Perdita di orientamento

Thomas&Percy

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    Thomas Richenford ~ Auror C'era sempre qualcosa che gli impediva di parlare seriamente con Alexander. Voleva sapere che gli era arrivata la voce di quello che era successo all'interrogatorio con il pastore e voleva anche sapere cosa ne pensava. Thomas imparava moltissimo anche solo ascoltando il capo squadra che spiegava i suoi pensieri. Il fatto che Thomas dipendesse tantissimo dalle opinioni di Xander era una storia oramai fin troppo risaputa, il fatto che Xander ne approfittava almeno un minimo, era anche quello qualcosa di estremamente scontato, ma fin quando stava bene al giovanissimo auror, cosa ci potevano fare gli altri? Comunque, doveva ammettere che nessuna missione lo aveva stravolto come quella. Forse perchè non era mai stato così concentrato su quello che succedeva intorno a lui come lo era stato in quella missione, forse perchè la presenza di Madison lo aveva comunque reso più debole, o forse ancora era semplicemente perchè stava crescendo e pian piano si cominciava a rendere conto di quello che davvero gli succedeva intorno e soprattutto cominciava ad uscire, leggermente, dall'ombra di un colosso come Alexander. Fatto si era che seppur non aveva nessuna intenzione di rimanere sempre il piccolo dolce Thomas, almeno in campo lavorativo, era sempre intenzionato a rimare il cocco di Olwen ed a sapere la sua opinione sia su quello che era successo che su quello che aveva fatto, senza contare che Thomas aveva parlato con Kether e quella sera era stata ancora più devastante. Il ragazzo voleva dirlo a non si ricordava chi e non sapeva neanche per quale motivo e Thomas era semplicemente in ansia. E se lo avesse detto? E se Alexander non avrebbe più voluto collaborare direttamente con lui solamente perchè si era sfogato prima con un altro e poi con lui? Ma poteva veramente riempire Olwen di tutte quelle paranoie inutili? Lui aveva ben altro da fare e non aveva sicuramente ne la voglia ne il tempo per stare dietro ad un ragazzino. Eppure Thomas aveva il reale bisogno di parlare con lui. Doveva confrontarsi con delle cose, ma non ci riusciva. Prese la sua colazione ed cominciò a mangiare la sua bioche davanti al tablet mentre scriveva un report. Doveva farlo e doveva distrarsi, basta con tutte quelle paranoie assurde. Era incredibile come riusciva sempre a cercare una via di fuga da tantissime cose. Si mise un pò di musica a bassa voce e si concentrò. cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra




    Edited by Thomas Richenford - 30/4/2022, 13:18
     
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  2. Louise De Maris
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    Ultimamente, la sua testa non aveva fatto altro che frullare sempre attorno al pensiero di Blake: “Cosa starà facendo adesso? Si sarà allenato oggi? Perché non lo incontro mai in Sala Grande? Non è che non mangia? Ma no, che pensieri ti fai! Comunque, è proprio un coglione! No, non è vero… Louise, sei proprio stupida. Taci per una buona volta. Seh, non ci riesco. E se lo contattassi? Mi manderebbe a quel paese? Non credo. O, forse sì… ma perché deve essere sempre tutto così complicato?! …che palle!”.
    Lo pensava fin troppo e fin troppo erano i ricordi che la legavano a lui, sia negativi, sia positivi: il primo bacio dato da lui, il secondo bacio voluto da lei, la sua costante presenza all’ombra della morte che incombeva sulla ragazzina… sì, proprio lei… la morte in tutta la sua essenza e presenza. Una “Signora” Morte che non le dava mai modo di morire dignitosamente: ogni volta, scriveva un testamento e, ogni volta, il tutto non andava mai a buon fine. Ma, effettivamente, se non fosse stato per l’intervento di Blake Barnes e Thomas- Thomas! Da quanto era che non si sentivano? Non aveva mai avuto modo di ringraziarlo per averla aiutata nel momento del bisogno. E sì, ora riconosceva, anche se non del tutto, l’importanza delle gesta di quel ragazzo che le avevano consentito di non arrendersi mai alla speranza. Avrebbe dovuto andare a trovarlo. Cosa aveva detto che facesse come lavoro? Mh… ah, sì, l’Auror. Forse, se avesse raggiunto il Ministero avrebbe potuto trovarlo nel suo ufficio. “Ma gli Auror hanno un ufficio?” si domandò. Comunque, l’unica soluzione era scoprirlo con l’esperienza.
    Guardò l’orologio sul comodino della sua stanza nel dormitorio Ametrin: erano le 6.30 del mattino. Se si fosse vestita presto, avrebbe potuto fare un salto da lui, magari con qualche regalo assieme, prima delle lezioni del giorno.
    Con uno sbuffo lungo, gettò le coperte di lato e il freddo si impossessò delle sue membra, scacciando via d’improvviso il piacevole tepore che aveva avvolto il suo corpo per tutta la notte e fino a qualche istante prima. Si alzò, con gambe ancora traballanti per la sonnolenza, e si diresse in bagno, dopo aver raccolto gli abiti che aveva scelto la sera prima, la sua uniforme, due asciugamani e una grande pochette contenente tutti i suoi prodotti per la doccia. Li poggiò sul lavandino, in pila, in un gioco di equilibrismo che avrebbe fatto invidia a qualsiasi giocoliere di strada. Una volta resasi effettivamente conto che niente sarebbe stato attratto dalla forza di gravita, si spogliò interamente e si infilò in cabina. Appese i due sciugamani bianchi su un piolo lì presente. Girò la manopola dell’acqua, lungo il verso che l’avrebbe fatta uscire calda, ma non bollente: il getto la colpì con forza, massaggiandole il cuoio capelluto. Rimase così per qualche tempo, con la bocca leggermente spalancata.
    Oddio, che bella sensazione!” pensò. Ma non era il momento di indugiare. Aprì gli occhi e si rese conto di aver dimenticato lo shampoo nella pochette.
    - Uffaaaaa! – esclamò, borbottando. Verificò che nessuno fosse fuori e uscì nuda: acciuffò la bottiglia di corsa, tremante per il freddo, e si schiaffò nuovamente in doccia. Il tutto proseguì liscio, secondo i piani: si vesti e asciugò i capelli. Passò la spazzola per tutte le lunghezze, dalla radice alle punte, trasalendo ogni qual volta incontrava un nodo particolarmente complesso.
    - E CHE CAZZO! – sbottò, sbattendo la spazzola sul lavandino.
    - Ma perché devo sempre sembrare un cazzo di leone! -
    Si passò le dita tra i capelli, cercando di appiattire il crespo.
    - Ma vedi tu! – affermò, rivolgendosi probabilmente ai fantasmi invisibili nella stanza.
    Alla fine, rendendosi conto che a nulla sarebbero valsi i suoi sforzi, lasciò stare la sua chioma ribelle. Ritornò in stanza e diede una nuova occhiata all’orologio.
    - …cazzo! – sussurrò, per non svegliare gli altri, ma fu un’impresa difficile, visto che si ritrovò ad inciampare sui suoi stessi piedi. Era tardi: si erano fatte le 8 meno un quarto.
    - Vabbè, oggi non è proprio giornata… -
    SI rialzò, indossò in fretta e furia le scarpe, raccolse la pochette con i soldi e il telefono e scappò via a gambe levate. Raggiunto un punto esterno all’Accademia che consentiva di smaterializzarsi, si smaterializzò lungo un vicolo imprecisato di Londra, che fosse, però, vicino alla famosa cabina telefonica. Dovette girare ben due volte in tondo per trovarla: si inserì nella cabina e guardò lo strano telefono.
    E ora che bisogna fare qua?
    C’era, infatti, un piccolo problema: lei non era mai stata al Ministero della Magia.
     
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    C'erano pochissime cose che riuscivano a levare il sorriso a Thomas, e queste cose erano sicuramente il fatto che sua sorella se ne era andata e quello che lui reputava il suo migliore amico aveva preferito andare via con Eve che rimanere con lui. Senza contare che Xander era in missione da chissà quanto tempo e non aveva nessun tipo di rapporto con lui, il che era fin troppo strano, ma comunque in quel momento, era l'unica cosa reale. Si morse il labbro più e più volte. Adesso, non solo aveva quasi finito di fare tutti i rapporti arretrati del capo squadra Olwen, ma stava per concludere anche i suoi. Le missioni erano sempre più pressanti e tutta quella situazione era quasi, per lui sconvolgente. Aveva sicuramente incotrato un sacco di persone in quell'arco di tempo e la sua vita eraallietata dalla presenza di lilith Clarke, ma non si sentiva comunque completo. Era come se tutto quello era un passagio che non voleva proprio comprendere e che comunque lo destabilizzava vramente parecchio. Non riusciva a capire il perchè dovessero andarsene tutti così all'improvviso, perchè tutto quello doveva accadere. Insomma lui era sempre stato buono con le persone e si era sempre impegnato, ma gli altri per lui? Era sulla poltrona della sua scrivania piena di carte e disordinata come la sua stessa mente, con una matita in bocca a pensare a tutte quelle cose, quando gli venne in mente che forse uscire da li e fare una bella colazione non sarebbe stato poi così male. Era in ufficio dall 5 della mattina, perchè a casa sua, così vuota, non riusciva proprio a rimanere. Non vedeva l'ora di andare a vivere con qualcuno, o avere un coinquilino. poteva dirlo a Kether, ma Madison sarebbe stata perfetta. Si, appena l'vrebbe vista glielo avrebbe proposto. In fondo non avrebbe pagato affito ne altro, sarebbero stati insieme senza troppe complicazioni e sicuramente lui non si sarebbe sentito solo. Non era solamente una questione di solitudine, era proprio una questione di silenzio. Lui lo odiava e li dentro aveva troppi ricordi scomodi per rimanerci da solo. Il giubettino di Jeans venne lasciato sulla sedia, prese le sue chiavi, e uscendo dalla porta chiuse il suo ufficio a chiave, poi andò verso l'ingresso. Non la vide immediatamente. Aveva incontrato Louise solamente una volta nella sua vita ed in una circostanza abbastanza assurda. Ecco, adesso vederla li, spaesata senza saper esattamente dove andare, lo fece sorridere. Si avvicinò a lei stampandosi un sorrio in faccia.Dimmi che stavi cercando me! Esordì poi sorridendole. Ecco un'altra cosa che non riusciva a mandare giù. Emma che era andata chissà dove! Quella ragazzina gliela ricodava fin troppo e la cosa lo disturbava e quasi lo disgustava. Insomma non era piacevole quello che nella sua vita stava succedendo, ma sapeva che poteva sempre contare su madison che nonostante i suoi periodi di isolamento, era sempre presente nella sua vita. Attese la risposta e poi le sorrise ancora.
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    Niente, quella cabina non riusciva proprio a capirla! Sì che avrebbe dovuto saperla utilizzare, ma non vivevano mica nel medioevo! Avrebbe voluto prendere la cornetta del telefono e sbatterla, fino a quando qualcuno non avesse risposto. Insomma, potevano mettere qualcosa di più moderno, no?! Lei era la prova lampante che non tutti sapevano utilizzare quel marchingegno. Era lì con un volto corrucciatissimo e lo sguardo innervosito, quando la voce di colui che stava cercando si materializzò dietro di lei. Si girò d’improvviso, ma non si rese conto del vetro dello sportello, su cui sbatté violentemente con il capo.
    - Aaaah…. – esclamò, piegandosi in due dal dolore e mantenendosi la testa tra le mani. Si accucciò per un po' a terra, troppo rapita da quella pulsazione letale del bernoccolo che sicuramente si stava formando per dar conto all’auror. Possibile che doveva esser così maldestra? E quel giorno, poi, sembrava esser davvero contro di lei: era cominciato con il piede sbagliato! “Non è che sia venerdì 13?” si domando, tra sé e sé.
    - Oggi è venerdì 13, per caso? – chiese a Thomas, non voce strozzata. Quel male alla testa bastardo non accennava a calmarsi.
    - No, te lo chiedo perché è proprio una giornata di merda! – affermò, ponendo una certa enfasi sull’ultima parola. Dopo qualche altro minuto, finalmente si alzò, riuscendo ad uscire da quella cabina telefonica sana e salva. Fece un sorriso al giovane, si avvicinò e lo salutò con i classici due baci sulle guance, senza che queste fossero toccate dalle sue labbra.
    - Si, comunque, stavo cercando te! -
    Si massaggiò un punto dolente sulla fronte.
    - Perdona lo spettacolo, ma la giornata è cominciata con il piede sbagliato… si vede che ho bisogno di fare colazione, no? -
    Ridacchiò.
    - Comunque, come stai? Non ti ho ringraziato abbastanza per quello che hai fatto per me quel giorno… sai… -
    Le sue guance si colorarono di rosso dall’imbarazzo.
    - Ti va una colazione offerta? – disse, cercando di raggirare la sua vergogna e sorrise. Poi, storse il naso ad una considerazione che espresse ad alta voce: - Ma quante volte ho detto "comunque"...?! -



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    Forse Thomas era una delle persone meno formali che la terra potesse conoscere. Thomas era una persona calma, pacata in alcune cose e veramente, ma veramente informale su tutto. Non era uno che se la credeva più di tanto, non era uno che amava stare al centro ell'attenzione per i suoimeriti e non era neanche una persona che voleva essere ringraziato per qualsiasi cosa. Non gli interessava. La gloria poteva andare tranquillamente ad altri e lui sarebbe stato fin troppo contento per lui. Forse era l'unica cosa che non riusciva veramente a capire di Xander. Quel suo autoreferenzialismo, ma non importava, lui era perfetto anche in quel modo. Sorrise alla ragazzina e scosse il capo.Credo che a prescindere dal numero, oggi debba andare male un pò a tutti! Ma eccomi qui per risollevarti il morale! Si indicò come per farle capire che era a sua completa disposizione, sorrise ancora prima di ridacchiare ed avvicinrsi a lei per vedere quel bernoccolo. Ti sei fatta male? Chiese poi preoccupato e cercando di vedere dove avesse sbattuto. Quando disse della colazione offerta sgranò gli occhi come per cercare di capire per cosa lei dovesse offrire la colazione a lui!Poi scosse il capo. Certo che lo sapeva, ma non avrebbe mai fatto una cosa del genere, Thomas lavorava, era uno che sapeva esserte galantuomo e non riusciva in nessun modo ad essere diverso da quello che era. Hai ragione cavolo! Un buon cornetto con la nutella ed un caffè, cappuccino e forse anche qualche altra cosa, farà andare benissimo la giornata! Ma non sarà offerta da te! Disse poi posandole il braccio intorno alle spalle. Thomas era una persona prettamente fisica, certi gesti, certe situazioni le creava perchè lui era fatto in quel modo e non di certo perchè voleva provarci con lei. Si avviarono verso un bar. Allora, come stanno andando le cose? Insomma ti sei ripresa un pò? Chiese poi sorridendole e facendole capire che con lui poteva davvero parlare di tutto, lui poteva essere suo amico come voleva e come preferiva. Comunque, la parola comunque è bella, rende il concetto, quindi si, l'hai detta tante volte, ma hai espresso in maniera magistrale quello che volevi dire, comunque! Disse ridacchiando e prendendola un pò in giro, ma più per allenatare la tensione che altro!
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    Sì, si era fatta male ed era palese: sbattere la testa ad uno spigolo o da qualunque altra parte non era proprio il dolore più piacevole del mondo, semmai ne esistesse uno. Per tutto il tempo in cui rimase inginocchiata, si rese conto di come non ci fosse altro che il dolore: sembrava quasi che il tempo si fosse fermato e non riusciva a dare attenzione a Thomas e a quel che le aveva chiesto. Si rese conto, tuttavia, di come questo si fosse avvicinato, controllando se stesse bene. Pian piano, la zona era rimasta solo con lievi fitte, perciò era ritornata una mezza lucidità. Si massaggiò la zona dove stava spuntando il bernoccolo e lentamente si alzò in piedi, allungando il braccio verso un’anta della cabina, alla quale si aggrappò per rimettersi in piedi.
    - Si… - disse, a denti un po' stretti e con gli occhi ancora lucidi, che batté più di una volta per cacciar indietro le lacrime che le si erano formate istintivamente. - …sto bene… probabilmente ne uscirà un bel bernoccolo, ma nulla di grave… -.
    Gli sorrise timidamente, per l’imbarazzo di quanto accaduto, ma si rianimò poco dopo, quando Thomas si rifiutò di farsi offrire la colazione.
    - Non ci siamo capiti, allora: oggi offro io! Tutto quello che vuoi. E cornetto con nutella e cappuccino andranno bene anche per me! Non mangio mai dolci e oggi ne voglio proprio gustarne uno! -
    Forse si era lasciata sfuggire una confidenza di troppo, ma non poteva rimangiarsi le parole. Lasciò che le mettesse un braccio attorno alle spalle.
    - Si… mi sono ripresa un bel po' – affermò, sottolineando il “bel” con una certa enfasi. Non disse, però, il motivo di quella ripresa: non voleva che Thomas conoscesse già il moro e lei non voleva mettersi nei guai con le sue stesse mani.
    Ridacchiò a quella presa in giro.
    - Da oggi in poi credo che mi chiamerò “comunque”! Un bel nome, non è vero? – ci scherzò su.



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    Sorrise ancora alla ragazza, poi prese la sua bacchetta e con un piccolo colpetto cercò di dare sollievo alla ragazza con un innerva. Non era qualcosa che le curava specificatamente la ferita, ma sicuramente le avrebbe rimesso apposto lo stomaco e sicuramente l'animo. Alla fine un pò di energia non faceva mai male a nesusno, no? Sorrise ancora alla ragazza e le diede una rapida occhiata. Era dimagrita, oppure era lui che non ci vedeva bene? Ma forse stava semplicemente seguendo una dieta super ferrea oppure non lo sapeva, ma si, era dimagrita. Gli occhi di Thomas erano sempre stati molto attenti al corpo delle ragazze e dei ragazzi in generale, specialmente quelli che interagivano con lui. Non te lo toccare, farà solo più male! Aggiunse prima di allontanarla un pò per quello che disse e scoppiare a ridere, alzò le mani in segno di resa. Oh, mi arrendo, non ho neanche intenzione di controppattere, sei stata fin troppo esplicita e sarebbe una pessima figura essere messo ko da una ragazza, almeno con la divisa degli auror, poi senza... si, forse sarei una pippa a prescindere! Ovviamente scherzava e la caratteristica chiave di Thomas, in realtà, era proprio il fatto che lui la vita la prendeva con una leggerenzza senza fine, era uno che non amava essere sempre li a pensare ed a fare elucubrazioni. Non gli piaceva per niente e comunque era qualcosa che non gli riusciva per niente bene. Una volta inito quel teatrino le rimise il braccio intorno alle spalle e l'avvicinò di nuovo a lei. Quella risposta l'aveva incuriosita. Ooooooh. E quindi deve esserci un ragazzo o una ragazza! Oooooh. Dimmi tutto. E io prenderei anche una spremuta d'arancia. Sai, la colazione è importante, signorina Comunque! Disse poi ridacchiando alla sua ultima affermazione. Ecco, tutti avrebbero dovuto avere un Thomas Richenford, ma anche un Francisco Lackoswi volendo, nella propria vita. Era un pettegolo. Alla fine entrarono nel bar e si sedettero al primo tavolino disponibile. Ed adesso hai anche un telefono? Chiese poi sorridendole ancora.
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    L’Innerva di Thomas fece molto di più rispetto a tutti gli incantesimi che aveva provato a lanciare su di sé nel corso di quel tempo. Forse era per il fatto che era ancora al primo anno, ma conosceva davvero poco degli incantesimi curativi che a lei sarebbero serviti così tanto, soprattutto in occasione delle percosse giornaliere di suo zio. Era stanca che dovessero curarla Aaron o Blake Barnes tutte le volte, anzi, più che altro si vergognava. Aveva sempre quel timore di sembrare debole, vulnerabile… a volte, aveva lasciato i lividi guarire naturalmente e aveva avuto non pochi problemi a sedersi o a stendersi. Persino muoversi aveva fatto male.
    Notò lo sguardo di Thomas su di lei: era sicuramente indagatore. Forse si era reso conto della sua magrezza…? Sì, era dimagrita tanto, per una serie di motivazioni che non gli avrebbe mai raccontato. Si abbassò la maglietta, cercando di nascondere sè stessa il più possibile. Allontanò la mano dal suo bernoccolo, ascoltando il consiglio del ragazzo.
    - Aaah, menomale! – rispose, con tono scherzoso, ponendosi le mani sui fianchi a mo’ di madre arrabbiata. Lasciò di nuovo che le mettesse il braccio attorno e continuò a camminare, seguendo e moderando il suo passo su quello del ragazzo. Le sue gote presero colore alle supposizioni del giovane, dandogli pieno assenso, ma scoppiò a ridere non appena sentì il nomignolo con cui la chiamò.
    - Buona la spremuta d’arancia!! Me ne hai fatto venir voglia ora! -
    Sbuffò leggermente, comportandosi da preziosa.
    - Mh, sì, potrebbe esserci qualcuno, ma (!) te lo dirò al bar, mentre facciamo colazione… -
    Varcata la porta d’ingresso del locale, salutò con un – Buongiorno – e scelse uno tra i tavolini liberi. Si sedette e sospirò di sollievo.
    - Ah, menomale, non ce la facevo più a camminare… -
    Le facevano male un po' i piedi per quelle maledette scomode scarpe. Avrebbe voluto togliersele, ma non era il contesto adatto per farlo.
    - Oh, sì – gli mostrò il telefono. – Me l’ha regalato un amico! -
    Fece cenno a un cameriere di avvicinarsi e diede le loro ordinazioni.
    - Due spremute d’arancia, due cornetti alla nutella e due cappuccini, per favore. Un cappuccino, però, con tanto cacao sopra, se possibile. -
    Guardò un attimo Thomas: - Vorresti qualcos’altro? -


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    Diciamo che Thomas non pranzava mai, quindi quando faceva colazione e cena mangiava veramente ma veramente tanto, ed era quello il motivo per il quale non voleva che gli altri pagassero per lui. Sapeva che delle volte esagerava e di conseguenza non voleva essere maleducato. Si rese conto che il suo innerva le fece piacere e bene, ma non disse niente, non voleva metterla ancora di più a disagio. Esattamente come notò il suo ritirarsi giù la maglietta. Sei dimagrita, vero? Mi ti ricordavo più... ma insomma sei bellissima comunque! Lo eri prima, lo sei adesso. Come diceva sempre mio padre: quando uno è bello, lo è sempre! Aggiunse cercando di imitare la voce calda e profonda di suo padre. Poi le sorrise e cambiò completamente argomento, magari lei non ne voleva parlare. Ridacchiò. AAAAAh! Lo sapevo. L'amore è sempre l'unica cura di tutto e tutti! Diciamo che Thomas aveva un senso dell'amore un pò distorto, ma andava bene comunque. Alla fine Lou ancora non lo sapeva, e poi non era del tutto importante, no? E va bene! Aspetterò ancora poco! Aggiunse poi sedendosi al tavolino del bar ed annuendo a quello che disse. No, andava bene in quel modo, poi se avesse avuto ancora fame avrebbe ordinato più in la. Prima di cacciare qualsiasi argomento, decise di attendere il cameriere che arrivasse a servire la colazione, e solamente dopo aver fatto il suo primo mozzico al cornetto, sorrise e la guardò curioso. Allora, quindi, adesso puoi darmi il tuo numero di telefono, così almeno possiamo parlare e vederci più spesso, poi... chi è? Andiamo sono curioso! Chiese, eppure a lui quelle cose non capitavano mai, non era mai stato innamorato veramente di nessuno, ed anche quando gli sembrava che lo fosse, alla fine passava quasi subito. Gli piaceva ascoltare le esperienze degli altri! Cavolo se gli piaceva!
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    Quella domanda proprio non ci voleva: sì, era dimagrita un po' troppo, forse era anche sottopeso. I suoi parenti l’avevano punita un po' troppo ultimamente sottraendole il cibo e lei non era riuscita a scappare abbastanza per mettere qualcosa nello stomaco tutte le volte in cui ne aveva bisogno. Poi, c’era stato anche il fatto di mezzo per cui era stata male: i litigi con Blake Barnes. Per quanto l’orgoglio le facesse tenere sempre la testa alzata, in realtà, ci stava male. Blake era l’unica persona per lei che davvero contasse nella sua intera vita, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui. Per non parlare, ancora, delle sigarette e dell’alcool: si ritirava così ubriaca la sera che vomitava anche quel poco che riusciva a mangiare. Era vero che, comunque, si stava mettendo in quelle condizioni lei con le sue stesse mani. Era autolesionista? Forse e in una forma del tutto diversa rispetto a quello che la gente pensava quando si parlava di tale argomento.
    Gli sorrise leggermente, giusto per scacciare qualsiasi sospetto l’auror potesse avere.
    - Si… sono dimagrita… - rispose, e poi aggiunse un – Grazie – poco sincero. Non era bella, lo sapeva: era pelle e ossa, tutti angoli e niente forme. E quello la faceva stare anche male: non poteva accettare un corpo del genere, soprattutto sapendo che lei stessa aveva contribuito a distruggere.
    - Beh, non è proprio amore… cioè, siamo ancora all’inizio… - inclinò il capo, pensierosa. - …e nemmeno… non siamo niente al momento. Solo amici… però… -
    Non completò la frase, anche se voleva dire “a me piace”.
    La colazione arrivò in un batter d’occhio: ancora piena delle sue abitudini francesi, prese il suo cornetto e lo bagnò nel suo cappuccino, per poi morderlo e mangiarlo con un certo gusto.
    - Mmmh, mi mancava… - affermò.
    - Si, ti darò il mio numero dopo mangiato. E per chi sia… beh, non te lo posso dire! – disse, scuotendo la testa. Il suo naso era bianco, sporco di zucchero a velo del cornetto.



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    Avrebbe approfondito molto di più la questione. Aaron Barnes aveva parlato di una ragazzina e di alcuni maltrattamenti da monitorare. Aveva fatto il nome di un'importante famiglia del mondo magico, e quel nome corrispondeva esattamente con il cognome della zia di Louise. Insomma Non era li per quello e pensava anche che Aaron era comunque un ricone che poteva dire ed ottenere qualsiasi cosa, quindi alla fine non era poi così tanto credibile, ma Xander si fidava di lui e di conseguenza anche Thomas. Senza contare che aveva fatto amicizia con Lilith, la fidanzata (?) di Blake, e si chiedeva come i due potessero essere davvero così uniti, ma comunque, anche lilith si fidava di quell'Aaron e di conseguenza non era così male fidarcisi anche lui. Ma non disse niente, le sorrise. Aaron era stato chiaro: non doveva andarci di mezzo la ragazzina, doveva indagare, potevano uccidere anche lo zio, ma lei doveva rimanere, completamente intoccata. Sorrise a quel grazie un pò poco convincente ma non insistè, e quando si misero al tavolo le sorrise ed ascoltò quello che disse in maniera attenta. Sono contento, l'amore, inteso come sentimento generale, cura tutto e ti da sempre la forza di andare avanti. Quindi, stai attenta e conoscilo bene, ma più che tutto cerca comunque di non legarti troppo alle persone. Quella era esperienza personale. Thomas era legato a tutti e a nessuno. Poi, quando arrivò la colazione, il tutto si spostò pesantemente sulla stessa. Thomas mangiava tanto perchè non mangiava mai a pranzo, ed a volte anche la cena finiva per saltare per i vari turni che aveva, anche se qualcosa nello stomaco ce lo buttava sempre, invece,notò come la ragazzina avesse fame e basta. Era come se non mangiasse da tempo. Davvero le persone potevano arrivare ad una cattiveria tale da lasciare digiuna una ragazzina? Davvero erano così stronzi da poter creare tutto quello? Davvero riuscivano a vederla soffrire così tanto e non fare niente? Per un legale buono come lui era impossibile anche solamente credere che esistessero delle persone fatte in quel modo. Mangiò il suo cornetto, per una volta con calma, sorridendo, invece alla ragazzina che mangiava tanto come a farne scorta. Le sorrise ancora e poi ordinò anche due tramezzini. Non puoi dirmi di no, nel caso te lo riporti, ma io non pranzerò quindi ho bisogno di energie. Anzi, vuoi venire con me in ufficio? Mi servirebbe una mano per fare una cosa, niente di che, dovrei sistemare tutto l'archivio di Olwen ed ancora dovrei fare qualcosa tipo sistemare tutto l'archivio degli auror, quindi si mi servirebbe davvero una mano e compagnia. Ti va? Insomma sempre se non hai altro di più divertente da fare, ma li abbiamo le caramelle più buone del mondo e qualcuno che ci porta quanta più roba che voglia. Che dici? Un giorno al ministero ti sembra male? Chiese poi sorridendole. Magari le avrebbe fatto bene anche solo passare del tempo con qualcuno che non la toccasse, guardasse, o che semplicemente la trattasse come una ragazzina normale, senza troppe domande. Thomas sapeva benissimo come ci si sentiva ad essere diversi, cosa voleva dire essere abusati continuamente. A lui nessuno lo aveva mai picchiato, ma gli abusi sessuali non erano comunque una passeggiata. Sorrise ancora alla ragazzina e sperò vivamente che gli dicesse di si. Se l'avesse fatto, avrebbe lasciato che lei gli offrisse la colazione e poi sarebbero andati al ministero insieme. Magari avrebbero finito il discorso del ragazzo che gli piaceva, ed avrebbero scherzato un pò su tutto. Thomas era l'amico perfetto in quelle situazioni, non c'era veramente niente da dire. Inoltre riusciva a metterti sempre nelle condizioni giuste, come se tutti lo conoscessero da una vita!
    Thomas Richenford

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    citcitcit
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    Thomas Richenford - 21 anni
    Pureblood
    Auror

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10 replies since 26/10/2021, 16:01   146 views
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