Piccoli In(s)contri

Mayra&Aaron

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  1. Mayra Ellis
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    PAUSA
    (/pàu·ṣa/) Interruzione temporanea, intervallo.
    - MAMMAAA! -
    Erano cominciati così i suoi pochi minuti di pausa di quel giorno di lavoro al San Mungo, con sua figlia che le veniva incontro correndo e urlando a squarciagola per la felicità. Era raro che la piccola Edith stesse con lei durante le ore lavorative, ma, giusto un'oretta prima, aveva ricevuto la chiamata della ragazza che si prendeva cura di sua figlia tutti i pomeriggi, la quale l'aveva avvisata di non poter andare a casa Ellis quel giorno poiché era malata. Conseguentemente, aveva chiesto alla madre di una compagna di classe di Edith di accompagnare la bambina in ospedale, dopo scuola: sarebbe rimasta con lei, nel suo ufficio, e se la sarebbe portata con sé, anche se non nei reparti dove la piccola non poteva entrare.
    Sgranò gli occhi dalla sorpresa a quel richiamo, ma non esitò a dare sfoggio al suo ampio sorriso, che non negava mai a nessuno, soprattutto a sua figlia.
    - Edith! - esclamò con gioia, mentre il corpicino si fiondava sul suo con forza e le piccole braccia le circondavano il busto. Ricambiò l'abbraccio con delicatezza.
    - Sono felice che oggi sto qui con te! Ti devo raccontare tante cose! - disse la piccola.
    Mayra si abbassò in modo tale da mettersi all'altezza di sua figlia e le pose dolcemente il palmo della mano sulla guancia.
    - Sono proprio sicura di si! - le rispose, con un occhiolino.
    Poi, si alzò, raccolse la sua tazza di caffe che la macchinetta aveva erogato (una buona dose di caffeina era necessaria per affrontare la giornata a pieno ritmo) e allungò la mano verso Edith.
    - Dammi la mano, amore - affermò. Ma la bambina non aveva intenzione di stare ad ascoltarla: facendo finta di non aver sentito, troppo contenta di stare con sua mamma, cominciò a saltellare e a cantare, con gli occhi chiusi.
    - Edith!! Vieni qui, dammi la mano! - cercò di richiamare l'attenzione di sua figlia, ma questa non le diede ascolto.
    - Fra’ Martino, campanaro,
    cosa fai? Non dormir!
    Suona il mattutino, suona il mattutino,
    din, don, dan, din, don, dan,
    suona il mattutino, din, don, dan!
    Fra’ Martino, campanaro,
    è di già mezzodì!
    Suona allegramente, suo-
    -
    D'un tratto, il corpicino sbatté contro quello di un uomo alto, che Edith non sapeva fosse Aaron Barnes, il più famoso medimago del San Mungo. Cadde di sedere a terra con un - Oof! -.
    Mayra corse verso la bambina, abbastanza preoccupata che potessero esserci lamentele.
    Prese la mano della piccola e l'aiutò ad alzarsi.
    - Ti avevo detto di darmi la mano. Non è posto per giocare, qui! - la rimproverò.
    - Mi scuso, la bambina è troppo contenta e non sono riuscita a frenarla dal correre in giro... -
    Non specificò il grado di parentela con la fanciulla.
    - Mamma! -
    - Dimmi, Edith - rivolse la sua attenzione nuovamente verso sua figlia.
    - Mi sono fatta male... - rispose, mostrando il gomito abraso, con gli occhi lucidi. Era fiera di sua figlia: aveva imparato, grazie ai suoi insegnamenti, ad essere una piccola donnina forte.
    - Fammi vedere -
    Mayra prese il braccio della bambina con l'unica mano libera, mentre l'altra era occupata dalla tazza di caffè, e ispezionò il danno fatto.
    - Ora andiamo in ufficio e mettiamo un cerotto, così passa tutto. Che ne dici? - disse, con un sorriso sul volto, accarezzandole i capelli e, poi, stringendola in un abbraccio.

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    MAYRA-ELLIS
    Oggi è il giorno in cui la mia vita comincia.
     
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    Non aveva mai capito il perchè, alla fine dei suoi turni succedeva sempre qualcosa che lo lascissero marcire in quellìospedale. E per fortuna che era proprio lui quello raccomandato, quello che non doveva faticare tanto lui li dentro conosceva tutti e robe varie. Aaron si era sempre impegnato tantissimo per azzittire quelle voci, aveva studiato veramente tanto ed era anche andato fuori corso pur di prendersi la laurea nella maniera più consona e meno raccomandata possibile. Aveva dato tutti gli esami, non si era dato margine di sconti o robe del genenre, tanto che Annie ed Edith erano addirittura i suoi capi. Insomma non lo diceva con cattiveria, ma per il semplice fatto che era stufo di essere trattato come qualsiasi racomandato che non faceva niente dalla mattina alla sera. Da quando se ne era andata anche Evelyn, praticamente non faceva altro che bere caffè e fare notti, turni su turni. Aveva solamente un giorno libero fisso e quello era il mercoledì, per il resto stava sempre li dentro eppure c'era ancora chi diceva che non faceva niente. Aveva bisogno di fumare. Si levò il camice e lo posò nel suo studio privato e poi prese una sigaretta ed andò spedito verso l'uscita. Era arrabbiato e fin troppo serio, tanto che non si rese conto minimamente della bambina che andava contro di lui. Quando la vide per terra si abbassò immediatamente verso di lei. Le sorrise. Mi dispiace! Disse seriamente, anche se non era lui che aveva sbattuto a lei ma il contrario. Alzò appena lo sguardo e incrociò i suoi occhi ghiaccio con quelli di un'infermiera. Sospirò e poi sorrise ancora alla bambina, prima che potesse dire qualcosa, la ragazzina la chiamò mamma ed Aaron sorrise anche alla ragazza. Non serve che la sgridi. é una bambina e questo non dovrebbe essere proprio un posto che lei deve frequentare. Non era mai così serio e sgorbutico, ma quella giornata era partita veramente, ma veramente storta. Quando però la piccola ragazzina disse che si era fatta male, Aaron prese la bacchetta e con un piccolo tocco rimise tutto apposto. Adesso va meglio? Chiese poi sorridendole. Aveva un viso veramente simpatico e soprattutto sembrava saper il fatto suo. Guarda! Ti do una caramella e passa davvero tutto. Aggiunse poi frugando nella sua tasca e sentendo un medico più anziano, il dottor Freybell, avvicinarsi con un tono di rimprovero. Dottor Barnes, avrebbe da finire un turno. I soldi qui dentro non contano. Si sbrighi e visto che le piace tanto andare a spasso credo che stasera dovrà proprio fare degli straordinari. Ok, quello era troppo. Sgranò gli occhi per quei rimproveri e poi aprì la bocca per dire qualsiasi cosa ma il medico alzò un dito come per zittirlo. Se dice qualsiasi cosa farò un richiamo ad entrambi. E lei, inferimiera Ellis, non si faccia trasportare da certi elementi. Inoltre questo non è un asilo, se lo ricordi attentamente. Si voltò e se ne andò. Mi dispiace. Disse sbuffando. Ecco, ci mancava solamente quella. Possibile che le persone non avevano niente da fare li dentro che rompere l'anima a lui?
    Aaron Barnes

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    Aaron Barnes - 29 anni
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  3. Mayra Ellis
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    PAUSA
    (/pàu·ṣa/) Interruzione temporanea, intervallo.
    Aaron e Mayra effettivamente non si conosceva: poteva dire di averlo visto tra i vari reparti e di averlo affiancato per qualche visita o intervento, ma non aveva mai stretto amicizia con l’uomo, né si era lasciata a chiacchiere. Il loro rapporto era sempre stato puramente professionale e Mayra non aveva mai provato a ficcare il naso nelle questioni altrui, tantomeno in quelle del dottor Barnes. Era forse una delle pochissime in quell’ospedale a non aver mai dato credito ai pettegolezzi sul suo conto, alle voci sparse su come la sua carriera non fosse altro che frutto di raccomandazione e soldi e il suo lavoro non fosse davvero svolto. Ogni qual volta qualcuna delle altre infermiere o guaritrici avevano provato a metterla con le spalle al muro, la ventottenne aveva sempre scelto tra due strategie d’azione: allontanarsi o rispondere per i fiocchi, mettendo a tacere, a volte, anche i suoi superiori. Non aveva peli sulla lingua e non era, per lei, sempre positivo, infatti, quel suo modo d’essere le aveva comportato non pochi problemi nel corso degli anni, come trasferimenti di reparto in reparto perché coloro che ne erano al vertice non avrebbero più voluta averla tra i piedi.
    Aaron Barnes, comunque, non aveva diritto ad alcuna spiegazione sul perché sua figlia fosse in quel luogo a quell’ora.
    - Mi dispiace, dottore, ma, con tutto il rispetto, non credo che siano affari che la riguardano – gli rispose, con pacatezza, senza alcuna rabbia o risentimento per quel rimprovero. Non voleva dare un cattivo esempio a sua figlia che aveva accettato di buon grado le cure datole dal guaritore Barnes, a cui aveva corrisposto con un timido sorriso, coadiuvato da mani strette in grembo per l’imbarazzo.
    - Si, va meglio, grazie… -
    Prese la caramella e, ritornata alla sua solita velocità in un battibaleno, la scartò e se la ficcò in bocca, tendendo la cartaccia alla mamma. Mayra la prese e se la mise in tasca.
    Nessuno aveva mai visto la piccola Edith in giro per l’ospedale, se non in rari casi. Quella, poi, era la prima volta dopo molto tempo: che diritto aveva lui di dirle cosa poteva o non poteva fare? Dopotutto era lì da molti anni, conosceva bene le regole del San Mungo come le necessità della sua famiglia, composta da lei stessa e dalla bambina. Crescere una figlia tutta sola non era affatto facile, soprattutto quando le tate venivano meno all’ultimo minuto.
    Non ci voleva affatto la comparsa del dottor Freybell. Il suo sguardo fu tempestato di rughe corrucciate quando udì le parole rivolte al medimago, ma si fece ancor più scuro non appena fu rimproverata lei stessa. Avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma si limitò a richiamare all’attenzione sua figlia.
    - Edith, vieni qui -
    La piccola, per una santa volta – “Ringraziamo il cielo!” -, le aveva dato ascolto e si era avvicinata a Mayra, la quale l’aveva cinta con le sue braccia, poggiate sulle sue spalle e unite dalle mani sul petto della bambina. Non appena se ne fosse andato, avrebbe affermato: - Glielo giuro, se non fosse stato per la presenza di Edith, gli avrei risposto per le rime! -
    - Chi era quel signore, mamma? – domandò Edith, con voce poco chiara a causa della caramella tra i suoi dentini.
    - E’ il capo della mamma -
    - E perché ti ha sgridato? Hai fatto la monella? -
    A quella parola, Mayra ridacchiò.
    - No, amore, la mamma non ha fatto la… monella. E’ solo che il dottore era arrabbiato -
    - Ma non può arrabbiarsi se non hai fatto niente! -
    - Hai ragione, Edith, non dovrebbe, ma lo ha fatto -
    - Certo che voi adulti siete proprio strani, a volte… - affermò la piccola, guardando tra Mayra e Aaron. Mai pronunciate parole più vere.


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    Oggi è il giorno in cui la mia vita comincia.
     
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    Quello che disse Aaron non era un rimprovero per la riccia e neanche voleva sapere i fatti suoi. Infatti quando la ragazza le rispose in quel modo alzò un sopracciglio. In genere non era una persona fredda, in genere non era uno che si lasciava prendere dalle emozioni, specialmente sul suo luogo di lavoro. Aaron era una persona gentile di natura, era uno che si prestava sempre agli altri e con le donne lo era ancora di più, ma da quando anche Evelyn se ne era andata via senza dire assolutamente niente, aveva deciso che non avrebbe mai più aperto il suo cuore a nessuna, non subito, non dopo averla messa davvero alla prova. Era stufo di essere sempre il coglione di turno, quello che si lasciava prendere dai sentimenti positivi. Era stufo di essere lui il buono. Aveva tutte le carte in regola per essere quello stronzo, per fare il presuntuoso, saccente e desiderato. Avrebbe cominciato immediatamente. Non ti ho chiesto, infatti, spiegazioni del perché tua figlia è qui. Ho solo detto che non dovresti sgridarla, perché sicuramente non è colpa sua se è qui. Rispose con altrettanta cortesia, ma il suo tono era gelido, come i suoi occhi ghiaccio. Riservò, invece, un sorriso alla bambina prima di guardare il medico. Ho finito il mio turno 12 ore fa, a dire la verità. Inoltre io e l’infermiera Ellis, di cui non sapevo il nome fino a qualche secondo fa, non abbiamo niente a che spartire. Quindi non credo che esercitare punizioni su tutte le persone che parlano con me sia moralmente e deontologicamente corretto. Era più forte di lui, non voleva che qualcuno prendesse punizioni per colpa sua. Il medico non si voltò neanche ed Aaron sospirò appena. Sentì la ragazzina dire che non era giusto prendersela con qualcuno senza che avesse fatto niente e gli venne da sorridere. Chissà che gli paga il reparto! Però i miei soldi gli sono piaciuti quando ho dotato tutte attrezzature nuove alla pediatria! Quello lo borbottò sovrappensiero tra se e se. Poi tornò a Mayra. Buona giornata Infermiera Ellis. Ciao piccola Edith! E detto c’ho riprese la sua camminata verso l’uscita del San Mungo. Aveva un disperato bisogno di fumare.
    Aaron Barnes

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    Aaron Barnes - 29 anni
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