Troppo Tempo

Andrew&Erikin

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    Alla fine aveva deciso di mettere da parte quel minimo orgoglio che aveva. Doveva ammettere che leggermente gli pesava fare quel passo. Si erano lasciati malissimo, si erano urlati - o meglio lui aveva urlato come una femminuccia, Erikin non era per niente il tipo- si erano detti ed avevano fatto cose che comunque non erano proprio ortodosse, ma lui aveva scritto, mandato oggetti ed ad ogni suo compleanno aveva sempre ricevuto qualcosa. Certo, Erikin sapeva che Andrew non aveva tutte queste capacità economiche e quindi doveva accontentarsi di quello che aveva, ma comunque il pensiero ci era sempre stato! Lui aveva mai ricevuto risposta alle sue lettere? Aveva mai ricevuto un regalino per il suo compleanno? Assolutamente no. Ovviamente non è che lo pretendeva, ma possibile che una donna era così importante rispetto a lui? Dopo tutto quello che avevano passato insieme? Che poi! Che donna! Una sgualdrina che lo avrebbe solamente rovinato. Il problema era che Andrew non aveva la benchè minima idea di cosa fosse successo al suo migliore amico in quegli anni e non aveva idea, davvero, di cosa stesse facendo in quel momento. Lui era in una missione umanitaria, precisamente in Congo ed aveva appena finito di costruire, con un piccolo aiuto magico, una scuola. La scuola fu il fattore scatenante di tutto. Diede gli ultimi soldi che aveva in tasca al capo villaggio, gli disse che avrebbe mandato qualsiasi cosa lui volesse, ma che era necessario che lui tornasse a Londra. Londra. Denrise. Doveva far finire quella sua agonia e smetterla di scappare da qualcuno che gli mancava. Gli mancava terribilmente. Era il suo migliore amico, ma soprattutto la sua famiglia. Si fermò fino alla sera ed una volta che tutti quanti erano a letto, scrisse una piccolissima lettera "Non vi dimenticherò mai. Ogni volta che avrete bisogno di me, chiamatemi, mandate un gufo da me. Lui mi ritroverà ed io sarò per sempre il vostro angelo custode!" Era fatto in quel modo, non poteva farci niente. Alla fine, comunque, con lo zaino in spalla, voltò le spalle a quel villaggio e dopo essersi asciugato una piccola lacrima, si smaterializzò in quella che sapeva essere una parte sicura di Londra. Subito il profumo di terra del villaggio in cui era, venne sovrastato dalla puzza di smog e di cemento che c'era a Londra. I suoi muscoli erano anche un pò indolenziti e non era neanche troppo sicuro che quello sbalzo di temperatura così repentina gli facesse davvero bene. Un brivido, infatti gli percosse completamente la schiena. Si morse il labbro e guardandosi intorno un pò assonnato, fece uno sbadiglio, si strofinò gli occhi e riprese a camminare verso il porto. Si guardò intorno con sospetto, anche se la sua rilassatezza muscolare era sempre presente e la sua spensieratezza era sempre ben accetta. Sorrise al mondo, ed al mare in particolar modo e poi, senza farsi vedere da babbani vari - in quello era abilissimo, visto che aveva vissuto più in mezzo a loro che in mezzo ai maghi - era in una nave per Denrise. Incredibilmente assurdo. Andrew era ancora una di quelle persone che rimanevano a bocca aperta di fronte a tanta immensità e bellezza ed una volta attraccato al porto, le sue gambe andarono da sole verso l'unico posto che davvero poteva desiderare: CASA. Era eccessivamente presto, aprì la porta di casa del suo Erikin e la mano sfiorò la sua placchetta dorata quasi inconsapevolmente. Era pronto? Non lo sapeva, ma il suo corpo era assuefatto da così tante emozioni che non si rese neanche conto che alla fine era entrato dalla finestra ed era in cucina. Sorrise. Era tutto esattamente come si ricordava. Vedeva di qua e di là i suoi oggetti. "Allora li ha ricevuti e non li ha buttati!" Il suo cuore stava quasi esplodendo di gioia. Il fatto era che da quando andava in giro per paesi così pericolosi e pieni di povertà e guerre civili, aveva imparato ad essere molto silenzioso e forse a fare qualche furtarello a fin di bene, quasi come se fosse un piccolo Robin hood dei poveri. Aveva gli occhi lucidi e quando lo vide dormire, li su quel divano come se avesse fatto l'impresa più stancante del mondo, si trattenne per non piangere. Dio solo sapeva quanto fosse sensibile e quanto riusciva ad essere, invece, freddo e posato in alcune circostanze. Poi, gli venne un'idea.
    Un sorriso dolce gli si dipinse sul volto. Posò delicatamente il suo zaino per terra e via in cucina a sfornellare. Fece almeno una 20ina di pancake, cioccolata, sbucciò quella poca frutta fresca che aveva e tra un scuotimento di viso ed un altro, borbottava qualcosa come "devo fare la spesa" "devo comprare qualcosa che sia nutriente!" " Oddio mio ma da quanto non pulisce la cucina", un tocco di bacchetta ed era tutto fin troppo pulito ed in ordine. Si, forse era una piccola casalinga mancata, ma per lui avrebbe fatto di tutto!
     
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    Il sonno leggero era qualcosa con cui aveva fatto pace ormai anni prima, e che lo perseguitava ovunque. Avrebbe voluto riuscire a riposare davvero, crollare in un sonno riposante e svegliarsi con il sole già alto fuori dalla finestra, ma puntualmente finiva per aprire gli occhi troppo presto, per abitudine o perché il suo cervello registrava un rumore sospetto. Forse era il mare ad averlo plasmato in quel modo, dopotutto non si poteva certo dormire nella grossa in mezzo alle onde, non se si voleva rimanere vivi, e lui aveva imparato a rispondere prontamente a qualsiasi minaccia, ancora prima di riconoscerla.
    Quella notte si era lasciato cadere in modo scomposto sul divano, dopo essere tornato da una lunga settimana in mare aperto, ed era così tanto stanco che aveva appena fatto in tempo a togliersi le scarpe prima di crollare, ancora avvolto nei vestiti intrisi di salsedine. Poteva fare così solo perché si sentiva in un posto sicuro, un posto che poteva chiamare casa, nonostante non fosse proprio la sua abitazione dei sogni: era un tetto sopra la testa, aveva vissuto lì abbastanza da conoscere ogni scricchiolio e ogni rumore, addormentarsi in quel posto gli veniva ormai naturale.
    C’erano quindi rumori che il suo corpo reputava innocui o famigliari e a cui non reagiva, pochi e in genere quelli più comuni –lo scricchiolio del legno, il ticchettio della pioggia sulle tegole del tetto, lo sciabordare delle onde in lontananza- e per qualche ragione all’inizio non diede nemmeno segno di muoversi. L’arrivo di Andrew non causò nessuna reazione, il moro scattò solamente a causa di un tintinnio in cucina, che lo portò a mettersi rapidamente a sedere, sussultando. “Cosa cazz…” si ritrovò ad imprecare, improvvisamente lucido, mentre si dirigeva in cucina sulla difensiva.
    I suoi occhi –come la sua mente poco prima- riconobbero la zazzera bionda che si ritrovò di fronte prima che lui stesso lo riconoscesse, portandolo a schiudere le labbra e fissare la scena senza parole. Per quanto si fidasse dei suoi sensi si stropicciò, più o meno consapevolmente, gli occhi, incredulo, cercando in qualche modo di comprendere che cosa stesse succedendo.
    Era sbagliato credere che Eirikr avesse dimenticato Andrew in quegli anni, o lo avesse ignorato, o avesse cercato addirittura di cancellarlo dalla sua vita. Non era così che erano andate le cose, non per lui: proprio per via del suo terrore di affezionarsi troppo, ricordava chiunque avesse superato le sue barriere e avesse fatto breccia nel suo cuore, e l’amico era uno di questi. Definirlo amico era ovviamente riduttivo, erano Parabatai dal loro quarto anno di Durmstrang, e qualsiasi altra definizione sarebbe stata errata. Ed Eirikr lo sapeva bene, sentiva la mancanza dell’altro ogni singolo giorno, c’erano stati addirittura episodi nei quali lo aveva intravisto nella folla, sul volto di uno sconosciuto che con lui non c’entrava niente.
    Conservava gelosamente ogni lettera, ogni regalo, ogni cartolina che l’amico gli aveva spedito, insieme a lettere che non aveva mai inviato, rimpianti e una serie di sensi di colpa che aveva collezionato nel corso del tempo e che non aveva mai avuto il coraggio di affrontare. Avrebbe potuto smetterla di rimandare, venire a patti con sé stesso, combattere il proprio orgoglio e cercare di raggiungere Andrew per davvero, non sempre in ritardo o nel momento sbagliato. Avrebbe potuto inviare i regali che gli aveva comprato, smetterla di fingere che non gli importasse, eppure non lo aveva mai fatto. Perché? Non era solo una questione di orgoglio, era un insieme di cose: da un lato gli pareva di avere a che fare con uno sconosciuto, di averlo allontanato troppo a lungo per poter ripartire da dove si erano lasciati, e infondo non voleva davvero ammettere ad alta voce, con lui, di aver intrapreso la vita che aveva sempre detto di odiare, che aveva lasciato la donna su cui Andrew lo aveva avvertito per miliardi di volte, per le ragioni esatte per cui lo aveva messo in guardia a suo tempo e che li avevano portato a litigare. C’erano una serie di cose che aveva cercato di evitare, con quel silenzio, ma che ora sembravano essere rientrate letteralmente dalla finestra.
    E avrebbe dovuto sentirsi sollevato, di certo un calore notevole invase il suo stomaco nell’istante in cui realizzò che il ragazzo era vivo, decisamente più grande, ben piazzato e abbronzato di quanto ricordasse, ma la prima cosa che riuscì a travolgerlo fu la sorpresa e una dose massiccia di fastidio. Quest’ultima non era nemmeno colpa sua, Eirikr era intrattabile prima del caffè, e di certo lo era ancora di più quando si svegliava nel cuore della notte in quel modo.
    “Cosa cazzo ci fai in casa mia, nel cuore della notte, a preparare dei fottuti pancakes?!” domandò alla fine, con la sua proverbiale eleganza e gentilezza, che di certo non era stata aiutata dal brusco risveglio.

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    C'era qualcosa di sbagliato e dannatamente insano in quella relazione che avevano costruito con il tempo. Andrew era, praticamente, l'esatto opposto di Erikin. Lui adorava essere sempre al centro di cose naturali, di situazioni spirituali, ripudiava la guerra, amava i colori e quando combatteva era solamete per difendere, mai per attaccare o fare del male a qualcuno. Andrew non solo era pacifista ma era anche una persona che credeva in tutto quello che era sentimento e che era emozione. Andrew si emozionava spesso, amava mostrarlo e non si vergognava di farlo. Non aveva sempre vissuto una vita felice, si era sempre sentito un escluso, si era sempre sentito al margine della società ed aveva sempre cercato di rendersi utile ma soprattutto di riuscire ad amalgamarsi dentro una società che rimaneva sempre troppo fredda, distaccata e cattiva per i suoi standard. Il fatto principale era proprio quello. La loro diversità così evidente li aveva legati in maniera indissolubile, tanto che se uno sarebbe morto, l'altro avrebbe sentito la morte dentro per sempre. La runa non era uno scherzo e non era qualcosa che si poteva attivare e disattivare a piacimento. Comunque, quando lo sentì alzarsi fece un piccolo saltino. Vedo che le cose non sono poi così tanto cambiate!! Non si era offeso per quello che il ragazzo gli aveva detto e la cosa assurda era che quasi gli faceva piacere essere trattato in quel modo. Lo riconosceva, il suono della sua voce era qualcosa che gli era mancato così tanto che non si voltò a guardarlo con un sorrisone compiaciuto solamente per non dargli ulteriore soddisfazione. Era bello stare li e soprattutto sentiva che le cose non erano cambiate affatto. Lui era sempre il solito sgorbutico, e lui sempre il solito sottone. Certo Andrew era uno che sapeva far rispettare le sue idee, ma mai con la violenza, era quello che si legava agli alberi con le catene per non farli abbattere, ma mai quello che lanciava uno schiantesimo per farsi valere. In genere era quello che ce le prendeva ed Erikin era quello che lo difendeva. Era sempre stato così e non avrebbe mai voluto cambiare quella cosa. Senza dirgli niente si voltò con una bella tazza di caffè fumante e gliela porse. Un cucchiaino di zucchero con una leggera spruzzata di cannella. Era più forte di lui. Andrew non riusciva a dimenticare certe cose. Erikir gli aveva aperto le porte di casa sua e del suo cuore ed Andrew aveva solamente buona memoria ed un cuore desideroso d'amore per ripagarlo. Aveva solamente quello. Spense il fuoco, mise l'ultimo pancake nel piatto e poi, finalmente incrociò il suo sguardo. Fu qualcosa di istintivo, esattamente come quando erano solamente dei ragazzi. Andrew lo abbracciò. Mi sei mancato. Anche in quello erano diversi. Andrew non sapeva neanche dove stessero di casa l'arroganza e l'orgoglio. Voleva dirglielo e voleva sentire il calore del suo corpo, le sue braccia e sapeva che fosse per l'altro non sarebbe mai accaduto, quindi si prese esattamente quello che voleva: un abbraccio da un fratello.
     
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    Aveva sempre saputo di essere quello istintivo e più violento, quello che aveva gli scatti di ira, che prendeva a pugni il bulletto di turno per vederlo soccombere e ammettere i suoi errori, quello che si sentiva sempre fuori posto, che passava dall’essere sbruffone all’essere scorbutico in un battito di ciglia. Aveva sempre ammirato Andrew proprio perché era tutto tranne che simile a lui: dove Eirikr era violento, Andrew era pacifico e calmo, dove Eirikr era rabbioso e inarrestabile, Andrew era pacato e riflessivo. Si era chiesto spesso come diavolo facesse a mantenere sempre la calma e non perderla mai, a farsi valere senza usare la forza la forza bruta e ottenere lo stesso tutto quel che voleva.
    Forse era quella la chiave di svolta: Andrew sembrava sempre sapere che cosa voleva e per questo non sembrava faticare mai troppo per ottenerla. Era impossibile dirgli di no, quando si metteva in testa qualcosa diventava inarrestabile, e nel bene e nel male era anche per quello che Eirikr aveva finito per venirne risucchiato. Non faticava ad ammettere come il loro rapporto fosse sempre stato profondo e viscerale, forse anche in modo non troppo sano, e se erano diventati Parabatai era anche perché aveva capito molto tempo prima quanto si completassero.
    Eppure si erano comunque allontanati. Nella sua mente e nel suo cuore Eirikr sapeva che la maggior parte della colpa era sua, che toccava a lui fare il primo passo ormai da anni, e che non poteva davvero accusare Andrew di nulla visto che si era sforzato anche fin troppo per venirgli incontro, ricevendo in cambio solo timide concessioni, spesso fuori tempo massimo. Eirikr con i sentimenti non ci aveva mai saputo fare, Andrew esisteva anche per quello, per riempire la sua ennesima carenza con le sue battute, i suoi sorrisi e le sue confessioni anche fin troppo emotive. Dove il moro non sapeva come esprimere quel che provava, ci pensava l’altro a parlare per entrambi, spesso mettendo giù a parole concetti che Eirikr non riusciva nemmeno ad immaginare ma che si rivelavano poi sempre veri.
    In quel momento non riusciva nemmeno a capacitarsi di quel che stava guardando, era sicuro di aver perso per strada qualche pezzo e di non riuscire a dare un senso a quello che i suoi occhi stavano osservando. Andrew, la stessa persona che aveva ignorato per anni, con cui aveva litigato brutalmente perché troppo orgoglioso per ammettere i propri errori di valutazioni, era appena comparso dal nulla, emerso da chissà quale villaggio sperduto da qualche parte nel mondo, e gli stava preparando dei pancakes nel cuore della notte. Mentre l’altro era voltato provò anche a darsi un pizzicotto sul braccio, per assicurarsi di essere sveglio, ma il fastidio gli confermò quello che temeva: era tutto reale.
    E non aveva alcun senso.
    Sapeva che il biondo era quello più “debole”, quello che cedeva più facilmente, ma sapeva anche di aver fatto una cazzata notevole questa volta e non capiva perché presentarsi proprio ora. Avrebbe potuto farlo prima o anche solo telefonare, era sicuro che volendo avrebbe trovato un modo per contattarlo che non fosse piombare in casa sua, come se niente fosse. Un comportamento che si addiceva al suo Parabatai, questo era indubbio, ma che lui continuava a non comprendere fino in fondo.
    Allo stesso modo in cui non riusciva a comprendere come facesse l’altro ad agire come se fosse tutto normale, come su quell’intera scena fosse routine ormai consolidata: da quanto non erano nella stessa casa assieme? Da quando non respiravano la stessa aria o non avevano i piedi sullo stesso continente? Si ritrovò a stringere tra le dita la tazza, non riuscendo nemmeno a dire qualcosa su come volesse il suo caffè prima che una zaffata di cannella gli arrivasse dritta nel naso. Alzò impercettibilmente un sopracciglio, ancora una volta colpito e affondato, sorseggiando il caffè bollente prima ancora di ragionare, lasciando che gli bruciasse pure la gola senza emettere alcun lamento.
    Quando il caffè nero cominciò ad entrargli in circolo, la sua mente sembrò farsi più lucida e presente, giusto in tempo per salvare la sua preziosa tazza dall’abbraccio di Andrew. Si ritrovò stretto tra le sue braccia prima di poterlo evitare, avvolto dal suo profumo e dal suo calore e dannazione lo sapeva bene che quello era sempre l’inizio della fine. Incassò le sue parole, silenzioso, e per quanto pensasse lo stesso era ancora sul chi va là, intenzionato a tastare il terreno.
    “Pensavo che fossi disperso in qualche villaggio in Africa, o qualcosa del genere.” brontolò contro il suo orecchio, e se a parole stava ancora facendo lo scorbutico, comunque aveva finito col ricambiare il suo abbraccio.

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    Cercava, per una volta, di essere anche lui duro e consapevole, ma stava fallendo miseramente. Era incredibile come Erikir riuscisse a mantenere il punto ed era altrettanto incredibile come Andrew riuscisse ad essere così dolce anche quando si andava a scontare contro un muro di cemento. Lui che aveva sempre vissuto in una fredda cella di cemento dove nesusno gli aveva insegnato a dare o a ricevere amore. Forse era proprio quello che lo aveva reso così dolce ed affettuoso. Forse era proprio quel suo aver vissuto sempre in un luogo asettico come un orfanotrofio che aveva reso Andrew voglioso di un amico, di una famiglia, abbracci e sicuramente dolcezza. Sorrise semplicemente vedendolo, con la coda dell'occhio, darsi qualche pizzicotto ed infastidirsi da solo. Forse era anche sbagliato fare finta di niente, far finta che quella distanza non ci fosse mai realmente stata, ma in quel momento, Andrew non riusciva a sentirla. Il suo corpo e la sua mente erano fermi a qualche anno prima ed avrebbe voluto chiedergli dove fosse finita quella scipina della sua fidanzata se lo avesse lasciato solo o se lui stesse ancora cercando di fare... cosa esattamente? Ogni volta che comunque ripensava a lei e a quel periodo a Parigi rovinato in quel modo, sentiva una morsa allo stomaco, come se, in un certo senso, si sentisse fuori luogo e fuori posto. Ma bastava tornare a guardare il suo amico, per capire che non era affatto in quel modo. Rimaneva li sul ciglio della sua stessa porta della cucina, come se avesse timore che tutto quello potesse rovinarsi o comunque concretizzarsi da un momento all'altro. Andrew invece si muoveva in quella cucina come se fosse sempre stato li e come se fosse sempre rimasto affianco dell'amico. Era qualcosa che gli usciva quasi incosapevolmente. Lo guardava e gli venivano così tante cose da dirgli e da raccontargli che non sapeva minimamente da dove cominciare. Inoltre, pensava seriamente che forse, doveva dirgli che era li anche per scappare da qualcuno, qualcuno che se lo avesse preso non gli avrebbe dato di certo un abbraccio. Ma perchè farlo preoccupare? Non sarebbero mai arrivati a Denrise e nessuno lo avrebbe mai trovato li. In quel momento c'erano solamente loro due. Mi sorprende il fatto che tu ti sorprenda nel vedermi qui. La semplicità nell'affrontare determinati argomenti era propria di Andrew. Poi l'abbraccio venne spontaneo e fu contento di non sentire il caffè contro la sua pelle. Ero disperso in Afriga, precisamente in Congo... ma ecco, ho sentito l'esigenza di tornare e l'ho fatto! E quella era parizalmente la verità. E vedo anche che hai ricevuto tutti i miei regali! Insomma temevo che la posta babbana e poi i gufi vari non ti avrebbero trovato. Tu... stai ancora con...? Voleva nominarla? NO! Voleva veramente una risposta a quella domanda? Forse! Comunque oramai era fatta e sentire che anche lui ricambiava quell'abbraccio bastava a non fargli dire niente a parole. Erikir era più una persona di fatto, Andrew molto più di parole e spirituale. Si allontanò leggermente e si levò la felpa mostrandogli come la sua placchetta era esattamente dove l'aveva lasciata. Forse quell'oggetto se toccato, poteva essere l'unica cosa che lo avrebbe indotto seriamente a duellare.
     
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    Conosceva bene il passato di Andrew, e ogni volta che lo guardava, fin dal primo giorno, finiva sempre col chiedersi come diavolo facesse ad essere così. Per uno che era cresciuto in una situazione tutt’altro che felice, gli sembrava impossibile che avesse sviluppato, negli anni, un carattere come quello, che avesse finito per essere … così. Andiamo, chi diavolo piombava in casa tua dopo anni di silenzio –da parte tua per di più- e ti cucinava dei pancakes solo per il gusto di farlo? Eirikr quella padella bollente se la sarebbe tirata in faccia, se avesse potuto.
    Continuò a sorseggiare il suo caffè mentre l’altro rispondeva in modo fin troppo contorto per essere ancora notte fonda, costringendolo a corrucciare le sopracciglia per trovare una risposta vera e propria che non fosse solo un mugugno. “Non hai parlato di visite nell’ultima lettera.” osservò alla fine, attento a scegliere con cura ogni parola. Bene o male funzionava sempre così: il moro aveva il suo modo per tenerci, era solo molto meno esplicito del biondo a mettersi a nudo, bisognava solo essere abituati a cogliere ogni sfumatura. Si schiarì comunque la voce, annuendo lentamente alla sua spiegazione anche se per lui non aveva senso: aveva la sua vita, perché avrebbe dovuto volerlo raggiungere a Denrise, soprattutto quando non aveva fatto niente per invogliarlo? Per quel che ne sapeva Eirikr avrebbe potuto anche sbattergli la porta in faccia … tranne per il fatto che non avrebbe mai potuto fare così con lui e Andrew lo conosceva troppo bene per sospettare il contrario.
    Aveva ricevuto tutti i regali, certo, non poteva negarlo dal momento che non aveva avuto il tempo di nasconderli e si scoprì a non avere nemmeno così tanta voglia di fingere. “Mmmh… no, nulla è andato perso direi.” ”sono le mie risposte che non ti hanno mai trovato.” aggiunse a mente, guardandolo con aria cupa.
    Alla sua domanda sospirò pesantemente: prima o poi l’argomento sarebbe venuto fuori no? Tanto valeva tagliare la testa al toro. Abbassò comunque lo sguardo per qualche istante, colpevole, e ancora di più consapevole di quanto la colpa di tutto quel che li aveva allontanati fosse solo sua. Aveva impiegato parecchio a vedere quello che Andrew aveva visto fin dal primo giorno, e capire che la persona che era convinto di amare non era quello che pensava lui e non era nemmeno amore quello che li legava: Eirikr voleva essere innamorato di quella persona perché gli avrebbe assicurato una vita diversa da quella che lo aspettava a Denrise, ma non era così che funzionavano le cose.
    Scosse piano la testa. “No. No. Da un po’. Ci siamo lasciati qualche mese dopo.” replicò nel tono più monocorde che riuscì a trovare, anche se era evidente a che quale dopo si riferisse. Che ci fosse un prima e un dopo, segnato dal loro litigio, per Eirikr era sempre stato ovvio: anche se aveva sempre lottato per dimostrarsi autonomo, Andrew era diventata la sua famiglia e la vita senza di lui non era la stessa. Gli era mancato terribilmente, si era resa conto di quanto fosse profondo il vuoto che avvertiva solo nel momento in cui lo aveva visto nella propria cucina, poco prima, e aveva realizzato di poterlo avere ancora intorno. Certo, per quanto? Non capiva le ragioni del suo ritorno, così improvviso, ma conosceva Andrew abbastanza da immaginare che ci fosse una ragione, e non poteva essere solo quella di fare pace. Non lo era giusto? Anche se forse sarebbe stato da lui, forse gli sarebbe bastato il bisogno di rivederlo per annullare ogni cosa e venire lì.
    “Hai trovato un qualche villaggio sperduto da aiutare qui in zona?” si ritrovò comunque a chiedere, forse non nel modo più dolce e gentile del mondo, ma stava ancora cercando di tastare il terreno e capire che cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Poteva affezionarsi o si sarebbero separati di nuovo? E se le cose semplicemente tra loro non potevano funzionare? Se avessero litigato di nuovo? Non aveva intenzione di rovinare ancora tutto quanto, ma era già successo una volta.
    Ed ecco che dopo aver posto una domanda così complessa con estrema non chalance, Andrew sfoderava il carico da novanta: come diavolo faceva a far sempre sembrare tutto così naturale, quando ad Eirikr pareva di non riuscire quasi a respirare da quanto era travolto da tutte quelle emozioni? Si ritrovò a fissare il suo petto, definitivamente molto più scolpito e abbronzato di quanto ricordasse, su cui la targhetta brillava debolmente, illuminata dalla fioca luce della cucina. Sentì in modo chiaro il proprio cuore fermarsi per un istante, rimanendo immobile per qualche istante, senza riuscire a dire o pensare niente, all’improvviso troppo stanco per opporre resistenza o fingersi impassibile. “La porti ancora.” si ritrovò a sottolineare l’ovvio, senza riuscire a guardare altrove.

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    "La mia vita è una goccia che si tuffa nel mare"

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    Andrew Barber| Scrittore | 31 anni |


    Quando Erikr rispose in quel modo, Andrew non riuscì a fare altro che sorridere. Sorrideva perchè voleva dire che non era cambiato niente tra di loro. Quel suo modo unpò burbero ed anche così diverso dal suo modo di fare era qualcosa che lo faceva sentire veramente a casa. Andrew era sempre felice di vederlo nonostante avesse avuto davvero paura di essere dimenticato. Ma poi aveva pensato anche a tutto quello che loro avevano passato insieme, a tutto quello che si erano sempre detti, a tutto quello che avevano subito e combinato insieme. Ecco, la parola giusta era sempre stata: insieme. Alla fine nonostante le loro diversità si erano veramente incastrati bene, si erano sempre completati ed avevano sempre avuto modo di essere loro due, sempre se stessi uno per l'altro. Andrew, rispetto al suo parabatai, era sicuramente più debole fisicamente, ma lui aveva la spiritualità dalla sua parte. Si rendeva conto che tutto quello che succedeva nella vita aveva un filo logico, se si erano allontanati allora voleva dire che doveva succedere e che da quello che stava succedendo dovevano imparare qualcosa. Una cosa sicuramente, Andrew, l'aveva capita: non voleva stare lontano da lui. Non sapeva, esattamente cosa provasse per quell'uomo grande, grosso ed imbronciato che aveva davanti, sapeva solamente che adesso si sentiva completo. I suoi occhi brillavano, il sorriso non riusciva a levarsi dal suo viso, e quando sentì quella frase, abbassò leggermente lo sguardo per terra scuotendo appena il capo. Poi tornò a guardarlo. Spinse il piatto pieno di pancake in sua direzione e gli fece segno di mangiare. Perchè ho deciso di venire tra l'altro ieri e ieri l'altro!Mi dispiace non averti avvertito, lo so che non si piomba in casa delle persone in questa maniera, ma tanto sapevo dove trovarti o comunque credevo di saperlo e puf! Eccoti qua! In realtà si era un pò documentato, in fodno lo faceva sempre, era pur sempre il suo parabatai!Ma delle volte decideva seriamente di non dirgli tutto quello che sentiva e provava, e nel farlo faceva uno sforzo veramente, ma veramente grande, ma lo faceva comunque per lui. Sapeva che i sentimentalismi non erano proprio il suo forte. Sorrise ancora quando guardandosi intorno disse che nulla era andato perso, ma poi una strana euforia lo avvolse quando Erikr gli disse che no, non stava insieme a quella pazza. Finalmente! Esclamò di cuore e senza neanche rifletterci davvero. Poi, però, si sentì tremendamente in colpa e tornò immediatamente serio. Si morse il labbro più volte. Mi dispiace. Ma non mi dispiace. Insomma era tremenda e non ti ha mai spinto a diventare una persona migliore, e ci ha fatto allontanare... Le ultime parole vennero sussurrate, come se fossero qualcosa di doloroso da ricordare. Lo erano davvero. Non poteva certamente dire che non lo fossero specialmente perchè quella era stata la prima volta in cui lo aveva confessato ad alta voce ed ancora peggio, era il fatto che alla fine non si erano parlati per anni proprio a causa di quella donna. Lo guardò dritto negli occhi e posando la fela su di una maglia sospirò. Scosse il capo e gli fece una linguaccia. Nessun villaggio sperduto da salvare per il momento! Sono venuto qui per te. Come al solito avrai bisogno di aiuto in casa e come al solito mangi male, dormi sul divano e hai la casa che è peggio di una stalla in africa, quindi direi che potrei quasi rettificare e dire che ho trovato il mio villaggio sperduto da aiutare! Lo prese in giro, come aveva sempre fatto, ossia con gentilezza e con estrema confidenza. Niente, non c'era niente che li avrebbe divisi ed in quel momento si era sentito uno stupido che aveva preso tutto e se ne era andato. Ma in fondo, amare non vuol dire anche fare un passo indietro? Si morse ancora il labbro mentre lo guardava attentamente, come se volesse catturare, in un certo senso, qualsiasi dettaglio che aveva perso in tutti quegli anni. Ma a quell'affermazione granò gli occhi, in un certo senso non capendo subito a cosa si riferisse. Poi vide la traiettoria dell'amico e si strinse nelle spalle. Non l'ho mai tolta. aggiunse poi afferrando lui un pancake e sedendosi sul tavolo della cucina. Posso chiederti che diavolo ci fai nell'unico posto che hai sempre detestato? Chiese poi sospirando. Non era lui quello che non voleva andare a Denrise e cose varie? Cosa ci faceva esattamente li? Si era perso un sacco di cose e voleva recuperare tutto. Attese mangiando. Cavolo se sono migliorato! borbottò continuando a fissare l'amico in attesa di una risposta.
     
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    Gli sembrava assurdo ma la sensazione era quella che non si fossero mai davvero allontanati. Avevano passato fin troppo tempo lontani, ormai, soprattutto per essere due Parabatai, che si erano giurati fedeltà nella vita e in battaglia fino alla fine dei loro giorni, eppure ora che Andrew era lì, in piedi nella sua cucina, gli sembrava di non averlo mai perso di vista. Si era chiesto infinite volte dove si trovasse, si era svegliato nel cuore della notte urlando, madido di sudore, tastandosi la Runa sul fianco, convinto che gli fosse successo qualcosa, che fosse addirittura morto senza lui al suo fianco, e poi aveva puntualmente ricevuto una cartolina o una lettera o qualsiasi cosa che gli testimoniava il contrario.
    La soluzione del problema era la più semplice del mondo: avrebbe potuto trovarlo, in qualche modo, o anche solo rispondere ad una sua fottuta lettera in tempo, ricucire il rapporto e far funzionare di nuovo le cose, eppure c’era sempre una ragione che lo convinceva a desistere. La verità era che aveva sofferto così tanto, dopo il loro litigio, che non era pronto a correre il rischio di finire di nuovo ad urlarsi in faccia cose terribili e non voleva rivivere quelle sensazioni ancora una volta, la prima gli era bastata e avanzata probabilmente per sempre.
    Aveva sofferto anche per la sua rottura, certo, ma dopo aver avuto fin troppo tempo per rifletterci aveva finito per capire che la cosa che lo aveva devastato di più, sul lungo termine, era stata l’assenza di Andrew. Avrebbe voluto dirgli che voleva essere avvisato, ma la verità era che non era mai stato così felice della sua natura spontanea e improvvisa. “Non so perché non sono sorpreso.” si limitò a replicare, e dal fatto che non si fosse detto infastidito dal suo arrivo senza preavviso, Andrew avrebbe potuto intuire quanto fosse felice di averlo intorno: Eirikr non era uno che si apriva facilmente, ma non mentiva spesso, bisognava solo essere bravi a leggere i non detti.
    Il biondo non aveva mai nascosto la sua antipatia per la ragazza francese, e Eirikr non potè fare a meno di sospirare piano e alzare gli occhi al cielo, scuotendo piano la testa ma, suo malgrado, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso, seppur molto rapido. “Non ti serve fingere, so che la odiavi. E col senno di poi diciamo che penso di aver capito perché… vuoi sentirtelo dire?! Avevi ragione.” esalò fingendo di fare molta più fatica di quanta ne facesse davvero, perché d’altro canto quella era una verità che aveva imparato ad accettare. Andrew lo aveva messo in guardia e lui era stato troppo accecato dal suo sogno di trovare una persona che lo trascinasse fuori da Denrise da non riuscire a vedere oltre alle proprie illusioni. Infondo sapeva che non sarebbe bastato quello, ma si era illuso di avere un facile accesso alla vita a Parigi, lontana dalle sue origini, vivendo come una persona che non era mai stato. Abbassò le spalle, con aria più colpevole, lasciando che quella confessione gli si ficcasse nel petto con la forza di una lama ben affilata: lo sapeva già, eppure sentirlo dire ad alta voce, per di più da Andrew, faceva ancora più male. “Ci siamo lasciati non molto tempo dopo.” ammise piano, cercando di elaborare tutte quelle emozioni, tutte assieme. Incredibile come le sue nottate da solo, fatte di rimorsi e rimpianti, non lo avessero comunque preparato a quella conversazione.
    Avrebbe voluto ridere al suo discorso, prendere tutto con allegria, ma la verità era che Andrew aveva un talento naturale nel salvarlo, sempre e comunque, e non era incredibile che fosse lì proprio per aiutare lui e nessun altro. Oltre ad essere parte del suo carattere, ora che era lì Eirikr non poteva fare a meno di guardare alla sua vita, fino a pochi minuti prima, come cupa, deprimente e decisamente peggiore. In effetti sì, aveva bisogno di essere salvato e se solo fosse stato un po’ più sveglio e in vena avrebbe percepito una certa gelosia allentarsi, una vocina nella sua testa che sussurrava un petulante “finalmente è arrivato il mio turno!”. Sbuffò comunque, perché faceva parte di lui e ancora di più del lui appena sveglio. “Come sei esagerato… i divani sono sottovalutati. E avere roba ovunque significa anche avere tutto sempre a portata di mano.” rispose prontamente, faticando a staccare gli occhi dalla targhetta dorata sulla pelle abbronzata dell’altro. Avrebbe potuto allungarsi, riprendersela, toccare il suo petto per assicurarsi che fosse davvero lui, davvero lì, ma si impose di rimanere immobile e non fare stronzate.
    Si aspettava che Andrew dicesse qualcosa sulla sua situazione attuale, forse sperava che avrebbe rinviato la cosa a più tardi ma era sempre e comunque Andrew.
    Annuì in modo cupo, limitandosi a bere il proprio caffè, incapace di mettere qualcosa nello stomaco, ancora chiuso. “E invece eccomi qui. Sono finito a fare il Predone sulla Drakkar di mio padre.” replicò, con le parole che uscivano a fatica dalle sue labbra, come se facesse anche solo fatica a formulare una frase del genere. Non era sicuro di riuscire ad affrontare un discorso simile a quell’ora e preferì concentrarsi sul resto, alzando un sopracciglio e guardandolo incuriosito, inclinando leggermente la testa. “E sei diventato anche più modesto.” lo prese in giro, dedicandogli un mezzo sorriso più convinto, gli occhi illuminati appena da un velo di ironia.

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    C'erano delle cose che non sarebbero mai cambiate a prescindere dal tempo che passava e da tantissime altre cose. Erikir ed Andrew erano sempre stati diametralmente opposti e non avrebbero mai potuto trovare dei punti di incontro se si fossero soffermati solamente sulle loro caratteristiche caratteriali. Uno che sempre silenzioso e riflessivo, l'altro era una persona che attaccava a parlare anche con le persone inanimate e cercava sempre una soluzione pacifica e che rendesse tutti quanti felici il più possibile anche a proprio discapito. Ma entrambi erano andati oltre le apparenze. Se sai che quella persona, quella che hai davanti, è la TUA persona allora non puoi fare a meno di renderla felice di riuscire a fare qualsiasi cosa pur di non farla stare male, accontentare e soddisfare quelle esigenze che delle volte non si capiscono e non si comprendono in pieno. Andrew aveva fatto esattamente così con quel ragazzo così silenzioso ed a volte anche troppo sgorbutico. Da quando l'aveva conosciuto non era mai riuscito, neanche una volta, a non sacrificarsi per renderlo fiero di lui o comunque aiutarlo a rendersi conto di tutto quello che era realmente. Non si era mai più di tanto scomposto, non aveva mai pensato neanche un minuto che non ne valesse la pena. Non aveva mai dubitato neanche un secondo di lui, delle sue credenze e dei suoi ideali!Andrew aveva sempre avuto completa fiducia in quel ragazzino con il broncio permanente. Aveva sempre trovato in lui qualcosa di interessante, qualcosa che andasse oltre quella maschera che indossava sempre. Certo non era stata la cosa più facile del mondo diventare il suo migliore amico ed in seguito il suo parabatai. Non era stata una decisione semplice specialmente per l'altro che non amava così tanto i legami, ma Andrew non aveva esitato neanche un secondo. Il cosmo, la natura e gli spiriti di tutto il mondo gli avevano detto sempre, sempre di rimanere affianco al ragazzo.
    Andrew sorrise come non faceva veramente da tempo, il che, per lui, era quasi un eufemismo visto che il sorriso non lo perdeva mai, qualunque cosa accadesse, ma quello era diverso. la frase di Erikir lo fece tornare a quando non serviva neanche parlare che già si sarebbero capiti, che già sapevano esattamente cosa e quando farlo. Sorrise e scosse il capo come se non ci fossero altre parole da dire in quel momento. "Mi sarei offeso se non te lo aspettavi! Sono cresciuto ma non sono poi cambiato così tanto!" borbottò bonariamente verso il suo parabatai. Ecco si, amava definirlo in quel modo, amava sentirsi di sua appartenenza e si sentiva a casa quando era costantemente nella traiettoria del suo sguardo. Quando poi l'argomento si spostò su qualcosa di molto più spinoso, Andrew fece un piccolo sospiro quasi rassegnato e scosse la testa. L'odio non era un sentimento che gli apparteneva. "Non odiavo lei a dire il vero, in quel momento odiavo te che avevi deciso di non stare dalla mia parte. MA. Non serve per forza ricordare quei momenti e, sinceramente, io non sono come te, della ragione non me ne faccio niente. Se tu sei felice adesso, allora io sono felice." Lo disse con estrema sincerità. Non stava mentendo, non ne aveva bisogno. Su quello Erikir aveva ragione, ma era anche vero che non aveva nessuna intenzione di farlo, voleva solamente che lui non si sentisse a disagio e se proprio doveva dire qualcosa per farlo sentire minimamente in colpa gli avrebbe detto le cose come stavano realmente, perchè la verità, per lui e per il loro rapporto era sempre stata sacra e soprattutto era sempre stata alla base di tutto. Si strinse nelle spalle mangiando ancora i suoi pancake. Per quanto mangiava avrebbe dovuto essere il triplo ed invece il suo fisico era asciutto e muscolo. Nonostante la sua confessione, Andrew, comunque lasciò cadere quel discorso. Non era li per tornare a discutere sul come erano andate certe cose, lui aveva anche una sua colpa e fu quella di voler imporre all'amico il suo pensiero pur sapendo che era giusto, sapeva anche come era fatto lui e una cosa imposta era pur sempre qualcosa che non avrebbe fatto a prescindere da chi la imponeva. Quindi sorrise appena per quello che disse ed alzò un sopracciglio. "Smettila di giustificare la tua pigrizia. Basta un tocco di bacchetta per rimettere tutto in ordine. Ammesso che ci sia un ordine!" Ammise poi godendo nel prenderlo un pò in giro. Dai si erano sempre sfottuti e lui era sempre stato un pò la sua spalla, un pò il suo pilastro e delle volte anche la sua guida, ma nonosntate tutto, avevano sempre giocato alla pari.
    Fece un respiro profondo quando disse quello che faceva. Poi un sorriso si allargò lungo il suo viso e Erikir avrebbe potuto leggere la tipica espressione di chi aveva avuto un'idea pazzesca in quel momento. "Perchè una volta non mi porti con te? Lo sai che io adoro viaggiare e credo anche che io possa esserti utilissimo. potremmo pescare insieme! Dar da mangiare a delle tartarughe giganti! Oppure vediamo se davvero esistono dei mostri marini" la parola "mostri" venne detta con un certo risentimento. "creature marine, mi piace di più come appellativo, i mostri non esistono, almeno non in natura!" Ed ecco il monologo del secondo, ma gli sembrava qualcosa di realmente carino a dire il vero! Poi ridacchiò. "Diciamo che con il profilo instagram che ho, la mia autostima è cresciuta a dismisura e credo anche che sia meritato. Ho fatto un sacco di foto bellissime! Ed anche un sacco di recensioni niente male. Insomma sono state pubblicate in vari giornali delle nazioni che ho visitato! Certo diciamo che mi sono fatto pagare in donazioni in vari villaggi oppure o preso i soldi e ho costruito scuole o cose del genere, ma ne è valsa la pena!" Era fiero di tutto quello che aveva fatto fino a quel momento ed era ancora più fiero del fatto che lo stesse condividendo con lui. Perchè alla fine di tutto, solamente in quel momento gli sembrava di aver fatto qualcosa. Se non veniva condiviso con Erikir era come se fosse tutto quanto nulla.
     
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    Alle volte non riusciva a spiegarsi nemmeno lui come si fossero trovati, come fosse possibile che due persone così diverse finissero per andare d’accordo, eppure il loro legame sembrava più forte di qualsiasi cosa, anche delle loro stesse aspettative a volte. Eirikr non avrebbe saputo dire quando avesse cominciato a guardare ad Andrew, quel ragazzino così espansivo e fuori luogo nella tetra e fredda Durmstrang, con occhi pieni di affetto e stima e non solo pura confusione, eppure prima ancora di rendersene conto aveva accettato di essere il suo Parabatai e le cose avevano preso una piega tutta nuova. Non si era bevuto il cervello, continuava ad avere paura dei legami anche ora che quella runa era sulla sua pelle da anni, e forse anche per quello lo aveva tenuto a distanza, per paura di riprovare il dolore e il vuoto che lo avevano attanagliato dopo la loro litigata… come se se ne fossero mai andati del tutto!
    La sensazione di conoscerlo ancora, di vedere accadere qualcosa che per lui era “da Andrew” portò con sé un certo calore a livello dello stomaco: era ancora lui, nonostante tutto il tempo passato lontani era ancora il ragazzo famigliare che lui adorava avere intorno, anche se alle volte fingeva non fosse così. In quei momenti il loro legame gli sembrava ancora forte, profondo, tangibile, anche se per anni erano stati separati e gli sembrava che tutto fosse sbiadito. La Runa c’era ancora, e anche il loro rapporto e la loro intesa a quanto pareva. “Ci mancherebbe altro.” borbottò, ma dai suoi occhi luminosi era chiaro quanto fosse felice di sentirglielo dire.
    La verità era qualcosa che si era sempre aspettato da Andrew, e anche qui fu contento di vedere le sue aspettative rispettate e avere proprio quello che voleva da lui, niente di meno e niente di più. Faceva male? Terribilmente. Le sue parole gli si infilarono in gola con la stessa precisione di spilli affilati, impedendogli di respirare decentemente per qualche istante. Era pesante sentirsi dire qualcosa del genere, sapere che aveva provato qualcosa di simile per lui, che lo aveva portato fino a quel punto con il suo modo di fare. “Avrei dovuto stare dalla tua parte, ora lo riconosco.” si lasciò sfuggire, un “mi dispiace” nemmeno tanto tra le righe, un traguardo notevole per lui che denotava quanto davvero stesse ancora male per quella storia. Non voleva che la conversazione ruotasse solo su quel tema adesso, aveva bisogno anche lui di andare oltre, ma non riusciva ad impedirsi davvero di pensare a tutto quello che avevano passato, a quel che avevano vissuto e alle cause che li avevano allontanati.
    Anche se non si poteva dire che si fosse impegnato per rinsaldare i rapporti non aveva mai smesso di pensare ad Andrew, a come avrebbe dovuto agire diversamente e rivedere le proprie scelte. Non che i rimpianti potessero portarlo indietro nel tempo, gli sarebbe piaciuto ma non era così che andavano le cose. Avrebbe potuto rispondergli, provare a raggiungerlo prima o poi, cercare di spiegare quel che aveva capito negli anni ma la verità era che gli era sempre sembrato il momento sbagliato, ed eccoli lì, con Andrew che come sempre aveva fatto il primo passo.
    Sbuffò in modo teatrale, alzando gli occhi al cielo. “Non sto giustificando proprio niente! C’è un ordine, ha tutto il suo senso, il fatto che tu non lo veda è un altro discorso.” mugugnò cercando di difendersi, anche se non ce l’aveva davvero con lui e non se la stava prendendo sul serio. Dopotutto il loro rapporto era sempre stato così, si erano sempre tormentati su tutti i fronti e lui adorava quella parte del loro rapporto, era forse quella nella quale riusciva a fare del suo meglio. Non era l’orario giusto per tirare fuori il suo solito sarcasmo, ma riprendere quella vecchia tradizione gli scaldò il cuore.
    Alzò un sopracciglio di fronte al suo entusiasmo, inclinando appena la testa. Gli bastò un secondo per pensare ad Andrew sulla drakkar, che lo osservava mentre arpionava una creatura o cercava di fare fronte a qualche emergenza, con ben poca grazia e diplomazia, per capire da solo che non avrebbe mai funzionato. “Non si sale sulle drakkar per pescare o per viaggiare, Andy. Non è quello il punto. E sì, le creature marine sono mostruose ed esistono e non sempre si possono tenere in vita.” cercò di spiegargli nel modo più delicato che poteva improvvisare, perché non voleva davvero ferire i suoi sentimenti ma era difficile nascondergli certe cose.
    Cominciò a mangiare con calma i propri pancakes, ora che aveva ingerito una quantità di caffeina sufficiente a tenere gli occhi aperti, e ascoltò la sua spiegazione con un certo interesse, che di certo il biondo avrebbe colto senza troppa fatica. Il fatto che Eirikr fosse quasi sempre composto e stoico con gli sconosciuti non significava che non sapesse provare emozioni, anzi: provava parecchie cose, non sempre positive ma sempre intense, il fatto è che era stato già scottato più volte e Durmstrang gli aveva insegnato a nascondere quel che provava per non esporre troppo sotto la luce del sole i suoi punti deboli.
    Si sorprendeva ogni volta di come Andrew potesse essere così, innocente e ancora solare nonostante l’educazione che avevano ricevuto entrambi e che aveva reso Eirikr ben diverso. Lui non riusciva proprio a settarsi sulla sua stessa lunghezza d’onda, non capiva da dove venisse quell’altruismo, quella voglia di dare tutto per degli sconosciuti che di certo non avrebbero potuto fare lo stesso per lui. Lo affascinava ma non era sicuro di poter fare lo stesso. “Wow… stai diventando un influencer, o qualcosa del genere?! Attento, ti ricordo che qualcun altro aveva quella passione…” lo punzecchiò, riferendosi alla sua ex e dedicandogli un mezzo sorriso ironico, giusto per punzecchiarlo. “Sembra figo…voglio di te, si vede che ti è piaciuto, sono davvero felice per te.” ammise, e lo intendeva davvero, fino in fondo: non comprendeva del tutto le sue ragioni ma non poteva non gioire per lui, a suo modo.


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    Le cose da dire erano talmente tante che Andrew non sapeva neanche più da dove cominciare. Come poteva cominciare da qualche parte quando erano anni che non si vedevano. La sua mente non era mai stata tanto confusa e felice nello stesso tempo. Era contento di essere li, era contento che finalmente quel supplizio era finito ed era anche contento che il suo amico non fosse cambiato poi così tanto. Lo guardò intensamente, quasi come se gli stesse facendo delle lastre ed i suoi occhi si aprivano sgranandosi piano piano che lui diceva quelle parole. Poi rise. Scoppiò a ridere perchè non poteva credere a quello che aveva sentito e per lui il discorso si poteva finire anche li. Tanto che si alzò dal tavolo e tornò davanti a lui, gli mise una mano sulla spalla. Giuro che vorrei rimanere arrabbiato con te solamente per vederti supplicare il mio perdono! Lo prendeva in giro, ovviamente. Non era una persona che faceva quelle cose, non era un presuntuoso e soprattutto sapeva benissimo che non sarebbe successo sia perchè non aveva nessuna voglia di rimanere arrabbiato con lui sia e soprattutto perchè non sarebbe mai riuscito ad averlo davanti e rimanere incazzato nero con lui. In fondo era dovuto andare via per riuscire ad ignorarlo ed in quel mometo della sua vita, comunque, era impossibile anche fare quello. Ma aveva appena ritrovato il suo parabatai e non aveva nessuna intenzione di mettergli altra angoscia addosso. Si allontanò da lui. Seifortunato, Rik. In quella frase c'erano tante cose che avrebbe voluto approfondire, ma lasciarlo un pò con il cruccio era qualcosa che gli piaceva intensamente. Si andò a sedere di nuovo sul tavolo e cominciò a mangiare un altro pancake. Questa volta aggrottò la fronte. Tu lo sai che c'è sempre un'alternativa all'omicidio? E poi voglio venire con te. Insomma non pensare che adesso mi metto la parnanza e faccio i pancake e ti sistemo la casa. Siamo grandi oramai per queste cose e buon Signore! Esiste una bacchetta! Disse poi prendendo la sua e con una stoccata verso la cucina, fece in modo che i piatti, bicchieri e spugnette varie si mettessero in azione. Tornò a guardare l'amico. E poi cosa pensi che sono venuto a fare qui? Ho te da salvare ed immagino che ti annoierai a morte su quelle... come le hai chiamate? Drakkar. Mi piace sa di possente! Non lo avrebbe di certo reso immune a tutto quello e poi Andrew era li veramente per lui. Andy. Quando lo chiamò in quel modo si sentì una strana aura addosso, la runa bruciò appena. Un bruciore piacevole che solleticava la pelle. La toccò appena e poi tornò a guardare lui. Quindi dormirai sempre sul divano ed io prendo il tuo letto, oppure come ai vecchi tempi e dormiamo insieme? Insomma che si fa? Vuoi adattare la tua scatoletta di tonno a noi, oppure devo trovarmi un alloggio? Chiese poi per farlo irritare. Sapeva che non lo avrebbe mandato via. Rise quando gli fece presente che anche un'altra persona era un'influenzer. Ma lei era scarsa, dannatamente scarsa!Io ho un sacco di ragazzi giovani che mi seguono, e potrei fare una diretta su quelle barche! Oddio che cosa fantastica! Comunque sono uno scrittore. Lo sai bene che adoro scrivere e arrotondo solamente con i social. A qualcosa servirà questo bel faccino, no? Chiese poi sorridendogli e masticando il suo pancake!
     
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    Era così abituato a non provare granché, salvo fastidio, qualcosa simile alla voglia costante di combattere e goliardia, nelle serate migliori, che venire invaso da quella nuova ondata di emozioni lo stava destabilizzando. Non era pronto all’arrivo di Andrew, ne tanto meno al trambusto che portava sempre con sè e al cambiamento inevitabile che causava. Ricordava bene la sua voglia di vivere e la sua frizzantezza, il suo sembrare sempre inarrestabile: potevano essere passati anni dall’ultima volta che se lo era ritrovato intorno, ma c’erano cose destinate a non cambiare mai.
    “Certo, certo, come se non sapessi che non è da te!” replicò a tono, prontamente, anche se poco dopo fece una certa fatica a rimanere impassibile e ignorare la Runa, che pizzicò leggermente sul fianco. Non pensava che fosse possibile ma quel nomignolo stupido, che Andrew gli aveva affibbiato anni prima, gli provocò un brivido di famigliarità e qualcos’altro lungo la schiena, costringendolo a sforzarsi parecchio per non mostrare quanto tutto quello lo stesse emozionando. Non lo faceva solo per orgoglio, aveva comunque paura di soffrire, anche se si trattava di Andrew, e non voleva rischiare di credere troppo che questa volta sarebbe andato tutto bene.
    Alzò gli occhi al cielo, sempre piuttosto spiazzato dal fatto che l’altro sembrasse sempre vedere un’altra strada anche quando non c’era. ” Prova a dirlo ad un Kraken, che c’è una soluzione all’omicidio, e vediamo che cosa succede.” replicò con sagacia, scuotendo leggermente la testa e affondando ancora una volta la forchetta nell’impasto morbido, sollevando un pancake intero e strappandone un pezzo con i denti. “Non è un posto per te Andy, puoi trovarti altro da fare. Denrise è piena di opportunità…!” lo provocò, più che altro perché sapeva bene che quel posto non aveva poi molto da offrire, così come sapeva bene che una Drakkar non era il posto per Andrew. O meglio, se anche fosse stato il suo posto Eirikr non aveva intenzione di starci insieme a lui: conosceva bene l’etica dell’altro, con ogni probabilità non lo avrebbe mai perdonato se avesse saputo anche solo la metà degli affari nei quali Eirikr si invischiava ben più spesso di quanto si pensasse.
    Non aveva ancora un nome nell’ambito, certo, ma diciamo pure che non era uno che si tirava indietro, anche quando la missione era più rischiosa del dovuto.
    No, non aveva intenzione di sconvolgere Andrew fino a quel punto, o di sorbirsi le sue prediche, anche perché per certi versi sapeva che avrebbe avuto ragione lui e non voleva inventarsi niente per controbattere. Avrebbe dedicato solo una rapida occhiata alle spugne incantate dal biondo, per poi rivolgergli un’occhiata dal basso verso l’alto e un mezzo sorriso sghembo. Una minuscola parte di lui prese davvero in considerazione l’idea e un brivido di famigliarità e nostalgia gli attraversò la schiena ma si impose di essere più forte e ignorarlo. “Non vorrei fartelo notare ma temo che entrambi abbiamo messo su un tot di muscoli. Così, per dirne una.” avrebbe replicato, e anche se i due non avevano una stazza più tanto diversa Eirikr aveva la sensazione che l’altro sembrasse molto più possente, per chissà quale ragione.
    Scosse piano la testa, di nuovo. “Se la smetti di insultare il posto dove vivo posso cederti il mio letto. Possiamo accordarci in qualche modo, immagino… per quanto intendi restare?” chiese, anche se nel suo tono non c’era nessun tipo di accusa o di desiderio di vederlo andare via. Si erano appena ritrovati no? Non c’era bisogno di separarsi subito.


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    Erano essenzialmente completamente diversi. Erano opposti e nonostante la vita avesse riservato ad entrambi dei momenti veramente infelici, avevano reagito in maniera completamente diversa. Andrew aveva semplicemente deciso che di male gliene era stato fatto abbastanza e che non aveva nessuna intenzione di farsi rovinare anche il futuro con quelle cose indecenti. Non era un musone e di violenza ne aveva subita così tanta sia fisica che mentale che non aveva nessuna intenzione di avere quel tipo di approccio. Non era da lui e non avrebbe voluto neanche che il suo amico, la sua metà, non lo capisse ed invece fosse il suo esatto opposto. Ecco per Andrew era fondamentale riuscire a completare a compensare quello che era Erikir. Si sentiva quasi un'appendice dell'amico ed era felice, anzi no, felicissimo di essere in quel modo. Doveva essere il suo sostegno e delle volte si odiava anche per essere andato via. Ma se ne era pentito immeditamente e tutti quei souvenir erano la prova del fatto che, effettivamente, Andrew non aveva mai smesso di pensare a lui. Fece un respiro profondo quasi come se si stesse rassegnando a quella situazione. Sinceramente non so neanche che cosa sia, ma sono sicuro che ci sia comunque un'altra soluzione e visto che fai tanto lo spiritoso, ci proverò e ti dimostrerò che è come dici tu! Poteva anche essere un biscottino alla crema, ma Andrew era della sua stessa scuola ed era testardo quanto bastava per mettersi in testa qualcosa e far in modo che accadesse. Ovviamente, avrebbero litigato, bisticciato e sarebbero volati anche cazzotti all'occorrenza, ma non gli interessava. Erikir lo sapeva che prima o poi Andrew sarebbe salito su di una drakkar, lo sapeva perchè lo conosceva bene. Se non vuoi che io venga devi darmi una spiegazione valida e non che sia pericolosa. Non sono un bambino, non più. Mi hai insegnato a combattere, hai fatto di me quasi una macchina da combattimento ed adesso hai paura che scivolo su di un pezzo di legno? Ecco, no, non sapeva assolutamente di quello che stava parlando, ma lo avrebbe seguito in capo al mondo e quello doveva essere non solo ovvio, ma anche abbastanza scontato oramai. Quando disse che su denrise c'erano un sacco di opportunità, gli venne spontaneo alzare il dito medio ed indirizzarlo proprio al suo amico. Sei davvero un gran coglione! il sorriso finto di chi sapeva che lo stava prendendo in giro. Ecco, adesso stava bene. Adesso si sentiva a casa. Si diede una rapida occhiata e poi la diede a lui. Io ne ho di più. Temo che la bella vita ti abbia anche fatto mettere un pò di pancetta, no? Chiese poi ironico prima di sospirare. Effettivamente sul divano non c'entravano. Ma non hai un letto matrimoniale? Insomma non ho detto che mi devo accoccolare a te, ho detto che dobbiamo dormire insieme. Comunque va bene, la smetto, ma io amo le scatolette di tonno, dovresti saperlo e fino a l'altro ieri ero in una capanna abusiva in Africa, penso che potercela fare ad adattarmi! Aggiunse poi vedendolo mangiare quei pancake con una certa voglia. Si morse il labbro per quella domanda. Sinceramente non lo so, avrei anche degli affari in sospeso da sbrigare, ma al momento non voglio pensarci. I suoi occhi si velarono di preoccupazione tanto che fu costretto a distogliere lo sguardo da quello dell'amico. C'era sempre qualcosa che non andava nella sua vita, ovviamente.
     
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    Che fossero differenti, Eirikr, lo aveva sempre saputo, era qualcosa che saltava agli occhi di chiunque anche solo guardandoli per qualche istante. Difficile non notarlo, anche solo nel modo in cui si ponevano o come avevano reagito a quel che gli era successo nella vita saltava subito all’occhio quanto fossero diametralmente opposti. Eirikr era una persona molto più chiusa di Andrew, se quest’ultimo aveva deciso di rispondere al dolore con la gentilezza per il denrisiano valeva quasi il contrario, e anche se tutti e due erano ben consapevoli di quelle differenze non voleva comunque metterle ancora una volta in risalto.
    Più si prendeva momenti per ponderare quell’idea, più l’immagine di Andrew sulla Drakkar cozzava con la sua idea di un rapporto funzionale e sano. Sapeva come erano andate le cose alla loro prima convivenza, la ferita era ancora fresca nonostante fosse passato parecchio –anche perché Eirikr non si era permesso di curarla ma solo di ignorarla, sperando che sparisse da sola- e non aveva intenzione di tirare ancora così tanto la corda, tanto da portarla a spezzarsi. La questione era semplice: non voleva correre il rischio, ora che era appena tornato non voleva rovinare tutto di nuovo ed era certo che il mare avrebbe solo portato discordia.
    Sbuffò profondamente: gli era mancato Andy, certo, ma non gli era per niente mancata la sua testardaggine e il fatto che, quando si fissava con qualcosa, distogliere la sua attenzione e fargli cambiare idea era pressoché impossibile. “Non sto mettendo in dubbio la sua prontezza fisica, And, non sto dicendo che non sapresti difenderti. Sto dicendo che non sei un tipo da vita di mare… ti ci vedi ad uccidere una bestia con una fiocina? Perché io riesco ad immaginarti solo mentre cerchi di convincermi a desistere perché ha gli occhi troppo teneri o è troppo giovane o dannazione è proprio necessario, non possono farne a meno?” replicò con tono arrendevole, senza sapere nemmeno lui se avrebbe ottenuto qualche risultato e con ogni probabilità la risposta sarebbe stata no.
    Che poi, perché mai si fissava così tanto nel cercare di farlo ragionare? Non aveva quasi mai funzionato, in passato, e infondo non funzionava nemmeno al contrario, quindi era una sorta di parità. Proprio perché già sapeva come gli avrebbe risposto aggiunse prontamente “Vienici pure, se ci tieni tanto, ma ti giuro che alla prima protesta ti lancio in mare e lascio che siano i piranha a mangiarti.” concesse alla fine, per niente convinto che quella fosse la soluzione migliore. Non lo era, affatto, ma magari sarebbe bastata una sola uscita in mare per convincerlo a fare altro.
    Ridacchiò in modo spontaneo di fronte al suo dito medio, stringendosi nelle spalle. “Sono sicuro che qualcuno avrà bisogno di costruire qualche tetto, al villaggio.” continuò a prenderlo in giro, indisturbato, alzando un sopracciglio subito dopo quando fece il suo commento. “…Bella vita?! Mi sveglio ogni giorno all’alba, e spesso non dormo nemmeno se sono fuori in mare, passo la maggior parte del mio tempo a lavorare… hai un’idea strana di bella vita.” replicò con una punta di orgoglio, per poi alzare gli occhi al cielo.
    “E’ una richiesta a rimpinzare la credenza?! Lo farò, e per la questione letto fai come ti pare, possiamo dormire nel mio ma prova a rubarmi una sola volta le coperte e giuro che ti ritrovi con un occhio pesto.” borbottò, finendo come sempre per cedere quando si trattava di Andrew.
    Gli bastò quella frase per portarlo a tendere le orecchie e tutti i suoi sensi, facendosi più attento. “Che generi di affari?” domandò senza esitazione, e al diavolo se non voleva pensarci, se c’era qualcosa in grado di adombrarlo così lui voleva sapere cosa fosse.


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    Andrew Barner ~ Denrise Era difficile pensare che Andrew ed Erikir non potevano fare uno ammeno dell'altro. Era sicuramente più difficile pensarlo del predone, ma anche il biondino non scherzava. Era li per lui, sicuramente, ma sapeva anche che da un momento all'altro poteva sparire per chissà quanto tempo e soprattutto non sapeva se sarebbe mai tornato. Ma era davvero necessario andare li ed allarmare il suo non parabatai? No, non lo era specialmente perchè non era il tipo che metteva in allarme le persone che amava solamente per farsi difendere. Era comunque andato anche lui a Dumstrag ed anche lui si era sempre allenato duramente e si sapeva difendere, il fatto era che non lo faceva. A quelle parole, gli occhi chiari del ragazzo vennero rivolsi verso l'alto come per cercare l'aiuto di chissà quale divinità ultraterrena. Perchè sai benissimo che c'è sempre un'altra via olre l'omicidio! E le creature marine sono qualcosa di spettacolare. Sei tu l'intruso perchè il mare è loro e non sei tu quelo che detta legge. Vorrei vedere te se qualcuno viene e senza neanche chiedere il permesso di spara in fronte. Insomma pensi che sia davvero la cosa giusta da fare?Era un attivista ecologista, animalista e non aveva paura ne di dimostrarlo ne di dirlo al mondo. Andrew credeva fermamente nel rispetto della natura e di tutto quello che aveva intorno e questo Erikir lo sapeva fin troppo bene tanto da aver anticipato tutte le risposte che il ragazzo avrebbe potuto dare. A quello che disse una volta che si era reso conto che non lo avrebbe comunque convinto a fare il contrario, Andrew sorrise, si avvicinò pericolosamente al suo amico e sussurrò. Non avresti ne la coscienza ne il coraggio di lasciarmi da solo in mezzo al mare in balia di qualche creatura mortale. Lo disse con una certa sicurezza come se non solo fosse davvero consapevole di quello, ma come se lo volesse stuzzicare e sfidare a farlo. In fondo lui non sapeva perdere, era troppo arrogante per lasciargliela vinta. Si allontanò da lui e lo guardò malissimo quando disse che sicuramente c'era qualche tetto da riparare nel villaggio, Andrew gli rifece il verso sensa esitazione e sedendosi sul tavolo proprio vicino a lui. Gli era mancato e tutto il suo corpo lo stava gridando a gran voce, rise per la descrizione della sua vita e scosse il capo. Che diavolo di concetto di alba hai se da quando sono arrivato non fai altro che lamentarti che ti ho svegliato presto e bla bla bla! Chiese poi scuotendo il capo ancora. Poi divenne serio, il che era strano e raro per uno come lui, ma cercò di dissimulare e tornare immediatamente con un bel sorriso. Sempre le solite cose... beneficienza, soldi... sai i babbani sono veramente tanto attaccati a queste cose e sai anche che io non ho tutti questi soldi! Potrei aver fatto dei trucchetti di magia ed aver illuso qualcuno... ma niente di grave, davvero. Che dici andiamo a fare un giro? Era evasivo, non voleva parlarne ed Erikir non era uno stupido. Ma Andrew ci provava sempre a fare il vago, sempre con scarsi risultati in realtà specialmente perchè con lui proprio non ci riusciva. Poteva essere un paraculo con tutti, giocare sul suo bel faccino, ma Erikir era diverso. Lui lo conosceva davvero.


     
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