Special Contest #Merrychrismas - Lago - Still Don't Know My Name

Andrew&Erikir

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    Andrew Barner ~ Denrise Alla fine era riuscito ad andare via da quell’inferno che si chiamava orfanotrofio, almeno per 9 mesi l’anno. Non aveva intenzione di tornarci neanche in estate ed infatti stava cercando di trovarsi un lavoro, seppur a scuola e seppur umile, non gli interessava, ma voleva rimanere li. Certo quella scuola non era come Hogwarts, non era accogliente e bellissima come se l’era immaginata, ma era pur sempre calda, almeno rispetto alla sua abituazione abituale. Non gli mancavano i suoi “fratelli” non gli interessava assolutamente niente di tutto quello che dicevano e non gli mancavano neanche le botte, le punizioni o la freddezza di una tizia che voleva fare sicuramente la buona, ma che alla fine vedeva i ragazzini di quel posto come dei soldi ambulanti. Si morse il labbro. Era seduto su di un sasso, aveva la divisa un po’ rotta sul braccio e non aveva ne soldi ne tanto meno il tempo di ripararla. Aveva fatto un sacco di amicizia in quel posto, sapeva che poteva contare su un sacco di persone che avevano riconosciuto il suo valore ed il suo essere, ma Andrew era diverso da loro e non poteva farci niente. Aveva imparato a combattere, stava imparando a diventare davvero una macchina da guerra, ma ogni muscolo del suo corpo si rifiutava anche solo di alzare un pugno verso un suo compagno di classe o di scuola in generale, verso le ragazze poi ancora peggio. E no, non andava molto bene quel suo atteggiamento visto che nessuno aveva lo stesso occhio di riguardo per lui. Nessuno amava perdere in una scuola che ti inculcava la violenza e la vincita a prescindere. Aveva provato davvero a conformarsi ai suoi compagni, ma poi, alla fine, quando si creavano delle situazioni specifiche: vedi prendere a calci e pugni un animale feroce, certo, ma che si stava solamente difendendo, usciva la sua vera natura, e come un boomerang gli tornava tutto contro. Quella giornata era stata puro delirio, ce le aveva prese di santa ragione, di nuovo, non si era difeso, di nuovo e quella scuola stava diventando un incubo peggio dell’orfanotrofio, nonostante ci stesse davvero provando, cominciava a pensare che fosse lui il problema, che era lui che non poteva essere accettato e che forse sbagliava ad essere così. Ma cosa ci poteva fare se dopo averne ricevuta tanta di violenza non voleva prendere quella strada? Urlò. Un urlo di rabbia che gli venne dal cuore e che riecheggiò per tutto il grande lago.


     
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    Eirikr J. Donneville
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    Eirikr era da solo. Non una novità, per uno che sentiva sempre gli sguardi di chiunque addosso, spesso non in modo positivo, e che aveva risposto ad ogni provocazione –o presunta tale, aveva la tendenza ad ingigantire le cose e vedere minacce dove non c’erano, anche i docenti glielo avevano fatto notare- con le cattive. Non stava facendo niente per farsi amare, niente che portasse le persone a tenere alle sue sorti, e lui non era poi così dispiaciuto: non se ne faceva niente degli amici, non gli importava quel che la gente pensava di lui, non gli interessavano le opinioni altrui, lui voleva solo trovare pace e non gli interessava di nient’altro.
    Aveva scelto Durmstrang perché sperava che quella scuola lo salvasse. Era piuttosto lontana dall’idea di comodità e accoglienza che qualcuno avrebbe potuto ipotizzare immaginandosi un’ancora di salvezza: aveva sentito molte persone parlare di Hogwarts, di come fosse una scuola accogliente e meravigliosa, e capiva bene perché le persone la scegliessero senza troppi dubbi, a discapito di tutte le altre in giro per il mondo. Ma una scuola accogliente e prestigiosa non faceva per lui, sapeva che non era quello di cui aveva bisogno: Durmstrang era rigidità, violenza per certi aspetti, ma anche una libertà che inevitabilmente lo attirava. Non sapeva se avrebbe mai scelto la strada della Magia Oscura, ma gli piaceva l’idea di avere anche quella possibilità, e soprattutto gli piaceva l’idea di essere in un posto ben lontano e ben diverso da casa.
    La scuola tedesca non aveva certo la stessa atmosfera fiabesca e surreale di Denrise, aveva un aspetto molto più crudo, molto più reale, e per quanto fosse difficile intuirlo dal suo perenne broncio si sentiva abbastanza a casa in quel posto, almeno per il momento. Era felice di essere lontano da quel posto che gli stava così stretto, ma al contempo non si sentiva felice quanto avrebbe voluto e quanto aveva preventivato.
    Se anche se ne stava ai margini, però, non significava che non fosse attento o che non avesse idea di che cosa accadesse intorno a lui: anche lui aveva notato quello strano ragazzino, d’altronde era piuttosto impossibile non farlo, risaltava come una chiazza di colore in una foto in bianco e nero. Se a Durmstrang aveva finito per riconoscersi in branchi di ragazzini arrabbiati quanto lui, Andrew era il “brutto anatroccolo” della nidiata, la pecora nera che nessuno sembrava in grado di incasellare. C’era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che gli impediva di rispondere quando qualcuno lo prendeva a pugni e che finiva per portarlo a perdere ogni volta, ritrovandosi a terra in posizione di svantaggio. Tutte le volte in cui Eirikr aveva avuto modo di assistere ad uno scontro in cui anche lui era coinvolto era sempre finito nello stesso, identico, modo e se all’inizio aveva pensato che fosse solo uno stupido troppo debole per difendersi, col passare del tempo aveva notato anche lui i suoi muscoli farsi più definiti, senza che gli esiti dei suoi scontri cambiassero. E così aveva cominciato ad attirare la sua attenzione, a portarlo a chiedersi perché facesse così.
    Era chiaro che il biondo avesse fegato da vendere, e anche se i suoi modi erano buffi, a tratti proprio ridicoli, non si poteva dire che fosse uno che si arrendeva facilmente. Se non altro era testardo, cosa che suo malgrado ammirava, e sembrava sapere bene che cosa voleva, cosa che non poteva dire di sé stesso. Era affascinante, strano ma affascinante, e non ci si era mai avvicinato: Eirikr era ancora in via di sviluppo per certi aspetti, e se aveva la risposta pronta in certi ambiti, non era comunque capace di fare amicizia con chiunque.
    Il lago era un posto silenzioso, freddo in modo fastidioso in quel periodo dell’anno ma silenzioso: si rifiutava di ammettere che gli ricordasse vagamente casa, ma si trovava comunque spesso a girovagare per le sponde, di solito senza compagnia. Tranne quel giorno. Fu l’urlo del biondo ad attirare la sua attenzione e portarlo ad avvicinarsi, curioso, e se non era abbastanza altruista da farsi subito avanti per aiutarlo –per il momento almeno- comunque non potè evitare di starsene in disparte e, contro ogni previsione, aprì anche bocca. “Se il problema è il tuo continuo perdere nei duelli, direi che cominciare a rispondere potrebbe essere una buona strategia.” intervenne senza preavviso, le mani infilate a fondo nella tasche, gli occhi di un blu molto chiaro puntati sulla figura di Andrew, nella voce nessun giudizio ma semplice sincerità.


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    Andrew Barner ~ Denrise Non era uno che tratteneva la rabbia ne tanto meno era uno che cercava di esternarla. Non era un sentimento che voleva gli appartenesse e a parte qualche volta, quando era da solo, cercava sempre di ricacciarla via, dentro se stesso e farla sparire con delle pratiche come lo yoga, la meditazione ed anche la divinazione. Era sempre stato appassionato di quell'arte e soprattutto di tutto quello che la riguradava. Era quello il problema, per quanto quella fosse una casa che non era stata comunque scelta da lui, Andrew si sentiva affascinato dalle cose profondamente diverse da lui, e di conseguenza era li, che cercava in tutti i modi di imparare fino a quando si trascendeva sempre nella violenza. Scosse il capo e strinse il pugno. Quello era uno dei pochissimi momenti in cui si sentiva frustrato, come se non venisse capito, come se non riuscisse davvero ad esprimere il suo vero essere e comunque, anche se ci riusciva nessuno voleva veramente vederlo, capirlo. Si morse il labbro sentendo quella voce arrivare da di fianco a lui, voltò il suo viso livido verso la figura che aveva parlato. Fece un sogghigno e cercò di distendere il suo viso. Questi non sono duelli, sono massacri. La metà di voi, in un duello leale ed alla pari, non avrebbe neanche idea di come vincere! Il fatto che lui non rispondesse con le mani, non voleva dire che non sapeva rispondere affatto o che comunque non era una persona che aveva carattere. Andrew ce le prendeva perchè lui aveva scelto quella vita, aveva deciso di ripudiare la violenza e non si sarebbe piegato a quattro stronzi che non facevano altro che ricordargli della sua scelta, apparentemente, sbagliata. La violenza porta solamente ad altra violenza e non cambierebbe niente. Mi ritengo una persona coraggiosa non un codardo, se proprio devo battermi con qualcuno lo faccio con chi ritengo al mio pari e non di certo su ragazzini mingherlini che sono stati gettati qui da dei genitori incoscenti e che non hanno amore nei loro confronti, o di certo non me la prendo con un animale legato. Se sei coraggioso, 'per davvero, giochi ad armi pari e non di certo 5 contro 1! Era arrabbiato, specialmente perchè si sentiva solo, incompreso. Sapeva chi aveva davanti e parlava in quel modo proprio perchè conosceva la sua fama e non gli piaceva. Poteva prendercele anche di nuovo, non sarebbe stato abbastanza. Donneville, come ti senti dopo che hai picchiato qualcuno a sangue? Era una provocazione? Forse, ma era una strana sensazione, adesso che lo aveva li, era come parlare a qualcuno di famigliare, qualcuno che già conosceva.


     
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    Non ricordava di preciso il nome del biondo, Eirikr aveva una pessima memoria per i nomi e non riusciva proprio a tenerli in testa, dopotutto aveva parecchi compagni di cui ricordarsi, difficile fissarli tutti. Eppure ricordava la sua faccia piuttosto bene, avrebbe saputo elencare senza troppi problemi i duelli nei quali lo aveva visto combattere e non aveva mancato di notare quanto fosse solare, a discapito di tutto. Quella era forse la prima volta che lo vedeva più ombroso, più cupo, molto più corrucciato del solito e non sapeva come sentirsi: da un lato era quasi soddisfatto, sapere che Durmstrang aveva piegato anche lui aveva qualcosa di soddisfacente, ma dall’altro quasi gli dispiaceva, come se potesse essere deluso dalla mancanza di forza di uno sconosciuto.
    Ammirava il ragazzo in silenzio, a distanza, ed era attratto all’idea che qualcuno di così diverso potesse sopravvivere ad una realtà come quella. Erano entrambi coetanei, per quel che ne sapeva, eppure lui era così differente da chiunque si trovasse lì dentro che proprio non capiva come ci fosse finito. Aveva scelto di andare lì o lo avevano obbligato? Gli sembrava del tutto fuori luogo, con i suoi sorrisi e la sua apparente positività in un posto cupo e rigido come Durmstrang. E così come cozzava con l’ambiente, gli sembrò anche che le parole che uscirono dalla sua bocca non avessero alcun senso con la persona che era: lui se ne intendeva di duelli? Si credeva superiore a tutti loro, uno che non rispondeva nemmeno ad un pugno in faccia? Aveva la sua stessa età, cosa poteva mai saperne?! “E chi lo avrebbe mai detto che proprio tu ne sapessi qualcosa!” replicò con un sorrisino ironico, da schiaffi, incapace di dare credito ad una opinione che gli sembrava proprio data da qualcuno che non aveva alcun diritto in materia.
    Non comprese la sua rabbia ma poteva condividerla, non nelle ragioni ma nel sentimento. Eirikr si nutriva della propria rabbia ormai, ma per quanto non fosse un ragazzino particolarmente muscoloso non si sarebbe definito mingherlino e di certo l’altro non era un colosso. “Ti rendi conto che fai parte della categoria, mh? Insomma…saprai anche cavartela ma il punto è che qui chiunque pensa tu sia una pappamolla, i tuoi valori valgono davvero così tanto?” si ritrovò a chiedere per lo più mosso da sincera curiosità e non da un effettiva voglia di giudicarlo.
    La sua domanda non lo portò a scattare, come forse il biondo immaginava, ma anzi lo portò a fermarsi un attimo e riflettere: era qualcosa che anche lui si era chiesto qualche volta e non era sicuro di aver mai elaborato una vera risposta. “Alle volte più vivo, anche se dura poco. Alle volte mi sembra di non sapere fare molto altro.” si strinse nelle spalle “Più che altro perché sei qui se odi tanto queste cose?”

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    Andrew Barner ~ DenriseAveva urlato solamente perchè non voleva fare altro, ma avrebbe spaccato anche lui la faccia a chiunque, ma si era ripromesso che la violenza non l'avrebbe mai più usata e così stava facendo. Non c'era niente da fare, avessero dovuto descrivere Andrew con un solo aggettivo, avrebbero scelto sicuramente tenace. Perchè lui era tenace, perseverante, era una persona determinata, era costante e voleva essere una persona calma. Sorrise appena a quello che chiese lui e solamente in quel momento si alzò da quella roccia per andare verso il ragazzo che stava parlando. Io sono i miei valori. Non è una questione di importanza e di quello che dicono 4 bulletti del cazzo non mi interessa niente. Io la notte dormo tranquillo, bene e sereno. Voi potete dire la stessa cosa? Era un adolescente e si, stava generalizzando un pò troppo, ma ancora non sapeva che quello, proprio la persona che in quel momensto stava insultando e paragonando al resto del mondo, sarebbe stato non solo il suo salvatore, ma la sua persona, in tutto e per tutto. Sorrise questa volta un pò ironico, un pò con un tono di sfida, ed anche un pò per dargli fastidio. Andrew era un buono, ma non uno stupido, era una persona che spesso e volentieri si prendeva i problemi degli altri perchè sapeva benissimo di poterli reggere, aveva le spalle forti e grandi, non poteva succedere altrimenti. Aveva un'emotività veramente elevanta e qualsiasi cosa facesse cercava di dare sia il possibile che l'impossibile. Proprio io?Non ti ricordi neanche come mi chiamo e ci vediamo tutti i giorni a lezione! Aggiunse poi scuotendo il capo. Si andò a mettere affianco a lui e poi si strinse nelle spalle, lo guardò di sbiego. Se ti serve sentirti vivo, allora hai qualcosa che non va veramente. Sei bello, intelligente, ti temono, sei uno che combatte da dio, ha un fisico perfetto, una bella casa, un cognome importante, esattamente ti serve davverola violenza per sentirti vivo?Ecco che metteva da parte quello che stava dicendo su se stesso, i suoi valori e se stesso in generale per capire qualcun altro. Ma davvero gli interessava sapere come diavolo si provava ad essere così assurdamente perfetti con una vita decente.


     
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    Eirikr J. Donneville
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    parlato - pensato- ascoltato
    Eirikr non parlava mai della sua famiglia. Da quando era approdato a Durmstrang era come se fosse cominciata la sua nuova vita, come se avesse tagliato i ponti in maniera definitiva col passato e cercasse di non pensarci per la maggior parte del tempo. Dopotutto aveva faticato così tanto per allontanarsi dalla sua famiglia, da Denrise, da quella dannata isola che sembrava dotata di tentacoli, pronta a farlo sui prigioniero, che gli sembrava quasi impossibile esserci riuscito, alla fine. Per questo all’Accademia stava ben attento a non menzionare le sue origini, a non parlare mai del suo passato o da dove venisse, anche perché dopotutto Denrise era una realtà abbastanza isolata, niente di cui le persone parlavano poi così spesso, e la sua famiglia non era niente di importante o un cognome che suonasse famigliare.
    Da un certo punto di vista era meglio così: tra i tanti fardelli che Eirikr sentiva di portare sulle sue spalle, la sua natura di Nato Babbano in quel momento era ancora un problema, qualcosa per cui temeva il giudizio degli altri, insieme ad un altro tot di cose che preferiva nessuno sapesse. Forse anche per questo ammirava tanto Andrew e la sua convinzione, ostentava una sicurezza nei propri valori che invece Eirikr faticava ad immaginare per sé stesso.
    Alzò un sopracciglio alle sue parole, trovandole forse troppo complicate e pompose per un ragazzino che aveva praticamente la sua età. “Direi che chiunque qui dentro dorme tranquillo, più meno… insomma non stiamo uccidendo nessuno!” gli fece notare con leggerezza, cercando di ricordargli che si trattava di una scuola per ragazzini e non di una Accademia per assassini…o almeno per il momento non erano in grado di uccidere e non stavano parlando di omicidi.
    Avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo in quel momento, negare l’evidenza, ma non sapeva davvero il suo nome e non aveva modo per giustificare la cosa e risultare credibile. “Sono terribile con i nomi.” concluse banalmente e se non altro stava dicendo la verità. Corrucciò però le sopracciglia poco dopo nel sentire il modo in cui l’altro lo apostrofò, inclinando la testa incuriosito da una serie di informazioni che non sapeva nemmeno da dove avesse tirato fuori. “Cognome importante? Bella casa? Sicuro di non avermi confuso con qualcun altro?” domandò diretto, deciso, senza girarci intorno, sentendosi confuso ma anche nudo al tempo stesso e strano… era la prima volta che un ragazzo gli diceva che fosse bello e affascinante, lui non si sentiva affatto così e quelle parole gli avevano fatto fin troppo piacere.


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    Andrew Barner ~ DenriseAndrew, in quel momento, era arrabbiato, davvero ma davvero arrabbiato. Non capiva perchè era li e forse quello era il momento più strano della sua vita. Non era una persona che riusciva a sentirsi sempre così e quando gli succedeva si sentiva anche in colpa. Non conosceva bene Erikir, ancora, non sapeva esattamente perchè avesse dovuto dire quelle cose o comunque prendersela con una persona che non era ne sua amica ne tanto meno un suo conoscente. Il fatto era sempre lo stesso, lui era sempre gentile con tutti, era sempre stata una persona amichevole con chiunque, e gli sembrava anche che gli altri lo fossero con lui, ma la verità era: dove stavano i suoi amici? In quel momento le persone che lui aveva sempre aiutate, dove erano? E soprattutto aveva veramente persone con cui sfogarsi, parlare, ridere, fare qualche marachella? Si prese la testa tra le mani e la scosse, stringendosi i capelli tra le dita. Non era disperato ma sperava seriamente che tutto quello finisse il rpima possibile. Sperava seriamente che tutta quella scuola e quella situazione lo lasciasse intatto, anche se in cuor suo, sapeva che già si stava sgretolando. Ci stava provando davvero a rimanere fedele a se stesso e stava anche cercando di aprirsi, possibilmente sempre di più, cercando di non pensare al suo passato come qualcosa di terribile. Invece? Alla fine era sempre quello che ce le prendeva ed anche quello che non faceva capire agli altri cosa davvero pensava. Davvero tutti credevano che lui non sapeva difendersi? Davvero erano così stupidi da pensare che lui non era capace di difendersi realmente? Il problema è proprio quello. Andiamo come fai ad avere la coscienza pulita e dormire bene, o guardarti allo specchio se sai che una persona soffre per colpa tua? Chiese davvero per avere una risposta da lui. Quasi ci teneva, era vero che non lo conosceva e non sapeva che sarebbero divenuti davvero amici, forse anche troppo, ma c'era qualcosa che lo spingeva ad aprirsi, a sfogarsi e rivelargli delle cose. E non ti sforzi neanche un pò per esserlo di meno. Mi chiamo Andrew Barber! Rispose a quella sua affermazione tendendogli la mano. Perchè non hai una casa e due genitori che ti aspettano ogni festa di natale? Non è così? Chiese poi ritraendo la mano una volta e se il ragazzo l'avesse stretta, con un tono un pò strafottente. Era sicuro che fosse così, glielo si leggeva in faccia.


     
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    Eirikr non contava di farsi degli amici, non era mai stato quello il suo obiettivo e non stava provando a costruirsene ora. Ne aveva certo, un gruppo di ragazzini strafottenti almeno tanto quanto lui, in cerca di risse e botte, che si tirava dietro molto spesso e con cui finiva già a fare qualche marachella, ma niente che potesse considerare importante o duraturo, non era quello il punto.
    Forse era così diverso da Andrew perché lui aveva bisogno che quella scuola lo cambiasse, che lo aiutasse a trovare la sua strada e il suo futuro, che lo aiutasse a costruire qualcosa perché per il momento lui si sentiva del tutto perso, senza obiettivi e senza un modo per evadere dalla sua gabbia.
    Continuava a non capire le ragioni e i discorsi dell’altro e la cosa cominciava a farlo sentire abbastanza stupido, una sensazione che detestava ma alla quale cominciava ad abituarsi. Dopotutto era un Mezzosangue in una scuola dove certi dettagli non passavano inosservati, e veniva da Denrise, un’isoletta sperduta nel nulla di cui molti sapevano solo che era ancora ferma ad una cultura piuttosto antica, che per molti era ormai superata. Si sa, i ragazzi sanno essere stronzi, e per quanto Eirikr potesse fare finta di niente doveva ammettere che le sue capacità nel combattimento erano l’unica cosa che, ai suoi occhi, lo salvavano da troppe dicerie: se la gente doveva parlare dei suoi pugni e delle sue risse vittoriose, non aveva certo tempo di pensare ad altro, almeno per il momento. Non aveva ancora valutato il momento di discesa da quel “piedistallo”, non era uno che programmava le cose, stava solo provando a sopravvivere e non capiva perché il suo modo di farlo desse così tanto fastidio all’altro. Si strinse nelle spalle, senza dare un vero e proprio senso a quella domanda. “Perchè dovrei? L’altra persona non sarebbe dispiaciuta di farmi del male… sai, un nemico quando ti colpisce non cerca di farti stare meglio.” osservò con ovvietà per poi alzare il mento e cominciare ad imbronciarsi.
    Eirikr era solito a scatti d’ira improvvisi, perdeva il controllo senza ragione, si arrabbiava senza motivi apparenti e non era uno troppo paziente. Era già strano per lui essere rimasto lì fino a quel momento senza spazientirsi e senza protestare ma non era sicuro che quella situazione idilliaca sarebbe continuata così tanto a lungo.
    Avrebbe stretto la sua mano con freddezza, dopo avergli lanciato qualche occhiata arcigna. “Eirikr Donneville. Immagino tu te lo ricordi bene.” replicò prontamente, ascoltando però davvero il suo nome per una volta. “E se anche fosse? Non significa che perché ho una famiglia debba essere tutto perfetto.” rispose con distacco, sulla difensiva, senza riuscire a capire perché quella dovesse essere una fortuna. Gliel’avrebbe anche ceduta la sua famiglia, con quella casa scricchiolante su un’isola bigotta e la madre con i suoi abiti firmati e la tristezza negli occhi perché troppo lontana da casa propria.

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    Andrew Barner ~ DenriseErano senza dubbio due persone nettamente differenti. Andrew era una persona sostanzialmente buona, era uno che non sapeva usarela violenza, era come se visto che ne aveva prese talmente tante non riusciva più a darle. Ma se avesse detto una cosa del genere, in quella scuola, davvero sarebbe stato capito? Davvero avrebbero preso le sue parole come qualcosa per cui non fargli più la guerra? E lui sarebbe stato in grado di smetterla di difendere chi neanche lo guardava in faccia e che alla fine riusciva sempre a mettergliela in quel posto? No, Andrew non ci sarebbe riuscito. Aveva un'anima buona, particolare e se in quel momento era veramente arrabbiato, la freddezza di Erikir lo lasciò talmente tanto senza fiato che al tocco con la mano con il ragazzo quasi trannette il fiato, e poi ridacchiò per le sue parole. Il punto non è quello che loro vogliono farmi... lo so che chi colpisce non vuole farmi del bene, ma la domanda è sempre la stessa:prendiamo per assurdo che tu adesso mi tiri un pugno, perchè io mai dovrei tirartene un'altro? Tu, cosa capiresti? Mica sei un animale che devi per forza rispondere con la forza! Non erano di certo raggionamenti da un ragazzino di 16 anni normale, ma rimaneva il fatto che non riusciva a farne a meno. Era un suo principio e come tale si sarebbe comportato. Lui non voleva cambiare per nessuno, quello era fondamentale. Non ho detto che sia tutto perfetto, ma sicuramente è qualcosa rispetto a chi non ha neanche quella. Rispondevo al fatto del tuo "mi sento vivo quando picchio qualcuno." Si gli rifece un pò faccia ma non lo fece con cattiveria, non lo fece per litigare con lui, e comunque, la freddezza del ragazzo lo portò a fare un passo avanti verso di lui come a cercare di nuovo un contatto. Se io ti dicessi il vero perchènon rispondo alla violenza, tu lo useresti contro di me? Chiese poi quasi abbassando completamente la guardia. Eppure quel ragazzo, non sembrava essere come gli altri, in fondo stavano parlando no?


     
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    Eirikr non si sarebbe mai definito buono, cercava solo di rimanere a galla e non cadere vittima dei suoi stessi dubbi, non si era mai fatto tante domande e non era uno che passava molto tempo ad analizzarsi o concentrarsi su certi particolari. Si considerava una persona libera, da quel punto di vista, pronto a lanciarsi nelle cose a capofitto, che fosse o meno una buona idea. Andrew gli stava facendo molte più domande di quante se ne fosse mai fatto lui stesso, in tutta la sua vita con ogni probabilità.
    Studiò attentamente le sue reazioni, come era abituato a fare sul campo di battaglia per prevedere le mosse del nemico, e come era intuibile non scoprì niente di utile, nessun segnale che sapesse come interpretare o usare a proprio favore. Si ritrovava impreparato di fronte a qualcosa che non fosse violenza e non sapeva come ribattere. Inclinò la testa, abbastanza confuso da perdere quasi il filo del discorso, sempre che ne avesse uno di fili logici perché ormai non ne era poi così sicuro.
    “Non si tratta di essere animali o meno… perché mai dovresti rispondermi con qualcosa di diverso da un pugno? Non smetterei, se volessi farti del male, anzi cercherei di spronarti a ribattere e colpirei ancora più forte. Che cosa ci guadagneresti senza colpirmi indietro? Non te ne sarei grato, se ti ho colpito non sto cercando gentilezza.” provò a fargli notare ma le parole non erano mai state il suo forte, non era sicuro di sapere come spiegarsi nel modo migliore. Non era nemmeno sicuro che Andrew fosse disposto ad ascoltare quella opinione ma allora perché era finito in quella scuola?
    “Che cosa ci fai qui, quindi?” finì per domandare, senza riuscire a trattenersi, per poi fissarlo più intensamente mentre parlava della sua famiglia. Si sentì vicino a quel ragazzino che per qualche ragione non rispondeva mai alle provocazioni e alla violenza, perché capiva cosa volesse dire avere una famiglia a cui non ci si sentiva di appartenere anche se non conosceva la sua situazione.
    Alzò un sopracciglio vedendolo avanzare verso di lui, affondando ancora di più le mani nelle tasche, stringendosi nelle spalle. “Dipende. Tu hai intenzione di usare qualcosa contro di me?” domandò a sua volta, sulla difensiva, cercando di andare cauto e capire dove volesse andare a parare, per quanto non facesse parte della sua usuale strategia.

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    Andrew Barner ~ Denrise Ci provava sempre, provava sempre di essere una persona migliore, cercava sempre di andare avanti per la sua strada e cercava sempre di portare i suoi ideali in alto e seguirli fino alla fine. Chi gli aveva dato quei valori? Nessuno, forse era anche quello il suo modo di ribellarsi ad un sistema assurdo, forse non era poi così tanto differente da Erikir e da tutti quelli che fino a quel momento aveva insultato e soprattutto aveva giudicato. Solo che gli altri rispondevano con la violenza e lui che ne aveva sempre ricevuta, faceva il ribelle non alzando un dito, come per protestare, come per cercare di farsi sentire davvero. Eppure una volta era successo che aveva perso il controllo e la cosa non andò proprio per niente bene. Si morse il labbro per quelle parole. Rimase intento a seguirle a cercare di capire il suo punto di vista e da una parte cercava anche di capirlo, ma era più forte di lui, non avrebbe reagito a prescindere con la violenza. Ho capito. Ho capito perfettamente quello che mi stai dicendo, ma la domanda è: perchè io devo stare a quello che cerchi tu e non il contrario? Se io non voglio rispondere con la violenza ma cerco da te gentilezza, esattamente come dovrei fartelo capire? Con un pugno in faccia? Chiese quasi retorico. Il suo viso accolse un bellissimo e dadioso sorriso, come se in quel momento avesse quasi raggiunto la pace dei sensi. Era incredibile, davvero. Andrew era così tanto positivo nella vita che in quel momento sembrava quasi avesse trovato l'oro. Poi quella domanda lo fece un pò rabbuiare, prima di girarsi quasi di spalle verso il ragazzo e guadare il lago. Si abbassò prese un sasso e si avvicinò alla riva cercando di lanciare il sasso in maniera da farlo saltare più volte possibile. Non ho avuto scelta. Mi hanno iscritto a questa scuola. Avrei preferito un ambiente come Hogwarts, penso che sarei stato un grifondoro. Il suo tono di voce era quasi malinconico. Poi quando disse quella frase in rispetta a quella che doveva essere una confidenza, Andrew si voltò verso il biondino, ancora con una pietra in mano e sorrise. Davvero? Insomma hai visto che mi faccio pestare di botte e credi che davvero sarei in grado di utilizzare una nostra confidenza contro di te? Ma mi hai visto bene? Questa volta indicò il livido che aveva in faccia e poi si alzò appena la maglietta per fargli notare quante cicatrici avesse sul corpo. Non rispondo perchè so cosa vuol dire prendere le botte, quelle vere ed è una cosa che non auguro a nessuno. Sono vissuto in un orfanotrofio, a frustate e mazzate, penso che io ne abbia vista anche troppa di violenza. Era diventato serio. I suoi occhi chiari erano fissi in quelli del ragazzo. Non disse altro, si voltò di nuovo verso il lago e continuò a fare quel giochetto.


     
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    Eirikr J. Donneville
    flashback

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    parlato - pensato- ascoltato
    Era difficile poterlo dire di Eirikr, ma aveva comunque qualche convinzione e qualche valore in cui credere, seppur seppelliti da una marea di incertezze. I ragazzi come lui in genere se ne stavano dietro le quinte, in silenzio, non avrebbe dovuto voler così tanto farsi valere ma aveva imparato che quella violenza che Andrew condannava lo distraeva, gli dava materiale utile per quando non voleva pensare e gli dava abbastanza filo da torcere da tenerlo impegnato, almeno per un po’. Non capiva come si potesse fare, altrimenti, a non ascoltare le voci nella propria testa, a non lasciarsi trascinare da tutte le domande e le insicurezza senza avere altro di cui occuparsi.
    Cominciava a capire però le ragioni di Andrew, seppur in minima parte: suonava ancora tutto strano e assurdo, certo, ma se non altro sembrava avere un senso tutto suo, una coerenza insita da qualche parte. “Okay okay...ho capito. Ma forse non tutti vogliono comunicare come te Barber. Non puoi propinare gentilezza a chi cerca solo violenza, non porterà da nessuna parte a parte portare te in infermeria.” gli fece notare con semplicità perché davvero non riusciva a pensare a nessuno dei loro compagni in preda alla voglia di menare qualcuno che si fermava per discutere con Andrew delle ragioni etiche o meno di quell’atto e di come avrebbe dovuto cambiare il suo approccio alla vita e al prossimo. No, proprio non ce li vedeva a disquisire di niente, in nessun caso.
    Ebbe comunque un assaggio del sorriso di Andrew, inaspettato, fuori luogo almeno tanto quanto quella conversazione e del tutto spiazzante. Nessuno lì dentro sorrideva così, lui non aveva mai avuto modo di vedere niente del genere tra quelle mura e suonava assurdo tanto quanto calmante: per un attimo si sentì quasi meglio, senza nessuna ragione sensata.
    Gli dispiacque quasi essere la causa di nuova serietà e lo seguì con lo sguardo mentre lanciava una pietra nel lago, osservando il percorso del sasso piuttosto breve, che affondò non troppo più in là. Eirikr si chiuse nel suo silenzio, lasciò che l’altro parlasse e non diede segno di reagire in alcun modo per parecchio, assimilando le sue parole molto più di quanto non sembrasse, facendole proprie e cibandosene senza capire perché.
    Si sentì compreso, in un certo senso, gli parve che quel ragazzo all’apparenza così sicuro avere delle certezze, ovvio, ma fosse perso almeno quanto lui, almeno sotto certi aspetti. Per la prima volta nella sua vita ebbe la sensazione che forse avrebbe anche potuto trovare qualcuno che non lo avrebbe visto solo come uno strano, senza futuro, ma che addirittura avrebbe potuto insegnargli a credere in qualcosa, magari, un giorno. Se lui era lì, in una scuola come quella a proclamare la pace, o era pazzo o era uno che avrebbe davvero potuto insegnargli qualcosa. A Eirikr le sfide assurde erano sempre piaciute.
    Alla fine si avvicinò di nuovo al biondo, chinandosi e prendendo un sasso da terra, scegliendolo con cura e sfiorandole la superficie con le dita, delicato, assicurandosi che fosse piatto e liscio come voleva lui. Lo soppesò con cura, senza guardare mai Andrew e concentrandosi solo sullo specchio d’acqua di fronte a loro. “Se prometti di non farmi la predica ogni volta, forse qualche pugno posso anche aiutarti a risparmiartelo.” buttò lì quasi con non chalance ma per Eirikr una frase come quella aveva un peso più che notevole.

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