Creazione di un branco

Provino licantropia

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    Per sbaglio ho aperto con Xander, posto con Erik sotto questo post <3


    Edited by Alexander Olwen - 5/12/2020, 14:12
     
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    Erik Foster - Lycan Form
    Studente | Ametrin

    Domenica 20 dicembre

    Non c'era niente che Erik Foster potesse fare quella sera per evitare di trasformarsi nel mostro che si era annidato dentro di sé da quando aveva riscontrato il gene della licantropia. Negli ultimi giorni si era mostrato più ansioso e irascibile del solito, sfruttando con i suoi amici la giustificazione dello stress dovuto alle interrogazioni e dando a se stesso la scusa della classica fase momentanea. Non aveva letto le previsioni, ma oramai aveva imparato a sentirselo sulla pelle: quella sera ci sarebbe stata la luna piena.
    Durante il giorno cercò di comportarsi nella maniera più neutrale possibile e con i suoi amici prefetti si era proposto di controllare gli esterni del castello. Giunta l'ora della ronda, abbandonò i propri compagni di stanza con un celere Non aspettatemi svegli, questa sera credo che mi tratterrò più del solito. A frase terminata diede a mangiare al furetto e al chocobo, fuggendo poi verso le segrete, ignorando un dettaglio talmente stupido, ma anche estremamente importante: il solstizio d'inverno era alle porte e l'influenza della luna sarebbe stato estremamente più forte del solito. Sentì l'adrenalina scorrere nel sangue come un fiume in piena. L'addome si incrinò in maniera quasi innaturale, provocando un dolore lancinante nel mentre la ragione cominciava ad abbandonarlo. In quel momento stesso il pelo cominciò ad infoltirsi, unendosi alle ciocche more e formando quella pelliccia che indossava nei suoi peggiori incubi. La crescita della coda era certamente una parte dolorosa della metamorfosi, ma non la più dura da sopportare. Il peggio era l'allungamento della mandibola e del muso, la crescita esponenziale e l'aumento improvviso della massa muscolare. Era come se un essere superiore ti stesse aprendo il petto con un pugnale, ostruendolo con fame, inconsapevolezza e follia.
    Quella era la vita di un maledetto, quella era la vita di un lupo mannaro e per quanto Erik avesse voluto, non avrebbe potuto far nulla per cambiare il suo destino.
    Con forti strattoni si liberò delle catene e l'odore di selvaggina che proveniva dall'esterno risultò più invitante di qualunque suo razionale desiderio. Le segrete dell'accademia davano libero accesso al labirinto, luogo solitamente isolato e poco frequentato dagli esseri umani e lì corse a più non posso, intenzionato a raggiungere la propria preda.


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    Ayla Holmes
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    Ayla non era solita uscire di notte. Non era da Ayla infrangere le regole.
    L’unica volta in cui aveva avuto il coraggio di farlo, era stata punita più che a sufficienza, e quella cicatrice che portava sulla schiena continuava a ricordarglielo ogni volta che si specchiava o che si ritrovava a lavarsi.
    Ma se c’era qualcosa a cui Ayla teneva più che alle regole e allo studio, erano i suoi animali: Belle il barbagianni e Pixie il cricetino.
    Pixie le era stato donato dalla professoressa Ivanova dopo una lezione di incantesimi ed Ayla ne era stata contentissima, ma si era ricordata solo una volta giunta in camera che una sua compagna di stanza possedeva un gatto. Tuttavia erano riuscite in qualche modo a risolvere il problema: Ayla teneva Pixie chiuso in gabbia quando era fuori dalla stanza e la sua compagna, invece, lasciava uscire il suo gatto. Quando Ayla aveva del tempo libero portava il cricetino fuori a prendere una boccata d’aria e la sua compagna poteva rilassarsi in Sala Comune o in camera con il suo gatto.
    Ayla era sempre stata molto gentile, quindi alla sua compagna non era mai pesato.
    Quella sera, rientrata in camera, Ayla aveva lasciato uscire Pixie dalla gabbia per portarlo un po’ con sé in Sala Comune mentre la sua compagna di stanza aveva deciso che sarebbe rimasta in camera con il suo gatto.
    Ma la Dioptase non aveva fatto in tempo ad aprire la gabbia che il gatto aveva spiccato un grande balzo dal letto della padrona fino al comodino e Pixie era scappato via spaventatissimo.

    Neanche due minuti dopo, le due studentesse, insieme alla loro terza compagna di stanza, si erano ritrovate a correre per i corridoi della scuola alla ricerca dei due animaletti, entrambe con il cuore in gola. Non avevano neanche pensato di avvertire qualcuno, spaventate come erano che qualcosa potesse accadere al piccolo Pixie, a cui ormai tutte si erano affezionate tantissimo, poiché Ayla dava sempre modo ai suoi compagni di coccolarlo e dargli da mangiare.
    Per fortuna ritrovarono i due animali in tempo: Pixie contro un angolo, senza via di scampo, e il gatto che stava per saltargli addosso. Entrambi furono rapidamente recuperati, e Ayla strinse forte al cuore il suo animaletto, le lacrime agli occhi, aspettando che si calmasse.
    Non scappare più via così, per favore... Sussurrò dandogli un bacetto.
    Sentirono tutte e tre improvvisamente dei passi e allora si accorsero di essere uscite effettivamente dopo il coprifuoco senza permesso. Si nascosero dietro una parete per paura di essere scoperte ma chi passò non sembrò accorgersi di loro. Si trattava di Erik, Ayla lo riconobbe subito. Ma qualcosa non andava... non sembrava in perfetta forma.
    Ayla affidò Pixie alla sua seconda compagna di stanza, raccomandandosi di rimetterlo subito in gabbia e corse dietro ad Erik senza lasciare tempo alle sue amiche di replicare.
    Ayla era fatta così: si preoccupava sempre troppo per i suoi amici. Ne aveva pochi, ma per lei erano le persone più care che avesse al mondo, come la sua famiglia.
    Se Erik stava davvero male, voleva essere sicura che non si ritrovasse solo in caso di necessità. Avrebbe perso dei punti? Pazienza.
    Corse quindi nelle segrete, nella direzione in cui aveva visto andare Erik.
    Ma non si aspettava di vedere... questo./i>.
    Terrore, pena, preoccupazione... Ayla fu invasa da una miriade di sentimenti, tutti in una volta.
    Era arrivata nel momento esatto in cui Erik era corso, sotto forma di lupo, fuori dalle segrete, verso il labirinto.
    Non lo aveva visto trasformarsi, eppure “sapeva” che era lui, in fondo non aveva visto nessun altro entrare lì, e di Erik non c’era altra traccia.
    <i>Erik è un lupo mannaro...

    All’improvviso, molte cose ebbero un senso, come le giornate in cui lo aveva visto stanco e provato che, non sapeva come aveva fatto a non accorgersene prima, seguivano sempre la luna piena, forse anche la sua scelta di essere vegetariano...
    Si diede della stupida per non averlo capito prima, non capendo che in fondo non aveva nulla di cui darsi la colpa, ma in fondo lei era così.
    Da un lato, avrebbe voluto scappare il più lontano possibile per la paura, chiudersi in camera senza dire nulla a nessuno, coricarsi e alzarsi la mattina dopo come se nulla fosse successo. Invece, corse dietro al lupo, verso il labirinto.

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    Erik Foster - Lycan Form
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    La trasformazione in licantropo in avveniva di colpo, ma a seguito di un procedimento lungo e doloroso. I muscoli, le ossa, le articolazioni dovevano abituarsi e i sensi come l'olfatto e l'udito arrivavano in un secondo momento. Correva in direzione del labirinto più per puro istinto meccanico, poiché era lì che si dirigeva ogni qualvolta riusciva a spezzare le catene, che per puro ragionamento logico. Per diversi istanti fu insensibili ai suoni e agli odori e proprio per tale ragione non si accorse di essere seguito da Ayla.
    Le mura del labirinto erano alte come non mai. I rovi che costituivano le pareti erano densi di spine affilate come rasoi e in lontananza udì il suono di un rapace notturno che cercando il volo sbatté contro una barriera invisibile. NON E' SOLO! Ora riusciva a udire chiaramente i suoni di Ayla, così come il suo odore. Era mille volte più invitante di una qualsiasi creatura del labirinto, così anziché fermarsi e andarle incontro, procedette nel labirinto. Se lo stava seguendo doveva portarla in un punto in cui non avrebbe potuto più fuggire.
    Per tale motivo andò sempre dritto, senza mai percorrere percorsi infausti. Aveva compiuto circa mezzo chilometro prima di giungere in uno spiazzo circolare che presentava come uniche vie di fughe la via da cui Ayla era venuta e quella dietro lo stesso Erik. Attese il suo arrivo immobile, ululando di tanto in tanto per rendere chiara quale fosse la propria posizione.
    In quello stato non riusciva a capire chi fosse davvero Ayla. Un umano era sinonimo di carne succulenta. Ok, forse un animale avrebbe potuto sfamarlo maggiormente, ma un lupo mannaro non mangiava per saziarsi, ma per pure istinto primordiale. Gli umani, specialmente i maghi, offrivano una sfida maggiore e quella sera sperava di non rimanere deluso.



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    Perché lo stava inseguendo? Una vocina nella sua testa le intimava di tornare indietro, al castello, al sicuro, lontana da quel mostro terribile e spaventoso.
    Non è un mostro. È Erik. Ed Erik aveva bisogno di lei.
    No... non era Erik ad avere bisogno di lei, era lei che aveva bisogno di assicurarsi che lui stesse bene e non si facesse male.
    Probabilmente in quel momento Erik era l’ultimo dentro quel labirinto a rischiare di farsi male, dopo la selvaggina del posto e, soprattutto, dopo di lei.
    Ayla sapeva che era sbagliato, che era pericolo sia per lei che per Erik, se le fosse successo qualcosa anche lui ne avrebbe pagato le conseguenze. Era egoista da parte sua seguire il suo amico con il rischio di essere uccisa ma non le importava in quel momento.
    Cercò di seguirlo di soppiatto, stando distante, nascondendosi dietro le siepi, il cuore in gola per la paura. Non aveva neanche il coraggio di guardare direttamente il lupo mannaro, a poco serviva pensare si trattasse di Erik.
    Più andava avanti, più la vocina nella sua testa gridava di andare via, di tornare indietro, perché era in pericolo. Per un momento Ayla pensò che fosse meglio darle retta e fece per tornare indietro, ma si bloccò. Non era giusto. Non poteva abbandonarlo, non ora. Ormai era andata troppo oltre.
    Strinse i denti e proseguì. Quando arrivarono allo spiazzo, era ormai troppo tardi. Ayla però non lo sapeva ancora. Si accorse che qualcosa non andava quando il lupo si fermò, in quel posto senza via di uscita. Allora capì. Era in trappola. Il suo corpo si mosse automaticamente, tornando indietro, correndo a più non posso nel tentativo di raggiungere l’uscita e correre al castello. Non provò neanche a gridare o a chiamare aiuto, la voce non le usciva per la troppa paura.


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    Cosa poteva il corpo umano di fronte alla forza implacabile della natura? Il licantropo attendeva la sua preda dopo aver giocato con lei e non appena la figura della ragazzina si palesò di fronte sentì il proprio pelo rizzarsi. Poi le scappò, dando il via alla caccia. Per un predatore non era difficile seguire la tracce. Erik poteva contare su tre sensi: la vista per le impronte, l'udito per i suoni e l'olfatto per l'odore. Destra. Ora sinistra. Nel buio notturno riecheggiava il verso di qualche rapace, poi il silenzio seguito da un ululato.
    Se solo Erik avesse potuto avrebbe combattuto il lupo per difendere la sua amica, ciò nonostante chi era affetto dalla licantropia poco poteva fare di fronte all'istinto naturale e a una fame primordiale. La inseguì per circa sette minuti, dopodiché con un balzò ben studiato la atterrò a terra e la morse all'altezza della spalla. I canini affilati come rasoi si conficcarono all'interno della sua pelle. Probabilmente la giovane stava provando un dolore atroce, pari solo al piacere della soddisfazione del temibile mostro sopra di lei. A seguito del morso non avrebbe esitato a divorare quel che restava del suo corpo, ma in quel preciso istante una nuova creatura aveva puntato la preda: si trattava di un gruppo di Berretti Rossi ben armati. Erik combatté come poté e tra artigliate, morsi e colpi di coda alla fine nulla poterono il gruppo di piccole creature. Preso dalla foga si nutrì prima di loro, saziandosi di fatto e risparmiando così la ragazza che considerava sua amica. Non pose fine alla sua vita, ma neanche la salvò. La lasciò lì, dopodiché fuggì fino all'alba del giorno dopo.
    Con lo spuntare del sole ebbe fine la sua maledizione e tornando umano fu costretto a percorrere il labirinto al contrario fino ad imbattersi di nuovo in lei. Ayla? AYLA, RISPONDIMI! Non aveva idea se la ragazza potesse riprendersi o meno, ma nel dubbio fece la prima cosa che gli venne in mente: Reinnerva! Dopodiché fece per prenderla in braccio, conducendola verso l'esterno del labirinto.




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    Dolore. Paura. Paura per ciò che le era successo, e per la consapevolezza di ciò che rischiava se quel morso non fosse stato curato immediatamente.
    Perché?! Questa era l’unica parola che passava nella sua testa in quel momento. Perché Erik le aveva fatto quello? Perché lei lo aveva seguito consapevole del pericolo? Perché era dovuto accadere questo?
    Per tutta la notte rimase dolorante, lì, nel labirinto, tutta sola, senza neanche la forza di gridare o chiamare aiuto. Un paio di volte svenne, ma ebbe strane visioni: sognò di essere inseguita da un intero branco di lupi, che le arrivavano addosso e la sbranavano, o di essere lei stessa, da lupo, a dare la caccia ad Erik e ai suoi compagni. Si svegliava per qualche minuto dopo questi strani incubi, e piangeva, per il dolore e per la paura, pregando di non diventare un mostro, mormorando il nome di suo padre.
    Quella mattina, quando Erik la trovò, avrebbe potuto notare che era sveglia, tremante, in lacrime, e mormorava qualcosa che forse lui non avrebbe potuto capire molto bene, ma non era altro che la parola “papà”. Quando lei lo vide, per un momento si ritrasse, ma poi si ricordò che, in fondo, Erik era un suo amico, e la colpa di ciò che era successo non era di lui, ma era unicamente sua, che lo aveva seguito incurante del pericolo pensando di poter essere d’aiuto. Lasciò che lui la sollevasse e che la portasse al castello, pregando che qualcuno intervenisse in tempo per evitare il contagio.



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