Misunderstanding pt.2

privata

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  1. T.J.C.
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    Ne aveva combinata un'altra delle sue, o almeno questo era quello che si vociferava: il fatto che il Dioptase di turno avesse fatto la spia non lo aveva colto di sorpresa, quanto più che avesse totalmente preso un abbaglio.
    Quel primo pomeriggio si era ritrovato a camminare nei pressi della serre di Erbologia senza una reale meta, come gli succedeva spesso: prendere aria per sfuggire alle mura di pietra dell'accademia gli permetteva di rilassare la mente e farlo in completa solitudine gli concedeva di non dover per forza apri bocca. Aveva scoperto che questo rientrasse nei suoi passatempi preferiti, perfettamente in linea con l'avanzamento dell'età.
    Con in mano una semplice margherita che si rigirava tra le dita, Thomas si faceva i fatti suoi e avrebbe continuato a farseli se non avesse sentito puzza di bruciato nei dintorni. Si era fermato in mezzo all'erba solo per cercare con lo sguardo la fonte di quell'odore e a poca distanza da lì, dietro una delle strutture in vetro delle serre, ghirigori di fumo si sollevavano discreti.
    Si avvicinò spinto dalla curiosità e ciò che vide fu solo l'inizio di quella vicenda: un paio di ragazzi che indossavano i suoi stessi colori stavano accendendo a fatica un fuoco nel tentativo di buttarvi dentro un asticello.
    Thomas, che solitamente lasciava la natura lì dove doveva stare, gradiva che anche altri facessero lo stesso, e a quella vista si avvicinò ai ragazzi con le mani in tasca, lo stelo del fiore infilato tra le labbra e spinto verso l'angolo sinistro.
    «Se dovete proprio farci passare per i cattivi di turno, fate almeno qualcosa degno di nota.»
    Una volta abbastanza vicino fu il gesto di un attimo a spingerlo ad afferrare per la collottola uno dei due trascinandoselo alla propria altezza, mentre la mano destra si chiudeva in un pugno volto ad infrangere l'aria sorpresa del ragazzo. Lo mandò a terra più per il gesto inaspettato che colse l'altro alla sprovvista che per la bravura dell'inglese nell'assestare un poderoso gancio, tant'è che non pensò minimamente alle conseguenze di quel gesto, limitandosi a lanciare un'occhiata all'asticello improvvisamente libero di scappare.
    «Questo potrebbe essere un buon inizio.»
    Fu proprio in quel momento che comparve uno studente dei Dioptase, probabilmente attratto come Thomas dal fumo, e nel vedere lo scavezzacollo di turno in piedi dopo aver atterrato un compagno non poté che farsi una determinata idea.
    «Che palle.»
    E ciò che accadde dopo è storia.

    Con una bistecca avvolta da un panno schiacciato contro lo zigomo destro, Thomas si incamminò per i corridoi della scuola fino alla stanza in cui era stato convocato. Aveva ritenuto strano che non fosse il responsabile di casa a richiamarlo all'attenzione. Se era stato il vicepreside evidentemente era sull'orlo dell'espulsione.
    Di nuovo.
    Imprecò sottovoce al pensiero di dover tornare dai suoi e soppesando il numero di scuole che ancora non lo avevano cacciato a calci nel sedere: prima o poi sarebbero terminate.
    Entrò nell'aula di alchimia ignorando i meravigliosi richiami alla materia che, pur non riconoscendolo apertamente, aveva iniziato ad apprezzare, dirigendosi a passo svelto verso l'entrata dello studio dell'insegnante. Attese che la figura della donna angelica lo annunciasse e nel frattempo, spostando l'impacco sul labbro inferiore, lasciò cadere la propria attenzione sulla teca su cui erano disposti una serie di organi.
    Inquietante, ma forse per questo la materia lo incuriosiva tanto.
    Soffiò tra i denti nel cercare sollievo sul labbro, dandosi inevitabilmente del cretino: avrebbe dovuto immaginarlo che due contro uno sarebbe stata una lotta impari, ma almeno era riuscito a non farsi spaccare nuovamente il naso.
    Quando l'angelo dagli occhi color sangue gli comunicò dove si trovasse il vicepreside, Thomas si accigliò ma non disse altro, recandosi nell'ala ovest del castello. Superato l'arco del quarto piano intraprese la scala circolare e, una volta giunto nell'osservatorio, visualizzò la figura dell'uomo.
    «Eccomi.»
    Più morbido.
    «Buon pomeriggio.»
    Meglio.
    Thomas J.
    Carter

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    Edited by Lo Snaso Depravato - 16/3/2021, 16:09
     
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    L'analisi è la sua maledizione e salvezza. Gli occhi indagano, il cervello corre.
    Perso per le donne.
    Il gentil sesso è la sua cura. Il naso la fiuta, il cervello balla la samba.
    Vanaglorioso incurabile.
    La gloria è il suo peccato. L'orecchio sente il suo nome, il cervello si gonfia.
    Alcolizzato pasticcione.
    L'alcool è il suo gioco. La lingua ne sente il gusto, il cervello si scatena.
    Goloso coccoloso.
    La crema è la sua infanzia. Il dente vi sprofonda, il cervello torna piccino.


    Samuel Black
    Scheda ⋆ 34 anni ⋆ Animagus ⋆ Prof Alchimia ⋆ Stats

    -Deve essere una strana malattia la mia.- Le dita scivolavano fra delle pagine piene di dati. -Finisco sempre per occuparmi delle teste più calde di Hidenstone.-
    Il suono della carta gli piaceva, ma ciò che aveva fra le mani non era di certo uno dei suoi soliti saggi o romanzi.
    -Thomas James Carter-
    L'indice prese a circumnavigare la foto del ragazzo.
    -Ah! Perché mi faccio sempre coinvolgere?-
    Una piccola nebbiolina di polvere prese il volo quando il fascicolo dell'Opale fu chiuso con un tonfo.
    -Dovrei dare una pulita a questa povera scrivania... ah ma che diavolo!-
    Non era il tempo di pensare a quello.
    -Alba, io esco. Quando il ragazzino arriverà, avvisalo.- Prese la giacca scura dallo schienale della sedia. -Digli che mi troverà all'osservatorio, ah... e quando Rubin finirà con gli animali, digli di darsi una lavata e pulire anche l'ufficio.-
    -Sam... lo sai che ti odierà da matti?-
    -Certo angelo mio. Quando quella statuetta è arrabbiata lavora molto meglio-
    Il suo sorriso soddisfatto lasciò di gran lena l'ufficio di Alchimia.

    Sapeva benissimo perché lo stava facendo.
    -Io non ero poi così diverso-
    La giacca nera tremolò alla prima folata.
    -Don Giovanni Piume Nere-
    Al ricordo del nomignolo affibbiatogli ad Hogwarts, la sua risata baritonale si espanse per quello spazio vuoto.
    In giornata come quella, di Domenica, la gente preferiva la trasparente torre dell'orologio oppure una bella passeggiata fra i giardini scolastici.
    L'osservatorio era deserto.
    Lo sguardo si perse all'orizzonte, verso la scogliera che si apriva nella pancia del mare d'Irlanda.
    Il baluginio delle onde si confuse con i ricordi di poche ore prima.
    Era nel bianchissimo studio della sua compagna, la professoressa Ivanova, la responsabile dei Dioptase, quando un ragazzino di quella casata era arrivato di corsa.
    Col cuore nelle pupille, Frederick, aveva denunciato un opale. Un'altra rissa.
    Il pensiero volò subito a Blake Barnes, e anche il vicepreside si sentì col fiato corto; ma, fortunatamente, non si trattava di tentati omicidi o autocombustioni deflagranti. Erano solo volate un po' di botte. Per quello non sarebbe stato necessario fare un consiglio docenti.
    -Se ne avessimo fatti 3 in un anno e mezzo per espellere qualche alunno, son sicuro che vinto qualche record. Ma per qualche pugno non ce ne sarà bisogno.-
    L'opale che si era beccato la denuncia era Thomas J. Carter, un tipo che gli era parso problematico fin dal primo giorno, ma più per sé stesso che per gli altri. A lezione pareva starsene tra le sue.
    Ad ogni modo aveva promesso alla compagna di occuparsi lui della vicenda e di tenere Brian, il responsabile degli Opale, all'oscuro della vicenda.
    -Con tutta probabilità, Ensor avrebbe appeso il ragazzo per i pollici alla finestra del suo ufficio... Ah eccolo qui.-
    Le mani si scostarono dalla ringhiera protettiva al limitare del grande spiazzo di pietra e il corpo ruotò tutto verso l'alunno.
    -Buon pomeriggio a te caro il nostro Tyler Durden del giorno-
    Che Thomas conoscesse Fight Club? D'altronde era un mezzo-sangue come lo stesso professore no?
    -Forse troppo piccolo-
    Il fondoschiena si appoggiò alle sbarre. 200 metri di caduta sembravano non intimidire l'alchimista che continuava a elargire un sorriso di circostanza
    -Spero non ti dispiaccia se ho spostato qui il nostro incontro-
    La mano presentò l'intero spazio, con tanto di Super telescopio al centro e vista mozzafiato.
    Aspettò che si avvicinasse.
    -Allora? Che e successo?-
    Voleva la versione del ragazzino.


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  3. T.J.C.
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    Non aveva mai condiviso l'ammirazione di panorami spropositati e di dettagli pittorici, al contrario era sempre stato un tipo piuttosto pragmatico, che puntava all'utilità di quel che lo circondava più che a tutto il resto. Essere lì, sull'osservatorio, non lo emozionò granché ma neanche lo fece sentire a disagio. Neppure le figure con una certa autorità avevano il ben che minimo peso sulla sua persona, non le stimava in genere, ma doveva ammettere che quella che aveva davanti non lo infastidiva affatto.
    Gli angoli delle labbra di Thomas si curvarono verso l'alto nel sentire un nome che non corrispondeva al proprio, incerto se essere divertito o seccato da un simile parallelismo, mentre le mani si infilavano nelle tasche dei pantaloni della divisa.
    Fight Club.
    Era difficile che uno come lui non conoscesse il film, ma a discapito degli stereotipi, lo aveva visto solo una volta e non ne era rimasto particolarmente colpito. Non era nei suoi piani imitarne il personaggio.
    Di fronte all'osservazione e alla "speranza" del professore di alchimia, Thomas si strinse nelle spalle e si avvicinò all'uomo di qualche passo.
    «Suppongo che un po' d'aria fresca faccia bene a tutti. Schiarisce le idee.»
    Avrebbe fatto bene anche al Dioptase che era corso a denunciarlo, data la confusione che aveva in testa.
    Alla domanda diretta del vicepreside, Thomas sfilò la mancina dalla tasca e se la portò sul retro del collo, nel tentativo di massaggiarsi la base della nuca. Soffiò uno sbuffo tra le labbra, segno evidente che in quell'occasione non fosse affatto soddisfatto di essere incolpato di una marachella che non aveva compiuto.
    «Non è come pensa.»
    Non era forse la frase migliore con cui discolparsi, in fondo era successo esattamente ciò che l'uomo supponeva, tant'è che quasi si attese di scorgere un'espressione accigliata sul volto gioviale del docente. Si prese qualche secondo per soppesare cosa fosse meglio dire, ma senza mai distogliere lo sguardo dall'altro: non aveva problemi ad ammettere di cercare guai quando ciò effettivamente accadeva, quasi quanto non intendeva prendersi colpe che non aveva.
    «Ma immagino che sia la parola del ragazzo contro la mia e la reputazione che mi porto dietro.»
    Ammise sorridendo. Non vi era traccia di vittimismo né di ricerca di compassione, solo una mera constatazione di ciò che si era trascinato come eredità. Non era un buono, non era un cattivo, gli estremismi non facevano per lui. Si potrebbe dire che preferisse le sfumature, ma poi si commetterebbe l'errore di accostarlo a un film in cui il grigio regna sovrano.
    Thomas J.
    Carter

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    Edited by T.J.C. - 18/3/2021, 23:38
     
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    Samuel Black
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    -Nulla è come si pensa ragazzo mio-
    Davanti allo sbuffo del ragazzino, Samuel se ne uscì con uno identico.
    -quanto vorrei una sigaretta-
    Quasi per non pensarci, i polpastrelli di indice e pollice iniziarono a giocare con le falangi del mignolo dell'altra mano.
    -E io non posso certo sperare di capirti da qualche ora di lezione, da una cartella piena di pagine col tuo nome sopra, dalla bistecca che porti al volto, oppure dalle parole di un bambino sudato e col fiatone che inizia a sparare accuse senza portare alcuna prova.-
    Alcuni pensieri non poterono fare a meno di scucirli una risata.
    -E poi non credere di essere il primo ragazzino che passa ad Hidenstone con qualche bocciatura e un curriculum da bad boy.-
    Se Thomas si aspettava di trovare nel vicepreside una figura giudicante e lontana dai propri alunni; bhé sarebbe rimasto alquanto stupito.
    Samuel sapeva anche essere severo, ma odiava farlo. Non si sentiva a suo agio nel vestire i panni del vicepreside responsabile e arcigno. D'altronde, fino a pochi anni prima, il tempo passato fuori dai vari laboratori lo dedicava a bordelli, spaccini e luoghi ben poco pacati; come l' Ohen Devka, luogo simbolo del contrabbando magico di tutta l'Europa dell'Est.
    -Siete un po' troppo arrendevole signor Carter-
    Lo stava sfottendo? Possibile, ma era naturale cercare di stuzzicare l'orgoglio di qualcuno che non lo dimostrava. E ad un ragazzino di 17 o 18 anni un po' di amor proprio fa sempre comodo.
    -Che sia uno di quei ragazzini che non fanno altro che augurarsi la morte?-
    Scosse con forza la testa con la speranza che non fosse affatto così. Poi batté le mani. Una sola volta.
    -In ogni caso, rimane il fatto che tu abbia colpito qualcuno e la violenza non è esattamente ciò che cerchiamo di insegnare qui, quindi...- gli occhi bruni azzannarono quelli cinerei dell'Opale. -Te lo chiederò ancora una volta Thomas. Che cosa è successo dalle parti della serra?-
    Poi una lampadina si accese sopra le sopracciglia dell'uomo. -Ah e ovviamente anche gli altri ragazzi coinvolti sono a colloquio con un insegnante.-
    D'altronde quello era stato tutto un piano di Eva e i due amanti si erano divisi le parti coinvolte.



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    Thomas non era un tipo irrispettoso, anzi, tendeva sempre a lasciar parlare chiunque avesse davanti e reagiva solo nel momento in cui questo iniziava a sparare stronzate senza senso. In genere a quel punto lo interrompeva con qualcosa di maggiore impatto rispetto alle semplici parole, ma doveva proprio essere allo stremo.
    Rimase ad ascoltare le belle perle del docente che intendeva essere amico degli studenti, e il sorriso insolente che gli distendeva le labbra si estese maggiormente.
    «Sì, ho sentito dire che ce n'è più di uno che crea problemi.»
    Disse riferendosi ad altri attaccabrighe. Lui però non aveva avuto ancora troppi problemi lì a Hidenstone, complice anche il desiderio di restare lontano da casa il più a lungo possibile.
    Quando il vicepreside gli chiese per la seconda volta cosa fosse successo, un sopracciglio gli si inarcò conferendogli un'aria perplessa. Credeva di aver capito che il Dioptase avesse rivelato già tutto l'accaduto.
    Nel sentir dire al professore che anche gli altri ragazzi coinvolti fossero stati convocati, Thomas fece spallucce chiarendo quanto poco la cosa lo toccasse e si avvicinò alla ringhiera di metallo, poggiandovi i gomiti e unendo le mani di fronte a sé, lasciando che lo sguardo vagasse sul panorama senza tuttavia vederlo sul serio.
    «Sa già cos'è successo, ma se proprio ci tiene a sentirlo anche da me... »
    Sospirò e in un gesto sconsiderato e non preventivato allungò una mano verso la tasca anteriore della giacca, bloccandosi appena in tempo. Si passò la lingua sui denti e fischiò prima di continuare.
    «Ho preso a pugni un imbecille che aveva acceso un fuoco per bruciare un asticello.»
    Era nervoso ma tentava di non darlo a vedere. La "bistecca" era stata abbandonata poco più in là e il bruciore del labbro inferiore era nulla se paragonato al dolore all'altezza dello zigomo, ma non importava. Il dolore lo aiutava a mettere a fuoco le cose importanti, lo aveva sempre fatto.
    «A me non piacciono le bestie, sia chiaro, ma se uno deve prendersela con il primo che capita, che lo faccia con chi può tenergli testa. Lei ha mai provato a picchiare qualcuno che non può difendersi?»
    Sembrò quasi un bambino nel tentativo di chiarire che non fosse così fragile da dover amare per forza gli animali, quando invece voleva semplicemente far passare il messaggio che fosse abbastanza grande da possedere un briciolo di onore.
    Voltò il viso verso il professore e lo osservò per un momento prima di distogliere lo sguardo scuotendo il capo rassegnato.
    «Lasci perdere, non risponda. Le assicuro che non è divertente.»
    Rimase a quel punto nel più completo silenzio, guardandosi intorno e mordendosi il labbro facendosi ancora più male. Aveva una necessità impellente, ma aveva quasi timore ad afferrare ciò che sostava nella tasca della divisa di fronte a un professore. C'erano cose fin troppo avventate e stupide persino per lui.
    «Tecnicamente qui siamo all'aperto. Posso fumare?»
    Tanto valeva provare. Chiedere non costava nulla.
    Thomas J.
    Carter

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    Samuel Black
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    Schiena sempre alla ringhiera, polpastrelli di indice e pollice che erano tornati a stuzzicare le dita dell'altra mano e lo sguardo puntato verso l'Aliscopio.
    Il ragazzo era affianco a lui, con gli occhi persi dalla parte opposta.
    -Io so sempre tutto, ma mi piace ascoltare le voci degli altri-
    Uno sbuffo divertito e una faccia un po' alla Kakashi; il solito maestro vissuto che vuole apparire divertente. Che ci credesse davvero, però, a quelle parole, non era ben chiaro nemmeno allo stesso Samuel Black.
    Ad ogni modo, Thomas parlò.
    -Bhè allora mi sa che ti devo ringraziare io al posto di quel povero asticello-
    il fruscio del vento gli accarezzò il cappotto, mentre con la calma di una riflessione, il vicepreside si voltò a guardare lo stesso panorama che stava riempiendo gli occhi vuoti dell'Opale.
    -Certo è che di una rissa se ne poteva fare anche a meno- la schiena fu inclinata un poco verso il ragazzino, l'animagus voleva pescarne lo sguardo.
    -Un Tarantallegra al momento giusto può risolvere molti più problemi di quanti ci si immagini sai?- il dito fendette l'aria come per provare le validità di quella proposizione, poi però un sorriso sbocciò nella serieta. -Il conflitto è inevitabile per risolvere alcune situazioni ed è nostro il compito di insegnarvi ad uscirne vincitori con meno danni possibili a voi e agli altri- Con una risata indicò la botta violacea sul volto del ragazzino. -E mi pare che tu abbia molto da imparare a riguardo.-
    Samuel Black credeva a Thomas J. Carter?
    Se c'era una cosa in cui il professore di Alchimia si reputava migliore di molti suoi colleghi era proprio la capacità di tradurre i pensieri degli altri tramite il linguaggio del corpo e quel corpo parlava di menefreghismo, accettazione di una specie di programma ancestrale dedito a mettergli i bastoni fra le ruote e di una certa dose di rabbia inespressa. O almeno quello è ciò che vide lui.
    -Perché una persona del genere dovrebbe cercare di cambiare una situazione a lui sfavorevole con delle bugie?-
    Il dioptase spione non aveva parlato di asticelli, ma solo di piromani e picchiatori. Forse il ragazzino curioso era arrivato nel momento peggiore.
    -Ora il quadro è abbastanza completo.-
    L'Opale però continuò a parlare e diede una possibilità al professore. Anche se per poco, Thomas si era aperto con lui.
    -Tuttavia è meglio aspettare-
    Si limitò ad annuire, senza dire altro, senza fare altro che quello: abbassare e alzare la testa con la velocità di un Bradipo, ma la supponenza di uno che ne sà.
    -Sta a lui approfondire la cosa se vuole, io non sono qui per forzare qualcuno.-
    Ad ogni modo era giunto il momento degli istinti e dei bisogni; il momento di una sigaretta.
    -Certo che puoi, anzi... passamene una va là-


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    Thomas notò rapidamente il movimento del professore e con la coda dell'occhio lo vide avvicinarsi e perdere lo sguardo lì dove lo aveva smarrito lui per qualche attimo senza neanche rendersene conto. Con i gomiti poggiati sulla ringhiera e le dita delle mani intrecciate davanti a sé, cercava di non guardare di sotto: lui e l'altezza non avevano propriamente un rapporto felice.
    «Sono più bravo con questi che con la bacchetta. E' così che sono cresciuto.»
    Ammise all'uomo non potendo fare a meno di arricciare gli angoli della bocca verso l'alto, senza ricambiare lo sguardo che il professor Black tentò di incatenare al suo. Le mani si staccarono l'una dall'altra e i palmi rimasero aperti per pochi attimi, prima di richiudersi in pugni serrati e stringere talmente forte da lasciare che le nocche sbiancassero.
    La mente tornò indietro nel tempo e in quel momento fece una cosa tutt'altro che preventivata: svelò all'uomo un dettaglio della propria vita ma nessuno, nel guardarlo in faccia, avrebbe potuto capire se si trattasse unicamente di una strategia per evitare punizioni di alto livello. D'altro canto non aveva mai inteso nascondere chi fosse davvero.
    «Non è per farle compassione, anzi, gradirei non ne avesse. Però con un padre come quello che ho io a volte imparare a usarli diventa... essenziale. »
    Ancora una volta fece cenno alle proprie mani chiuse a pugno, mentre lasciava che il lato destro del proprio viso restasse nascosto allo sguardo vispo del professore. Thomas non era in grado di comprendere cosa le persone intorno a lui provassero o pensassero, preferiva di gran lunga i libri aperti; al contempo non gradiva essere oggetto di analisi altrui, motivo per cui si limitò a distogliere lo sguardo con cui per pochi attimi aveva scelto di ricambiare quello dell'adulto, concedendo una piccola ammissione che, anche in quel caso, avrebbe potuto giocare a proprio favore.
    «Ma immagino ci si possa lavorare.»
    Che dicesse la verità non era certo, tuttavia diede voce a quel pensiero facendo spallucce. Quanto al commento dell'uomo circa le condizioni in cui versava dopo quell'incontro, l'espressione si ridusse a un broncio quasi infantile, che ben poco aveva a che vedere con l'accaduto, ma che risultava adattissimo all'età che il ragazzo aveva.
    «Vorrei ben vedere, erano in due contro uno.»
    Borbottò tra sé e sé, prima che l'uomo rispondesse un qualcosa che l'opale non aveva preventivato. Rivolse per la seconda volta lo sguardo scuro all'insegnante, senza riuscire a trattenere un sorriso compiaciuto. Forse quel tipo non era proprio il peggior insegnante che potesse capitargli.
    «Quindi non mi punirà?»
    Si azzardò a domandare mentre la mano sinistra andava a sfilare il pacchetto di sigarette dalla tasca dei pantaloni e, con uno scatto del polso, ne offriva una all'uomo.
    «Prego.»
    Thomas J.
    Carter

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    Forse un motivo alla base di quel posto di lavoro, in cui spesso non si rifletteva, era proprio la sua sudata capacità di ascolto.
    Il cervello del professore, infatti, sempre alle calcagna dello spettro della Conoscenza Collettiva, aveva ottenuto un superpotere tutto particolare; quello del panno vileda.
    Assorbiva, ogni parola e sapeva aspettare, cosa che si era resa utile soprattutto per avvicinarsi a casi umani e colmi di ormoni senza ritegno.
    -Anche se bisogna avere pazienza-
    Thomas si era lanciato nei panni del ragazzino dall'infanzia difficile; cosa che effettivamente era, ma Samuel Black non aveva interrotto le riflessioni del ragazzo.
    -Tante pause, tanto dolore.-
    Non gli sfuggirono nemmeno le nocche di latte. Assorbì tutto e aspettò il momento opportuno.
    «Ma immagino ci si possa lavorare.»
    -Sempre-
    Che ormai l'Opale si stesse abituando ai sorrisi tutta speranza del vicepreside? Probabile, ma bastò qualche secondo e l'allegria fu mescolata a sopracciglia corrucciate e sguardo perso nel vuoto del paesaggio.
    -Si può sempre lavorare su sé stessi, soprattutto se si vuole essere sé stessi.-
    Gli avambracci di distesero sulla balaustra, mentre le mani furono libere di sospendersi nel venticello che sapeva quasi di primavera.
    -L'odio e la paura tendono a trasformarci in ciò che non sopportiamo e temiamo, senza nemmeno darci il tempo di accorgercene.-
    Schioccò la lingua e si fece un po' indietro. Cercò di ripescare gli occhi dell'opale.
    -Ma tu sei qui e tuo padre non c'è, quindi direi che hai il contesto giusto per provare a conoscere meglio un tuo io abbastanza pulito dalla sua presenza.-
    Samuel non era stupido e aveva già fatto da psicanalista ad un altro ragazzo, che, per via del padre, c'era quasi morto.
    Sapeva che i veri pugni da cui Thomas cercava di divincolarsi, non l'avrebbero mai lasciato, ma era giusto spingerlo verso un tentativo concreto.
    Sorrise quando Thomas tirò fuori la vicenda del due contro uno, ma non disse niente. Il tempo delle parole ritornò, però, dopo che le mani del professore ottennero sigaretta e accendino.
    -Certo che ti punirò- un sorriso angelico -iniziando col togliere 5 punti alla tua casata, che si aggiungeranno ai 10 degli altri due.-
    Fece un tiro e il fumo gli riempì il cervello. -Cavolo, da quanto tempo. Mi ci voleva.-
    Tuttavia un flash del volto imbronciato del suo amore, Eva, lo fecero crollare in un improvviso mare di vergogna. -Stare dietro a voi ragazzini è terribile!- non doveva dirlo -a volte- il tono scivolò -ah! Al diavolo.- Allontanò la sigaretta che aveva puntato verso il ragazzo e riprese a fumare. Gli occhi puntati verso il blu del mare d'irlanda.
    -Dicevo. I punti e poi un altra punizione; ma ci devo pensare.- Proprio in quel momento ci fu un lungo pigolio e dall'ala est si avvicinò un falco etereo che si posizionò davanti a loro. Le sue ali non facevano il minimo rumore.
    -Lady Hawk! Quale piacere!-
    Il falco pigolò un saluto, poi sfiorò i capelli di Thomas e atterrò affianco a loro.
    -Ragazzi...- un lieve cenno della testa. -Che ci fate nella mia torre?- il tono era duro, ma il sorriso del fantasma femminile, snello, dal naso aquilino e la chioma folta e ondulata, era sincero e divertito.
    -Thomas, perché non ti presenti e rispondi tu alla signorina?-
    Che fosse quella la punizione riservata al ragazzo?
    In ogni caso Samuel Black continuò a fumare con gusto.



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    Thomas ascoltò le parole dell'insegnante senza guardarlo in volto. Gli occhi dell'altro che lo cercavano a momenti alterni furono una tentazione a cui il ragazzo tentò di sfuggire a ogni costo prima di abbassare il proprio sguardo nel sentir nominare il padre al professore.
    Thomas non amava quell'uomo, non lo reputava un padre e se fosse morto non avrebbe versato neppure una lacrima. Una cosa violenta da dire, forse addirittura pericolosa, ma se avesse avuto abbastanza coraggio sarebbe riuscito persino ad ammettere di volerlo uccidere con le proprie mani.
    Pensieri, quelli, che non avrebbero fatto altro che peggiorare la sua attuale condizione agli occhi del docente e, peggio ancora, che avrebbero segnato chi lui fosse ancor prima del tempo.
    Per quanto Samuel Black dicesse che il giovane opale aveva tutto il tempo e il modo di diventare chi aveva intenzione e desiderio di essere, Thomas non era certo di essere soddisfatto di quel che pensava di scorgere nel proprio futuro.
    «E dire che mi aveva quasi fregato.»
    Si lasciò sfuggire in un mezzo sorriso nel sentirgli dire che in realtà si sarebbe beccato non solo una sottrazione di punti, ma anche una punizione. Non trovò propriamente corretto ricevere la stessa sottrazione di chi aveva cercato di dar fuoco a una creatura, ma il modo in cui venivano valutati gli studenti sembrava non essere di sua competenza.
    «Non ci pensi troppo. Non mi offendo se se ne dimentica.»
    Fu a quel punto che osservò il professore di sottecchi, prima che un falco dalle sembianze eteree e molto simili a quelle di un fantasma sorvolasse le loro teste, fino a sfiorare il capo di Thomas prima di trasformarsi in una donna dallo sguardo vispo e curioso.
    L'opale la osservò ammirato, certo di non aver mai visto un fantasma in grado di cambiare forma a quella maniera. «Lady Hawk? Come quella del film?»
    Domandò incredulo mentre deglutiva un paio di volte e lanciava uno sguardo al professore, quando questo gli disse di farsi avanti a spiegare; la sigaretta che aveva avuto intenzione di fumarsi giaceva inutilizzata tra l'indice e il medio della mano destra.
    Quella scuola era un manicomio.
    «Oh, ehm... il professore aveva voglia di fumare e io avevo le sigarette.»
    Osò sapendo di non essere creduto dal fantasma neppure per sbaglio. Così aggiunse un paio di dettagli.
    «E ho... una punizione da scontare, credo. Forse anche più di una.»
    Dopo quell'ultima sparata probabilmente non si sarebbe potuto recare a Denrise per almeno due o tre mesi. E quasi temeva di riscontrare sul volto del professore un'espressione sadica che gli avrebbe dato la conferma che sospettava di ricevere a breve. Si rivolse dunque alla donna-falco con uno sguardo che per la prima volta quel tardo pomeriggio lasciava intuire quanto ancora giovane fosse.
    «Gli dia qualche idea non troppo severa, per piacere.»
    E rimase in attesa.
    Thomas J.
    Carter

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    Samuel Black
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    Alla battuta del ragazzino tutto problemi non potè che fiorire una risata.
    -Se c'è una cosa che gli alchimisti sanno fare bene è proprio ricordare.-
    Si lasciò sfuggire una pacchetta sulla spalla che aveva tutto il gusto di una promessa sadica più che di una consolazione.
    -Soprattutto se si tratta di cose divertenti come una punizione.-
    Samuel Balck, ma la serietà dove l'avevi lasciata?
    La risata dell'uomo si trasformò in un saluto quando le ali eteree di una fantasma pirata frusciarono nella discussione, Samuel adorava la freschezza di quella donna morta, ma anche la sua unicità; uno spettro animagus non era una cosa di tutti i giorni. -Chissà se ci sono metodi per poterla analizzare- Una domanda che si ripeteva ogni volta che la incontrava.
    -Film... ah si, sono quei dipinti animati dentro una scatola di cui voi pappamolle di questo secolo vi drogate. Giusto?-
    Samuel fece spallucce -Bhe...si.-
    Le nocche scrocchiarono, mentre le labbra stringevano la sigaretta e i polmoni si riempirono di fumo -E il film con il tuo nome ne ha tenuti davvero tanti davanti a quella "scatoletta- Lady Hawk non ne sembrava così felice -Mah... io avrei preferito di no. Io proprio non vi capisco. Avete tutto questo da esplorare e conoscere- la mano traslucida abbracciò il panorama denrisiano - mille opportunità per costruire la vostra storia e voi vi chiudete in casa tutto il tempo a guardare storie. Sono contenta di esser nata nella mia epoca.-
    La scenetta orchestrata da Samuel, però, ruppe i discorsi filosofici e regalò un altro sorriso sadico al vicepreside -e ti ringrazio- la mano con la sigaretta sventolò quasi come se avesse fatto lei stessa un inchino grato. Poi la cosa si fece ancor più divertente.
    -Adoro quando si sciolgono e tornano ragazzini, dovrebbero essere sempre così-
    -Ah bhé allora io ho l'idea perfetta!-
    Il volto etereo era tutto emozionato e con una piroetta levitante Lady Hawk raggiunse Samuel per poi sussurrargli qualcosa all'orecchio. Il sorriso e lo sguardo che entrambi lanciarono poi a Thomas fu tutt'altro che promettente, almeno per il ragazzino; i loro occhi bruciavano come quelli di due sadici. -Splendido!-
    Con un colpo di bacchetta il professore fece evanescere la propria sigaretta, poi puntò la bacchetta verso il ragazzo -di Cheese-
    Il catalizzatore compì un cerchio in senso antiorario per poi compiere una stoccata al’interno di questo -Homofiguro!-
    Un fascio di luce compresso e concentrico dal color d'arancio scaturì dal legnetto in quercia rossa e investì il giovane. All'istante il corpo di Thomas avrebbe iniziato a contorcersi senza dolore, ma con strani formicolii e pizzicorii, mentre i suoi vestiti si sarebbero uniti alla pelle e questa avrebbe cambiato colore.
    -Guarda che figurino! Non sei male come corvo sai?-
    Lady hawk e il professore avevano un sorrisone a trentadue denti.
    -Ora ricordati di svuotare la mente e aprire le ali, il tuo nuovo istinto farà il resto.- Fu così che Samuel rincorse Thomas, lo prese in mano e... si, lo fece; saltò giù dalla torre con il corvo in mano. -Spero che ti godrai questa punizione- Il vento li schiaffeggiava mentre il terreno iniziava a risalire verso di loro -e ora vola!-
    Samuel lasciò la presa e in un turbinio di piume divenne taccola per poi affiancare il ragazzo, anche il fantasma era vicino a loro. -Vola ragazzo! Vola!- Lady hawk divenne falco e completò il trio di pennuti in picchiata.



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    Thomas assistette allo scambio di opinioni tra il fantasma pirata/falco/donna/qualunque altra cosa esso fosse e il vicepreside della scuola, facendo sorvolare lo sguardo dall'una all'altro senza dire praticamente una parola. Quella tizia doveva essere molto, forse anche troppo vecchia - o antica, come forse sarebbe più educato dire- per non sapere cosa fosse un televisore e parlarne a quel modo.
    Quando il professore lo degnò nuovamente di attenzioni ringraziandolo per la sigaretta, il moro fece un cenno col capo.
    «Ma le pare.»
    I convenevoli ebbero vita breve, poiché il docente sembrò trovare particolarmente divertente la proposta che in gran segreto avanzò il fantasma e Thomas, osservandoli a debita distanza con espressione accigliata, si ritrovò a vedersi puntare contro la bacchetta dell'uomo e a sgranare gli occhi di conseguenza.
    Qualunque cosa stesse per accadere, non gli sembrava affatto che il mago gli stesse puntando contro una macchina fotografica.
    «In che senso, scu-cra!»
    Si tappò la bocca con una mano quando uno strano verso che era certo non gli appartenesse uscì prepotentemente dalle sue labbra, mentre pian piano sentiva il proprio corpo contorcersi sotto la pressione innaturale di una magia che, nel giro di pochi attimi, lo costrinse nelle sembianze di un corvo.
    Gli bastarono poco più di un paio di secondi per crollare inevitabilmente sul pavimento, incapace di reggersi su zampe tanto sottili. Le ali al posto delle braccia gli diedero una sensazione sconvolgente e non in senso positivo, per non parlare del becco e di tutte quelle piume... ma le imprecazioni interiori trovarono presto tregua non appena il professore lo prese per lanciarlo fuori dalla torre.
    ...
    Quando Thomas metabolizzò quanto stesse accadendo urlò, ma il verso che gli uscì dal becco parve essere il grido di morte di un animale.
    "Ma questo è tutto scemo!"
    Provò a sbattere le ali nella speranza di non morire e se ad un certo punto iniziò a pensare che non servisse assolutamente a nulla, dovette ricredersi: con una facilità estrema, per non averlo mai fatto, si librò in aria con tutt'altro che eleganza, ma per lo meno evitò di schiantarsi miserabilmente contro il suolo. Non aveva idea di cosa il professore avesse in mente, e francamente l'unica cosa che gli interessava in quel momento era mettere i piedi - o le zampe- a terra.
    Quando atterrò si piegò su se stesso per vomitare tutto quel che aveva mangiato quel giorno, ritrovandosi all'improvviso nuovamente in forma umana dietro un cespuglio, a dar sfogo a ciò che le vertigini gli avevano causato.
    Quando riuscì finalmente a rimettersi in piedi si pulì poco elegantemente il mento con il dorso della manica della divisa, lanciando alla taccola uno sguardo a dir poco sconvolto, il fiato rotto dallo spavento e le gambe che ancora tremavano a causa di quanto accaduto.
    «Non le hai mai detto nessuno che usare la trasfigurazione contro gli studenti è tipo illegale?!»
    Non era certo che ciò fosse vero, ma di una cosa era sicuro: non avrebbe più rischiato di prendere una punizione con quell'uomo. Ripulire il campo da Quidditch con lo spazzolino era passato di moda? Avrebbe persino preferito il dover restare per un'ora sotto la cascata gelata come erano soliti fare a Durmstrang.
    «Se non le dispiace io vado tipo a morire.»
    Gli disse infine scoccando uno sguardo carico di veleno al falco che, in quel momento, pareva godersela più di chiunque altro. Fu quasi un inchino quello che rivolse all'animagus mentre compiva qualche passo indietro per allontanarsi da quei matti.
    Ma che diavolo hanno in quelle teste...
    Non impiegò molto prima di iniziare a correre nella direzione opposta.
    Di certo il professor Black aveva raggiunto il suo scopo e Thomas ci avrebbe pensato due volte da allora in avanti prima di fare a botte.
    Thomas J.
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