Sorelle o sorellastre?

Ameliè & Louise

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    San Mungo
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    Amèlie De Maris


    [Venerdì pomeriggio ore 15.45 Diagon Alley]



    Aver scoperto che Pacôme de Maris, suo padre, aveva un'altra figlia a giro per il Regno Unito era stata una scoperta importante per lei, pensava fino a quel momento di essere figlia unica ed essersi specializzata nel campo della magipsicologia e lavorare fin da sempre a contatto con i giovani l'avevano aiutata a metabolizzare la cosa, cioè aveva scoperto di avere una sorella o forse una sorellastra e non era una cosa da poco, poi aveva lavorato negli ultimi mesi molto vicino a lei essendo al San Mungo e Louise nella scuola di Hiddenstone. Le aveva inviato un messaggio via gufo, e diretto direttamente alla scuola dove studiava.

    Ciao Louise, sarà strano leggere le mie parole, ma sono Amelie de Maris, sono la prima figlia di tuo padre Pacome. Mi piacerebbe conoscerti di persona, direi che abbiamo tante cosa da dirci sorella, non trovi? Spero che puoi venire questo venerdì pomeriggio, verso le 16.00 dato che primo lavoro al San Mungo, a Diagon Alley. Sarei felicissima di vederti, credimi. Ho bisogno di parlare con te. Mi riconoscerai dai miei bei capelli rossi, impossibile non vederli.

    Ameliè.
    Spero a presto!


    Quel pomeriggio dopo il lavoro si portò alla location che aveva indicato alla giovane ragazza e sua sorella acquisita, Diagon Alley ancora non era piena di persone ma presto si sarebbe riempita. Con se aveva delle foto di suo padre a Parigi diversi anni prima, le voleva regalare a Louise appena l'avrebbe vista. Si mise a sedere in una panchina nell'attesa dell'arrivo della ragazza, era veramente euforica e contenta per la cosa. Non poteva chiedere di meglio dato che le mancava crescere con una sorella accanto e poteva avere una sorella con la quale parlare e raccontare tutto, cosa poteva chiedere di meglio? Niente di più.


    Sembra che nella vita si abbia successo grazie a tre fattori: la salute, l’intelligenza ed il carattere, aggiungiamo un quarto fattore; un po’ di fortuna.
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    Louise De Maris
     
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  2. Louise De Maris
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    [Due giorni prima – Mercoledi, Hidestone]


    Non era stata proprio una bella giornata quando una lettera le era stata recapitata da un gufo diverso rispetto a quello con cui giungevano le lettere di suo zio. Fu proprio quello a farle capire che qualcuno aveva pensato di scriverle, probabilmente non di sua conoscenza. Era rimasta sul letto del suo dormitorio, fino a quando non aveva visto l’uccello posato sulla sua scrivania. Cliccò sullo schermo del suo telefono, mettendo in pausa la musica, e si tolse le cuffie dalle orecchie, gettandole sulla trapunta che copriva il materasso senza troppa delicatezza. Si alzò e si trascinò fino alla scrivania, perché la sua gamba si era addormentata a furia di star ferma. Raccolse la busta bianca: non c’era traccia del mittente. La rigirò tra le mani, preoccupata se dovesse aprila o meno: e se fosse stata una trappola? E se suo zio le avesse teso un agguato? Ma poteva benissimo essere qualcuno di diverso… con dita leggermente tremanti, ruppe il sigillo e sfilò la pergamena. Iniziò a leggere il contenuto, la sua bocca mimava ogni parola in una lettura silenziosa. …Amelie De Maris… “De Maris?!”. I suoi occhi si spalancarono a quel cognome. Era il suo… perché una ragazza aveva il suo stesso cognome?! No, non poteva essere… non voleva crederci… ma il nome di suo padre, nella lettera, la costrinse a farlo. O forse no. Chi cazzo era questa Amelie?! Suo padre era sempre stato un uomo fedele. Doveva essere certamente opera di suo zio. Ma se non lo fosse stato?! Finì di guardarne il contenuto e, in seguito, sbatté la lettera sul piano in legno con forza. Voleva urlare, piangere. Non sapeva con chi caspita confidarsi: aveva litigato con quel coglione di Blake e non aveva amici. Forse se… no. “No, Louise.”. Ma poteva sempre provare… con un pizzico d’esitazione, raccolse il telefono e aprì la chat su quella del Barnes. Digitò un “Ehi, Blake”, ma lo cancello prontamente. Alla dine, optò per una frase secca.
    Mi ha scritto una ragazza, dice di essere mia sorella. Mi ha spedito una lettera tramite gufo e non so nemmeno come mi abbia trovato.
    Riportò nel messaggio il contenuto della lettera, aggiungendo un “Non so che fare…”.
    Dopo una chiacchierata abbastanza breve e combattuta, prese la decisione di rispondere. Ma quel giorno non le venne alcuna parola in mente.
    - Torna domani – disse al gufo, il quale fece un verso di disaccordo e volo via.

    [Una settimana dopo – mercoledì mattina]


    Così fu per una settimana. Ogni giorno mandava via il gufo, intimandogli di tornare l’indomani. Non si presentò ad alcun incontro il venerdì, non sarebbe mai andata da una persona di cui non conosceva l’identità, tantomeno da sola. Fu solo il mercoledì seguente che le venne in mente qualcosa. Si sedette alla scrivania, ma non si buttò a capofitto sul suo obiettivo.
    - Ah… - sospirò.
    Forza, Lou, ce la puoi fare! – incoraggiò sé stessa.
    Raccolse carta e pergamena e iniziò a far fluire l’inchiostro su di essa.

    Cara Amelie,

    Sbarrò subito la prima riga. Non era assolutamente “cara” e non sapeva se fosse davvero il suo nome. Avrebbe utilizzato quel foglio come brutta copia.

    Come ha potuto vedere, non mi sono presentata all’incontro. Non so con quale coraggio lei mi stia scrivendo tale lettera e con quale coraggio lei mi possa dire certe cose, pur sapendo che mio padre, Pacome De Maris, sia morto. Coma osa infangare il nome di un fedele marito e un buon padre di famiglia? Non si faccia sentire più. Se, però, dice la verità, ho bisogno di qualcosa che testimoni che sia così: test del DNA. Se vuole opporre reclami, non si prenda la briga di rispondere a questa lettera. Se fosse altrimenti, attendo sue notizie.
    Louise De Maris


    Infilò la pergamena in busta, scrisse sulla facciata il suo nome e quello del destinatario e la consegnò al gufo.
     
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    Amèlie De Maris


    Non si aspettava che Louise prendesse al meglio quella cose, loro padre era morto e sapere di avere una sorella che arrivava dalla Francia doveva essere dura per tutti, era una che sapeva fosse difficile da accettare e di fatto dopo averla aspettata al punto che le aveva scritto non si presentò, forse non le aveva creduto, forse non voleva fare un passo del genere, però ebbe le risposte in una lettera che arrivò qualche giorno dopo. La lesse con massima attenzione parola per parola per capire, poi si mise nei panni di Louise, sapeva cosa voleva dire. Avrebbe fatto la stessa cosa della ragazza, senza ombra di dubbio, le prove erano importanti. Dopo aver abbozzato qualche risposta su un foglio vuoto trascrisse in bella quello che avrebbe poi inviato alla sua sorella acquisita.

    Ti capisco benissimo Louise e so perchè non ti sei presentata, credimi anche io avrei fatto come te. So bene che nostro padre sia morto, so tutto, e so che anche te dovevi essere molto legata a lui così come lo ero io. Non oserei mai infrangere il nome di nostro padre, un grande uomo che mi manca moltissimo nella mia vita. Non ti mentirei mai su una cosa del genere.

    Un attimo di pausa nel movimento soave della penna in quel foglio.

    Capisco benissimo che vuoi le prove e la verità. Sai che anche io avrei chiesto la stessa cosa? In ogni caso ti allego nella lettera tre prove che per te saranno la conferma di tutto ciò che ti ho detto. La prima è una foto della nostra famiglia, quando io, nostro padre Pacome e mia madre eravamo in una vacanza londinese, io avevo circa cinque anni. Poi ti mando il mio certificato di nascita, vedrai nome e firma di nostro padre e infine, dato che per avere la conferma mi ero premunita di farlo già per conto mio qualche anno fa, il risultato del test del DNA che volevi, come vedrai è positivo, sono figlia come te di Pacome de Maris. Quindi anche se non lo sapevamo siamo sorelle. Spero che queste prove siano sufficienti per te. In ogni caso se lo fossero mi piacerebbe parlarti di persona, dove vuoi e quando vuoi. Spero che accetterai.

    Amelie De Maris


    Finita di scrivere la lettera la firmò dopo il nome e allegò le tre prove che voleva, una foto con suo padre e sua madre di lei quando aveva cinque anni, il suo certificato di nascita con il nome e la firma del padre Pacome e infine il test del DNA che confermava che fossero sorelle, nate dallo stesso padre. Quindi la lasciò al gufo per poi mandarla verso Louise.


    Sembra che nella vita si abbia successo grazie a tre fattori: la salute, l’intelligenza ed il carattere, aggiungiamo un quarto fattore; un po’ di fortuna.
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  4. Louise De Maris
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    La lettera di colei che diceva di esser sua sorella fu recapitata con celerità, dopo un giorno solo la missiva che Louise aveva spedito di tutta risposta. Non c’era ancora nel suo dormitorio quando il gufo arrivò: era a lezione. Perciò, quanto tornò in stanza dopo una giornata di stress e stanchezza, la sola vista della busta bianca la innervosì e le mise addosso un’ansia tremenda insieme. Avrebbe voluto gettarla tra le fiamme del fuoco acceso del caminetto, ma si trattenne: Amèlie De Maris non era la benvenuta nella sua vita. Si avvicinò alla scrivania con passo furibondo, prese la lettera e la gettò senza troppa delicatezza nel cassetto della sua scrivania, con uno sguardo così nero e infuriato che diceva tutto a chi l’avrebbe vista in quello stato. Sarebbe stato meglio che nessuno le avesse parlato in quel momento perché avrebbe potuto esser davvero sgarbata.
    Si ficcò le cuffiette nelle orecchie, dopo aver lanciato sul pavimento la sua borsa, che cadde a terra con un forte tonfo (e lì Louise fu sicura che qualcosa sicuramente si fosse rotta, ma ci avrebbe pensato solo in seguito), e procedette a lasciare quella stanza, ma, soprattutto, le mura di quel castello che le sembrava la stessero soffocando. Se avesse incontrato Blake avrebbe probabilmente litigato. Se avesse incontrato Julian o Harry o James o Aidan li avrebbe trattati con sgarbatezza, ferendoli. Non era in sé e non aveva intenzione di riprendersi. Doveva sfogare la sua rabbia, la sua delusione e tutti i sentimenti che derivavano da una fiducia tradita.
    Fece partire una canzone a caso a tutto volume e se ne andò via così, non prima però di aver lanciato un forte calcio alla sacca con il materiale di scuola accompagnato da un sonoro – Vaffanculo! -.

    [Due settimane dopo]


    Aveva cercato di dimenticare quella lettera, che ci fossero delle parole messe nero su bianco per lei. Non voleva leggere nulla, né vedere le prove che suo padre avesse avuto una figlia da un’altra donna. Tuttavia, non ci era riuscita. Era stata parecchio distratta durante le lezioni, i suoi appunti ne avevano inficiato e, per una volta, avrebbe dovuto chiedere aiuto a qualcun altro. Ciò le aveva causato un forte timore per i suoi voti scolastici: se si fossero abbassati, suo zio non ne sarebbe stato contento e ciò comportava che… “Non pensarci!”. Ogni volta che i suoi pensieri ricadevano su quel tasto dolente, cercava il reset totale della sua mente, con poco successo. Lei non voleva esser costretta a restare a casa, a ricevere un’educazione privata e a non frequentare l’accademia. Quest’ultima per lei era un’ancora di salvezza, un luogo in cui poteva respirare un po' più forte di quello che prendeva in dimora Boyer-De Maris. Nonostante la spia che sapeva ci fosse in quei corridoi, lei poteva comunque continuare a frequentare Blake, forse l’unico, perché appartenente a una famiglia di cui suo zio si fidava ciecamente, ricca e influente. Evrard non avrebbe potuto mai vietarle di stringere “alleanze”, seppur inconsapevolmente, con il rampollo della famiglia Barnes. Gli faceva parecchio comodo.
    Alla fine, quando le sembrava finalmente di star per impazzire, per mettere fine a quella tortura, si sedette alla scrivania quando i suoi compagni erano via e lei era sola nella stanza, aprì il cassetto e raccolse la lettera. Prese un respiro profondissimo. Le tremavano le mani. L’aprì. Scansionò dapprima il contenuto: una foto e tre fogli bianchi. Strinse la foto tra dita che si fecero sempre più pallide, come le nocche. Desiderava strapparla, ridurla in tanti piccoli pezzi, fino a quando nessuna di tutte quelle facce fosse stata riconoscibile, ma la mise solo da parte. Poi, cominciò a legger la lettera, innervosendosi man mano: come poteva dire di capirla?! Perché faceva la finta dispiaciuta?! Se fosse stata tale, l’avrebbe lasciata vivere serenamente. Dopo una lettura approfondita, raccolse il foglio del test del DNA e lo scansionò con foga fino a quando non trovò la riga che attestava la paternità. I suoi occhi si spalancarono, le sue dita tremanti rilasciarono la presa e la carta cadde sul pavimento. Era vero. Era sua figlia. D’improvviso, qualcosa si ruppe dentro di lei: la diga di lacrime cominciò a straripare. I singhiozzi le mozzarono il fiato. No. Per il momento, non avrebbe conosciuto quella ragazza.

     
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    Amèlie De Maris


    Sinceramente sapeva che non sarebbe stato facile credere a quello che stava scrivendo alla sua sorellastra acquisita, era ben poco credibile se letto, doveva trovarla di persona per parlarci e per avere un confronto semplice e diretto con lei. Faceva parte della loro famiglia, seppur non così in maniera diretta, e Amelie doveva farlo capire alla ragazza. Le prove che fosse anche lei figlia dello stesso padre le aveva spedite in quella risposta a Louise ma passarono i giorni e non vide assolutamente alcuna risposta alla stessa. Capiva anche le motivazioni della sua sorellastra, lei lo sapeva che Louise lo era, ma proprio l'altra ragazza non voleva capirlo. Almeno sperava che avesse fatto breccia nel suo cuore almeno, sarebbe stato un primo passo verso l'accettazione della cosa, che non era sola e poteva anche lei fare parte della sua vita. Si mise anche nei panni di Louise e il dover leggere quelle parole, avesse avuto qualche anno in meno e avesse dovuto aprire quei fogli sarebbe stato certamente un colpo al cuore e una cosa da brividi. Però le prove che le aveva spedito non aveva assolutamente la possibilità di dire che non era come diceva in tutte le lettere che le aveva spedito, che anche lei era figlia di Pacome, e louise era sua sorella, o meglio sua sorella acquisita. Sperando in una risposta chiese anche quella mattina appena arrivata al San Mungo, si fermò all'ingresso e al banco della corrispondenza dove si fermavano sempre i gufi con le lettere.

    Ehi Carl, buongiorno. Come stai?

    L'addetto allo smistamento non perse tempo a rispondere.

    Signorina De Maris, non mi posso lamentare. Grazie mille del suo interessamento. Lei invece?

    Un sorriso sul volto della ragazza.

    Direi che potrebbe andare meglio essendo lunedì mattina. Il sonno è tanto. Senti una cosa, sono arrivate delle lettere per me?

    L'addetto controllò ma senza alcun esito, quindi riprese a parlare.

    Mi dispiace signorina De Maris, non è arrivato nulla per lei. Provi a ripassare in serata a fine turno.

    Amelie fece un cenno con la testa e si diresse verso il suo reparto. La giornata lavorariva era appena iniziata, e quella lettera non sembrava essere nelle grazie del destino per il momento.

    [Role Conclusa]



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