"Sei molliccia, devi allenarti": parola di Blake Barnes

Louise&Blake

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    stato emotivo persistente che, quando estremo, altera sentimenti, pensieri e comportamenti.
    Il gioco gli piaceva, era divertente, poteva continuare il suo allenamento e non era troppo invasivo. Sorrise alla ragazza e scosse il capo. Era sempre più cosciente di quello che lei era per lui e la cosa lo rendeva sempre più confuso e soprattutto lo rendeva sempre meno stabile. Ogni volta che cominciava a provare qualcosa per qualcuno poi le cose andavano male e di conseguenza, lui, cercava di ritardare l'affezione il più possibile. Comunque le diede un piccolo pizzicotto sulla guancia quando mise il broncio e si fermò un momento per riprendere anche lui un pò di fiato - maledette sigarette - e dare una risposta a quella sua domanda. Sorrise per la sua risposta. Bella scelta, le città, specialmente le capitali europee sono veramente, ma veramente belle! Ammise poi non soffermandosi sul fatto che lei non aveva mai potuto viaggiare. In quel momento erano solamente loro due, basta pensare a persone terze e basta pensare a tutto quel casino. Si morse il labbro a quella domanda e non riprese a correre, anzi, si sturbò parecchio. Ma tu lo sai cosa vuol dire essere sprovveduti? Io non posso rimanere qualcosa che non sono. Quindi... riformula la domanda! Si, se l'era presa in maniera particolare. E poi, sprovveduto?Tu pensi che io sia uno sprovveduto? Chiese poi seriamente. Ma stava scherzando vero? Ecco la permalosità che sgorgava da ogni poro della sua pelle. Blake era uno che diceva sempre le cose in faccia e si prendeva anche quello che gli dicevano, ma quando non corrispondeva all'idea che lui aveva di se stesso faceva notare anche quello.
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    Quando sei pazzo, pazzo come questo, non lo sai. La realtà è ciò che vedi. Quando ciò che vedi si sposta, allontanandosi dalla realtà di chiunque altro, per te è ancora realtà.
     
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  2. Louise De Maris
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    Adorava quei momenti di lui, sbarazzini e allo stesso tempo premurosi, come quel pizzicotto sulla sua guancia. Nessuno l’aveva mai fatto con lei, forse solo Julian, ma con Blake era tutto diverso. Forse c’era di mezzo l’evidenza per cui lui le piacesse da morire, anche se lo continuava a negare a sé stessa. Ogni volta che pensava al Black Opal cercava di distrarsi, domandandosi internamente perché lo stesse facendo e se si fosse innamorata. Si rispondeva subito di no, che non avrebbe mai potuto innamorarsi, prima di tutto perché era presto e, in secondo luogo, perché era un ragazzo scontroso e scorbutico. Successivamente, però, si ricordava di quante volte l’aveva salvata da morte certa e ascoltato i suoi problemi e le sue lamentele… e lì, le tornavano gli occhi a cuoricino. Ringraziava mentalmente il cielo per non averla fatta nascere come una emoji, altrimenti le sue emozioni sarebbero state palesate a tutti e, soprattutto, a sé stessa, a cui voleva nascondere tutto con una cura tale che avrebbe fatto invidia a un serial killer. Lo guardò fermarsi per prendere fiato.
    - Si, immagino che lo siano! Se già Issigeac – il mio paese natale – lo è, non immagino le capitali! Io nemmeno Parigi ho visto… quindi, puoi vedere quanto io sia rovinata da questo punto di vista… -
    La domanda successiva che lei gli pose non era stata pronunciata con l’intenzione di alzare tensioni tra i due, eppure era accaduto esattamente questo: Blake si era fatto serio d’improvviso, Louise altrettanto, cercando di capire cosa avrebbe potuto dire di così sbagliato. Eccola: la parola “sprovveduto”.
    - Ma che te la sei presa? – gli domandò.
    - Sprovveduto significa che non hai determinate esperienze o capacitò per affrontare con adeguatezza certe situazioni problematiche -
    Lei non pensava che lui fosse uno sprovveduto sempre, ma che lo fosse stato in occasioni particolari sì. Lasciò in sospeso quell’interrogativo, per il momento. Ma perché se la prendeva così tanto? Alla fine, tutti avevano dei difetti, no?

     
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    stato emotivo persistente che, quando estremo, altera sentimenti, pensieri e comportamenti.
    Una delle tante caratteristiche di Blake era l'essere lunatico. Lo era sempre stato, il che era strano in quanto non era nato sotto il segno del cancro, ma l'ascendete faceva tantissimo in quelle occasioni e sentire quelle parole da lei lo fecero innervosire. A volte cambiava uore talmente tanto rapidamente che la persona che aveva accanto non aveva neanche idea di quello che stesse succedendo. Quello era decisamente il caso. Se Lu pensava davvero di aver detto qualcosa di innocente, o comunque qualcosa che non comportasse nessun disguido tra loro, Blake pensava che in quel momento era il momento di mettere i punti sulle i e i trattini sulle t. Si era seriamente offeso. O meglio non era offeso, ma era veramente, ma veramente sturbato dal tutto. La guardò un pò male, sgranando gli occhi come per farle capire che non serviva dire altro e che certo che stava dicendo seriamente, le sembrava uno che stesse lontanamente scherzando? Ti sembro davvero una persona sprovveduta? Chiese facendo un passo indietro. Impulsiva si, particolarmente irritabile, intollerante, irrequieta, egoista, egocentrica, manesca, arrogante! Posso essere tante cose, ma non uno sprovveduto Gli sembrava una cosa così disastrosa, e detta da lei peggio, che non riusciva seriamente a passarci sopra. Blake pensava che lei lo conoscesse almeno un pò, ed invece? Invece manco per niente, ed in quel momento avrebbe voluto veramente spaccare qualsiasi cosa. Possibile che nessuno riusciva ad andare in fondo alle sue azioni? Sprovveduto? Cioè lui mancava di.. oddio, come aveva detto? Che cosa aveva detto? Non riusciva neanche a pensarci, era proprio incredibile. E la cosa che lo faceva innervosire di più, era il fatto che gli dava così fastidio quella cosa solo perchè era lei a pensarla. Da quando a lui interessava di quello che gli altri pensavano di lui? Neanche con Lilith era mai successa una cosa del genere. Scosse il capo. Incredibile. Guarda tante cose mi hanno detto, ma questa... questa è davvero fuori luogo e contesto! Aggiunse poi offeso nell'anima.
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  4. Louise De Maris
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    Non capiva affatto perché se la stesse prendendo così tanto: da quando in qua era così permaloso? Se l’avessero detto a lei, non se la sarebbe presa… cioè, quante cose le aveva detto lui e non aveva mai fatto storie… semplicemente, uno non poteva avere un punto di vista diverso della situazione? No?! Boh, davvero non capiva…
    Lo ascoltò. Ogni parola era una pugnalata al suo cuore: ma perché si rifiutava di capire? Almeno poteva lasciare spiegare cosa intendeva. Okay, forse avrebbe fatto precipitare ancor di più la situazione, ma doveva provare a riparare all’errore. Voleva mangiarsi, schiaffeggiarsi da sola: perché cazzo le era venuto in mente proprio in quel momento di dire quella parola? “Mannaggia alla miseria!” pensò.
    - Ma no, io credo che tu lo sia stato solo in alcuni momenti… - affermò. Quella era la prova del nove: “o la va o la spacca”. Poi, decise di aggiungere una spiegazione: - Ma, in fondo, lo siamo tutti… anche io lo sono stata in gita… e anche molti altri… -
    Lo osservò fare un passo indietro con occhi sgranati. Non sembrava che fosse andata come aveva sperato… si passò istintivamente una mano su una ciocca di capelli che solitamente le cadeva di fronte agli occhi, ma non la trovò, perché i suoi capelli erano legati in una coda di cavallo. Lo guardò supplicante, con le guance arrossate dal calore dell’allenamento, la chioma abbastanza pettinata e un po' sudata. Tentò a fare un passo in avanti, con i palmi delle mani aperti, in segno di non correre a conclusioni affrettate e per dirgli che lei non aveva avuto alcuna intenzione di offenderlo. Tuttavia, si fermò lì. Probabilmente, l’avrebbe cacciata via, fisicamente, e lei non voleva più provare l’umiliazione del respingimento che aveva sentito tutta durante la litigata in nave per Bora-Bora.
    - Ma… - asserì, bloccandosi d’un tratto e pensando bene alle parole che avrebbe pronunciato.
    - …puoi dirmi tutto quello che vuoi, in cambio… -
    Ecco il suo lato infantile e ingenuo: stava pensando seriamente che uno scambio di brutte parole avrebbero potuto risolvere la questione, un po' quando si è bambini, si fa male a un fratello o a una sorella e, per evitare che chiami la mamma, gli si chiede di ricambiare.


     
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    Blake la guardò e quando continuò a parlare e a dire che lo erano tutti, e lo era solamente in alcuni momenti aprì anche la bocca, come per farle capire che stava solo peggiorando la situazione. Quindi lei stava dicendo che era come tutti e soprattutto in alcuni momenti, magari quelli più pericolosi, non sapeva comportarsi? Insomma, Lu stava cercando di provare a suicidarsi senza neanche saperlo? Oppure lo sapeva fin troppo bene e non faceva altro che andare incontro alla morte come solo lei sapeva fare? Si morse il labbro e questa volta scoppiò a ridere, specialmente per il fatto che lei, alla fine della fiera aveva deciso che farsi insultare potesse risolvere tutto. Cioè. Ti rendi conto? In una sola frase hai detto tutto quello che io odio che mi si dica: mi hai paragonato a tutti, cosa che io non sopporto, hai detto che io sono una persona sprovveduta in alcuni momenti, e credo anche di sapere a quali momenti ti riferisci e poi, alla fine mi dici: insultami anche tu, così siamo pari!Non riusciva ad essere propriamente serio, ma comunque era seriamente offeso. Mi prendi in giro? Insomma, se mi conoscessi almeno un pò sapresti che non ti insulterei mai solo perchè lo fai tu, e soprattutto, praticamente stai ammettendo che pensi che io sia una persona che non pensa prima che agisca! Non sapeva se ridere o se piangere, a dire la verità. Comunque alla fine riprese a correre. Era meglio smettere di parlare ed allenarsi. Tutta quella storia non aveva senso.
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    Non capiva proprio: un attimo prima era incazzato, un attimo dopo rideva come se fosse appena accaduta la cosa più divertente del mondo. Cosa cazzo gli prendeva?! Si sentiva male, forse? Avrebbe dovuto chiamare Aaron? Quei suoi due ultimi interrogativi non contenevano alcun sarcasmo al loro interno, anzi, erano pregni di preoccupazione. Louise guardò Blake con una strana espressione sul volto, un misto di rughe di confusione e, insieme, preoccupazione vera. Okay che aveva probabilmente detto una cazzata, ma tutto quel suo essere lunatico? Da dove sbucava? Non l’aveva mai visto così.
    - Come devo fare a farti capire che non ti sto paragonando agli altri, non nel modo in cui intendi tu? Blake, sei umano, sei una persona umana, con dei sentimenti umani… è normale che ci siano delle cose simili tra tutti gli altri umani della terra, no? -
    Mi sto scavando la fossa da sola… era meglio se mi stavo zitta…” pensò, parecchio frustrata. Incrociò le braccia sul petto e mise il broncio, questa volta per davvero: con quell’aspetto, gote rosse, capelli arruffati, labbro che cominciò a mordere, sembrava proprio una bambina.
    - …ma io non ti ho insultato… - disse con voce sommessa. -…cioè, io voglio dire che se l’ho fatto, io non avevo intenzione di insultarti… e, poi, ricambiando, non mi insulteresti davvero, perché ti ho chiesto io di farlo… no? -
    Tutta quella discussione non aveva proprio senso. Una lieve fitta di mal di testa le trapanò il capo. Si portò una mano alla fronte e cominciò a massaggiarsi le tempie. A Blake sarebbe sembrato come se fosse un gesto riflessivo, che l’accompagnava durante l’atto del pensare, ma non era propriamente così.
    Il diciannovenne si rimise a correre senza dir nulla e Louise se ne accorse solo quando era già a qualche metro da lei.



     
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    Sapeva che il suo essere lunatico non poteva essere pienamente capito da chiunque, specialmente per chi non lo veva mai visto in quel modo, e forse nessuno mai lo aveva mai visto in quel modo, quindi alla fine non avrebbe detto altro. Doveva schiarirsi le idee perchè sinceramente era rimasto offeso di quella cosa. Se lei pensava una cosa del genere di lui, come poteva pensare che l'avrebbe sicuramente protetta da tutto e tutti. Lei pensava che lui era semplicemente uno sprovveduto. Cazzo uno SPROVVEDUTO. Come le era venuto in mente? Non stava sentendo neanche una parola di quello che stava dicendo, e forse anche molto meglio così, quella parola non faceva alro che trapanargli il cervello, talmente tanto che aveva perso completamente di vista chi aveva di fronte e davanti. Si morse il labbro e poi scosse il capo in sua direzione. Quando si rimise a correre non pensò a niente, a dire il vero. Quando si rimise a correre voleva solamente andare via di li e schiarirsi le idee. Non si rese conto che lei non lo stava seguendo e non vide neanche il gesto che fece. PORCA TROIA, UNO SPROVVEDUTO! Era l'unica cosa a cui riusciva veramente a pensare in quel momento. Non era una cosa normale, non era una cosa che riusciva seriamente a sopportare, quando si fermò, la vide in lontananza. Sospirò. Non vieni? Hai paura che io sia troppo sprovveduto? Chiese poi piccato. Poi, alla fine si voltò di nuovo e si rimise a correre. Inutile. Era fatto così, ed era fatto veramente, ma veramente malissimo. Ma stavano facendo allenamento no? Allora doveva finirlo, inutile parlare se quella era sempre la conclusione delle loro discussioni.
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