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PRIVATA Marina Stonebrug"Eventually, everything connects."
Durante la sua infanzia si era tenuta spesso lontana dal Porto, e certamente lo aveva fatto per un motivo diverso dagli ubriaconi. C'erano più di uno svantaggio nell'avere un odorato troppo fine.
La bacchetta tracciò arabeschi e figure geometriche da cui si sprigionò una brezza rinfrescante che portò via gran parte del fetore, anche se fu del tutto inutile contro la calura della notte e l'umidità che si portava appresso. Il sudore colava sulla pelle della Druida timidamente, stringendo il vestito nero contro la pelle calda, mentre l'aria increspava i capelli.
Un uomo la vide avvicinarsi con il suo passo sicuro e con lo sguardo acceso e fece un passo nella sua direzione. Marina chinò il capo leggermente, si passò l'indice tra orecchio e nuca per aggiustare una ciocca e sibilò.
«No».
Una parola sola, simile a una scheggia, si conficcò nell'ubriacone che aveva davanti. Esitò, l'altro, ma poi fece l'errore di avvicinarsi con un ghigno tra le labbra.
I denti della strega strisciarono l'uno contro l'altro e le dita accarezzarono l'ebano del catalizzatore.
«Polaris Minor».
Silenzio. Poi sibili, uno dopo l'altro. Con la furia dei piranha che si avventano su un pezzo di carne, sette stelle si abbatterono contro l'uomo lanciandolo nella fetida acqua del molo. Il verde era così intenso da impedire di notare il resto del corpo ai più, ma c'era più di un vantaggio nell'avere una vista troppo fine.
«Cagna, ti farò urlare per il resto della notte».
«Glacius».
Quasi proseguendo sullo stesso moto, mostrando un ottimo controllo del proprio corpo, la strega tracciò dei ghirigori e l'acqua attorno all'omuncolo si fece compatta come il ghiaccio. Fredda come gli inferi più bassi, quella tomba era troppo poco densa per affondare.
«Vediamo chi urlerà quando domani i piranha che ora dormono troveranno una colazione a base di alcool e cromosomi in più».
L'ultima frase fu come una freccia che venne scoccata senza badare al bersaglio perché Marina riprese a camminare verso una delle tante locande, la eiddamer*a, ignorando le urla che si lasciò dietro, sistemandosi ancora una volta la medesima ciocca.
I palmi delle mani spinsero i battenti della porta con forza e prima della vista toccò all'olfatto cogliere il forte odore di birra e il dolce profumo di carne di mostro marino allo spiedo.
I passi riecheggiarono nella stanza, sovrastando il vociare dei tanti presenti. Poi la strega prese posto al balcone «Due birre».
L'indice e il medio formarono una V e lo sguardo vagò nella stanza alla ricerca di un compagno a cui offrire la seconda.
Le palpebre si affilarono appena nel notare una donna dai capelli rossi come le fiamme dell'inferno e gli occhi verdi come la foresta più spietata.
«L'altra portala a lei».
Un sorriso alla fortunata.
«Birger, roba di qualità, o dico a tua moglie cosa ti piace fare con i ravanelli aiutato da Marteinn».
Un ghigno verso l'oste.
«... ... ... Come fai a saperlo?».
«Sono una Veggente, sapere è il mio pane quotidiano».
La verità era un'altra, ma il sapere non sarebbe stato certamente il pane di Birger quella sera.
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Il profumo di birra speziata fece a botte con il caldo odore di cuoio e carne, salvo poi riappacificarsi per scalare la pelle e i sensi della Druida. Ogni boccata d'aria le ricordava quanto amasse quella terra e le perle che questa poteva offrire.
Quella sera, però, il tesoro avrebbe assunto la forma di un rubino.
Il capo si inclinò appena, venendo trafitto da un raggio di luce proiettato dalle braci accese. Attraverso i fumi di questa lo sguardo felino di Marina mise a fuoco il corpo tuonante di Nara che, a ogni passo, sembrava riemergere con forza contro i tessuti. Come se delle gabbie così misere potessero trattenere dei muscoli così letali...
«Alla più invitante delle ninfe va offerto il più ottimo dei tesori per ottenerne l'attenzione».
Le fece eco con una prontezza cuba e mistica, la stessa che caratterizzava i fondali degli oceani più pericolosi, ma ricoprì gli accenti e le pause con malizia e sorrisi. Tra gli svantaggi di avere dei sensi così sviluppati, vi era l'esigenza di trovare quanti più stimoli possibili, ma l'istinto le suggeriva di essere sulla strada giusta.
Non la ringraziò per il secondo giro, al contrario si limitò ad affogare l'ennesimo sorriso in un sorso della densa birra e a portare poi il busto contro il bancone, rivolto alle impronte che la predona aveva disseminato alle sue spalle. Lo sguardo, invece, era ancora intrecciato a quello della rossa.
«Nara, capelli baciati dal sole, fisico da tagliatrice di gole...».
Si perse in quelle parole come un corpo assopito che galleggia, senza alludere ad alcun significato negativo, quanto più a intenderle come il massimo dei pregi.
«Sono tornata a Denrise da poco ma sono certa che sia tu la Nara che ha sconfitto Sacerdotesse Oscure e Abomini».
Non lasciò spazio a eventuali errori. La memoria della Druida non la tradiva mai nel rievocare le immagini che avevano come sfondo avventure o persone degne di nota; figuriamoci quando questi due mondi andavano a incrociarsi.
«Marina Stonebrug, puntavo al letto di qualcuno per questa sera, ma anche entrare nella sua ciurma un domani potrebbe essere eccitante».
Dava per scontato, anche, che Nara avesse ormai una vera e propria ciurma.
Poi lo sguardò scivolò altrove, infastidito, e con attrito, lo stesso di un oggetto che scivola su una lastra di vetro scheggiata. Le birre che la Predona aveva versato al suo passaggio avevano adirato più di uno dei presenti - ora a lanciare sguardi sporchi e truci verso le due -, ma anche alla Druida importava poco.
I maschi tendono sempre a prendere sotto gamba le donne e a tal fine bisogna ricordare la più sacra delle leggi della giungla: non esiste preda più facile di quella che sottovaluta il suo predatore.
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Edited by SamuelBlack - 31/8/2021, 11:44. -
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«Ho passato l’ultimo decennio a esplorare i sette mari, rubando le tradizioni più interessanti e seminando conoscenze da raccogliere un domani».
Le sue parole emanavano calore ma sembrava esserci un stesso distacco, lo stesso con cui un’orca assassina dilania un cucciolo di foca o un pinguino.
«E mi sono ricordata di come i denrisiani servano più di un Pantheon. Quando i nostri antenati sbarcavano sul mediterraneo spronavano intere popolazioni a pregare Cristo o suo padre affinché li salvassero. Gli approdi cambiavano e così le divinità, ma il risultato era lo stesso.».
Lo sguardo si incrociò a quello della rossa, confermando un tacito senso di complicità.
«Le scorribande sono diminuite e qualche predone è arrivato addirittura ad appendere l’ascia al muro, ma sono certa che lo stesso non valga per te.».
Esitazione, empatia, sorellanza.
«Scommetto che ti piace vedere le persone in ginocchio, a pregare le loro divinità per ricevere una grazia su cui tu e solo tu avrai l’ultima parola.».
L'aria sembrava essersi rarefatta durante quelle parole, o forse era l'odore di carne e alcool che impregnava ogni trave del locale. Eppure, quando Marina concluse l'ultima parola una leggera brezza sembrò accarezzarla, risalendo fino al boccale - ora tuonante contro quello di Nara - per scivolare sulla stessa predona salvo poi scomparire.
Le labbra vennero piegate da un sorriso d'intesa quando l'altra nominò la ciurma e il sopracciglio destro fece lo stesso, con falsa umiltà, quando passò al letto.
Sentì l'eccitazione gonfiargli i muscoli quando Nara rivoltò come un pesce l'ennesimo denrisiano. Il corpo vacillò, trovando appiglio nel bancone, e non era certo la paura a muoverlo.
«Qualsiasi cosa abbiate in mente, evitatela. Avete mai sentito le dita bruciare sotto la pressione dei più potenti incanti di ghiaccio? O il puzzo di carne bruciata mentre l'elettricità l'attraversa da parte a parte?».
Sibilò, la voce graffiante come lame sulla pietra.
«Potete rialzarvi se lei vi atterra, ma un dito che si stacca per il freddo o un arto a cui viene eroso il sistema nervoso non ve li saprebbero aggiustare neanche i miei colleghi migliori».
Avrebbe esercitato il suo fascino da Veela per rimetterli al guinzaglio.
Gli altri cani che non sarebbero tornati nella cuccia li avrebbe dati in pasto agli elementi.
Se a Nara aveva regalato miele, a tutti gli altri avrebbe concesso dolore.
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Edited by SamuelBlack - 3/9/2021, 22:52. -
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Il sorriso di Marina si fece soffice, come la carne che pregava di essere colta. Un sospiro di sollievo le abbandonò le labbra nel momento in cui Nara si mostrò come la combattente che aveva dipinto nei suoi pensieri. Forse le sue parole meritavano di essere tatuate su un paio di chiappe, e se la predona lo avesse voluto, la Druida l'avrebbe fatto volentieri, ma il segreto di ogni prodotto, anche il miele, sta nella sua qualità. Qualità impossibile da non elogiare, come anche le stesse doti di Nara.
«Appunto».
Una sola parola a siglare quello scambio di intese, una chiave che aveva aspettato troppo a lungo per strisciare nella giusta serratura.
«Sappiamo entrambi che gli Dei esistono ma il fatto che tu decida comunque di credere soltanto in te stessa mi eccita ancora di più».
La lingua schioccò contro il palato a rimarcare l'ultima parola mentre il gomito accarezzò con decisione il fianco dell'altra.
Ritrasse a stento il braccio solo e soltanto quando Lolth venne nominata. Dee simili erano avvolte nel mistero, persino per una Druida come lei, ma ciò che la spinse a fare quel passo indietro non fu paura, bensì desiderio di sentire quanto più possibile. Voleva che Nara si sfogasse, un fiume in piena senza ostacoli di sorta.
Fu dopo la presa di posizione contro quegli orangotanghi troppo cresciuti che le scappò una lacrima. La tamponò con il lembo del vestito, strozzando una risata sul nascere, segno di una mondanità più reale delle astratte parole che la sua professione la costringeva a vomitare.
Umanità, fu questo il motivo per cui trafisse da parte a parte Kayla. Fu un colpo letale, un'occhiata d'analisi tanto delicata da poter far invidia agli astri e alle stelle, a cui non aveva mai dedicato così tanta attenzione. Si chiese se fosse una amante di Nara, almeno per una manciata di secondi, poi la confidenza nel suo corpo la portò a fare spallucce e ignorarla.
«E lei? L'hai recuperata nell'ultima spedizione?».
Domandò, quando l'intimità tornò a essere il campo da gioco.
Il volto tatuato e l'aura che emanava la discepola di Nara tradiva qualcosa di diverso, ambito in cui ormai era specializzata.
«Sai, ho sentito parlare a lungo di quella spedizione, ma mai dalle labbra di qualcuno che l'ha vissuta. Progettate di rendere quell'isola un nostro avamposto?».
Marina era mancata a lungo, ma amava scoprire e farsi raccontare, specialmente se ciò comportava il vedere la lingua di una strega tanto interessante in azione.
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