Tra irlandesi ci si intende?

Free Hedwin Keratack - Nicholas Mc Callister

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    Hedwin Keratack
    Paiolo Magico 71 anni

    Quel pomeriggio di Agosto il caldo scioglieva le strade di una Londra color cemento come quella di una Diagon Alley tutta magia e colore. Che fossero maghi o babbani, gli abitanti del grande impero britannico si nascondevano a casa fra l'abbraccio dell'aria condizionata o chi poteva se ne stava a mollo nel mare; pochi erano quelli che per lavoro, svago o commissioni varie gironzolavano per strada. Quel giorno al Paiolo non si vedeva troppa gente.
    -Ed ecco a voi la scala reale!-
    -No! Ancora no!-
    -Ma che cazzo c'ha Agosto?! E' il mese della scala reale?!-
    -Signori miei! Non se che altro dirvi se non il solito "sono solo più bravo di voi a barare-
    Quel sorriso da stregatto continuò a illuminare il tavolo di legno più vicino al bancone del locale mentre le mani rugose di Hedwin Keratack si allungarono a prendere la montagnola di fiches. Per poi contarle ad una ad una con la goduria di uno Zio Paperone malvagio-caotico.
    -Pronti a farne un altra?-
    -Col cazzo caro il mio demone in vestaglia! Sei peggio di un idrovora di contanti e non sbagli mai un colpo!-
    -Ci continui ad aspirare così tanti soldi che fra un po' dovrò chiedere a Doris di vendere il cane!-
    -Ah quella gran donna dovrebbe vendere te! Anche se ci farebbe ben poco!-
    -Si, si. Continua, continua a far lo spiritoso e a sputare sulle mani di chi ti ha reso ciò che sei.-
    -Eh, Eh, ben detto Eward! Ben detto!-
    I tre vecchi coloravano la stanza con le loro voci da corvi spennati, mentre pochi altri tavoli erano occupati e in fondo, sotto il balconato di legno, un pianoforte, accompagnato dalle dita di un uomo di colore, componeva dimenticate note blues. L'aria condizionata evitava che la gente soffocasse dal caldo.
    -Tante storie per qualcosa che poi tanto riguadagnate con gli affari che tiro su io-
    Poi il dito rugoso si alzò verso il cielo -Che poi io non devo nulla a voi che voi non dobbiate a me!-
    Le sete d'arcobaleno che coprivano il rubicondo proprietario del paiolo frusciarono quando le braccia arpeggiarono nell'aria con teatralità.
    -Fanculo è un circolo senza fine! Io me ne vado!-
    -Dai un altra partitina, tanto per intaccare ancora di più il vostro orgoglio da pesce cani decrepiti?-
    -Decrepito a chi?!-
    Alexis sbattè con tanta forza sul tavolo che gli innumerevoli bicchieri che vi trovavano spazio tintinnarono.
    -Da quanto è che non scopi Alexis?-
    -Ah fanculo!-
    Fu così che Alexis prese le sue cose e con la drammaticità di uno spettacolo del Rouge, se ne uscì dal locale, fra le risate dei suoi due vecchi amici.
    -Io no. Io rimango Hed, ma smetto di giocare con te... Per ora-
    Edward era il più anziano fra i tre, nonché quello con la gola più profonda.
    -Harry un boccale di malto!-
    Il biondo barista alto più di 2 metri agitò la testa in maniera meccanica, per poi iniziare a spinare una pinta di birra scura, mentre Hedwin, invece, sghignazzava.
    -Te e quel fesso di Alexis siete dei pecoroni senza speranza. Possibile che non ci siano più Irlandesi degni di questo nome?!-
    La frase riecheggiò in tutto il locale come un tuono.
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    Nicholas Mc Callister
     
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    NICHOLAS MC CALLISTER | 12/08
    16 | I ANNO | Dioptase


    Quel giorno Nicholas sarebbe dovuto rimanere a casa. Faceva decisamente troppo caldo per essere in giro come stava lui in quel momento, con il sudore che gli colava lungo la nuca. Si era vestito anche leggero, tenendo dei pantaloncini color cachi abbinati ad una maglia rossa, lontanissima dalla camicia che la madre aveva insistito per fargli indossare quella mattina.
    -Devi andare a fare delle compere, non puoi mica andare in giro come un barbone, andiamo!
    Rise, ricordando l’espressione che la donna aveva assunto quando le aveva fatto notare che doveva andare solamente a comprare delle cose per il suo cavallo, Pennello, che aveva bisogno di cure e di un bel bagno. Di certo non doveva andare a fare una sfilata nelle afflate vie parigine, o londinesi che fossero. Così si era infilato le prime cose che aveva trovato, tenendosi leggero perché già immaginava il caldo che avrebbe trovato una volta arrivato a Diagon Alley. Arrivato a Selle&Briglie entrò sorridendo, salutando il proprietario con un cenno e avviandosi verso le cose che gli servivano. Avrebbe potuto benissimo mandare un elfo domestico, certo, ma a Nick piaceva passare le mani sulle spazzole, sentire la loro texture rigida, accarezzare il cuoio delle briglie…era una vera e propria passione che il giovane aveva coltivato con il padre, e di certo non aveva intenzione di perderla. Prese gli oggetti, si avvicinò in cassa e pagò, ringraziando e uscendo. Una volta fuori, si fermò ad ammirare il dedalo di strade che componeva Diagon Alley, notando quanto - grazie sicuramente al caldo sole d’agosto - queste fossero vuote. Sospirò. “Oggi nessun incontro inaspettato per le stradine, a quanto sembra.”
    Stava per entrare in uno dei camini fatti apposta per i turisti e gli acquirenti, quando un pensiero lo folgorò. Avrebbe fatto un salto al paiolo, si sarebbe bevuto qualcosina e poi sarebbe tornato a casa. Annuì a se stesso e si avviò verso il pub, sorridendo felice della sua scelta: era da troppo tempo che non entrava al Paiolo Magico. Scostò la porta del locale e venne investito dall’aria condizionata che lo fece sospirare di contentezza. Si avvicinò al bancone e ordinò al colosso che ci stava dietro una Guinness, che gli faceva sempre venir voglia di piegarsi a baciare il suolo della sua Dublino. Sistemò la borsa nello sgabello accanto a se, dando uno sguardo nel locale. L’unica cosa che catturava davvero lo sguardo era un gruppo di signori che giocavano a poker, che stavano tutti imprecando contro uno di loro, evidentemente il più fortunato. Rise quando uno dei signori, con aria fintamente oltraggiata si alzò e uscì dal locale, per poi ringraziare per la birra il barista. Stava per rigirarsi quando una frase pronunciata dal signore fortunato lo fece sedere dritto. Nel silenzio che seguì l’affermazione, parlò.
    -Signore, mi permetto di dissentire.

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    Hedwin Keratack
    Paiolo Magico 71 anni

    Cinque parole, una frase, un esternare le proprie convinzioni...
    -Signore, mi permetto di dissentire.-
    -Abbiamo un coraggioso!-
    Edward alzò gli occhi al cielo, conscio di cosa stava per succedere, mentre Hedwin sembrava l'uomo più contento della terra.
    Ondeggiando il ventre sulle note di quel blues che imperniava la stanza, la massa grassa del vecchio riluceva grazie ai colori della vestaglia arcobaleno. Hedwin si era alzato per poi avanzare verso il giovane.
    -E tu chi saresti Sbarbatello?-
    Gli occhi castani, che tanto avevano visto, cercarono di analizzare il giovane dalla punta dei capelli a quella delle scarpe; era appena arrivato ai fianchi sottili quando il tonfo di un bicchiere sul banco interruppe il tutto.
    -Bhè... Guinnes, almeno hai buon gusto.-
    -Lascialo stare Hedwin. E' solo un bambino che si infila in discorsi in cui non centra niente-
    La testa del padrone di casa si girò con così tanta velocità verso quella dell'amico che si poté quasi sentire un colpo di frusta.
    -Se è davvero un Irlandese centra tutto- il tono da guerra abbassò i toni, mentre Hedwin tornò a guardare il piccolo uomo al bancone e a dedicargli un altro sorriso da stregatto -e bisogna anche dargli modo di provare quanto detto-
    Le babbucce indiane del vecchio Keratack scivolarono all'indietro quattro volte, fino a raggiungere lo schienale dove, fino a poco prima, riposava il torno di Alexis -Vieni ragazzo vieni! Siediti e non fare complimenti. Aggiungiti a noi grandi!-
    Dopo l'invito, che Nicholas lo avesse accettato oppure no, Hedwin tornò a sedere per poi sbattere la mano sul tavolo così forte che qualche fiches rischiò di cadere a terra.
    -Una kilkenny Strong per me Harry!-
    Il sorriso da stregatto non ne voleva sapere di scomparire.
    -Allora ragazzo, cosa vorresti fare per convincerci delle tue parole?-
    Edward affogò le labbra nella sua birra, mentre i suoi occhi non si staccavano dai due; poco prima aveva cercato di salvare il ragazzo, ma era vero anche che fosse annoiato e quell'incontro sembrava promettere un po' di faville.
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    NICHOLAS MC CALLISTER | 06/02
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    Le parole del vecchio tuonavano all’interno del locale, tanto che erano diventati in un batter d’occhio il vero e proprio divertimento dei clienti, per lo meno quei pochi che c’erano. Rimanendo composto sulla sedia Nick osservò il signore venire verso di lui. Si lasciò analizzare dai suoi occhi che sembravano quasi inquisitori, per poi rispondere.
    -Il mio nome è Nicholas Mc Callister, signore. Forse conosce mio nonno, Aodhgán Mc Callister.
    Sollevò la bocca verso destra per ringraziare del complimento, per poi riproporre la domanda al barbuto davanti a lui.
    -Lei invece è…?
    Si portò il boccale al viso, assaggiando la birra e sentendone la composita rendergli i gola, rinfrescandolo. Seguì attento anche lo scambio tra i due amici, posando gli occhi sul secondo e annunciando
    -Non si può dire che non siamo uomini d’onore, non è così? Sarò anche piccolo, ma come dice il signor Hedwin, sono irlandese e centro tutto.
    Accettò poi l’invito di un altro dei signori, avvicinandosi al tavolo camminando con Hedwin fino a raggiungerlo, per poi accomodarsi in una delle sedie vuote ringraziando.
    Analizzando con fare critico il sorriso di Hedwin, poi, si cominciò a chiedere in quale guaio si fosse cacciato. Di certo non avrebbe abbandonato la nave in quel momento, ma la madre di sicuro lo avrebbe ammazzato dopo aver saputo in cosa si era andato ad immischiare.
    “Vabbe, ormai il danno è fatto. Vediamo cosa posso ricavarne.”
    Si prese il mento tra le mani, pensando alla richiesta del vecchio. Cosa poteva fare per farsi…mh…come dire, prendere sul serio da quella comitiva? Di certo mettersi ad elencare tutto il suo albero genealogico non sarebbe bastato, così come non lo avrebbe fatto un banale resoconto delle sue proprietà di Dublino. Ripensò al poco che sapeva del vecchio, e un sorriso malandrino gli occupò il viso.
    -Che ne dite di una partita a switch? O Black Jack, come preferite chiamarlo.


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    Hedwin Keratack
    Paiolo Magico 71 anni

    Un sopracciglio di sufficienza aveva accolto la presentazione del ragazzo e poi la voce era tuonata -Io sono Hedwin- le braccia tutto grasso del vecchio si alzarono ad abbracciare l'intero spazio che avevano di fronte -Hedwin Kearatck. Umile proprietario di questa bettola.-
    Spinti da tutto quel baccano, quasi tutti i clienti presenti si stavano avvicinando al tavolo in questione e il sorriso di Hedwin era a trentadue denti.
    Il vecchio si esaltava quando aveva un pubblico, ma c'era dell'altro. Quando il ragazzino aveva sbandierato la propria identità un qualcosa aveva iniziato a girare nelle tempie del settantenne... aveva già sentito quel cognome, ma dove?
    Il ragazzo intanto si era accomodato e in quel momento Edward si avvicinò e i suoi sussurri, con la mano a coprire le labbra, portarono la luce nell'oscurità. -Aodhgán Mc Callister... siamo in affari con lui a Dublino e non solo.- gli occhi di Hedwin brillarono -Non è meglio lasciar pedere sta cosa? Che poi te in Irlanda non ci sei nemmeno mai stato.-
    La mano sbatté sul tavolo mettendo la parola fine ad ogni bisbiglio -Come ha detto il ragazzo noi siamo uomini d'onore.-
    Il sorriso non aveva lasciato il volto tutto rughe, ma il tono serio di Hedwin Keratack non lasciava più spazio a dinieghi e repliche.
    -Tuttavia non accetterò la tua proposta giovane Mc Callister- le labbra si allungarono in una linea di crudeltà mentre le dita presero ad intrecciarsi e il vociare della piccola folla che li circondondava si fece più forte.
    -Intanto lo Switch è una variante del black jack, ma il punto è che devi dimostrarti un vero Irlandese e quindi mostrarne le qualità- la veste di seta frusciò mentre la mano si alzava -Capacità di adattamento- l'indice si alzò seguito poi dal resto delle dita -Testa dura, Arguzia e un bel sorriso.- Quest'ultimo lo servì all'istante, mentre i suoi occhi brillavano di curiosità e malizia.
    -Quindi giocheremo ad Orlog!-
    Il vecchio batté le mani e subito il barista portò loro due ciotole di legno, 30 pietruzze verdi, dei bassorilievi che ritraevano antiche divinità nordiche e un sacchettino di dadi.
    -I Denrisiani assomigliano fin troppo agli irlandesi e hanno le stesse qualità... quindi perché non usare un loro gioco? Lo conosci?-
    Le nocche di Hedwin scrocchiarono fra loro. -In ogni caso o questo o puoi tornartene a casa con la coda fra le gambe, dopo aver pagato la birra, s'intende.-

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    NICHOLAS MC CALLISTER | 12/08
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    Se avesse dovuto cercare una parola per descrivere Hedwin, avrebbe sicuramente detto “felino”. Era difficile guardarlo senza collegarlo mentalmente ad un enorme gatto sornione. Aveva notato curiosamente uno dei suoi amici bisbigliargli all’orecchio alla menzione del nome di suo nonno, ma aveva lasciato correre. Di certo non erano affari che lo riguardavano, e sopratutto non aveva decisamente voglia di impicciarsi in affari di famiglia in mezzo a beh…tutta quella gente. Alzò un sopracciglio alla frase del signore, piegando la testa di lato in attesa di spiegazioni. Trattenne a stento una risata quando effettivamente queste gli furono spiegate. Merlino, sembrava di sentir parlare suo nonno. Mentre Hedwin contava, Nick annuiva, per dimostrare all’altro di aver capito benissimo il modo di portare avanti la sfida, e arrivato all’ultimo punto, ridacchiò e sorrise all’uomo, mettendo involontariamente in mostra la fossetta.
    -Beh, direi che per il sorriso non abbiamo problemi, ne io ne lei, per quanto mi riguarda.
    Alla menzione del gioco però, si prese il mento tra le mani, pensieroso. Guardò il colosso del barista avvicinarsi con delle ciotole, dei dadi e quelle che sembravano pietre preziose. Li valutò un attimo, prendendo in considerazione l’idea di andarsene come il vecchio aveva appena suggerito, ma lasciò perdere l’idea praticamente subito.
    -Non ho mai giocato, perché non ho mai avuto il piacere di incontrare un Denrisiano prima. - alzò poi le spalle e le sopracciglia - vorrà dire che dovrete sprecare altri cinque minuti e spiegarmi le regole. Poi, sarò tutto vostro, e del gioco. E vi dirò di più.
    Fece scorrere lo sguardo su tutta la sala, per poi concentrarlo sul tavolo dove era seduto e sugli altri signori li vicino, amici del proprietario.
    -Se dovessi vincere io, oltre alla sicurezza che quanto ho detto è vero, me ne andrò via con la birra pagata. Se doveste vincere voi, pagherò oltre che alla mia birra anche quello che i signori hanno bevuto fino ad adesso. Che ne dite?

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