Incontri a Bora-Bora

Adrien&Amalea

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  1. Adrien Beauvais
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    Qualche giorno di pausa, detto sinceramente, serviva a tutti coloro che erano finiti in quella cazzo di “avventura”, anche se tale non poteva essere chiamata. Certo era che la rabbia di Adrien non sarebbe stata calmata da un servizio spa e qualche divertimento acquatico. Voleva che i danni gli fossero risarciti da quella bastarda della preside Burke, sia fisici che morali. I suoi fratelli avevano rischiato un sacco, cazzo! Come molti altri loro compagni, ma, effettivamente, non gliene importava un fico secco. Il Black Opal, infatti, dirigeva la sua attenzione solo verso i suoi familiari, da cui era escluso Aidan Hargraves. Non poteva negare, comunque, che aveva nutrito una certa preoccupazione quando era stato colpito da quella maledetta zanzara, ma, passato il pericolo, ecco passata la sua “premura”!
    Durante il viaggio in nave verso Bora-Bora, era stato sempre vicino a sua sorella, Regina. Non l’aveva lasciata nemmeno per un secondo, troppo paranoico su cosa potesse capitarle perché, dopo il flop di responsabilità da parte degli adulti, non era mai troppa l’attenzione. Avrebbe potuto esserci un agguato da un momento all’altro.
    Giunti a destinazione, si era rasserenato solo quando aveva constatato con i propri occhi la vera esistenza di quel posto e che nulla sarebbe cambiato da un momento all’altro. Niente mostri, zanzare giganti. Niente città subacquee. Niente di niente. Notando una goccia di sudore scendergli lungo la tempia e appurato quanto facesse caldo, si tolse con uno scatto la maglietta, mettendo a nudo i suoi pettorali scolpiti e la sua schiena di marmo. Non gli importava della decenza: ne aveva persa quando si era trovato in boxer davanti alla metà della componente studentesca. Se avessero voluto ammirare, che ammirassero pure! Presa la maglietta per due estremità, se la portò davanti alla faccia e cominciò a sventolarla per farsi un po' di vento.
    - Aaaah, che cazzo di caldo… -

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    Amalea Davidson

     
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    Tutto era stato così strano. Sin da quando avevano lasciato il porto di Denrise le sue terminazioni nervose erano state all’erta, tanto da risultare più scattante e tesa del solito. Non era riuscita neanche a godersi quelle strane case galleggianti dal nome impronunciabile che avevano usato, dopo aver abbandonato la nave che avevano preso anche il primo giorno di scuola, con un senso di nausea a crescere man mano che si erano avvicinati alla meta della gita organizzata dalla Preside in persona. La cosa interessante era stata la totale mancanza di divisione meta-anno come accadeva invece nelle scuole babbane -compensavano forse con le gite estemporanee delle lezioni speciali?- quasi fosse stato passabile mettere a paragone una capitale europea con un’isola riemersa a largo dell’India.
    Aveva ricordi confusi, spezzati e sovrapponibili di quanto le fosse successo in quella terra straniera, lasciandole però un sapore amaro in bocca, come qualcosa di incompleto, di non detto, che finì con l’accompagnarla all’arrivo alla nuova -e sperava ultima- meta per quella dannatissima gita. Erano nel cuore dell’Oceano Pacifico, un posto più per il relax e la luna di miele che per una vacanza per scolari semi-adulti. Bora Bora, signori!
    Scesa dalla Galera che li aveva condotti lì, la prima cosa che avvertì fu il forte caldo sulla pelle, che rendeva soffocante una semplice t-short ed un paio di pantaloncini di jeans. Un colpo di bacchetta, un vestis pronunciato a mezza bocca, trasformò la stoffa in un vestitino sbarazzino, dalle bretelle sottili a sfondo nero con tante piccole margherite bianche. Una cintura poco sotto al seno per dare un senso alle sue forme ancora un po’ troppo burrose. Stessa sorte ebbero anche le sue scarpette sportive che si limitò a sfilare insieme ai fantasmini per lasciare che la sabbia, stranamente fresca nonostante le temperature, ricoprisse i suoi piedi ad ogni passo fatto sulla battigia.
    Venne smistata in una mini casa insieme ad una Ametrin e due Black Opal, quest’ultima ridacchianti, con sussurri non così bassi visto che era arrivato forte e chiaro il nome del suo migliore amico. Si rabbuiò.
    Lesta, con il chiaro intento di non lasciare che la sua mente venisse catturata esclusivamente dalle parole di Brooks, afferrò un telo pulito dal bagno, trasfigurò il suo intimo in un bikini a triangolo nero e guadagnò l’uscita dal bungalow prima che le altre potessero dire qualche cattiveria sul suo fisico.
    Un paio di passi e si trovò davanti uno studente -era di spalle, quindi ancora non aveva avuto modo di riconoscerlo- che pensò bene di sfilarsi la maglietta nel bel mezzo delle abitazioni che la Burke aveva riservato per l’intera accademia e con il mare, quindi la spiaggia, distante almeno mezzo chilometro. «Esibizionista», pensò soffermandosi sui muscoli tesi della schiena che man mano presero a guizzare ad ogni movimento delle braccia del relativo proprietario. «Sta sul serio usando una maglietta per farsi un po’ d’aria?» Si domandò, avanzando nella sua direzione e riconoscendolo: era uno dei mille mila fratelli di Marlee! La ragazza che aveva lasciato Hiddenstone nello stesso momento di Brooklyn. Era davvero solo una coincidenza? Per un attimo non pensò a Thomas, in tutta quell’equazione. Non quando poteva essere una leva per rafforzare il distacco nei confronti di O’Connor. Perché in quello strano mondo di calcoli avrebbe dovuto inserire anche il suo confessore, colui per il quale Brooks aveva sviluppato una cotta non ricambiata, visto che gli interessi di Mc Callister erano stati tutti per il gemello oscuro. Scosse il capo. Doveva smetterla di pensare sempre agli stessi legami che ora non c’erano più. Avrebbe finito solo col continuare a farsi del male.
    Afferrò la bacchetta, puntandola in direzione del Black Opal del suo stesso anno accademico -ma forse non anagrafico- eseguendo i movimenti legati ad un’onda. «Aguamenti!» Avrebbe direzionato il getto dell’acqua verso le spalle ed il capo, in quello che poteva passare per un lungo gavettone. Un finite, sempre se lui non avesse reagito diversamente, e sarebbe stata al suo fianco, per scrutarlo con fare curioso e divertito. Delle volte bastava così poco. «Meglio ora?» Avrebbe domandato prima di superarlo ed incamminarsi verso la spiaggia, i capelli lunghi stretti in una coda che a stento riusciva a contenere i suoi capelli lunghi, tendenti al riccio.
    Amalea Davidson

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  3. Adrien Beauvais
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    CRETINO
    Stupido, imbecille.
    Adrien era un mago, aveva vissuto da sempre come un mago e mai come un babbano, eppure, a volte, sembrava che non avesse fatto altro che condurre una vita scevra di magia. Era quasi come se si dimenticasse della sua provenienza, del cognome del portava, seppur l’America fosse molto più libertina sull’etichetta da seguire rispetto ai paesi “europei”. Non aveva alcun disagio a esporre il proprio corpo, perché la sua terra natìa non era una che costringeva chiunque a restringere il capo di abbigliamento e le azioni a pura formalità: la libertà di espressione, infatti, era all’ordine del giorno (o del secondo). Sta di fatto che si era tolto la maglietta, totalmente inconsapevole di ciò che sarebbe accaduto di lì a poco, esponendo i suoi muscoli scolpiti alla massa che si affollava attorno ai bungalow, messi a loro disposizione dalla Burke. Ebbene, ringraziò il cielo che non ci fosse Gyll, non perché non la volesse, ma più che altro perché non sapeva ancora quale reazione avrebbe potuto esternare, se di gelosia oppure di vendetta. Si erano allontanati abbastanza negli ultimi tempi, ma non aveva ancora avuto modo di parlarle: l’avrebbe contattata una volta ritornato ad Hidestone, forse. Non è che non ci tenesse a lei, anzi, aveva fatto a botte con Aidan Hargraves per lei, ma nell’ultimo periodo la ragazza non si era fatta mai presente, non gli era stato accanto, quando era proprio in quel momento che aveva avuto bisogno di lei. Aveva represso ogni tipo di sentimento o emozione derivante dalla sua assenza, ma sapeva che, prima o poi, sarebbero scoppiate.
    La fronte gocciolava di sudore e neanche quella maglietta riusciva a dargli refrigerio, perché il vento prodotto era soltanto maledettamente caldo.
    - Non si può, non si può proprio! -
    Non gli andava di metter via la sua roba, di trascinare per qualche kilometro – che esagerazione, Adri! – la valigia, che pesava più ”di un fottuto ippopotamo!”. E sì, ce l’aveva messa lui tutta quella roba lì dentro!
    - Ma chi me l’ha fatto fare! Me ne potevo stare benissimo a c- AAAAH, PUTTANA TROIA -. Un urlò si librò tra i presenti d’improvviso, unitamente a un turpiloquio che avrebbe fatto storcere il naso di tutti, mentre il ragazzo saltò visibilmente per l’impatto d’acqua gelida sul suo corpo accaldato. Tuttavia, la volgarità non era riferita alla carnefice di quello scherzo, perché non l’aveva ancora vista. Si girò d’improvviso, con uno sguardo nerissimo.
    - CHI CAZZO E’ STA- -. L’interrogativo fu interrotto da una tipetta espressiva e palesemente divertita da tutta quella situazione. Si avvicinò con passo furioso.
    - MA COME CAZZO TI SALTA IN QUEL PICCOLO FOTTUTO CERVELLO DI FARE UNA COSA DEL GENERE, EH?! MA SEI AMMATTITA?! -
    Le mani gesticolanti sottolinearono ogni singola parola. Era incazzatissimo e se già non c’era spazio per la gentilezza nella sua vita, in quel momento, a maggior ragione, era stata abolita.


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    I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.
     
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    Qualcuno avrebbe potuto affermare che la momentanea assenza della sorella non gemella avesse scatenato un attacco di ira ed odio nella Dioptase a causa dei rapporti con la sua persona preferita in assoluto. Altri che semplicemente era una serpentella travestita da corvo prima e dioptasio poi, ma la realtà dei fatti era a dir poco banale: voleva dare giusto un po' di sollievo alla calura che l'altro stava provando. Affermare però che non avesse trovato l'intera situazione divertente avrebbe fatto di lei una gran bugiarda. Ma il sorriso e la gentilezza che avevano ampliato l'incantesimo affinché rendesse il Beauvais simile ad un pulcino bagnato svanirono non alla prima reazione, neanche al suo sguardo rabbioso, bensì all'attacco verbale finale. Non indietreggiò al suo passo furioso, non si scostò neanche quando la velocità del movimento delle sue braccia, in rinforzo alle parole urlate, la colpirono con piccole goccioline della stessa acqua scaturita dal catalizzatore che stringeva tra le dita. Non abbassò il viso, ma le spalle ebbero un lieve sussulto fino ad abbassarsi un poco, segno che l'offesa alla sua materia grigia e alla possibilità di essere una pazza fossero andate perfettamente a segno. Eppure nel suo sguardo, che ormai recava il flebile ricordo della risata e della speranza di complicità che avrebbe potuto scaturire con quel gesto di sollievo, non avrebbe trovato altro che pena. «Quando gli altri Ametrin erano in fila per la loro dose extra di gentilezza e coccolineria eri per caso impegnato ad accaparrarti il posto per avere un muscolo più lungo perché pensavi che con quello si ragionasse di più?» Domandò calma, con il sarcasmo affatto velato ad accompagnare le sue parole. Gli unici movimenti da registrare le dita che stringevano la bacchetta. «Se per due gocce d'acqua dai questo spettacolo non oso immaginare cosa farai quando l'offesa ed il danno saranno veramente gravi». Lo sguardo percorse l'intero corpo, soffermandosi su quella valigia grande il triplo della sua ed altrettanto pesante. «Ventus», articolò, modellando la sua magia in un getto d'aria calda che andasse ad asciugare ogni centimetro della sua epidermide e della stoffa degli unici indumenti che indossava, consapevole che nulla poteva fare per seccare la saliva di quella boccaccia. «Permesso» avrebbe detto, lasciando che la sua spalla si scontrasse dolorosamente con quella nuda di Adrien, in un ultimo atto di sfida. Forse.
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  5. Adrien Beauvais
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    CRETINO
    Stupido, imbecille.
    Gli stava dando parecchio sui nervi quella Dioptase, parola che pensò con inflessione tale che sarebbe sembrata, se l’avesse detta ad alta voce, una vera e propria parolaccia. Come cazzo era possibile che ad Hidestone fossero tutti così fottutamente pazzi?! Ma non c’era una persona normale?! Boh, proprio non riusciva a capire come fosse passato per il capo della brunetta di buttargli quell’acqua gelida addosso… si sarebbe vendicato prima o poi, ne era certo, perché nessuno se la sarebbe passata liscia se avesse fatto qualcosa del genere, nemmeno Blake Barnes, per quanto lo rispettasse e, in un certo senso, lo temesse. Si era allenato delle volte con lui ed era davvero, ma davvero forte e feroce.
    Tamponò il busto con la maglietta, cercando di togliere l’eccesso d’acqua che aveva indosso. Ormai pure i suoi pantaloni erano letteralmente fradici… ma era bella quella sensazione di frescura momentanea, anche se non l’avrebbe mai ammesso, soprattutto davanti a lei, che si era presa la briga di continuare ad attaccarlo con uno stupido sarcasmo.
    - Primo, io non sono un Ametrin. Secondo, non sono neanche gentile e… coccoloso – sputò l’ultima parola con grande disgusto. – Terzo, quando gli altri Dioptase erano in fila per la loro dose extra di intelligenza e ponderazione eri per caso impegnata – riprese le sue stesse parole. – a comandare ai tuoi piedi di pensare? No, perché altrimenti non c’è altra spiegazione sul perché sembri che il tuo cervello sia dalla parte opposta del tuo corpo! -
    Non la ringraziò affatto per l’incantesimo di asciugatura che lanciò sul suo corpo. Stava per mandarla a quel paese, quando lei prese la “bellissima” decisione di battere forte la sua spalla contro quella dell’opale. A questo gesto, Adrien non poté più trattenersi. Allungò velocemente la mano e strinse tra le sue dita la presa sull’avambraccio della ragazzina.
    - Senti, ora stai esagerando. – le disse, a denti stretti.



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    I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.
     
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    Forse era geneticamente predisposta per odiare i Beauvais; forse era geneticamente progettata per far saltare i loro fragili nervi. O forse semplicemente era lei a non essere compresa.
    Con la fase del vittimismo però non sarebbe andata da nessuna parte. Lì, su quella parte di Bora Bora riservata agli studenti, Amalea Davidson stava adoperando in un modo tutto nuovo con cui doveva ancora familiarizzare appieno. C'era la sua ironia, la sua rabbia mal sopita, la sua dolcezza ma anche il suo essere una inguaribile ficcanaso. «Quisquilie» veleggiò con la mano nella chiara riproduzione di uno "sciò, sciò", a minimizzare il suo errore. Non gli importava di quale casa fosse, l'unica certezza risiedeva nel fatto che non fosse un Dioptase. E poi non dimentichiamo che l'involucro molto spesso inganna. Cotanta bellezza riservato ad un animo così di merda. Che fosse il personaggio morrally grey della sua personalissima storia. Quelli sì che erano pericolosi, ti si infilavano dentro senza neanche fartene accorgere. «Non sapevo ti piacessero le ripetizioni. L'ho già appurato io», gli parlò sopra sorridendo ancor di più nell'avvertire la nota di disgusto sulla parola coccoloso. Eccome se lo era. Ma non con lei. Solo che lui ancora non lo sapeva. Amalea avrebbe fatto meglio a stare sul pezzo e a non divagare con la sua mente fantasiosa. «Ehi, aspetta un attimo», lo fermò, guardandolo con occhi sgranati, la mano aperta dritta davanti al suo petto. «Mi hai appena fatto un complimento?» Tutto sommato le aveva dato dell'intelligente, un po' svampita alla Luna Lunatica Lovegood, ma pur sempre intelligente.
    Il sarcasmo non l'abbandono, in ogni caso, così come il suo essere magnanima e crocerossina -incompresa ed indesiderata- visto il ventus sapientemente direzionato. Ma vi ricordate che Amalea stava imparando ad essere una nuova versione 2.0? Ecco. Si manifestò nell'urtare rabbiosa la spalla di Adrien.
    Voleva dirsi sorpresa del suo non essere abile ed agile nell'attaccare e scappare; voleva dirsi sorpresa nel sentire le dita allacciarsi al suo avambraccio frenando la sua avanzata; voleva dirsi sorpresa di sentire la sua voce farsi più bassa, risuonando come un ringhio. Ma non lo fu. A sorprenderla fu la sua stessa reazione. Girò il viso guardando il profilo rigido della sua mascella. «Fossi in te smetterei di digrignare i denti» allungò la mano libera, i polpastrelli a sfiorare impercettibilmente il punto preso in esame «finiresti solo col rovinarti i denti e provocarti un terribile mal di testa». Non sapeva dire se l'avesse effettivamente toccato, non sapeva se il calore fosse scaturito solo dalla presa del suo dito sul suo braccio o anche da quel tocco impercettibile. «Ma forse è quello che meriti», aggiunse questa parte però solo nella sua mente, abbassando le iridi chiare sulle sue dita per poi puntarle nuovamente su di lui. «Ora, saresti così gentile da lasciarmi andare?»
    Amalea Davidson

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  7. Adrien Beauvais
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    CRETINO
    Stupido, imbecille.
    - Aaaaah, la signorina “piedi per cervello” conosce l’utilizzo del termine “quisquilie”. Ma che onore e sorpresa sentire simili parole lasciare le vostre labbra smodate! -
    Pura retorica d’ironia. I soggetti come Amalea Davidson lo innervosivano non poco: fino a prova contraria, chi era in torto era proprio la dioptase, non lui, che se ne era stato per i fatti propri per una buona volta (Adrien era, purtroppo, ancora inconsapevole della trasformazione caratteriale a cui sarebbe andato incontro, per sua spontanea volontà, l’anno successivo e sarebbe anche stato probabile che, durante il suo secondo anno, sarebbe stato proprio lui a fare il primo passo verso un nuovo litigio con la Davidson. O, forse, verso una sottile linea di tregua --> dobbiamo aprire questa role, sì).
    - No, carina. -
    Sottolineò l’appellativo: il suo intento era palesemente pungerla nell’orgoglio.
    - Piuttosto, è stata una ripresa di espressione per appurare qualcosa che non era ancora stata presa in considerazione. -
    Gli si contorsero le viscere quando spuntò un sorriso divertito sulle labbra di Amalea. Glielo avrebbe cancellato dalla faccia, costasse quel che costasse, di certo non con un pugno (che avrebbe tirato volentieri se il suo interlocutore fosse stato un uomo), ma con altri mezzi sì.
    Fece per lasciarla ai suoi monologhi, ma fu “costretto” a fermarsi: abbassò lo sguardo per incontrare la mano della giovane puntata e aperta davanti al suo petto… troppo vicina.
    - Prendila come ti pare! – sbottò, all’improvviso peso da una matta voglia di allontanarsi da quella pazzoide.
    Ma no, ovviamente… doveva decidere di urtale la sua spalla contro la propria, giusto per “non” chiudere la conversazione. Voleva davvero esagerare? Credeva davvero di poterla avere vinta? Credeva davvero di potergli sfiorare i denti con i polpastrelli senza alcuna conseguenza? Bene. Adrien non ci avrebbe pensato due volte, ma, in quel caso, la prossima mossa non sarebbe stata dettata da cattiveria: sarebbe stato un semplice scherzo per prenderla alla sprovvista e metterla a tacere.
    Non appena quelle dita fossero state allungate alla sua altezza, senza esitazione avrebbe aperto la bocca e ne avrebbe morso leggermente le estremità. Non le avrebbe fatto alcun male, lei avrebbe avvertito solo una leggera pressione. In seguito, Adrien si sarebbe dipinto in volto un sorriso bastardo.
    - Un motivo in più per rovinarmeli! - affermò, in riferimento all'azione appena compiuta.




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    ADRIEN BEAUVAIS
    I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere.
     
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