Un Weekend per il futuro

Alton & Louise

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    Alton McKinley | Giornalista | 35 anni | PC


    [Venerdì tardo pomeriggio Tenuta McKinley]



    Era giunto il tempo di stare da solo un po’ nella sua tenuta con Louise, era anche un modo per conoscerla sempre di più, per averla più a portata di mano, la cosa era tanto importante per lui. Aveva chiesto a Evrard di poterla invitare per stare alle sua tenuta familiare da sola senza di lui, e aveva ottenuto quell’approvazione in maniera rapida per la sua gioia. Alla fine doveva sposarla a breve quindi non era assolutamente un problema. Pochi giorni nella sua tenuta per iniziare una vita futura. Nella sua lettera aveva specificato di portare dei vestiti per delle cene eleganti, e dei ricambi dato che era pur sempre un weekend e non solo una visita di qualche ora. Aveva preparato il tutto al meglio e gli elfi della casa avevano pulito alla perfezione ogni ambiente, tutto doveva essere perfetto. L’avrebbe aspettata in salotto dove c’era un mazzo di rose che si era fatto comprare da un maggiordomo in una delle maggiori negozi di fiori di Londra, il The Flower Boutique London. Erano belli e tanti, gli sembrava il minimo per farla arrivare alla sua tenuta, una cosa che non avrebbe potuto fare con Evrard tra i piedi. Si mise quindi a sedere nel salotto. Indossava una camicia bianca, un pantalone scuro elegante e un paio di scarpe eleganti. Si fece portare quindi la bottiglia di champagne che aveva tenuto in fresco fino a quel momento, un costoso “Cuvée Dom Pérignon Vintage Carlo e Diana” che faceva parte della sua collezione privata che teneva in cantina e aveva preso pochi anni prima a un asta di beneficenza. Poi si fece portare anche un pacco regalo, dentro di esso aveva un regalo per Louise, appena arrivata glielo avrebbe consegnato, ci teneva a quella cosa. Sapeva che la ragazza sarebbe arrivata a breve.

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    Louise De Maris
     
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  2. Louise De Maris
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    LOUISE DE MARIS

    La situazione era davvero complessa: da giorni aveva una brutta sensazione, come se dovesse accadere qualcosa che potesse peggiorare le cose, già terribili di loro. Essere invitata da Alton a stare per un po' nella sua dimora fu una boccata d'aria fresca, ma, nello stesso tempo, aveva timore di lasciare la casa dei suoi zii, perché non le avrebbe più consentito di tenere a bada gli eventi o, per lo meno, la conoscenza di essi. Aveva imparato a farsi furba, ad origliare conversazioni nel cuore della notte, quando tutti credevano che lei stesse dormendo; a guardare dagli spioncini o dal basso delle porte, proprio dove si apriva una fessura tra il legno e il pavimento; a distinguere le scarpe degli ospiti; a sabotare lezioni di etichetta o compiti senza che nessuno se ne accorgesse.
    E fu con la valigia tra le mani che si presentò sull'uscio della dimora, i capelli scompigliati dallo sforzo di sollevarla da sé. Era sfinita: la scorsa notte non aveva dormito bene, presa dall'ansia e dalla preoccupazione, che l'avevano costretta a girarsi e rigirarsi tra le lenzuola, senza alcun successo sulla sua insonnia. Si era addormentata verso le cinque del mattino, godendosi solo due ore di sonno, nemmeno pieno, ma carico di semi-veglia e incubi che riflettevano il suo stato d'animo.
    Indossava una camicetta bianca, abbinata ad una gonna di paiettes dorate, lunga fino al ginocchio. Fortunatamente per lei, ai piedi portava delle semplici ballerine, che l'avevano risparmiata dalla tortura che i tacchi le avrebbero, invece, procurato.
    Suono il campanello, sperando che fosse aperto il prima possibile. Era davvero stanca e assetata. Avrebbe voluto bere, ubriacarsi, non le importava che fosse giorno. Oppure dormire sarebbe stata una bella alternativa e, forse, la più giusta. Si diceva che dormire aiutava a metabolizzare gli avvenimenti, ma per lei non era proprio cosi.


     
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    Alton McKinley | Giornalista | 35 anni | PC


    Avrebbe già avuto voglia di bere, ma aspettava senza ombra di dubbio l'arrivo di Louise per fare quel brindisi, la qualità di quello champagne era grandiosa, un'annata spettacolare per lo champagne senza ombra di dubbio. Aveva convinto Evrard a lasciarli da soli nella sua tenuta, sempre che non si fosse presentato per qualche cena, cosa che per lui non era impossibile data la mania di controllo, almeno però era riuscito a sbolognare suo padre che era andato chissà dove a giro per il mondo, difficile dire dove fosse. Quando finalmente sentì suonare al campanello dell'abitazione fece cenno a un elfo domestico, il più anziano della casa di andare ad aprire alla stessa, era uno lasciato in eredità dal padre.



    Mentre arrivava verso il cancello sbuffava come non ci fosse un domani.

    Stupidi mezzosangue, stupidi mezzosangue.

    Ripetette ciò per tutto il tragitto di un minuto circa, era un elfo molto legato al padre. Arrivò quindi al cancello e lo aprì.

    Salve signorina De Maris, benvenuta. La aspettavamo.

    Con una voce stridula continuò a parlarle

    Mi segua nel salotto e mi lasci la valigia che la porto nella camera.

    A quel punto con la valigia tra le mani dell'elfo domestico avrebbe fatto accomodare la ragazza nel salotto, era una stanza molto elegante e moderno allo stesso tempo dove Alton la stava già aspettando. Aveva optato per qualcosa che fosse un bel mix e non nella ricerca di una casa troppo classica per quanto gli piacesse la classicità tutto sommato.



    Appena avrebbe superato la soglia della casa la ragazza con l'elfo, Alton l'avrebbe aspettata nel salotto così che poteva farle una sorpresa. L'elfo a quel punto riprese la parola.

    Venga con me in questo corridoio e giri a sinistra dopo il bagno, lì troverà il salotto del piano di sotto dove il padrone McKinley l'aspetta.

    Era impossibile perdersi con quelle indicazioni.

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  4. Louise De Maris
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    LOUISE DE MARIS

    Tutta sola, su quel pianerottolo rialzato, non vedeva l'ora che qualcuno si facesse vivo, perché stava letteralmente morendo di freddo. Marzo non era un mese di pietà, anzi, era proprio per i suoi sbalzi "d'umore" che veniva definito come "pazzerello". Si strinse il cappotto attorno alla sua figura esile, incrociando le braccia il più strettamente possibile. Quando la porta fu aperto, quasi trasse un teatrale respiro di sollievo, ma si trattenne dal farlo, perché sarebbe sembrata molto scortese. Dall'altro lato, vi era un elfo domestico, uno che Louise aveva conosciuto abbastanza bene per sapere non adorasse i mezzosangue come lei. Tuttavia, non si preoccupava di questo più di tanto perché, finché svolgeva il proprio lavoro senza ficcare il naso dove non erano affari suoi, andava bene.
    - Buongiorno - salutò, con voce neutra, consegnando prontamente la valigia pesante alla creatura.
    Entrò nella dimora e chiuse la porta, visto che l'elfo era impegnato con il suo bagaglio.
    Quanto avrebbe voluto raggiungere la sua camera e rimanerci lì per tutto il tempo! Possibilmente, a dormire, ovvio.
    Si tolse il cappotto color cammello, lo piegò e lo ripose ordinatamente tra le sue braccia. Successivamente, seguì la creatura lungo il corridoio dalle pareti moderne, ben arredate, fino a raggiungere il fatidico bagno. Svoltò a sinistra ed ecco profilarsi la cornice d'ingresso del salotto. Si avvicinò a passo svelto: prima si sarebbe seduta, meglio era per i suoi piedi stanchi. Suo zio era stato un po' stronzo quel giorno, non che i restanti lo fosse di meno: l'aveva lasciata a circa un chilometro e mezzo dalla casa di Alton, costringendola a camminare con la valigia pesante per tutta quella distanza. Lungo il tragitto, non si diede pace e non trattenne la lingua sulle più scurrili parole che potesse pensare.
    Entrò nel salotto, per trovare il giornalista seduto su una poltrona sobria, vestito elegantemente e probabilmente intento a verificare che tutto fosse nel posto giusto. Si fermò sulla soglia e pronunciò un - Ciao - sommesso.
    Era lì solo per volere di suo zio, non c'era alcuna volontà da parte sua.
    Notò il mazzo di fiori e la bottiglia di champagne riposta nel secchiello. Tutto quello a cui pensò fu che poteva risparmiarseli. Tuttavia, non l'avrebbe mai pronunciato ad alta voce. Si sentiva nuovamente sul piede di guerra: aveva pensato e ripensato a quanto era accaduto qualche mese prima, quando era stata promessa in sposa e aveva avuto una specifica conversazione con l'uomo. Non le piacevano affatto le parole che aveva pronunciato, né prima tantomeno ora. Forse ora le detestava molto di più.


     
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    Alton McKinley | Giornalista | 35 anni | PC


    L'elfo camminò pesantemente con quella valigia su per le scale, si sentiva da un miglio il rumore del passo goffo dell'anziano elfo, ma era lì da sempre e il padre ci teneva a lui, poteva mandarlo via? Era impossibile e non se lo sarebbe mai perdonato, era sempre un fedele collaboratore da tantissimi anni, almeno una ventina da quello che ricordava, ma forse anche di più. Era chiaro che era solo questione di minuti che la ragazza arrivasse lì in salotto. Quando sentì i passi aumentare attimo dopo attimo e avvicinarsi si alzò dalla poltrona per andare ad accoglierla come doveva, era il minimo che poteva fare.

    Ciao Louise, benvenuta, ti trovo bene. Spero che il nostro Habbey ti abbia accolto a dovere, devi sapere che spesso è scorbutico e dice frasi alquanto offensive per qualcuno, se fosse così per te dimmelo pure che agirò di conseguenza. Come stai?

    Era chiaro il riferimento all'elfo domestico anziano. Si avvicinò alla ragazza con il mazzo di rose preso nella Londra Babbana, era meglio tenere il costo per se dato che se raccontava di aver speso quasi cento sterline babbane per un mazzo in tanti potevano prenderlo per pazzo, ma Louise se lo meritava.

    Sono per te, spero ti piacciano le rose.

    Le fece un sorriso, voleva farla sentire come a casa sua, seppur fosse ugualmente come a casa sua.

    Allora, andato bene il viaggio?

    Le fece cenno di seguirlo fino al divano dove si mise a sedere, fece cenno di fare lo stesso alla ragazza, almeno poteva stare comoda. Quando la ragazza si sarebbe seduta avrebbe ripreso la parola.

    Ah, mi sono permesso di farci portare un po' champagne.

    Un elfo di nome Lanby arrivò portando due flutè che riempì rapidamente e con classe come gli aveva insegnato la famiglia McKinley. Alton ne porse uno alla ragazza.
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    Grazie Lanby, ora puoi andare.

    L'elfo lasciò la stanza.

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  6. Louise De Maris
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    AMETRIN
    L'accoglienza dell'elfo domestico, che fosse stata buona o meno, era l'ultimo dei suoi problemi: se avesse stilato una scaletta, al primo posto avrebbe inserito sicuramente il vivere con Evrard Boyer e Bridgitte De Maris, mentre, al secondo, il matrimonio con Alton. Non voleva sposarsi con un uomo che conosceva a malapena e che non era disposto nemmeno a rischiare per salvarla. Se ci fosse stato amore, Alton sarebbe sicuramente andato contro i suoi stessi principi. Ma non c’era assolutamente niente tra di loro e sarebbe stato meglio mantenere tutto così: freddo, distaccato, con chiacchiere di circostanza. Alton aveva bisogno di lei per non diventare ancora più vittima del padre e Louise aveva bisogno di lui per essere curata quando ne aveva bisogno. Fine della storia.
    - L’accoglienza è stata ottima, come al solito – rispose, senza troppa enfasi.
    - Sto bene. Tu? -
    Le sue erano solo parole di circostanza. Non aveva alcun interesse e alcuna gioia nello stare lì: non sapeva nemmeno cosa dovesse fare e con chi avrebbe avuto l’”onore” di fare conoscenza. Raccolse il mazzo di rose e sorrise leggermente.
    - Grazie, sono molto belle -
    Avvicinò il volto ai petali per sentirne il profumo. La loro fragranza gli ricordava casa, la sua vera casa, gli ingredienti di pozioni che raccoglieva con suo padre e tanto, molto altro.
    - Il viaggio è andato abbastanza bene -
    “Abbastanza”, appunto, perché Evrard non era sé stesso se non faceva lo stronzo. Si sedette sul divano, verso la parte più estrema di esso, dove la spalliera terminava in un bracciolo.
    - Poco, per favore – disse, quando l’elfo domestico riempì i lunghi e stretti calici di champagne. Prese quello che le fu dato, ma, prima di parlare, aspettò che la creatura fosse andata via. Non voleva che avesse la lingua troppo lunga e riferisse ciò che aveva sentito a chi non avrebbe dovuto.
    - A cosa stiamo brindando? – chiese, curiosa del motivo per tutti quei regali e quella bottiglia. In tutto ciò, Alton avrebbe sicuramente notato il distacco di Louise.
     
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    Alton McKinley | Giornalista | 35 anni | PC


    Almeno l'accoglienza era piaciuta alla ragazza, poteva essere un inizio, ma sapeva anche che le persone potevano anche essere compiacenti, non volle indagare troppo sulla cosa, gli bastava che Louise fosse lì e che non ci fosse di mezzo Evrard dato che era sempre onnipresente. Fece un cenno con la testa poi le rispose.

    Non mi posso lamentare dai, il lavoro è sempre stancante ma per il resto va bene.

    Fece un piccolo sorriso, voleva farla sentire a suo agio in quella situazione.

    Mi fa piacere che ti piacciano. E' un regalo che ho fatto con il cuore, credimi. Te le meriti assolutamente.

    Era il minimo essere galante con lei, sapeva che tutto ciò fosse stato combinato e poteva ben capire il vero stato d'animo della ragazza e futura moglie. Era stato un regalo fatto con il cuore, con quello che era veramente e non quello che forse Louise poteva pensare di lui. Era un vero gentiluomo in tante cose e sapeva fare il galante. L'elfo annuì alle parole di Louise e quel flutè non lo riempì totalmente ma solo in parte, era abituato agli ordini.

    Si signorina De Maris.

    Lasciata quindi la stanza da parte dell'elfo rispose a Louise. Una domanda che aveva un senso quella della ragazza, seppur sembrasse molto distante per il momento. Con un colpo di bacchetta fece avvicinare al tavolino un vaso in cristallo intagliato per le rose, puntò la bacchetta verso il suo interno e fece un onda con la stessa, poi disse la formula magica.

    Aguamenti.

    Un getto d'acqua controllato riempì il vaso al punto giusto poi ci mise dentro le rose. Tornò quindi a sedere.

    Direi che prima cosa brinderei per il fatto che sei qui, mi fa tanto piacere che sei qui da sola senza avere....

    Si guardò a giro per vedere che non ci fosse nessuno.

    ...Tuo zio, o meglio Evrard, a giro. Non trovi che sia piacevole come cosa non avere la sua ombra alle spalle per qualche giorno?

    Fece una piccola pausa. La ragazza sapeva del fatto che anche lui era terrorizzato da Evrard, un uomo senza scrupoli e molto cattivo in tutto quello che faceva nonostante fosse suo amico. Un conto era averlo come amico, ma come nemico era decisamente peggio. Alzò quindi il calice per fare un brindisi in attesa che la ragazza facesse la stessa cosa. Nel frattempo un elfo entrò nella sala.

    Padron McKinley, è appena arrivato un gufo, ha una lettera di suo padre.

    Alton non perse tempo a rispondergli.

    Lasciala pure qui, dopo la leggo.

    Appena l'elfo lasciò la stanza tornò a proporre il brindisi.

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  8. Louise De Maris
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    AMETRIN
    In effetti, era davvero piacevole essere da sola, senza l'ombra di Evrard Boyer, anche in casa del giornalista. Nonostante ciò, avrebbe preferito non essere lì, in quella casa, che le ricordava tutto quello che avrebbe preferito dimenticare. A volte, avrebbe voluto chiedere ad una persona di fiducia, ad esempio, Aaron o Blake Barnes, di lanciare su di lei un qualsiasi incantesimo per cancellare tutti i suoi ricordi. Avrebbe voluto rinascere, vivere una vita totalmente nuova, darsi un nuovo nome e una nuova identità, da un late, anche se era davvero molto legata al suo nome, perché le sembrava fosse l'unica cosa che la connettesse alla memoria dei suoi genitori.
    Alzò il calice al cielo (in realtà, soffitto) per il brindisi.
    - Si, in effetti, è abbastanza piacevole... - rispose. Non sarebbe stata di tante parole quella mattina.
    - Allora, alla solitudine! -
    Si, aveva proprio detto "Alla solitudine", perché sentiva che questa la rivestisse, come un abito cucito su misura per lei. Sorseggiò il liquido frizzantino e dorato, fino a quando il calice non fosse stato svuotato.
    Nel frattempo, un elfo domestico aveva interrotto il loro silenzio, annunciando una lettera da parte del signor Mckinley. Quando il suo promesso sposo chiese di metterla da parte perché non l'avrebbe letta al momento, Louise intervenne.
    - No, ti prego, leggila, potrebbe essere accaduta qualsiasi cosa... -
    Effettivamente, non pensava che la lettera dell'uomo fosse portatrice di buone notizie. Tutt'altro. E sarebbe stato meglio saperne il contenuto. Se avesse accettato, avrebbe rimandato volentieri l'argomento della sua discussione: voleva, infatti, chiedergli il motivo per il quale l'aveva fatta chiamare e invitare a casa sua. E voleva anche spiegargli che non c'era motivo di essere romantici, perché tra loro non sussisteva nulla e non aveva senso fingere, perché la finzione non si sarebbe trasformata in realtà. La questione era palesemente veritiera. Non si poteva cambiare l'età, né i sentimenti.
     
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    Jr6DxKM


    Alton McKinley | Giornalista | 35 anni | PC


    Almeno il brindisi poteva essere un modo per stare tranquilli, quella bottiglia era di qualità, ma preferiva che fosse di qualità il tempo tra di loro, gli dispiaceva vedere la ragazza in quel modo, si rivedeva per se stesso e tutto quello che aveva passato con suo padre. Almeno ammise che era piacevole non avere Evrard a giro, era un qualcosa di interessante seppur sembrasse non molto felice e di ben poche parole. Anche sentire come aveva proposto quel brindisi lo portò a capire che c'era qualcosa che non andava, ne aveva tutti gli indizi, ma non voleva indagare per il momento dato che la tranquillità doveva regnare per il momento e sperava per quei giorni. Sbattuto il bicchiere con quello della ragazza assaggiò quello champagne, era ottimo. Acconsentì alla richiesta della ragazza per leggere la lettera.

    Leggiamo questa lettera allora.

    Prese la stessa e l'aprì poi iniziò a leggerla.

    Alton, sono partito da un paio di giorni da casa senza dirti nulla, sono tornato in uno dei miei viaggi per "affari". Sono in qualche zona sperduta dell'India, ma credo che tornerò prima del matrimonio. Sai che non potrei mai mancare a una cosa del genere. Mi raccomando, tieni a bada quegli schifi di elfi domestici, sono esseri inferiori e non sanno fare il loro lavoro, bacchettali e picchiali a dovere. Fatti rispettare.

    Finito di leggerla si rivolse nuovamente alla ragazza e futura moglie.

    Niente cose gravi, per fortuna o per sfortuna, non so come vedere la cosa. Però è sempre lui in quei modi rozzi e cattivi di fare, ha detto di essere in viaggio, non mi ha detto dove però per un viaggio di lavoro e di picchiare bene gli elfi domestici dato che sono per lui esseri inferiori. Ecco chi è mio babbo, un vero bastardo nel vero termine della parola. Non mi permetterei mai di fare una cosa del genere a un elfo, e lo sa bene.

    Quello era ciò che era suo babbo. Dette quindi la lettera a un elfo che entrò nel salotto.

    Portala nel mio ufficio, anzi bruciala direttamente nel camino per piacere dato che non serve che la tenga.

    Era meglio far bruciare subito una cosa del genere.

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  10. Louise De Maris
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    AMETRIN
    Era felice che, almeno per una volta, il ragazzo l'avesse ascoltata. Segno, però, della realtà per cui non ci fosse così tanta confidenza tra loro, come, invece, Alton voleva far credere, fu il fatto che il suo promesso sposo non avesse letto la lettera a voce alta. Sì, ne aveva comunicato il contenuto successivamente, ma non si poteva mai dire che non stesse nascondendo informazioni sensibili che non voleva che Louise ne venisse a conoscenza.
    - È meglio così - rispose semplicemente o, forse, come aveva detto anche il giornalista, quella situazione poteva essere classificata anche come un "per sfortuna". Lasciò che l'uomo adempisse ai suoi doveri di padrone di casa, ordinando a elfi domestici di bruciare la lettera. Non si intromise: non era una sua decisione, anche se, fosse stato per lei, non l'avrebbe mai gettata nel fuoco, anzi, l'avrebbe conservata per mantenere le prove della crudeltà dell'uomo. Non aveva mai pensato di denunciarlo? Visto il suo comportamento, non credeva che gli fosse mai passato per la mente. Ma non aveva intenzione di aprire quel discorso: non era nessuno per lui, tantomeno lui per lei. Non era la sua balia e non gli avrebbe detto cosa fare, anche perché aveva solo 17 anni e avrebbe potuto essere considerata poco idonea per fare certi consigli, anche se quei suoi anni di vita corrispondevano ad almeno il doppio vista la vita che aveva vissuto.
    Era arrivato il momento di tirar fuori la voce ed esprimere le proprie domande e i propri sentimenti riguardo all'essere lì. Si schiarì la voce, stringendo fortemente le mani in grembo.
    - Alton... - chiamò l'uomo, per la prima volta, quel giorno, per nome.
    - Perché mi hai fatto venire qui? -
    Cominciò a giocherellare con un lembo della sua camicetta: la calma assennatezza aveva ceduto il posto all'ansia. Le sembrava di star compiendo un affronto. Ma era assolutamente necessario che lo facesse.
     
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    Alton McKinley | Giornalista | 35 anni | PC


    Difficile capire cosa fosse effettivamente quella lettera, se poteva essere una fortuna per il fatto che stesse bene ma facesse come al solito i fatti suoi, oppure una sfortuna per lui dato che era ancora vivo, ma era chiaro che da ex mangiamorte sapeva bene come difendersi ed ucciderlo era quasi impossibile. Quindi era sempre parte della sua vita che lui volesse o meno, un po' come era Evrard per Louise, il destino gli aveva legati a delle persone tanto cattive quanto malvagie.

    Che sia meglio dipende dai punti di vista, credo che senza di lui la mia vita sarebbe ben differente. Ti voglio dire una cosa di queste lettere, me le manda spesso, e ne ho conservate tantissime, ma poi sono le stesse frasi, le stesse cattiverie gratuite, o meglio le stesse bastardate quindi dopo un po' ho smesso di tenerle, è per questo che preferisco ormai darle al fuoco del camino almeno servono a qualcosa di utile tutto sommato.

    Non poteva dirgli che era stato un mangiamorte, che era stato alla mercanzia di Lord Voldemort, il signore oscuro ormai sconfitto, come parte del suo esercito, ma se avesse potuto dirglielo forse poteva capire da cosa derivava la sua cattiveria e perchè trattava così le persone. Quel segreto sarebbe forse morto con lui, ma non esisteva mai una certezza assoluta. La domanda che gli pose la ragazza era giustissima e coerente. Ci pensò un attimo poi le rispose. Almeno in fatto che lo aveva chiamato per nome era un passo avanti per quel giorno.

    Vuoi la sincera verità? Volevo passare del tempo con te in tranquillità senza nessuno che fosse di mezzo. Non ho secondi scopi, solo un weekend in santa pace qui alla mia tenuta. Spero che questa cosa non ti dispiaccia.

    A quel punto volle chiedere la stessa cosa alla ragazza.

    In ogni caso se ti trovi fuori luogo o fuori posto sei libera di tornare a casa quando vuoi senza problemi, lo sai questo. Non ti obbligherei mai a restare se non volessi te. Sei la mia ospite e futura abitante della casa quindi sei libera di fare quello che vuoi.

    Le fece un sorriso. Lui non l'avrebbe mai obbligata, non era Evrard che le metteva le mani addosso e la picchiava per ottenere quello che voleva.

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  12. Louise De Maris
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    Non era d'accordo con Alton: il cambiamento parte da sé stessi ed era proprio questo in cui credeva Louise. Il giornalista, infatti, non era proprio come suo padre, tantomeno come suo zio, perché l'aveva sempre curata dopo le sessioni cruente a cui Boyer la sottoponeva, ma non era del tutto votato al bene, altrimenti, non avrebbe accettato di sposarla. Evrard non avrebbe potuto dirgli alcunché, visto che Alton non era stato costretto ad accettare. E, inoltre, avrebbe potuto benissimo accogliere la richiesta della ragazzina di fugfire: se fossero scappati di nascosto e avessero cambiato identità, chi li avrebbe mai rintracciati? Ma l'uomo non sembrava voler capire quella sua posizione e si ostinata a rimanere come d'accordo, a bere come non mai con suo zio e a lasciare che fosse un ospite desiderato nella tenuta De Maris-Boyer. Non aveva alzato un dito per cambiare tutta quella situazione.
    - Dipende dai punti di vista, sì... ma sai benissimo che, se avessi voluto davvero, non ci sarebbe stato padre che tenga. Io, a differenza tua, ho un destino scritto, Alton. Tu no! Secondo te, mio zio lascerà che io intraprenda qualche carriera? O, forse, mi terrà chiusa in casa del mio futuro marito, per essere una "brava" - scimmiottò la parola, - moglie e una "madre" perfetta, sfornatrice continua di eredi? Mi sembra più plausibile, in effetti, la seconda alternativa... e credo, anche, che non mi farà nemmeno finire la scuola di questo passo. Tanto, non è obbligatoria... -
    Si raddrizzò sul divano e cominciò a battere ritmicamente con le unghie contro il vetro del flute per champagne, ormai vuoto, producendo un tintinnio che, ad orecchi esterni, avrebbe potuto risultare fastidioso. Essere il meno fastidiosa possibile non era la prerogativa di quel momento. I tratti facciali mostravano, infatti, tutta l'indifferenza del mondo e anche una certa insofferenza per l'ostinazione dell'uomo verso il proseguimento di determinante tendenze di comportamento. Puntò il suo sguardo freddo verso quello del padrone di casa.
    - Fino a quando mostrerai di voler proseguire questa linea di comportamento, non aspettarti nulla da me, né calore, né affetto, che tantomeno ci sono. Tra di noi non c'è assolutamente nulla, Alton, ed è meglio così... -
    Si zittì per un momento, per consentire alle sue parole di essere metabolizzate dal giornalista. Posò il flute sul tavolino in vetro, con un certo schiocco. Se si fosse rotto, non si sarebbe sentita in colpa: sarebbe andato in mille pezzi come il suo cuore, il suo corpo e la sua anima. Forse, l'unica cosa rimasta unita era la sua mente, seppur avesse qualche dubbio a volte circa la sua sanità mentale. Avrebbe voluto farsi vedere da uno specialista, il corrispondente magico di uno psichiatra babbano. Come si chiamava? Forse "guaritore della mente"? Ma non aveva importanza in quel momento. Non era ancora a conoscenza del suo futuro con Aaron Barnes, il fratello del suo amico Blake, che l'avrebbe presa in cura per aiutarla a superare e metabolizzare i traumi della sua vita e a cui sarebbe stata per sempre grata.
    - Noi non siamo una coppia e non lo saremo mai. Non saremo assolutamente nulla. Quindi, non c'è bisogno di fingere con smancerie e dolcezze, lo sanno tutti che sono solo una facciata, per nascondere la merda che si cela al di sotto. Tutta questa faccenda è una merda ed io non ho intenzione di continuare a stare al gioco. Perché tutto questo non è un gioco, cazzo! - disse, sbattendo un pugno sul povero tavolino, che tremò sotto la forza utilizzata. Fortunatamente per tutti, non era andato in frantumi.
    - Non voglio giocare e fingere di stare bene con te, perché non sto bene. Io non voglio sposarmi, non voglio essere una moglie, non voglio essere madre e non voglio avere figli. Non ancora e non con te! Il rapporto che abbiamo avuto è stato uno sbaglio... - alluse al rapporto sessuale che avevano condiviso qualche mese prima.
    Quelle parole dure furono scagliate come dardi infuocati. Ormai, non aveva voglia né potere di sopportare e supportare una persona che non amava.
    - Se vuoi capirmi, fallo. Ma comportati da uomo. Altrimenti, trattami come quel bastardo di tuo padre e mio zio: picchiami, urlami contro, uccidimi se vuoi! Tanto ho una vita che non merita di essere vissuta... perché io non ho una vita. Sono morta da tempo, ormai, già sepolta in una bara di sofferenza. -
    Dopo quello sfogo, disse soltanto: - Ed ora, è meglio che io mi ritiri nelle mie stanze. -
    Si girò e andò via, a testa alta.
     
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