento gentile e secco del polso limpido. Ma quando alzò i suoi occhiali… aveva appena lasciato allo scoperto la sua anima: occhi che, forse, lui conosceva bene e che sapeva parlavano molto, anzi troppo per conto la ragazza.
    Louise si limitò a gettare l’ancora delle sue iridi in quelle cristalline del Black Opal: esprimevano una attenzione penetrante, quasi che tramite essi la studentessa volesse guardare oltre la carne del corpo, per indagare l’anima. Non li avrebbe distolti neanche per un attimo, nemmeno quando Blake le ripose gli occhiali da sole sul naso. Le sue braccia, infatti, rimasero distese lungo il busto.
    Lo osservò prendere posto sul muretto e un sorrisetto marcò le sue labbra: non si era affatto dimenticata il modo in cui il ragazzo faceva un saltello per prender posto su quelle pietre. Conosceva i movimenti del corpo del ragazzo a memoria, sintomo di un’attenzione particolare che gli aveva rivolto per tutto il tempo che si erano conosciuti e di cui lei non si era mai resa conto, probabilmente perché istintuale.
    Il sorriso però fu presto cancellato non appena la busta lilla le fu tesa con una frase che non si sarebbe mai aspettata di sentire. I suoi occhi si spalancarono leggermente, ma lui non se ne sarebbe reso conto per colpa degli occhiali. Allungò una mano e strinse le corde che costituivano i manici di quel regalo, sfiorando le dita del Black Opal, senza farlo apposta.
    - Te lo sei ricordato… - disse semplicemente. Non sapeva che fare, se essere felice di quell’evento, oppure desiderare che non fosse mai accaduto.
    - Grazie, sono sicura mi piaceranno – rispose, con voce gentile. Non voleva aprirli subito, non davanti ai suoi occhi: sarebbe stata come se lui l’avesse osservata in un momento profondamente intimo. Non sapeva se aggiungere qualcos’altro, magari dirgli che li avrebbe visti più tardi, ma optò nuovamente per la strada del silenzio.
    Rimase ferma sul punto in cui aveva stazionato sin dall’inizio di quell’incontro e non pensava di aver voglia di sedersi vicino a lui, ma quando lo studente rimise i piedi per terra e si avvicinò a lei, così tanto, da porsi alle sue spalle e cingerle i fianchi, una sensazione di vuoto le strinse l’intestino, il cuore cominciò a batterle all’impazzata e mancò di respirare per un attimo. Le faceva male quel tocco, perché lei avrebbe voluto stringerlo, baciarlo, ma non sapeva ancora in che rapporti erano. Le era mancato così tanto…!
    Non appena l’avvicinò al suo corpo, d’istinto, Louise pose le proprie dita sul suo polso, ma non sapeva nemmeno lei se per dirgli di rimanere o lasciarla andare. Non ci fu alcuna stretta, solo un tocco gentile e delicato.
    - Alcune cose non cambiano mai – rispose, con una leggera risatina, alle parole del ragazzo sul suo modo di vestire. Non si oppose al cambio di vestiti, anche se la camicetta le sembrava esser troppo attillata: non aveva voglia che la sua magrezza fosse visibile a mezzo mondo. Dopo quel forte dimagrimento, aveva cominciato a provare una forte insicurezza sul suo corpo, troppo magro e ossuto, fino a pensare che se già non fosse piaciuta a nessuno, ora avrebbe avuto speranza “zero”.
    Lasciò che il ragazzo cominciasse a camminare: lei prese il pacchetto dalla testa, ne uscì una sigaretta che mise tra le labbra e l’accese, prendendone un tiro. Poi, l’affiancò. Aveva bisogno di fumare per calmarsi. Non le importava che le avrebbe detto qualcosa.



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    Fece un piccolo sbuffo. Possibile che non diceva niente. Alzò un sopracciglio quando affermò che se lo era
    ricordato con quel tono di voce. Blake scosse appena il capo e non disse altro. Certo che me lo
    sono ricordato. Per fortuna non soffro di memoria a breve termine!
    Disse alzando appena le spalle.
    La guardò più attentamente, forse si stava cercando di ricordare se lui le avesse detto quando era nato,
    cosa impossibile visto che in realtà nessuno lo sapeva. O almeno lui non lo aveva detto a tante persone.
    Non gli interessava il suo compleanno ed anzi era uno di quei giorni che avrebbe voluto dimenticare o
    comunque che non esistessero proprio. Comunque nella sua vita succedevano cose strane ultimamente e
    suo padre aveva ricominciato quasi a fare capolino nella sua vita, sentiva il suo odore, sentiva la sua
    presenza e per quello non aveva nessuna voglia di uscire con nessuno. Sapeva che quell’uomo lo rendeva
    instabile, lo rendeva completamente non controllabile, ma ancora non era giunto il momento della crollo
    emotivo. Quindi, sogghignò appena, la guardò ancora più profondamente e mentre si aspettava che gli
    dicesse qualcosa sia per i vestiti che per i regali, non disse ancora nulla. Nel frattempo hai avuto
    dei problemi di tonsille e corde vocali, oppure credi di saper rispondere?
    Aggiunse seriamente prima
    di sospirare e guardare quanto fosse magra. Scosse il capo mentre continuarono a camminare e quando lei
    accese quella sigaretta, Blake la guardò un po’ sorpreso. E da quando fumava? Ma non lo disse niente, in
    fondo cosa doveva dirle se lui stesso era una ciminiera? quindi in questi 20 giorni hai cominciato
    a fumare, hai perso l’uso della parola, e hai deciso di fare lo sciopero della fame. Devo dire tutte
    grandissime idee!
    Era ovviamente sarcastico. Non poteva farci niente. Non era uno che si scusava,
    ne tanto meno era uno che faceva pace in maniera convenzionale, ne tanto meno uno che faceva amicizia
    in maniera normale. Blake era fatto in quel modo ed era sempre convinto che le persone che non lo
    rispettavano o comunque non pensavano che fosse fatto nel verso giusto, potevano andare via
    tranquillamente dalla sua vita, perché, tanto, lui non le avrebbe sicuramente trattenute. Non era da lui, non
    era uno ne che tratteneva ne che pregava. Erano gli altri che dovevano essere onorati di stare nella sua vita.
    In quel momento, Lu poteva dirsi una persona più che fortunata, in fondo Blake gli stava dimostrando
    interesse facendole notare che lui aveva notato quello che in lei era cambiato. E quando lo vuoi
    scoprire se effettivamente ti piacciono?
    Dovevano pur cominciare a parlare di qualcosa no? E per
    quanto lui avesse la sua buona dose di orgoglio, una volta sul fatto, gli passava tutto, se no preferiva non
    fare nessun tipo di passo verso nessuno. Si morse il labbro ed attese.
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    Louise non credeva che Blake soffrisse di memoria a breve termine, ovviamente, ma era stata convinta che non ci avesse dato molto peso quanto glielo aveva detto. Eppure, non era stato così e quei regali lo dimostravano. Non l’avrebbe mai ammesso, ma quel gesto contava davvero molto per lei. Sentì come se uno spiraglio della sua anima avesse ripreso vita, quasi che una scheggia che ostruiva il passaggio fosse stata rimossa. Nessuno le aveva mai fatto un regalo da quando era stata rapita ed era stata costretta ad allontanare da lei tutti coloro a cui voleva bene. All’ametrina non interessavano i regali, anche se le faceva piacere riceverli: lei dava importanza, invece, a coloro che le stavano attorno e che le volevano bene, ed erano quelli, per lei, i suoi veri regali. Non sapeva che ci fosse un qualcosa che l’accomunava con il Black Opal: non molti, infatti, sapevano la data del suo compleanno. Da quando si era trasferita a Londra, non aveva mai avuto occasione né davvero volere di riferire quando fosse nata. Blake era tra i “privilegiati”, in un certo senso, perché era stato considerato abbastanza importante da entrare a far parte di quel pezzo di storia di vita di Louise.
    - Meglio un pacchetto di sigarette che un taglierino, vero? – gli rispose di rimando, con una naturalezza tale che sembrava fosse normale tagliarsi (e per lei, per un bel pezzo di tempo, lo era stato e lui lo sapeva bene).
    - Comunque, non preoccuparti, nessun gatto mi ha ancora mangiato la lingua! – continuò, ironica.
    Vorresti dare una occhiata? – gli domandò, spalancando la bocca. Okay, stava cominciando a tornar sé stessa, più o meno. Sicuramente, Blake avrebbe notato in lei qualche (abbondante) goccia di sarcasmo in più. Prese un tiro di fumo e si passò una mano tra i capelli, portandoli indietro.
    - Dopo – rispose semplicemente, rivolgendogli un’occhiata generale. Vide che si mordeva il labbro, indice di insicurezza, o almeno così le era sempre sembrato, e aggiunse: - I miei genitori mi hanno insegnato che è cattiva educazione aprire i regali non appena li si ricevono -. Sperava fosse una spiegazione sufficiente.




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    Non era abituato ad avere quel genere di rapporto con la ragazza. Non era abituato a non vederla sorridergli e soprattutto non era abituato a tutto quel silenzio. Si, per carità, avevano avuto una brutta discussione, ma adesso erano li e non gli sembrava neanche che lei avesse fatto qualcosa per recuperare, anzi. Si era chiusa ancora più in se stessa ed aveva fatto tutto quello che Blake odiava di più. Ma non era importante tutto quello perchè quando si metteva in mezzo Aaron, alla fine, succedeva sempre quello che il magispicologo prevedeva. Odiava ed amava allo stesso tempo suo fratello per quello. Possibile che non gliene sfuggiva una? E perchè aiutava Lilith e lui allo stesso tempo in maniera così strana? Lilith. Da quanto tempo non la vedeva, cercava o sentiva? Fece un respiro profondo. Che vitaccia che aveva in quel periodo. Ma non voleva pensarci in quel momento, sapeva che non era il momento e sapeva anche che non si accorgesse di quel piccolo secondo di pensieri profondi. Comunque alla fine quella sua affermazione/domanda retorica/sarcastica, lo fece sorridere. Dipende da quanto sei portata a sopportare il dolore e l'agonia. Forse tagliarti era molto più immediato. Fumare... insomma!Costano pure un sacco! Aggiunse poi con un tono altrettanto sarcastico. Non era capace a chiedere e basta cosa le passasse per la mente, lui aveva i suoi momenti, i suoi tempi e soprattutto i suoi metodi. Tremendamente sbagliati, ovvio, specialmente per lei e per il resto del mondo, ma solo quelli conosceva e solo quelli voleva mettere in pratica. Poi piano piano arrivarono al villaggio di denrsine e Blake cambiò strada portandola verso un locale specifico. Alla tua lingua o a tutto il resto? Chiese poi guardandola un attimo. Insomma, era importante che lei si rendesse conto che Blake era sempre lo stesso e se provocato rendeva ancora di più rispetto a quello che rendeva di solito. Specialmente nelle risposte del cazzo! E quanto tempo devi aspettare? La torta? Chiese poi più impaziente lui di farle aprire quei regali che lei di aprirli.
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  8. Louise De Maris
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    Era in qualche modo preoccupato per lei? Da quando Blake Barnes si preoccupava così, forse, esplicitamente? Louise sapeva che lui aveva dei modi particolari, ma in quell’istante qualche ferita fu risanata dai suoi atteggiamenti che, seppur insistenti e sarcastici, erano ciò che a Louise serviva. Non aveva più bisogno di assenza lei perché, altrimenti, ne sarebbe rimasta uccisa. C’era stato fin troppo silenzio nella sua vita e tutti quanti erano scomparsi nel nulla, soprattutto dopo la morte dei suoi genitori. Questi, i suoi amici, i suoi insegnati… non c’era stato più nessuno, soprattutto quando era stata costretta a fingere di essere quella che non era.
    Sbuffò e scoppiò a ridere contemporaneamente non appena udì quel che il Black Opal aveva da dire sulla sua nuova abitudine. Dopo che si fu calmata, con un sorrisetto sul volto, gli disse: - Al momento i soldi non mi mancano, anche se tra un giorno o due sarò povera come la merda e dovrò inventarmi nuovi modi per procurarmi il denaro. Forse lavorando, forse rubando dal portafoglio di mio zio… ma chi lo sa! -
    Scrollò le spalle. Anche qui, c’era una grande ironia, seppur ci avesse fatto un pensierino su e non le sembrava poi così male rubare i soldi ad Evrard. Continuò per la sua strada, dietro al Barnes, in assoluto silenzio, con sporadiche risposte gettate di qua e di là quando il ragazzo le poneva una domanda.
    - Alla tua lingua o a tutto il resto? -
    Richiuse la bocca e un sorrisetto le tirò un angolo delle sue labbra. “Che significa tutto il resto?” voleva chiedergli, ma tenne a freno la lingua, perché le venne bene in mente cosa volesse dire e non aveva bisogno di ulteriori risposte.
    Roteò gli occhi e sbuffò.
    - E va bene, li apro non appena ci fermiamo, okay? -
    Ripose il mozzicone di sigaretta, spento, nel portacicche in metallo che aveva comprato.



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    Sorrise sentendo la sua risata e poi ci pensò. E come mai adesso aveva i soldi? Oddio, era contento della cosa, voleva dire che qualcosa era cambiato in quel tempo, ma la sua risposta successiva non lo tranquillizzò per niente. Sbuffò e scosse il capo. Quindi, fumi, bevi, ti metti a rubare. Non è che sei la gemella cattiva di Louise?Chiese seriamente prima di scuotere il capo. Non serve rubare, in realtà. Potresti andare a lavorare in un posto che conosco. Cercano una cassiera. Ma il capo è uno stronzo esigente. Che bello parlare di suo fratello e di se stesso in quella maniera. Ma non ce la faceva davvero a dirle che il locale era suo. Aveva capito che non voleva essere aiutata da lui e lui non voleva insistere su quella linea. Adesso,il problema era che Blake poteva essere veramente intuitivo su tante cose, ma non ci capiva un cavolo su tantissime altre, quindi capire una persona che diceva una cosa ma con i gesti ne faceva tutt'altra, per lui era pressochè un casino incomprensibile. Quindi lui aveva capito quello e non aveva intenzione di cambiare linea. Mi sono anche dimenticato che cominci a dire un sacco di parolacce. Bene! Era anche un modo per farle capire che lui notava tutto di lei? Certo che sbatterle in faccia tutto quello che a lui non piaceva non era neanche da galantuomo, ma blake lo era veramente? Ma alla sua domanda non rispose, lasciò che roteasse gli occhi e che gli dicesse che avrebbe aperto i regali appena si sarebbero fermati, ma essere ignorato non era proprio qualcosa che sopportava. Quindi, una volta arrivati davanti al locale dove aveva pensato di portarla a mangiare, Blake si fermò improvvisamente, e si voltò verso di lei. Era ad un passo dalla sua bocca. Non hai risposto alla mia domanda. Chiese seriamente sfiorandole leggermente le labbra. Non gliene fregava niente se lo avessero visto con lei in quel modo, tanto a Blake non importava mai niente delle conseguenze delle sue azioni. Era impossibile riuscire a controllarsi quando veniva ignorato in quel modo, anche solo per un istante.
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    In realtà, non aveva soldi. Aveva giusto qualche spicciolo per comprare giusto giusto un altro pacchetto di sigarette e basta, che, forse, avrebbe potuto spendere per qualche cibo spazzatura in più, vista la sua magrezza. Le avrebbe fatto meglio abbuffarsi di patatine, che fumare quelle sostanze cancerogene. Più volte il ragazzo aveva sbuffato e scosso il capo, in una piena dimostrazione di dissenso. Louise ne era sempre più contenta: allora a lui importava di lei!
    - Gemella cattiva? Forse è la parte cattiva che è in me… e, comunque, potrei risolvere questo piccolo “problemino” solo se avessi un compagno o una compagna di abbuffate di patatine; che siano fritte o in busta non ha importanza… ma, vedi, nessuno ha voluto condividere questo destino con me, quindi… fumo. E per il rubare, beh, penso che i soldi di mio zio possano essere spesi meglio che per andare a puttane! -
    Sì, aveva scoperto le pessime abitudini di Evrard Boyer. Frequentare il Rouge non era proprio una mossa saggia per un “pozionista” stimato come lui.
    Sgranò gli occhi quando lui le parlò del lavoro. Si fece improvvisamente seria.
    - Davvero? Dove?! – domandò, con una certa urgenza di saperlo nel suo tono. Aveva bisogno di lavorare, di costruirsi un futuro che non fosse dato dai suoi zii… con qualche scusa avrebbe anche potuto sgattaiolare via.
    Sbuffò, sorridendo.
    - Beh, non ha importanza! Le parolacce sono una lingua, quindi, chi sono io per impedirmi di impararla? -
    Era bello rigirare la frittata con una certa facilità. Finalmente, arrivarono al bar per il quale stavano camminando da due ore. Stava facendo l’ennesimo passo in avanti, per dirigersi verso l’ingresso, quando il diciannovenne si girò d’improvviso, sfiorando le proprie labbra sulle sue, su cui poteva sentire nettamente il respiro ritmato di lui. All’inizio, sgranò gli occhi, mentre il cuore cominciava a batterle all’impazzata in un mezzo infarto, ma non si tirò indietro. Dopo poco, cercò di ricomporsi. Ascoltò quel che aveva da dire, lo guardò negli occhi, avvicinò un po' più le labbra, ma, prima che potessero davvero toccarsi, girò il volto di lato mentre prendeva la sua strada, con un sorrisino sul volto. Voleva baciarla? Allora doveva desiderarla.



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    Ascoltò le sue parole un pò contrariato. La tua parte cattiva. Le patatine. Ma tutto apposto. Dovresti mangiare cose sostanziose e non patatine e non dovresti fumare perchè fumare fa male oltre al fatto che sie povera e non te le puoi permettere. Se pensi poi che alla fine della situazione stai sempre a scuola ed a scuola è impossibile non mangiare, direi che hai un problema. Che analisi attenta che aveva fatto. Allora era proprio vero che quando teneva a qualcuno riusciva davvero a fare la persona premurosa. Scosse il labbro e sbuffò. è uno steckhouse. Vai vicino alla London Eye e vedrai il cartello. é un ristorante stellato, ci vuole una divisa, un certo comportamento ed anche un certo abigliamento. Ma pagano bene e puntuali. Certo che per uno che non sapeva neache cosa voleva dire lavorare, era assolutamente raro riuscire a sapere tutte quelle cose. Ma Blake non si scompose. Puoi provare a chiedere direttamente li oppure ad Aaron. In genere lui conosce i proprietari di queste strutture. Che in quel caso era proprio lui, ma non glielo disse, perchè avrebbe dovuto? Specialmente perchè doveva continuare a fare tutto quello per una ragazzina che continuava ad ignorarlo. Ma il colpo di grazia arrivò nel momento in cui lui chiese una risposta e non solo non la ricevette, ma la vide scostarsi tranquillamente come se non le interessasse. Davvero voleva giocare a quel gioco con lui? Voleva davvero sfidarlo? Non disse niente, si voltò di nuovo e questa volta entrò nel ristorante. Non le tenne la porta per far entrare prima lei, entrò lui e chiese un tavolo, una volta preso si andò a sedere. Vuoi dire le parolaccie, fumare e non si sa che altro? Bene, l'importante è saperlo. E i soldi il tizio li usa come vuole. Comunque informati e vedi per quel lavoro. Non disse altro, prese il menù che gli venne portato ad entrambi e poi una volta deciso attese che lo facesse anche lei, ma non la esortò più ad aprire i regali. L'aveva rifiutato? Bene, allora lui si sarebbe comportato come faceva con tutte le altre. Visto che quello che faceva per lei non veniva apprezzato, allora andava bene in quel modo. Blake era orgoglioso, forse anche troppo.
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    Louise sbuffò. Aveva ormai perso il conto di quante volte l’avesse fatto durante quella mattinata.
    - Da quando in qua sei diventato uno psicoanalista? – gli chiese. – Sembri tuo fratello in questo momento… -
    La ragazza sapeva che non gli piacesse essere paragonato agli altri, ma se l’avesse fatto con suo fratello, lui come si sarebbe comportato? Non restava che scoprirlo.
    - Non ho fame, okay? – gli rispose serissima. Voleva fare l’analisi? Bene, ma che gliela facesse con un certo criterio. – Non ho stimolo di fame. E se mangio, lo vomito. E non è autoindotto… – aggiunse, spiegando il senso della sua prima affermazione. Non voleva che il ragazzo pensasse a un inizio di anoressia… lei non aveva quel tipo di pensieri.
    - E sì, lo so che ho un problema. Se non ne avessi, non sarei così magra, no? -
    Il suo corpo le faceva abbastanza schifo, tutto pelle ossa. Non aveva forme, non aveva niente di niente. Nessuno l’avrebbe mai apprezzata, soprattutto ora, essendo in quello stato a dir poco pietoso.
    - Si, non sarà un problema. Ma… l’abbigliamento è a carico del dipendente? Oppure viene fornito? -
    Se avesse dovuto comprarlo era abbastanza un problema: lì sì che avrebbe dovuto rubare per davvero.
    - Chi è il proprietario? – domandò, curiosa. – E, comunque, io sono del parere che prima di giudicare, bisogna conoscerlo, no? Tu come fai a dire che è stronzo, scusa? -
    Louise era ingenua, a volte, ma in quell’occasione sembrava che se ne fosse fuggita via, visto il giochetto che aveva appena compiuto con il ragazzo. Non si era mai permessa di fare la preziosa, ma, visto che il signorino Barnes voleva effettivamente corromperla, allora lei aveva preso la decisione di farsi desiderare. Non si offese quando lui non le mantenne la porta e le passò davanti. Come se nulla fosse accaduto, si fece strada nel locale e prese posto al tavolo scelto dallo studente.
    Non rispose nulla alla sua affermazione: voleva fare l’indifferente ora? Bene!
    Poggiò i pacchetti sul tavolo e prese quello color lilla. Lo guardò: colore azzeccato! Sfilò via il nastro e ci mise una mano dentro, frugandoci, con la quale estrasse un pezzo di carta. Lo dispiegò di fronte ai suoi occhi.
    - Tuo fratello è un legilimens, per caso? – domandò, sorridendo. Quello sì che era un regalo! Avrebbe risolto tutti i suoi problemi.



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    Peggio di una donna con il ciclo offesa. Quando disse che in quel momento sembrava suo fratello, sorrise. Non è altro che un complimento. Magari riuscissi ad essere almeno la metà di tutto quello che è mio fratello. Disse seriamente. Era l'unica persona che seriamente stimava, l'unica persona che quello che diceva era legge persino per lui. Se Aaron diceva una cosa Blake la rispettava e la eseguiva anche se non la condivideva. Era la sua famiglia, era il suo tutto, era qualcosa di incredibilmente assurdo. Era come se fosse il suo pulsante della coscienza, era veramente qualcosa di incredibile. Eh allora vatti a far vedere,fatti le prove allergiche. E comunque non ti sto analizzando, sto solo cercando di... aaah lascia stare. Cosa le stava dicendo esattamente? Che stava cercando di capire che aveva perchè era preoccupato per lei? Era preoccupato che non riuscisse a fare niente per farla stare bene? Si, era esattamente così, ma Blake non era minimamente pronto a dirlo, assolutamente no. Sbuffò questa volta lui a quello che disse. Sei antipatica. Dio solo quanto sei antipatica. E per fortuna che in genere sono io ad esserlo. E fregare me in questo ruolo è veramente assurdo. Disse poi sbuffando e richiamando la cameriera che arrivò subito. una birra rossa, grande, una bistecca, cottura media, patatine fritte per contorno, una bottiglia di acqua liscia e... passò la palla alla sua interlocutrice. Quando ebbe dato la sua parte di ordinazione e la cameriera se ne era andata, Blake tornò a lei. L'abbigliamento te lo passano loro ed io conosco il capo perchè è mio fratello ad esserlo. Viene gestito da un certo Edwards. é il cuoco il più grande e dopo il colloquio, se lo passi il posto è tuo.Avrai un contratto e tutto il resto. Aggiunse poi sbuffando e posando il suo porta carte sul tavolo. Lo fece più perchè gli stava dando fastidio in tasca che altro. Si, ma ho scelto tutto io. Ed Aaron non legge nella testa delle persone senza chiederlo. Ci tenne davvero a precisare entrambe le cose.
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    Se fosse stata da aola, avrebbe alzato il pugno in aria in segno di vittoria. I suoi piano non piani stavano andando come previsto: Blake Barnes era sicuramente preoccupato per lei e ora Louise ne era certa, visto che il ragazzo l'aveva quasi detto ad alta voce. Era sicura che, se davvero fosse accaduto, per qualche motivo poi lui si sarebbe sentito mortificato... non che lei fosse molto diversa. Non gli avrebbe mai svelato che ci tenesse a lui in maniera particolare, che lo pensava giorno e notte, che si chiedeva cosa avrebbe fatto lui se fosse stato al suo posto in determinati momenti difficili.
    L'ametrina non credeva che il suo vomitare derivasse da una qualche intolleranza. L'unica vera intolleranza che possedeva era verso le litigate con Blake Barnes e la sua lontanza, sia fisica, sia morale. Non poteva sopportarlo. Era distruttivo, soprattutto perchè, per una volta dopo molto tempo, aveva riposto in lui le sue speranze, cosa che non aveva fatto mai con nessuno da quando si era trasferita a Londra. Il suo primo pensiero era stato "Qui nessuno mi conosce, nessuno sa chi sono... se gioco bene, potró farmi degli amici e scappar via da questo inferno".
    Scoppiò in una risatina quando lui le disse che fosse antipatica e che le avesse rubato il ruolo.
    - Com'è essere a ruoli invertiti, signor Barnes? - gli domandò, con in pizzico di ironia.
    - Salve - salutò la cameriera. Fece parlar per primo Blake, poi aggiunse la sua ordinazione: - Petto di pollo alla griglia e un pò di insalata, per favore. Ah, può portare anche una bottiglietta d'acqua naturale? -
    Viste le condizioni del suo stomaco, non voleva abbuffarsi di cibo pesante. Meglio qualcosa di leggero!
    Sull'affermazione sul lavoro, sgranò gli occhi, incredula.
    -E tuo fratello è il capo stronzo? -
    Scosse il capo.
    -No... - affermò. - Non posso crederci.. -
    Una volta aperto il primo regalo di compleanno, si limitò ad annuire a Blake e a guardarlo con occhi luminosi che parlavano più di tutto il silenzio.
    - Si, lo so che tuo fratello non lo farebbe mai... -
    Raccolse il secondo pacchetto: era una semplice busta da lettera. L'aprì, ci sbirciò dentro e... spalancò gli occhi, guardò Blake, poi di nuovo la busta e ancora Blake.
    - Blake... ci vedo bene o sto sognando? -
    Gli porse il braccio.
    - Tirami un pizzicotto! -



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    stato emotivo persistente che, quando estremo, altera sentimenti, pensieri e comportamenti.
    Il fatto era solamente uno: Blake non sapeva stare ne zitto ne fermo. Non era una persona che riusciva a stare zitto quando pensava qualcosa, non riusciva in nessun modo ad essere una persona che lasciava andare le cose. Lui era uno che le cose, che fossero state emozioni negative o positive, o anche le persone, gli oggetti e tutto il resto, tendeva a trattenerle a se e mai a respingerle. Era qualcosa radicato nel suo essere e quel qualcosa non poteva essere negato. Forse era per quello che non riusciva ad essere una persona diversa dalla sua essenza. Blake o si odiava o si amava, o era bianco o era nero. Non c'era assolutamente niente da fare. Sogghignò per quello che la ragazza disse. Il fatto è che a te non riesce bene come a me. Il tuo visetto dolce ti tradisce. E la cosa più assurda è che antipatica non rendi la tu aessenza. Quindi smettila immediatamente. Aggiunse seriamente prima di stringersi nelle spalle. La guardò un pò attonito sentendo quello che aveva ordinato, ma non disse assolutamente niente. Si è mio fratello, e credimi che è stronzo, ma se ti serve lavorare davvero, allora vai li e fai il colloquio. Prima ci lavorava Jessica, quindi puoi lavorarci anche tu tranquillamente! Era un casino. Anche con Jessica era riuscito ad intrallazzare. Cavolo. Si morse il labbro e poi sospirò. le lasciò aprire il biglietto dell'aereo, anzi i due biglietti dell'aereo per amsterdam. Non c'era ancora una data sopra. Poteva andarci quando voleva e con chi voleva. Non stai sognando. ti ascolto quando parli.Hai detto che volevi viaggiare no? Ho pensato ad Amsterdam come prima tappa perchè è bella ed è adatta al relax. Puoi andarci con chi ritieni più opportuno. In quel biglietto c'è anche hotel. Insomma è la vacanza completa. Aggiunse poi sospirando. Ok, se non lo capiva così che se voleva fare la stronza con lui non attaccava, allora non sapeva come. Inoltre era impossibile per lui non essere com'era. hai una suite riservata in ogni hotel barnes. basta mostrare quel biglietto. Aggiunse poi spiegandole il funzionamento. Attese. Si vedeva che era contanta e lui lo era ancora di più, ma cercò di non mostrarlo troppo, anche se Blake non era come Aaron, lui era molto più mimico e soprattutto era una persona che non riusciva a nascondere quello che provava ne nel bene ne nel male.
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