Ferire la mente, è più divertente!

allegarefaccinafolle #provino arti mentali I

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    Era stanca. Anzi no, era annoiata.
    Erano ore che era in quella sala torture con Jaquilen che continuava a guardarla come se aspettasse un segno di stop dalla rossa, che invece era poggiata al muro a guardare quell'uomo che nel sangue e nelle lacrime, non cedeva.
    Cercava di capire cosa lo portasse a resistere così tanto a quelle torture fisiche che la donna gli stava infliggendo, perché non rispondeva a quella semplice domanda che Alyce gli aveva fatto? Alla fine voleva solo sapere chi lo avesse mandato a cercare informazioni in quel posto, non voleva altro. Era una spia, ma ancora non capiva se era un auror o qualcuno che aveva altri tipi di interessi e dopo una breve chiamata con Damien, aveva avuto l'ok per prenderlo e portarlo sulla retta via, in un modo o nell'altro.
    Erano giorni che vagava per il Rouge, ficcanasando qua e là, cercando addirittura di intrufolarsi nelle zone ad accesso limitato. Luke lo aveva visto e lui lo aveva portato lì, ingannandolo di fargli scoprire quale fosse il segreto di quel posto.
    Aveva le braccia incrociate sotto i seni, cinti da un reggiseno in lattex, abbinato a degli shorts, troppo shorts forse, e dei tacchi a spillo vertiginosi, tutti in tinta nera; spiccava il rosso dei suoi capelli e quel verde smeraldo fisso da minuti a guardare il volto tumefatto dell'uomo di mezz'età.
    Alzò una mano verso Jaquilen «Lascialo a me.» - mormorò quasi con tono distaccato, ma caldo, mentre si spingeva quasi annoiata dal muro e si portava avanti all'ostaggio.
    «Non cedi...» - mormorò, piegandosi sulle gambe, mentre allungava le dita affusolate a far voltare quello sguardo schivo verso di lei.
    La porta della sala si aprì, mentre uno spiraglio di luce sicuramente più forte di quella interna, entrava prepotente. Era Luke, che la chiamò in disparte.
    Alyce si rialzò e guardo Jaquilen, con cenno di riprendere la posizione di prima.
    Mentre le urla del tizio continuavano, lei uscì dalla stanza per prendere quello che Luke le aveva portato: informazioni.
    Thomas Gaverlon. 42 anni, Londra. Una famiglia con due bellissime figlie, gemelle, Lucya e Maryam. Scuola di Greenwich, chissà perché. Entrambe sette anni. Una moglie, Livian, che - per come guardava l'uomo in quella foto - sembrava innamorata di lui e non avesse occhi che per l'uomo. Lo smeraldo si sollevò dalle carte e arrivò a Luke, con un ghignò perfido dipinto in volto «Efficente come sempre, grazie Lu.» - disse, per poi restituire le carte al barman e rientrare.
    «Jaquilen, fermati. Ora tocca a me.» - era quasi un sibilo e nella penobra di quella stanza, Thomas avrebbe potuto vedere uno scintillio nello smeraldo di lei che non prometteva niente di bello.
    Il tacco della rossa risuonava in quella stanza, mentre girava intorno alla sedia dov'era legato l'uomo «Come sta Maryam? E' stata promossa quest'anno?» - parlava di lei come se la conoscesse da una vita, come se fossero amici di vecchia data e di famiglia. L'uomo sgranò gli occhi e con la coda dello smeraldo, Alyce notò quella microespressione di preoccupazione. Aveva colpito il punto giusto.
    «Ho sentito che la scuola che frequenta è ricercatissima. Istituto McKallister, a Greenwich.» - si fermò proprio davanti a lui, con le braccia incrociate sotto i seni, quindi si piegò, rimanendo in perfetto equilibrio.
    «Uno dei miei uomini è già davanti alla tua bellissima villa con giardino. Tua moglie, Livian, dice che è bellissima. Non sai cosa le farebbe se solo io le dessi l'ok. Le bambine sono pronte per la cena: tacos farciti questa sera.» - i suoi occhi si erano incastrati fissi in quelli di lui, mentre il suo tono era diventato quasi un sibilo basso e tagliente. Le mani poggiarono sulle sue ginocchia e strinsero «Sarebbe brutto se a casa tornasse solo una parte di te. Puoi scegliere quale: un orecchio? O magari un dito. Posso rimandare la tua fede a Livian. Chissà come la prenderebbero le bambine.» - il terrore negli occhi di Thomas si faceva sempre più evidente, ma ancora non parlava. Lo vedeva sudare, doveva spingere di più «Sarebbe tutto più facile, Tommy, se tu mi dicessi solo quello che voglio sapere. Chi. Ti. Ha. Mandato.» - scandì ogni singola parola, poi attese.
    Un'attesa troppo lunga per i suoi gusti, quindi si sollevò di scatto «Peccato.» - quindi si voltò di spalle e fece per prendere il telefono «Ehi... proce---» - «VICTOR LEBOSKY» - sul volto di Alyce si disegnò un ghigno perverso, quindi «Rientra.» - mise via il telefono e si voltò di nuovo verso di lui «Vedo che ci siamo capiti... peccato però, troppo tardi...» - quindi uscì dalla stanza affiancando Jaquilen «Bocconi piccoli. Al, John e Jack aspettano.» - quindi chiuse la sala torture, sapendo che fine avrebbe fatto quell'uomo.
    Non c'era nessuno dei suoi a casa di Thomas, ma questo aveva funzionato. Era così bello piegare la mente di qualcuno, che quasi poteva prenderci gusto.
    Prese il telefono di nuovo e mandò un messaggio a Brian «Facciamo festa, dude.» - doveva sapere.
    alyce coffey

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