Ferisce più un Dismundo che un Bombarda

Quel pomeriggio si stava rivelando davvero noioso, al Canto. Era un orario tranquillo ed era sola al bancone, lucidando i boccali di birra più per passare il tempo che per vera necessità. Jonathan era andato chissà dove a fare chissà cosa, quindi non aveva nemmeno l'opportunità di distrarsi con i suoi insulti... insomma, una noia mortale. Gli avventori erano pochi e parevano tutti tranquilli a bere, ridere e mangiare... ma poi, chi è che mangiava e beveva a quell'ora? Anche se Becca non è che si facesse troppe domande; non era pagata per farsele -a malapena era pagata per ciò che faceva- quindi si limitò ad osservare lo stanzone davanti ai suoi occhi senza giudicare troppo. Distolse lo sguardo solo dopo diversi minuti, giusto per giocherellare con il proprio magifonino. Certo, a Denrise non funzionava ma lei se lo era comprato lo stesso per ogni evenienza, cioè non sarebbe stata nell'isola per sempre. Solo quando udì un sonoro e legnoso botto, risollevò lo sguardo, attirata da quel trambusto. La scena che si trovò davanti non era così surreale, ma ugualmente fastidiosa. Un uomo in piedi, palesemente ubriaco, aveva battuto il suo calice contro il tavolo con tale violenza, da incrinarlo. Un altro colpo e stavolta l'oggetto non resse, frantumandosi in uno scoppio di vetro. I frammenti andarono dappertutto attorno a lui, ma il peggio doveva ancora venire. Lasciò perdere ciò che stava facendo, cercando la sua bacchetta nella tasca. Mi devi dei soldi da diverso tempo, non sono più disposto ad aspettare. Dall'inflessione, dalla cadenza e dall'accento, Becca capì che non potevano essere Denrisiani, bensì inglesi giunti nell'isola per chissà quale motivo. Lei non odiava chiunque non fosse del posto, però doveva ammettere che erano principalmente gli stranieri a creare guai. Per quanto gli isolani fossero buzzurri, ignoranti e stupidi a volte, avevano anche rispetto per ciò che apparteneva alla loro isola, soprattutto se a possederlo, era qualcuno come Jonathan. Si vedeva che il secondo era intimorito, infatti pareva anche molto più giovane e non sapeva che pesci pigliare. Finalmente la bionda estrasse il catalizzatore magico, stringendolo tra le falangi. Ti prego di calmarti, siamo in un pub, non per strada. Avrebbe voluto aggiungere "rispettabile" ma... non sarebbe proprio stato da lei. Sollevò la stecchetta mentre il primo uomo alzò lo sguardo verso di lei, infuriato, mentre il ragazzino la osservò speranzoso. Non sono affari tuoi, bellezza. Fu la risposta che ottenne. Si avvicinò di qualche passo con sguardo viscido e per niente lucido. Però se vuoi possiamo sistemare la questione in separata sede. A questo punto, questa narratrice ci avrebbe aggiunto anche un mlmlml ma non le pareva il caso. Ma andiamo avanti. Becca osservò sprezzante il suo interlocutore, scuotendo la testa. Non ho proprio niente di cui parlare, con te. Lascia in pace il ragazzo o sarò costretta a farti uscire. Una risata sguaiata uscì dalle labbra orribilmente carnose e screpolate dell'altro che, dal nulla, tirò fuori un coltello piuttosto acuminato e sicuramente pericoloso, tanto da far correre un brivido lungo la schiena della biondina. Non ti avvicinare gli impose, anche se ovviamente non la stava ascoltando. Ma cosa pensava di fare con quell'affare, contro una bacchetta magica? Indietreggiò comunque perché non aveva un'aria molto raccomandabile -anzi, per niente- mentre lui si avvicinava con l'arma sguainata. Non ti faccio niente, su. Ma era quanto mai evidente che fosse ironico ed infatti Reb si trovò ad indietreggiare ancora di più e frapporre la bacchetta tra i loro corpi. Dismundo. Fu la formula da lei pronunciata, anche se forse fu troppo flebile ed insicura, tesa per quella situazione che le stava sfuggendo di mano, che non riuscì nel suo intento. La punta della bacchetta era anche rivolta verso l'alto, solo che lei non se n'era accorta e quindi non lo avrebbe preso in ogni caso. Era abbastanza indipendente, ma in situazioni come quella, Baker sarebbe stato un ottimo aiuto. La ragazza raccolse tutte le sue forze e lo spinse quanto più lontano poté e quello, unito al fatto che l'uomo fosse ubriaco, lo fece barcollare e scostare da lei quel tanto che bastava per permetterle di sollevare la bacchetta e prendere correttamente la mira, oltre che raccogliere un po' di sicurezza in più. Ho detto di starmi lontano. Il suo tono era perentorio, così come la formula che arrivò dopo. Dismundo! Replicò, stavolta disegnò correttamente il cerchio, osservando come la sua magia avesse avuto effetto. L'uomo colpito, avrebbe certamente avuto visioni non proprio piacevole. Mantenne il contatto visivo e lo osservò sgranare gli occhi e muovere le braccia davanti a sé come a voler scacciare qualcosa o qualcuno. Un urlo spezzò il silenzio appena acquisito e lui iniziò a dimenarsi, girare sui tavoli e rannicchiarsi contro le pareti. Io te lo avevo detto di stare lontano. Era soddisfacente pronunciare la frase "te lo avevo detto". Ridendo, lo guardò correre fuori in cerca di salvezza da qualsiasi fossero le sue visioni. Sicuramente la magia si sarebbe spezzata, una volta perso il contatto, ma Becca lo aveva abbastanza spaventato. Si girò verso il ragazzino ed ammiccò. Adesso credo che non ti darà più fastidio. E con quelle parole, tornò a lucidare i boccali dietro il bancone.