Deep End

Brooks&Nick

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    La camminata di Nicholas era nervosa, quasi nevrotica. La notte prima non aveva dormito per niente, e quella mattina si era alzato con un diavolo per capello. Si passò una mano tra i capelli e imprecò tra se, odiando la situazione in cui si trovava. Merlino, se avesse saputo prima che Brooks se la sarebbe presa per la sua rivelazione si sarebbe tenuto la cosa per se.

    Ma chi voleva prendere in giro? L’avrebbe comunque detto a Brooks, incapace com’era di nascondergli qualcosa. Semplicemente non pensava che una cosa simile lo avrebbe fatto rimanere così male. Insomma, si era preso una cotta per Fitz, certo, e effettivamente si erano anche baciati…e non solo. E lo avrebbe già detto a Brooks se lui non avesse fatto la prima donna e se ne fosse andato come se Nick per una cotta gli avesse rapito il fratello.
    -Che cazzo.
    Sospirò, stringendo i pugni e stropicciando leggermente il foglio di pergamena che aveva tra le mani e rischiando di rompere la boccetta d’inchiostro. Si stava muovendo verso l’aula di antiche rune, provando a trovare un po’ di ispirazione per i compiti della materia. Non aveva proprio idea di chi avrebbe descritto, e per quanto fosse tentato di affibbiare a Brooks qualche divinità super stronza, sapeva che il Professor Olwen non avrebbe apprezzato. In sala comune c’era troppa gente, in sala grande neanche a parlarne, e in qualsiasi altro punto del castello sembrava sempre esserci l’ombra di un qualcosa che aveva fatto con Brooks. Allo stadio quando avevano parlato per Amalea e Marlee, nei corridoi ogni mattina per arrivare alle lezioni, in biblioteca quelle poche volte che era riuscito a trascinare Brooks a studiare li e non in qualsiasi altro posto nel castello. Sospirando, si era detto che seppure l’aula di rune avrebbe avuto tanta presenza di Brooks come qualsiasi altro posto, almeno era un aula meravigliosamente attrezzata per quello specifico compito, essendoci quadri di mitologia norreno un po’ ovunque sulla parete. Aveva chiesto il permesso al professore e si stava avvicinando sempre di più alla porta massiccia dell’aula, con il cipiglio sempre più concentrato e l’umore sempre più sotto le scarpe. L’unica cosa che lo faceva sorridere leggermente era il pensiero di quello che era successo con Fitz, ma anche quello in quel momento gli sembrava fuori luogo.
    Entrò, e si accomodò su uno dei banchi in prima fila, posando il necessario davanti a lui e sospirando. Posò entrambi i gomiti sul banco e si prese la testa tra le mani, leggermente sconfitto dalla vita.
    Come avrebbe fatto? Poteva rinunciare a Fitz, se questo gli avrebbe permesso di avere indietro il suo migliore amico. Certo, ci avrebbe sofferto - e anche abbastanza, considerata l’importanza che Fitz stava prendendo nella sua vita - ma se era per Brooks…solo che gli dava fastidio il pensiero di doverlo fare solo perché lui non…cosa? Non era sicuro che il loro rapporto sarebbe rimasto uguale? Era spaventato del fatto che entrambi si sarebbero allontanati da lui? Merlino, ma almeno glielo avesse dato! E invece no, se ne era andato come uno stupido, lasciandolo li senza neanche dargli il tempo di spiegare. Voleva urlare. Si trattenne solo perché sentì dei rumori provenire dalla porta dell’aula, e quando si decise a lasciar andare la testa e ad alzarla, Brooks era li.
    -Buonasera.
    Non era un tono amichevole, ma neanche arrabbiato. Era il Nick incazzato a parlare, e quindi Brooks avrebbe ricevuto niente di meno che il Lord Nicholas Mc Callister, con la sua voce posata e l’indifferenza più totale - fintissima - verso qualsiasi cosa l’altro avesse fatto o detto. Anche se nel frattempo moriva dentro.
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    Nick e Fitz. Ancora non ci poteva realmente credere. Erano così diversi quei due! Fitz era tenebroso, sempre negativo e per niente socievole -tipo la sua player- mentre Nick era... Nick era il sole che illuminava la stanza. Ogni volta che vedeva l'altro ex grifondoro, Brooks non riusciva a fare a meno di sorridere, come se fosse l'unica persona necessaria perché le cose andassero per il meglio. Era l'unico ragazzo, oltre al fratello, al quale non avrebbe mai rinunciato e con il quale sentiva un feeling fuori dal comune e... aveva paura di perderlo.
    Non riusciva che a pensare a quello ultimamente, tanto da evitare anche il gemello -non che fosse poi così difficile-, rinchiudendosi spesso nei suoi pensieri o rimanendo il più a lungo possibile lontano dal suo dormitorio, preferendo la solitudine a chiunque. Nemmeno ad Amalea aveva detto ciò che stava passando, ma era estremamente necessario che ne parlasse con qualcuno, altrimenti sarebbe imploso... e doveva trovare qualcosa da fare. Proprio a fagiolo caddero i compiti di Antiche Rune; gli piaceva Olwen già solo perché aveva uno scoiattolo come lui, ma anche perché gli pareva una persona speciale, non si era lasciato sfuggire la sua espressione di dolore durante la loro prima lezione, solo che non lo conosceva bene e non aveva indagato. Certo era che fosse un professore e quindi di base non avrebbe dovuto farsi gli affari suoi, ma era piuttosto certo che in quella scuola la regola non valesse, soprattutto per gli studenti che la frequentavano da più tempo.
    Ad ogni modo, aveva raccolto una borsa tracolla infilandoci dentro alla rinfusa un quaderno ed il manuale di Rune, oltre che dell'altra torta tipica Islandese, un po' come quella che aveva fatto assaggiare a Marlee tempo prima, messa al sicuro in dei contenitori ermetici. Magari ne avrebbe offerta un po' a Lancelot, in caso lo avesse trovato in aula.
    Popcorn e Mirai sulla spalla, si diresse verso la meta fischiettando in maniera quasi spensierata, sebbene sentisse un grosso peso sullo stomaco.
    Era arrabbiato con Nick per un motivo che non stava né in cielo né in terra... mica era colpa sua se si era preso una cotta per Fitz, anzi ciò lo aveva aiutato a dimenticare Clive ed era un bene, eppure per qualche motivo ce l'aveva a morte con il migliore amico, ma forse era solamente la paura di essere escluso da tutti a parlare. Non voleva perdere la compagnia del dioptase né tantomeno del gemello, ma per quanto lo potesse nascondere bene, a volte si rivelava essere anche un ragazzo estremamente insicuro.
    Comunque, passo dopo passo, arrivò a destinazione ed entrò in aula.
    Si accorse subito di non essere solo, come se fosse attratto dall'altro come una calamita, riuscendo a riconoscerne la presenza anche senza guardarlo. Il suo saluto gli arrivò veloce e letale come un dardo dritto dritto al petto. Conosceva quel tono, lo aveva sentito usarlo durante una delle sere di gala alla quale lo aveva invitato: lo ammirava davvero, Nick era così regale, era in grado di parlare con chiunque con una regalità meravigliosa, mentre Brooks era molto più impulsivo e spesso si lasciava andare alle emozioni che condizionavano quindi le reazioni. Nick invece no, era proprio speciale. Ma vederlo gli ricordò che avrebbe potuto perderlo -aveva senso? No. Avrebbe continuato a pensarlo? Sì- ed in lui rimontò tutta la rabbia. Buonasera ricambiò con freddezza, andandosi a sedere a qualche banco di distanza. Avrebbe potuto paragonare Nick a Tyr in quanto Dio della Guerra, avrebbe potuto paragonarlo anche a Loki per quanto riguardava le menzogne, poteva fare qualsiasi cosa. Aveva un foglio bianco che non aspettava che di essere scritto. Dovremmo fare il compito insieme? Domandò, brusco, non sapendo che altro dire o fare.
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    Era impossibile pensare ad una situazione più triste di quella. Aveva litigato con una delle persone più importanti della sua vita per una stronzata. Per una cosa risolvibilissima, se solo Brooks fosse rimasto li a parlare, invece di andarsene. Se solo gli avesse dato il tempo di spiegare. Non avrebbe mai lasciato indietro il ragazzo, di certo poi sopratutto se si fosse messo con il gemello. Conoscendolo, di sicuro Brooks aveva paura che lo lasciassero indietro, ma come poteva anche solo pensarlo? Come faceva a pensare che lui lo avrebbe semplicemente buttato in un angolo, come un giocattolo rotto? Allora non lo conosceva affatto.
    Si era messo seduto in quell’aula pronto a passare un pomeriggio inutile, ma poi l’apparizione del soggetto dei suoi pensieri lo mandò leggermente in tilt. Cosa ci faceva anche lui li dentro? Merlino lo odiava? Perché si sentiva come se qualcuno gli avesse appena piazzato il cuore su una piastra bollente?
    Certo, la voce tranquilla e lo sguardo freddo dicevano tutt’altro, ma cosa ci poteva fare? Non ce la faceva a parlare normalmente con Brooks, non in quel momento. Rabbrividì leggermente al tono gelido di Brooks, tirando giù tutti i maghi famosi dalla loro poltrona ma rimanendo completamente immobile all’esterno. Allungò la mano e intinse la punta della sua penna d’oca nell’inchiostro, per poi portarla sopra al foglio, indeciso. Fece gocciolare qualche goccia di liquido scuro sulla carta, per poi alzare gli occhi sul compagno, che aveva parlato. Sentendosi rimontare dentro quella rabbia cieca che lo aveva accompagnato da quando l’ombra di Brooks aveva lasciato l’aula di Magia Verde, si ritrovò ad annuire, portandosi una mano al mento e guardando i quadri dell’aula con aria assorta.
    -Assolutamente. Lasciami solo trovare il nome del dio giusto. - spostò lo sguardo sulla pergamena, scrivendoci sopra “Brooklyn O’Connor è riconducibile a” - Non riesco proprio a trovare il nome della divinità che regna sopra gli stronzi, sai com’è. - si prese il mento tra le mani - o forse ti starebbe meglio quello che regna sulle persone che giudicano senza sapere. - portò lo sguardo su di lui, ghiacciato - non trovi?
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    Brooks O'Connor
    Non lo diceva, tuttavia Brooks era tremendamente orgoglioso e difficilmente avrebbe detto a Nick che aveva paura di essere messo da parte se mai il suo migliore amico ed il suo gemello si fossero messi insieme, come se lui sarebbe potuto essere il terzo incomodo. Ma non era l'unica cosa ad allarmarlo e ferirlo, c'era dell'altro che lui proprio non riusciva ad indentificare, un sentimento così ingarbugliato che difficilmente sarebbe riuscito a venirne a capo in quel preciso momento. Non aveva idea di cosa gli stesse prendendo, tutto ciò era strano anche per lui.
    Quando arrivò nell'aula e lo vide seduto là, un po' lo odiò.
    Erano migliori amici da cinque anni, erano molto simili e non c'era da stupirsi che l'idea di rifugiarsi nell'aula di Rune, fosse venuta ad entrambi. A Brooks era sempre piaciuta questa cosa, ma quel pomeriggio lo stava irritando, anche perché non sapeva come gestire i propri sentimenti davanti all'amico.
    La sua voce da "lord" continuò ad accompagnarlo ad ogni parola, rattristendo Brooks sempre di più, per quanto fosse ammirato della capacità dell'altro di mantenere il sangue freddo in ogni circostanza. Lo avrebbe quasi abbracciato in quel momento, ma non poteva, perché ogni volta che ci pensava gli ritornava un'ipotetica immagine di lui e Fitz che si abbracciavano e che, magari, facevano sesso. Rabbrividì.
    Le sue parole successive lo colpirono maggiormente e lo fecero indietreggiare un poco, come se lo avesse fisicamente colpito con una spinta. Il suo sguardo scuro si indurì ed anche lui tirò fuori carta e penna, sbuffando. Tu dici? Invece che divinità potrebbe essere adatta a chi mente agli amici, eh? Gli chiese, retorico, iniziando a scrivere l'introduzione: Secondo me Nicholas potrebbe essere...
    Loki? Mi pare che Loki fosse un bastardo sbruffone che non faceva altro che mentire. Chissà, magari ha provato a farsi la sorella del suo migliore amico. Non c'era più tanta tranquillità nella sua voce, solamente una rabbia furiosa che era intenzionato a riversare tutta sull'amico, in quel pomeriggio prima noioso.
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    Il cuore di Nick batteva a velocità raddoppiata rispetto al normale. La presenza di Brooks lo stava mettendo a disagio, e si sentiva strano a vederla così. In cinque anni non era mai successo che litigassero così pesantemente - ovvi, c’erano state delle scaramucce, ma roba da poco - perciò non sapeva bene come comportarsi. Fece perciò quello che anni e anni di feste del cazzo tra gente orribile gli avevano insegnato: attaccò, e si chiuse dietro la sua meravigliosa maschera congelata. Non era mai stato bravo a farlo davanti alle persone a cui voleva bene, ma Brooks lo aveva davvero ferito, troppo, perciò non ci mise neanche molto a chiamarlo stronzo e a cercare di ricollegarlo a qualche divinità del tutto orribile. Vide che aveva fatto segno nel momento esatto in cui le parole lasciarono le sue labbra, andando a far cambiare totalmente la postura a Brooks. Si ritrasse leggermente anche lui alle parole del migliore amico, sentendosi leggermente una merda per come si era comportato. Poi però si ricordò che era stato lui ad iniziare il tutto, e rialzò lo sguardo, puntandolo verso di lui.
    La rabbia nella voce di Brooks lo aveva ferito più delle sue parole, decisamente. Che diritto aveva lui di sentirsi arrabbiato? Stanco di mascherare quello che provava, sbatte le mani sul banco, alzandosi subito dopo e portandosi davanti al ragazzo, con gli occhi pieni di tutte le emozioni che stava provando in quel momento. C’erano rabbia, tristezza, delusione. Brooks le avrebbe potute vedere tutte.
    -Senti, Brooks. Non capisco con quale diritto sei tu ad essere arrabbiato con me. - si passò una mano tra i capelli, frustrato all’infinito - non capisco perché mi hai lasciato in quell’aula, senza neanche darmi modo di spiegare. - si abbassò sulle ginocchia, posando le mani su quelle dell’amico - te ne sei andato e io sono rimasto li come un cretino a piangere perché l’unica cosa che volevo era che il mio migliore amico fosse felice per me, o che perlomeno immaginasse che di certo non l’avrei lasciato indietro per una stupida cotta!
    Si lasciò cadere in terra, fregandosene della divisa e dell’etichetta e di qualsiasi altra cosa che non fosse l’amico. Lo guardò negli occhi.
    -Te lo giuro, Roo. Non capisco perché te ne sei andato. Non capisco perché mi tratti come se ti avessi ucciso, quando sei tu che mi hai spezzato il cuore. Sei la mia anima, Brooks, come faccio a stare senza di te?
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    Era chiuso in sé stesso e perso nei suoi sentimenti di rancore, quindi le mani di Nick che sbattevano sul banco, lo presero in contropiede e lo fecero sobbalzare, spingendolo a reclinare la testa verso l'alto per osservarlo, quando gli sputò addosso quel mare di parole che quasi stentava a comprendere davvero.
    Non c'era più spazio per la rabbia né nella voce dell'altro, né nel proprio sguardo, che ebbe una moltitudine di emozioni tutte in pochi secondi: arrabbiato, ferito, deluso, amareggiato, triste ed indifeso. Non sapeva come reagire o cosa dire al fiume in piena riversato dall'altro, ma qualcosa doveva pur dire.
    Quando le loro mani entrarono in contatto, si sentì bruciare come un fuoco e trattenne a stento l'istinto di sottrarle dalla sua presa e di arrossire.
    A... piangere? Quella confessione gli strinse il cuore in una morsa d'acciaio così forte che quasi lo fece gemere per il dolore, anche se fisicamente non ne stava realmente provando. Lo guardò buttarsi a terra senza aggiungere altro. Si morse il labbro, travolto da sentimenti ed emozioni che aveva cercato di tenere chiuse in un angolo della propria mente.
    Se già tutto ciò che aveva detto, era stata una stilettata al cuore, quando pronunciò l'ultima frase, Brooks sentì le lacrime salirgli prepotentemente agli occhi. Era la sua anima... lui doveva essere felice della sua cotta... non doveva abbandonarlo... doveva reprimere qualsiasi cosa provasse per lui, perché non andava bene. Si alzò quasi meccanicamente e si piazzò in piedi davanti a lui, prima di cadere in ginocchio. Lo osservò con gli occhi sbarrati.
    Mi dispiace... una lacrima traditrice aveva già iniziato a rigargli la guancia, crudele, seguita da una seconda e poi da una terza.
    Mi dispiace essermi comportato da stronzo ed essermene andato di punto in bianco senza che potessi spiegare, senza nemmeno tentare di essere felice per te. Fece una pausa, stringendo i pugni così tanto da far diventare bianche le nocche. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace... io sono un pessimo amico! Quasi urlò, gli occhi traboccanti di lacrime ed il labbro proteso verso l'esterno. Ma sì, avevo paura che... che se Fitz avesse ricambiato, se vi foste messi insieme... beh, avevo paura che io sarei stato messo in secondo piano da entrambi. Brooks non era uno rancoroso né eccessivamente orgoglioso -non con parte del suo cuore-, quindi non fu difficile dire quelle parole. Temevo che... Nicky, tu sei una delle persone più importanti al mondo, per me, sei il mio migliore amico fin da quando abbiamo appena undici anni, ci sei sempre stato, sei la mia luce e... l'idea di poterti perdere, mi ha reso meno lucido, ti prego perdonami! Detto ciò, fece un piccolo scatto e si buttò addosso all'amico, avvolgendogli le braccia attorno al collo ed entrambi ruzzolarono per un po', ma Brooks non fece accenno a staccarsi da lui.
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    Le parole gli stavano uscendo senza che lui potesse fare nulla per fermarle. Era un fiume in piena a cui si era rotta la diga, e vomitava parole piene di ogni sentimento che provava. Aveva fatto toccare le loro mani, cercando di far capire del tutto al ragazzo come era stato. Gli rivelò anche quello che aveva deciso di non dirgli, all’inizio, e lo aveva visto strozzare fuori delle parole a chiedere conferma, alle quali aveva semplicemente annuito, per poi buttarsi in terra, come svuotato. E effettivamente così si sentiva, quando era lontano dall’amico, quando non poteva parlargli o quando litigavano. Come un palloncino sgonfio lasciato sul ciglio della strada a decomporsi. Vide gli occhi di Brooks gonfiarsi di lacrime, e stava per alzarsi e scusarsi quando quello lo precedette, mettendosi in ginocchio davanti a lui. Sentì gli occhi inumidirsi, e quando Brooks cominciò a piangere, si ritrovò anche lui le guance bagnate. Non sopportava vederlo star male, non ce la faceva. Alungò una mano ad asciugare quelle piccole perle d’acqua, scuotendo la testa nel frattempo.
    -Non fa nulla… - sussurrava, senza interromperlo - scusa..- continuava, posandogli ancora le mani su i suoi pugni chiusi, per poi spalancare gli occhi alla sua successiva affermazione.
    -Non dire mai più una cosa del genere, Brooks! Mai più!
    Piangeva e lo guardava e voleva abbracciarlo, ma sapeva che Brooks non aveva finito di parlare. Scosse la testa alle sue successive parole, per negale.
    -Non sarebbe mai mai mai successo! Non ti avrei mai messo in secondo piano, Brooks, mai!
    Arrossì leggermente alla frase che scivolò fuori dalle labbra del migliore amico, sentendosi un po’ un idiota, per poi cadere all’indietro sotto il peso di Brooks. Strinse subito le braccia intorno a lui, irrazionalmente temendo se ne andasse di nuovo, e posò il viso nell’incavo del collo di lui, stringendo leggermente la presa.
    -Mi sei mancato così tanto - sospirò - non c’è nulla da perdonare. Sei una delle persone più importanti della mia vita, di certo non ti perderò per una stronzata simile.
    Allontanò il viso, sorridendo al ragazzo e alzando di nuovo la mano, per finire di asciugargli le guance.
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    Erano due stupidi. Si erano comportati da bambini quel giorno, in quell'aula. Avevano iniziato ad insultarsi invece che parlare chiaramente come stavano facendo in quel momento. Le labbra di Brooks si piegarono lievemente all'insù quando l'amico prese ad asciugargli le lacrime come faceva sempre. Brooks non piangeva spesso e facilmente, anche se avrebbe potuto sembrare, ma ogni volta Nickie era lì, pronto ad asciugargli le lacrime ed aiutarlo a rialzarsi.
    Gli altarini stavano venendo scoperti e Brooks sentì esattamente le parole che voleva sentire dal suo migliore amico, quelle capaci di risollevargli un po' il cuore da quell'immenso burrone nel quale era caduto, facendosi molto male.
    Ora erano lì, a terra, abbracciati a piangere come due idioti. Se fosse entrato Olwen -cosa che aveva tutto il diritto di fare, essendo la sua aula- avrebbe potuto pensare fossero pazzi o si stessero picchiando, vista la loro posizione. Ma in realtà non c'era niente di più bello di ciò che stava succedendo, le loro ferite si stavano nuovamente saldando e ciò che contava, era che lo stavano facendo insieme.
    Anche tu mi sei mancato tanto tanto annunciò, annuendo alle sue successive parole: aveva ragione, non si sarebbero persi per quella cazzata. Gli diede un bacio sulla guancia, godendo di quel contatto caldo ed umido. Poi rimase così, immobile tra le sue braccia.
    Si rialzò dopo un lungo attimo, porgendogli la mano. Promettiamoci che non ci dividerà mai nessuno, nessun ragazzo, ragazza... amici per sempre propose, aspettando che lui la stringesse sia per siglare il patto, sia per aiutarlo a rialzarsi.
    Una volta che entrambi fossero stati in piedi, si sarebbe avvicinato ad un banco.
    Bene, direi che ora possiamo fare i compiti, no? Esultò, riflettendo seriamente a che Dio avrebbe potuto associare il suo migliore amico... e non era di certo Loki, anche se forse poteva estrapolare da lui le parti positive, qualora vi fossero state.
    Vorrei paragonare Nicholas Mc Callister a Vé. Non è una divinità della quale si sente tanto parlare come Odino, Thor, Loki e via dicendo, tuttavia secondo me è altrettanto importante. Essendo uno dei fratelli di Odino, forse è stato messo poco in luce per questo. Si dice abbia donato agli uomini i sensi e la parola quindi ecco, vorrei spiegare perché secondo me Nick e Vé potrebbero essere compatibili: considerato un po' come un Dio della creazione, Vé ha fatto dono di due abilità importanti, agli uomini. Nickie è il mio migliore amico e quando lo vedo, parlo con lui, è come se fosse tutto migliore. Se vogliamo prendere la componente filosofica, è questa la motivazione per cui paragono Nick ed il Dio, se invece vogliamo parlare in modo strettamente letterale, direi che Nick, come Vè, mi dona sensi e parole. Anche se sono triste, se non ho voglia di parlare o fare niente, lui riesce a risollevarmi il morale come nessun altro al mondo. Si può dire che sia la mia persona, colui che vorrei accanto anche nella situazione peggiore. Mise il punto e spinse il foglio in direzione di Nick, chiedendogli in modo silente, se secondo lui potesse andare bene come elaborato. Sapeva che avrebbe dovuto fare la stessa cosa su se stesso, ma non aveva uno straccio di idea.
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    Riavere accanto il suo migliore amico rendeva il cuore di NIck decisamente più leggero. Non faceva mistero della tristezza che aveva provato a esserne separato, così come non pensava sarebbe stato tanto semplice tornare a essere loro due. Aveva Brooks tra le braccia e lo stava abbracciando, sentendo le piccole ferite che il loro litigio gli aveva lasciato cominciare a rimarginarsi. Lo strinse leggermentealle sue successive parole, sorridendo tra l’acquosità delle lacrime, e ridacchiò quando le labbra umide di Brooks si posarono sulla sua guancia. Poco dopo, si trovarono in piedi, Nick grazie alla mano dell’amico, ascoltando attentamente quello che il moro stava dicendo. Annuì sorridendo, allungandosi a ricambiare il bacio ricevuto poco prima.
    -Assolutamente si. Per sempre.
    Si avvicinò anche lui al banco, e guardò il foglio che ci aveva lasciato. Cancellò con un paio di righe l’inizio scritto poco prima, e ricomincio a scrivere.
    “Paragonerei Brooks O’Connor al dio Baldr, o Balder. Figlio di Odino e Frigg, è il più bello di tutti gli Aesir. Tuttavia, non lo associo a Brooks solo per la bellezza, per quanto trovo che anche lui sia un bel ragazzo. Associo Baldr a Brooks perché egli è il signore della gioia, dell’amicizia, ed è un dio gentile. Per me questa definizione incarna perfettamente quello che è il mio migliore amico. Baldr è anche signore della luce, e se c’è qualcosa di certo è il fatto che quando lo vedo e sto con lui è come se il mondo intero si illuminasse, permettendomi di vedere ogni cosa in modo migliore. Inoltre, così come il dio è amato da tutti, anche Brooks lo è, grazie al suo modo di essere gentile e amichevole.”
    Sorrise al ragazzo e fece scivolare il foglio verso di lui, acchiappando nel frattempo quello che l’altro gli porgeva. Sentì che si stava per rimettere a piangere e lo ridiede al proprietario, sorridendo. Con il suo foglio di nuovo davanti continuò.
    “Mi considero personalmente vicino a Bragi, figlio di Odino anch’egli. È il dio della poesia, che ha sempre le parole giuste e il modo per esprimerle. Non voglio peccare di falsa modestia, perciò posso dire che secondo me incarto abbastanza bene l’ideale di questo dio. Famoso per la sua saggezza (Da Grifondoro sono finito in Dioptase, no?) e la sua eloquenza (Da bambino non ho fatto altro che prendere lezioni per dizione e aiuto nei discorsi). Inoltre, mi reputo decisamente abile nel trovare le parole giuste da usare nelle situazioni, varie ed eventuali che siano.”
    Sbuffò, leggermente contrariato. Non era proprio bravissimo nel descrivere se stesso, ma sperò che sarebbe bastato.
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    Brooks O'Connor
    Finalmente erano tornati ad essere Brooks e Nick senza nessuno che si mettesse in mezzo, finalmente potevano finire il loro compito, consegnarlo e tornare spensierati com'erano sempre stati, parabatai l'uno dell'altro.
    Quando entrambi ebbero finito la parte in cui si descrivevano vicendevolmente, si scambiarono i fogli e leggere ciò che Nick pensava ed aveva scritto di lui, lo commosse, ma il tempo delle scenette sdolcinate era finito, anche perché avevano davvero altro poco tempo per stare fermi lì a non fare niente, dovevano concludere i compiti e poi andare a cena, non voleva di certo che Olwen li trovasse lì a piangere come due scemi invece che a studiare, sebbene era certo che avrebbe capito e sarebbe stato clemente.
    Come l'amico, comunque, nemmeno lui era poi così bravo a descrivere se stesso, perciò ci mise decisamente di più a trovare le parole, a capire cosa esattamente potesse scrivere, anche se odiava farsi un'autodescrizione.
    Io vorrei identificarmi in Thor. Non elogerò il mio coraggio o cose del genere. Ammetto di non essere proprio un fifone, quindi potrei essere coraggioso, soprattutto se serve per aiutare i miei amici, ma non è di questo che voglio parlare. Thor è famoso appunto per il coraggio, la forza, i poteri di guarigione ed il suo senso di giustizia, oltre ad essere il più conosciuto figlio di Odino. In particolare, vorrei fare un parallelismo con i poteri di guarigione ed il senso di giustizia. Per quanto riguarda la prima, ovviamente non ho gli stessi poteri, insomma dovrei usare un incantesimo ma amo aiutare gli altri, se si feriscono, tentare in tutti i modi di farli sentire meglio, di curarli quindi. Non voglio che soffrano. E qui entra il senso di giustizia, perché non mi tiro indietro davanti alle ingiustizie, cercando sempre di portare la parità, di non far sentire nessuno sbagliato. Potrei anche dire di avere la sua testardaggine, volendo... lungi da me mettere in luce solo i miei lati migliori. Mise il punto, per nulla soddisfatto di ciò che aveva scritto, ma quella era fatta.
    16 y.oStudenteTwinI annoFrom Ireland
     
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9 replies since 2/12/2021, 21:46   117 views
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