Non avrebbe dovuto starsene lì, ogni persona sana di mente si sarebbe rifugiata all’interno con un tempo del genere. Il vento soffiava burrascoso e possente tra le fronde degli alberi, piegando l’erba al suo volere e spargendo nell’aria gli schizzi d’acqua provenienti dalla fontana, come piccoli cristalli che si infrangevano su qualunque superficie trovassero. Amelia si era distrattamente chiesta se fosse merito di quel vento, possente e inarrestabile, se uno dei vasi di terracotta ancora vuoti, che attendeva una nuova pianta da accogliere, giaceva in frantumi sul vialetto, i pezzi di terracotta di un arancione bruciato che risaltavano particolarmente sui ciottoli grigi, e il cielo così scuro e arrabbiato sembrava darle ragione. Tempeste come quelle non erano poi così rare, soprattutto in autunno, ma riuscivano sempre a sorprenderla e a farle venire voglia di averne sempre di più.
Quella tempesta sembrava in qualche modo rappresentare più che bene il suo umore, la sua voglia di distruggere qualsiasi cosa le capitasse a tiro e il bisogno di farlo il prima possibile. Sapeva che non era solo colpa del suo animo già, di base, piuttosto rissoso, ma era anche merito della Luna Piena che, bastarda, si stava avvicinando sempre di più e che sarebbe anche sorta, nel giro di pochi giorni ormai, inevitabile come suo solito.
Era sicura che l’Astro la sbeffeggiasse a sua insaputa, anche dietro a nuvole spesse e scure come quelle che popolavano il cielo in quel momento, anche se lei non poteva vederlo. C’era stato un periodo –che le sembrava lontano anni luce ma che era durato fino a ben poco tempo prima- in cui aveva screditato la sua vera natura, in cui l’aveva reputata ripugnante, qualcosa da nascondere, ma era ormai un po’ che cominciava a pensarla diversamente: la verità era che ora che qualcuno, nella sua vita, sapeva della sua natura di licantropo si sentiva più forte del solito, inarrestabile, pronta a vivere anche quel lato di sé al cento per cento.
Ormai le era chiaro che non c’era via di ritorno, non c’era mai stata, e poteva o decidere di vivere come una codarda, nascondendosi per tutto il resto della sua vita, oppure vivere appieno ogni parte di sé, con fierezza, orgoglio e un pizzico di autostima di troppo. Lei aveva sempre sognato di lasciare il segno, di essere importante, perché sapeva bene che le leggende erano le uniche che sopravvivevano anche dopo la morte, ed era difficile scriverne una rimanendo nell’ombra. Non si era mai vergognata di niente, le era stato insegnato a non abbassare mai la testa, a farsi sempre valere, e non avrebbe permesso nemmeno a sé stessa di ostacolarsi.
Sentiva quella nuova convinzione scorrerle nelle vene, fuoco liquido mischiato al sangue, così forte e così dirompente da tenerla al caldo e non farla spostare anche quando le prime gocce di pioggia, piuttosto grandi, cominciarono a bagnare il terreno, la panchina su cui era seduta e anche lei.
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.Amelia Farley
