Bisogna aver coraggio nella vita

#Adrien

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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    La situazione con Rey era sempre più strana.
    Vederli insieme era la normalità, certo. Erano cresciuti insieme fin da quando erano piccoli, quando erano in America e avevano sviluppato quel loro rapporto credendo entrambi che non sarebbe mai potuto sfociare in niente di diverso.
    Julian conosceva ogni fratello e sorella di quella famiglia, ma Regina era quella con cui aveva passato più tempo, contro ogni aspettativa e per quanto fossero diversi, si trovava davvero bene con lei.
    Londra li aveva resi altre persone, o forse erano solo cresciuti senza accorgersene e quello che non sarebbe mai potuto diventare una relazione, ultimamente si avvicinava proprio a quel tipo di rapporto e Julian non riusciva a capirci niente.
    Odiava quell'instabilità, non era abituato a quelle discussioni che in quel periodo sembravano caratterizzare la loro vita, ma cercava di non pensarci, quando poteva e di essere il solito Julian di sempre, soprattutto provava a rimanere lontano da lei il più possibile, prevenendo una rottura totale di quello che era il rapporto più importante per lui.
    Dopo cena, quella sera, si era trattenuto a giochicchiare un po' con il suo telefono e quando aveva alzato lo sguardo dall'apparecchio, aveva notato come tutti se ne fossero andati da quella Sala e - probabilmente - fossero andati in camera a dormire, soprattutto i suoi concasati.
    Tutti.
    Ad eccezione di una persona.
    Quando Julian si alzò dal tavolo, lo sguardo non potè non cadere su quello dei Black Opal, notando come seduto alla sedia vi era ancora qualcuno che lui ben conosceva: Adrien.
    Chissà se Regina gli aveva parlato di quello che stava succedendo a loro. Aveva la piena consapevolezza del legame tra lui e Regina, diverse volte si erano trovati tutti e tre per passare una serata divertente insieme, ma questo era fin troppo per tentare di evitare la realtà delle cose: lui e Rey erano cambiati, i loro sentimenti erano cambiati e lui doveva fare l'uomo e farci i conti.
    Forse proprio iniziando a parlarne con il gemello della ragazzina, no?
    Si avvicinò a passi svelti, come se avesse paura di ripensarci da lì a poco, era una cosa che doveva fare e da uomo non poteva tirarsi indietro.
    Sbattè la borsa sul tavolo, quindi allargò la sedia accanto ad Adrien e fece la sua entrata di scena «Senti, dobbiamo parlare.»
    Ecco, c'erano modi sicuramente migliori per poter introdurre un argomento del genere, ma Adrien conosceva Julian ormai da tempo e sapeva che con lui non c'erano mezze misure «Si tratta di Rey.» - così almeno avrebbe avuto la sua piena attenzione, no?
    Julian Miller

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  2. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
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    Vivere in un luogo diverso da casa sua, stare in mezzo a gente per lo più sconosciuta comportavano un cambiamento di abitudini e la loro "rivoluzione". Una di queste, che aveva assunto con particolare piacere, era quello di rimanere in una Sala Grande deserta, solo, giusto per poter godere un po' di quella pace che gli mancava da un bel pezzo. Generalmente, dopo che tutti fossero andati via o, almeno, la maggior parte, era solito raccogliere il suo materiale di studio e rivederlo oppure ultimare i suoi compiti e approfondirli. Quella sera non era andata diversamente: aveva preso posto all'angolo più estremo di una panca in legno, appoggiando la borsa di scuola alle gambe di essa. Aveva cenato con calma, consentendosi di gustare il pasto, così, anche, da non affogare il cibo nello stomaco per poi aver dolore e nausea. Anche il semplice movimento di portare la forchetta alla bocca rappresentava il carattere di Adrien: la calma.
    Una volta che le pile dei piatti, le posate e le tovaglie sparirono e le briciole ripulite, raccolse il materiale dalla sua borsa, lo posò sul tavolo con riguardo e si diede ad una ulteriore lettura di un suo libro di testo. A sera, comunque, non permetteva alla sua mente di concentrarsi del tutto, perché aveva già dato durante il giorno. Per si più, durante quella serata, si era reso conto della presenza di qualcuno a cui non aveva dato troppo adito, infatti, non si rese conto fosse Julian, e decise di rimanere vigile.
    Fu sorpreso quando una borsa fu sbattuta senza tante cerimonie sul tavolo occupato da lui, che fece tremare le sue assi e volare un pezzo di pergamena poggiato sul piano. Tuttavia, non diede a mostrare il suo sconcerto, ma si permise di alzare lentamente il suo sguardo dal libro, totalmente assassino, verso colui che si era permesso di fare una cosa del genere. Julian Miller. Suo amico d'infanzia. Lui, più di tutti gli altri, doveva sapere come fosse fatto e, in particolare, che lo sbattimento di oggetti gli dasse particolarmente fastidio.
    - Buonasera anche a te, Julian. - disse, con voce grave. Lo squadrò da capo a piedi con occhi duri, notando il suo gran nervosismo. Di cosa doveva parlargli?! Successivamente, si abbassò per raccogliere il foglio caduto sul pavimento, al di sotto del tavolo.
    - Si tratta di Rey. -
    Ah, era Regina la causa. Ma di cosa?
    - Regina... cosa centra mia sorella? - chiese, con voce neutra.

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    Sì, quando aveva visto i libri di Adrien aveva quasi avuto un attimo di titubanza, ma non poteva certamente tirarsi indietro. Se lo avesse fatto, forse non avrebbe più avuto il coraggio di fermare il ragazzo per dirgli cosa stava accadendo.
    Sapeva, inoltre, che quando si trattava di Regina, si camminava su un campo minato, ma non aveva altri modi per poter aprire un argomento del genere. Soprattutto se ci avesse pensato su per più di un secondo, avrebbe capito quanto sarebbe stata la cosa più stupida che stesse facendo.
    «Sì ok, buonasera. Dobbiamo parlare.» - ridabì, mentre si spostava dei riccioli che gli erano caduti davanti agli occhi sedendosi. Guardò verso il libro, quindi lo osservò raccogliere la pergamena «Credimi, non avrai più voglia di studiare dopo.» - gli anticipò, mentre cercava di trovare le parole giuste per raccontargli un qualcosa che si sentiva in dovere di dirgli.
    Da uomo a uomo.
    Ecco come stava parlando con lui. Come se stesse chiedendo al padre la mano della propria figlia. Era doveroso parlare con lui, come se ne andasse di mezzo anche la loro amicizia.
    Alla sua domanda, cercò di trattenere il respiro e di trovare le parole giuste come se volesse provare ad indorare un po' la pillola.
    Non c'era niente da indorare e niente di cui vergognarsi, non doveva temere di dire quello che stava per dire, eppure sentiva che dopo quello, Adrien avrebbe usato i suoi libri per rompergli il naso, al cento per cento.
    «Non ci girerò molto intorno, Adrien. Mi sono innamorato di Rey. L'ho baciata.» - e ora restava solo da fare il conto alla rovescia per il pugno che gli stava per arrivare; probabilmente non avrebbe raggiunto lo zero o forse, non avrebbe proprio iniziato a contare.
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  4. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Julian e Adrien si conoscevano sin dall'infanzia: potevano essere chiamati amici, seppur la situazione non rendesse giustizia alla loro amicizia. Tuttavia, Adrien non era mai stato un tipo socievole e non era il tipo da coltivare attivamente le sue amicizie. Era scontroso, scorbutico, singolarmente asociale e credeva fermamente che, se non fosse stato per gli altri componenti della famiglia, Julian non lo avrebbe mai frequentato per sua pura volontà. Con Adrien non si poteva decidere di starci accanto: o ci entravi perché lui lo voleva, altrimenti, il muro che il ragazzo aveva creato era troppo impenetrabile da poter passarci attraverso e troppo alto per scavalcarlo.
    Lo si vedeva da come il dioptase si poneva nei suoi confronti: era nervoso, teso, sembrava stesse per chiedere la mano di sua sorella. O confessargli un terribile delitto. Di cosa aveva paura? Sicuramente delle botte che avrebbe ricevuto da Adrien perché, si sapeva, la sua impulsività non giocava a favore del povero malcapitato.
    Il Black Opal era seccato e quella rispostina da parte di Julian non fece che aumentare il suo stato d'animo.
    - 'Si, ok buonasera" un cazzo! - si ritrovò a rispondere, come un serpente con veleno gocciolante dalle zanne immacolate.
    Ah, dovevano parlare. Perfetto. Grande serata di merda. E... non avrebbe più avuto voglia di parlare dopo, secondo le sue parole. Cosa cazzo aveva combinato? Lo osservò far cenno verso il suo libro che posò prontamente sul tavolo, tenendo lo sguardo fisso negli occhi dell'altro ragazzo. Julian stava trattenendo il respiro, il che indicava fosse grave, troppo grave.
    - ... Mi sono innamorato di Rey. L'ho baciata. -
    La risposta di Adrien non arrivò subito: rimase per qualche istante fermo, come impalato sul posto. Le parole stavano ancora penetrando con il loro significato. Quando, però, l'ebbero fatto, non poté fare a meno di alzarsi in piedi e dire un semi-urlato: - ChE cOsA?! -.
    Aveva baciato sua sorella. Aveva davvero baciato sua sorella?!


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    Non poteva mentire ad uno come Adrien. Cazzo, erano cresciuti insieme, era uno dei suoi più cari amici e dirgli stronzate non era una delle loro regole. Sapeva che avrebbe reagito male, ma non poteva lasciare che lo scoprisse da solo o che dovesse nascondere con lui quello che provava per Regina.
    Adrien conosceva la nomea da Don Giovanni di Julian, sapeva quante ne erano cadute ai piedi e quante erano rimaste schiacciate al suo passaggio, lui che non legava mai con nessuna, lui che non aveva la minima intenzione di avere una relazione seria, lui che vedeva il sesso come un piacevole passatempo, senza sentimenti, senza intrecci... come poteva pensare che fosse il ragazzo giusto per sua sorella?
    Ecco, questa infatti sarebbe stata la parte più difficile, fargli capire che il riccio, per Rey, aveva ben altri interessi che entrarle dentro e mettere una placchetta sulla sua spalla come conquista della ragazza.
    Non voleva nemmeno finire per fare a pugni con il Beauvais, non era salutare fare a botte con il fratello della ragazza che vorresti al tuo fianco, sì la vecchia scuola che dice che alza il testosterone e che le ragazza cadrebbero ai piedi di uno che fa a botte per loro era una diceria; con Regina non funzionava.
    Con lei tutti i clichè non funzionavano, niente dell'ordinario funzionava ed era per questo che voleva lei, desiderava sentire ancora quelle labbra, farle proprie... Tuttavia, prima di tutto voleva che per Adrien fossero chiare le sue intenzioni. Non era uno che andava a cercar le parole giuste, via il dente, via il dolore. Quindi non fece altro che essere sprucido e dire la verità.
    Roteo gli occhi a quella risposta sul buonasera, trovando quelle convenzioni inutili al momento, c'era qualcosa di più importante e quando questa cosa importante venne detta e Adrien non reagì, Julian avrebbe potuto giurare di star sudando freddo. Lo guardava, senza abbassare lo sguardo e sperava che dicesse qualcosa.
    Quando scattò in piedi, Julian socchiuse un occhio e lo guardò pronto al primo pugno. Non si alzò in piedi e gli sorrise un po' nervoso «Calmo, Adrien. Davvero. Siediti e parliamone. Sono qua, no? Questo significa che ti rispetto e che volevo che lo sapessi da me.» - si sarebbe alzato in piedi e avrebbe tentato di mettergli le mani sulle spalle «Adrien. Sono serio in quello che ho detto.» - e questa volta non c'erano sorrisi, non c'erano espressioni addolcite. Era diventato una pietra.
    Julian Miller

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  6. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Certo che il Miller non aveva affatto senso di autoconservazione! Tra tutte le parole che potevano lasciare le sue labbra, aveva scelto proprio una che ad Adrien non era mai andata giù: “calmo”. Gli stessi suoi genitori avevano imparato, sin da quando lui era stato un bambino, che quel verbo comportava solo altri capricci e, ora che era fatto grande abbastanza, altrettanti guai, perché la sua impulsività e rabbia non facevano altro che esplodere come una granata, colpendo indifferentemente tutti coloro che lo circondavano, che fossero parenti, amici o meno. La sua mente si annebbiava, la sua vista vedeva rosso, proprio come i tori durante la Corrida. Inclinava la testa, pronto a prendere in pieno il suo istigatore con le sue corna. Non ragionava, il pensiero era totalmente offuscato. E Julian Miller aveva fatto proprio questo: un errore madornale, ma fatale. Mise bruscamente le mani sottili, ma grandi, sugli avambracci del ragazzo e lo scosse senza alcun remore.
    - Non mi dire MAI PIU’ di stare CALMO! Hai capito? – gli disse, passando dalle urla ad un sussurro che avrebbe fatto bagnare i pantaloni a chiunque, soprattutto se quel “chiunque” avesse guardato i suoi occhi, contorti in uno sguardo che non mostrava alcuna pietà. Adrien poteva essere davvero malvagio, se lo voleva.
    Lo spinse con forza sulla sedia. Prese un respiro profondo, perché sapeva che di lì a poco avrebbe commesso un omicidio che, probabilmente, a sua sorella, Regina, non avrebbe fatto piacere, per niente. L’ultima cosa che voleva, infatti, era deluderla, in qualsiasi maniera.
    - Allora siediti (!) e parla. -
    Si passò le dita tra i capelli ricci, increspando leggermente il ciuffo al loro passaggio, dandogli le spalle. Poi, strinse il ponte del naso tra pollice e indice, cercando di calmarsi. Possibile che doveva sempre affrontare certe questioni?! Perché mai doveva essere il fratello maggiore?!
    Scacciò via con uno scuotimento le mani dell’altro ragazzo su di lui e si girò all’improvviso a quelle parole.
    - Allora. Cazzo. Si-e-di-ti. -
    Gli indicò la sedia su cui l’aveva spinto qualche istante prima. Julian avrebbe potuto notare la tempia che pulsava sul suo cranio. Brutto segno.
    - E parla prima che cambi idea. Perché, ti giuro- -
    Allungò le braccia fino a quando non circondarono il ragazzo, una a destra e una a sinistra del Dioptase, perché i palmi stringevano con forza il bordo della sedia. Avvicinò il suo volto a quello del ragazzo: sarebbe stato particolarmente felice se avesse deglutito.
    - Se non parli subito, ti giuro che non mi tratterrò ancora per molto… -



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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    La vita di Julian non era facile affatto, ma lui era capace di complicarsela ogni giorno di più.
    Quella volta aveva deciso di complicarsela a tal punto da rischiare di non poter riaprire gli occhi il giorno dopo, ma ne sarebbe valsa la pena.
    Non poteva portare dentro questa cosa di Regina, nascondendola ad Adrien, ci teneva a quel coglione acido, erano cresciuti insieme e non sarebbe stato leale da parte sua nascondere l'interesse per la gemella.
    Sentì le mani di Adrien sugli avambracci e si sentì scuotere. Lasciò che facesse quello che voleva fare, non si scompose, socchiuse solo gli occhi e respirò lentamente.
    «Ok, Adrien... ma credimi, non sto scherzando. Non è una cosa semplice quella che ti sto cercando di far capire.» - il suo tono era pacato, così come anche il suo sguardo, fisso dentro quello del Beauvais. Sbattè la schiena sulla poltrona, attutendo il colpo alla meno peggio, aggrottando la fronte.
    Lo guardò da vicino, sentì le sue minacce, ma trattenne la cama «Adrien, porca puttana smettila.» - ringhiò, spingendolo appena e rialzandosi dalla sedia «Se voglio parlare in piedi, io parlo in piedi, cazzo.» - quindi gli voltò le spalle, portandosi i ricci all'indietro e riprendendo fiato «Sono innamorato di Regina, non c'è molto da capire. E se ho intenzioni serie? Sì, ma stai tranquilo, l'ho solo baciata, non ho fatto altro. Vorrei svegliarmi ogni giorno con lei accanto, vorrei tornare a casa e trovarla lì. E odio questo posto di merda, perchè ha reso le cose ancora più difficili. Se mi arrenderò e metterò da parte questi sentimenti? Ma col cazzo, Adrien, col cazzo. Io voglio Regina e mi getterò nel fuoco pur di averla.» - gli occhi di Julian si puntarono in quelli di Adrien, non c'era un solo sorriso, non c'era una sola ruga di divertimento. Era serio, fottutamente serio.
    Julian Miller

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  8. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Okay, forse non avrebbe dovuto essere così manesco. Ma cosa ci poteva fare? A volte, come in quel caso, gli sembrava che gli spintoni o le risse gliele strappassero dalle mani. Non avrebbe dovuto trattare in quel modo Julian, soprattutto perché si conoscevano da davvero molto tempo. Erano, in effetti, amici di infanzia, anche se lui aveva sempre rifuggito le amicizie in sé. Sapeva quanto Julian, in generale, l’avesse sempre rispettato e il fatto per cui fosse andato a parlare con lui dei suoi sentimenti per Regina era indice di quanto lo tenesse in alta considerazione. Quindi, Adrien avrebbe dovuto tenere le mani a posto. Ma lui era geloso della sua gemella e sapeva che Regina si sarebbe comportata altrettanto se avesse saputo che si era messo assieme a Gyll, soprattutto perché sua sorella credeva alle voci di corridoio sul conto dell’opalina. Prima o poi, le avrebbe dovuto parlare dell’accaduto… prima che lo scoprisse dalla bocca d’altri. Sarebbe stato molto peggio… non voleva esattamente avere a che fare con una Regina selvaggia. Non era mentalmente pronto per affrontarla. Ma questo era un altro discorso.
    Resosi conto del suo comportamento poco elegante, incassò la risposta di Julian, a cui non controbatté, ma nemmeno gli domandò scusa, e lo lasciò alzarsi in piedi. Doveva assolutamente imparare a controllare quel suo temperamento focoso… un giorno, si sarebbe trovato davvero in brutti guai.
    Ricambiò lo sguardo del dioptase con uno di valutazione delle parole che aveva appena pronunciato. Gli sembrava sincero… - Va bene, Julian. – rispose semplicemente, con tono di voce oltre il serio. – Non mi metterò in mezzo, mia sorella è abbastanza grande da capire da sola i suoi sentimenti, ma se solo ti azzardi a farle del male, a ferirla in qualche modo, sappi che non ne uscirai vivo. In quel fuoco ci muori, è chiaro? Non metterle fretta, non metterle pressione, non fare il coglione. Tu la vuoi, e questo è chiaro, ma se lei ti dirà di “no”, è un “no” e tu dovrai accettarlo senza fiatare. Altrimenti ti prendo e ti metto a tacere io -.
    Non poteva non minacciarlo, era nella sua indole. Già che, però, gli avesse dato il suo consenso era un miracolo.
    - Io vado. Ho altro da fare. E pensa alle mie parole. -
    Detto ciò, si passò una mano tra i ricci e si incamminò verso la porta d’uscita, senza salutare il dioptase. Non c’era bisogno di saluti.



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