Il labirinto dei mostri

Nathan&Emma | Halloween's Contest

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    Emma Lewis

    Ti sfido ad entrare nel labirinto sussurrò una voce sadica, guardando ora Emma, ora lo spaventoso ingresso del luogo. Agli occhi della piccola biondina, esso sembrava mastodontico. Siepi e rovi lo delimitavano, ma era comunque enorme. Lei non ci era mai stata, ma aveva sentito delle storie non troppo piacevoli su chi vi si era addentrato e suggestionabile com'era, non ci volle molto perché si spaventasse. Io lì n-non ci entro... replicò la voce di Emma, tremante. Si trovava praticamente spalle al "muro" in giardino, senza possibilità di scappare. Tre ragazzi e due ragazze più grandi -i soliti- la stavano accerchiando con il desiderio di vendicarsi per ciò che era successo al porto l'anno prima, con la ferrea convinzione che lì non ci fosse nessuno a bloccarli. Ma non avevano intenzione di alzare le mani, quanto più di applicare la giusta dose di violenza psicologica che una ragazzina come lei, non avrebbe di certo potuto reggere. Hai forse paura, ragazzina? Fece eco una voce melodiosa quanto cattiva, di una delle due ragazze. Emma non sapeva cosa fare, ma l'unico modo per liberarsi di loro sembrava essere l'accettare la sfida. Era sabato, perciò non si vedevano molti studenti o docenti in giro, tutti intenti a visitare Denrise o chi tornava a Londra per il weekend insomma. Si strinse le braccia al corpo perché nonostante indossasse dei vestiti che la tenevano abbastanza al caldo, sentiva il gelo che era presente nel labirinto, ghermirla con prepotenza, quasi a volerla trascinare a sé. Si sentiva davvero senza via d'uscita, quindi non le restava che muovere i suoi passi in un luogo che sapeva essere popolato da mostri. Insomma, questa era la credenza, poi la certezza non esisteva, tuttavia aveva sentito della presenza di un giardino di lupi mannari al suo interno e non era certa di voler verificare la veridicità di quelle voci. Non ho paura... adesso entro. Fu costretta a replicare, visto che trovare un buco per scappare era pressoché impossibile, visto come erano disposti i ragazzi. Con timore, Emma diede loro la schiena e le sue iridi azzurre come il cielo e brillanti come il mare al sole, esaminarono il primo corridoio che si allungava quasi a perdita d'occhio, diventando sempre più tetro. Iniziò a muovere i primi passi al suo interno, cercando di ignorare le risate alle sue spalle. Oh, quanto avrebbe voluto che vi fosse qualcuno al suo fianco, anziché essere sola e spaventata. Le andava bene uno qualsiasi dei suoi amici, voleva bene a tutti allo stesso modo, ma non voleva essere l'unica ad addentrarsi in un luogo talmente spaventoso che la luce del sole faticava a penetrarvi.
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    Diciamocelo: i weekend sono noiosi, soprattutto quando non si ha uno scopo da perseguire. Per cui eccolo lì, in un sabato qualunque di ottobre a camminare per i territori del castello con le cuffie nelle orecchie che gli rimandavano i successi più assurdi di raeggeton. Gli mancavano i momenti di ozio statunitensi fatti di festini, alcol e ragazze dove ogni due per tre era un'ottima scusa per allontanarsi da Ilvermorny -una volta raggiunta la maggiore età- e girare con lo zaino in spalla per gli States e per il vicino Messico. I bassi della musica della passione, con i testi carichi di doppi sensi marcati, con storie di una notte che confluivano in un unico e solo obiettivo: sesso. E che colpa ne aveva lui se proprio quelle note erano capace di sciogliere quel fisico statuario e dimenare il bacino ogni tre passi. In discoteca era piuttosto apprezzato il suo modo di ancheggiare e dimenarsi sulla pista da ballo, tanto da fargli avere anche diversi successi o tacchette su una fantomatica tastiera del letto.
    Fatto era che aveva già attirato diversi sguardi su di lui cantando una canzone di Daddy Yankee, muovendo i fianchi con fare sinuoso anche verso qualche albero sperduto nel parco di Hidenstone, anche se in misura decisamente ridotta rispetto a quando si trababa tra le braccia un corpo femminile. «Muévelo de aquí pa' allá, muévelo de allá pa' acá, me sube la sistólica, y me baja la diastólica.» Il sedere venne tirato in fuori, rimarcando il ritmo della canzone e occhieggiando un paio di ragazzine a pochi passi da lui. Ammiccando un po', mettendo in mostra il movimento sexy, Parker si stava rendendo davvero ridicolo ma a lui non importava, dato che non erano quelle le cose importanti per lui. Che credessero pure che fosse un pagliaccio, un pazzo o un cretino l'importante era essere vivi, godersi la vita in ogni sua forma e non lasciarsi portare a fondo da questioni che si sarebbero sempre potute risolvere. In fondo solo c'era sempre una soluzione ad ogni problema, tranne alla morte.
    «Y rómpele, duro, duro. Rómpele, duro, duro. Rompe, que rompe, que rómpele. ¿Qué, qué? Qué pasa?» L'ultima domanda in spagnolo però non faceva parte del testo soft porno di Yanke quanto più in direzione di un gruppetto di ragazzi davanti al labirinto e che stavano sbeffeggiando una ragazzina minuta che, a quella distanza, non sapeva riconoscere. Sfilò le cuffie dalle orecchie, infilandole nella tasca dei pantaloni grigi della tuta -quelli capaci di mettere ancor più in evidenza il suo bel culetto sodo- e sguainando la bacchetta studiando quei ragazzi che potevano essere al massimo un anno più grande di lui. Li aveva riconosciuti in ragazzi ormai grandi anagraficamente ma non con il cervello dato che bullizzavano chiunque capitasse loro sotto mano. Li odiava quel tipo di ragazzi, si credevano tanto fighi perché capaci di incutere terrore ma in realtà erano fatti solo di tanta pochezza d'animo. «Che state facendo qui? Ancora non riuscite a capire che gli scherzi che fate vanno bene per quelli dell'asilo?» Le labbra erano distese in un sorriso che però non richiamava gli occhi che invece erano rabbiosi e seri, un evento più unico per raro per King. Gli stessi occhi che si posarono sulla chioma bionda della sua amichetta preferita: Emma Lewis. «Fareste meglio a sparire idioti, ma non vi preoccupate Foster sarà informato.» Il suo best friend ad Hidenstone era uno spillato per cui avrebbe certamente segnalato a lui la faccenda, soprattutto perché riguardava un'Ametrin come loro. Con una poderosa spallata il ragazzo superò i bulli, affrettando i passi per raggiungere Emma. «Ehi, follettina, dove pensi di andare senza di me?» L'avrebbe richiamata portandosi al suo fianco ed avvolgendo le sue piccole spalle con un suo braccio e portandosela al petto, rallentando la camminata fino ad essere al suo passo. «Perché quegli idioti sembravano avercela con te?» Poi si guardò intorno, lasciando scivolare lo sguardo su infiniti cunicoli di verde che altro non erano che siepi curate ma dall'aria anche fortemente inquietante. I labirinti non erano mai semplici come apparivano ma rischiavano di rivelarsi fortemente insidiosi. «Anche per te è la prima volta qui dentro o l’anno scorso ti sei già avventurata tra questi cunicoli?» La bacchetta, comunque, era ancora ben salda tra le sue dita.
    Nathan Parker
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    Emma Lewis

    Emma era davvero terrorizzata all'idea di dover entrare in quello spaventoso labirinto da sola, ma allo stesso tempo non era una codarda che si tirava indietro davanti alle sfide, quindi per forza di cose aveva dovuto accettare e muovere i suoi primi passi in quel luogo spaventoso e certamente pieno di mostri. Rabbrividì e continuò a guardarsi intorno preoccupata, finché una voce la distrasse e la fece girare. Natty! Squittì con gli occhi lucenti che brillavano ancora più del solito nell'identificare il suo amico di muffin in tutta la sua stazza che, per una piccoletta come Emma, pareva alto due metri e molto muscoloso.
    Quando Nath nominò Erik, la biondina gonfiò il petto d'orgoglio, quasi come se stesse parlando di lei e non del loro prefetto. Ma Emma era fiera di lui e lo considerava davvero il prefetto perfetto, ritenendo che nessuno potesse ricoprire il ruolo meglio di lui ed ora che era affiancato da Mia, sicuramente sarebbe stato tutto ancora migliore.
    Ora però venne raggiunta dal ragazzo e la sua voce fu come una sicurezza per lei, un muro difensivo e sul quale avrebbe sempre potuto contare contro quei bulli che si credevano tanto grandi, quando in realtà non erano proprio nessuno. Lasciò che le mettesse il braccio attorno alla spalla e che la stringesse a lui, anche se alla fine sbuffò. Ti ho detto mille volte di non chiamarmi follettina! Protestò, anche se stavolta non c'era poi tanta convinzione nella sua voce, soprattutto perché ormai si stava ormai abituando a quel nomignolo e non lo trovava più troppo odioso ed inoltre l'aveva appena salvata!
    Solo in quel momento la tensione e l'adrenalina lasciarono il suo corpo ed i suoi muscoli si rilassarono. Fu allora che una lacrima si ribellò alla volontà della ragazza di non uscire, rigandole la guancia candida. Si strinse ancora un po' a lui, sperando che non vedesse quella lacrima che però fu seguita da un evidente singhiozzo. Perché... non lo so, è da quando vado a Beauxbatons che sono presa di mira... sia perché sono timida ed insicura, sia perché... fece un profondo respiro, guardandosi attorno come a volersi sincerare di essere sola con lui, sebbene fosse abbastanza improbabile la presenza di altri esseri umani all'infuori di loro. Perché ho il diabete. Buttò fuori alla fine, quasi in un sussurro. E tante persone lo vedono come una malattia contagiosa o chissà cos'altro, anche se è perfettamente gestibile... soffiò fuori proprio mentre un rumore inquietante, proveniente da chissà dove nel labirinto, la fece sobbalzare. Ormai stavano camminando da diversi minuti ed aveva paura stessero girando a caso. Comunque sì, è la mia prima volta qui dentro... lo scorso anno ci sono stata ben lontana e poi... sai che si dice vi sia un giardino di licantropi, da qualche parte qui dentro? Domandò, rabbrividendo e prendendo la mano del ragazzo quasi istintivamente. Dove andavi a scuola tu... c'erano queste cose? Non mi hai mai parlato di... di dove andavi. No, il nome della scuola non se lo ricordava assolutamente. Strinse la presa sulla sua mano, sperando che nulla sarebbe spuntato a squartarla di lì a poco.
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    Erano poche le cose che Nathan Parker King odiava e non sopportava, tra queste il bullismo e ancor di più se questi miseri atti erano rivolti verso qualcuno a cui teneva. Emma, la sua solare piccola follettina, era una persona da proteggere ma anche da spronare nel mostrare e fortificare un carattere aggressivo che era dormiente. In poche parole, Nathan voleva svegliare la ragazza forse troppo anestetizzata dall'amore, a tratti eccessivo e patologico, di Lucas Jones. Non che fosse un cattivo ragazzo, ma delle volte il suo compagno di stanza tendeva ad assumere atteggiamenti che soffocavano la libertà d'azione dell'ametrina anche nelle piccole cose. Poteva essere galanteria, istinto di protezione, la voglia di volere solo e soltanto il suo bene, ma delle volte l'eccesso di quelle piccole cose belle, che dimostravano quanto uno ci tenesse, poteva produrre un effetto contrario. In pochi passi Nathan superò il capannello di bulli fin troppo grandi per perder tempo in quelle pratiche così infantili per raggiungere la sua amica che si illuminò nel vederlo anche se recepì quel suo strano tentativo di abbraccio con uno sbuffo più per il nomignolo che le aveva dato che per il gesto in sé. Inoltrandosi nel labirinto Nathan poté avvertire distintamente un singhiozzo provenire dalla ragazzina portandolo ad abbassare lo sguardo su di lei e, al tempo stesso, con la mano libera sollevarle il viso per osservarla meglio. Con dita gentili cercò di scacciare via quelle lacrime chiedendole di rivelare perché quei deficienti non solo avessero rovinato il suo movimento sexy ma anche perché se la fossero presa proprio con un pasticciotto alla crema come la Lewis. «Ma questi sono più ignoranti di me! Persino io so che il diabete non è contagioso ed è tutto dire.» Infatti, se Nathan poteva affermare quello era perché una sua compagna di casa, Eleonor Warren, del suo stesso anno aveva scoperto della malattia dopo una crisi glicemica nel bel mezzo della lezione di cura. Da quello che la rossa le aveva confidato nella loro sala comune aveva compreso che il tutto stava nel cercare di mantenere sotto controllo una malattia che non avrebbe portato a chissà quali problemi se si rispettavano i protocolli. «Em... però una cosa devo dirtela e voglio che mi ascolti seriamente.» Il tono di voce e lo sguardo persero il normale brio che lo contraddistingueva. «Devi imparare ad affrontarli... lo so, lo so che ti sembrerà difficile che la paura delle volte ti congela ma dentro di te -e le puntò l'indice sul petto all'altezza del cuore- c'è una forza spaventosa, che non ha bisogno di un prode cavaliere a salvarti. Sei tu la tua eroina, non dimenticarlo mai.» Questo però non significava che non sarebbe mai stato accanto alla sua amica, ma appunto il tutto era racchiuso nella parola che aveva indicato: accanto, non davanti o dietro. Lui poteva essere un supporto o una guida, se la ragazzina lo avesse voluto, ma non di più. Doveva imparare a camminare sulle sue gambe e a confidare nelle sue forze e non in quelle degli altri.
    Successivamente al tentativo maldestro di un discorso motivazionale, man mano che si addentravano tra i cunicoli erbosi l'ametrino avvertiva una strana ed inquietante presenza senza però riuscire ad identificarla. «Addirittura licantropi? Per fortuna che siamo lontani dalla luna piena, allora.» Non che la mancata trasformazione rendesse le creature meno innocue ma dubitava seriamente che la Preside -povero sciocco, se solo avesse saputo quanto vicino fossero i licantropi nella sua vita- permettesse la loro presenza all'interno delle mura del castello. «Oh, Ilvermorny. Sono un fiero Wampus che ad Hogwarts dovrebbe essere... mmm... Grifondoro se non sbaglio.» Ricambiò la stretta della mano di Em, senza però esercitare una forte pressione dato che aveva paura di spezzargliela con la sua forza bruta. «Ho fatto tutti e sette gli anni ma, siccome sono ancora indeciso cosa fare da grande -mia madre direbbe perché non voglio diventare adulto- ho accettato di vedere se qui riuscissi a trovare la mia strada... sai, sto pensando di vedere come va in magia verde... non mi dispiacerebbe affatto provare a vedere se il mio sogno da bambino potrà realizzarsi di nuovo.» Continuavano a camminare e man mano che avanzavano l'atmosfera si faceva decisamente più sinistra e, ad una biforcazione, il ragazzo arrestò il passo. «Destra o sinistra?» E solo dopo che la Lewis avrebbe fatto la sua scelta le avrebbe chiesto del suo passato. «Come mai sei andata a Beaubatons? Non credevo che tu fossi francese...»
    Nathan Parker
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    Emma Lewis

    Nathan. Un amico improbabile. Già di base Emma credeva che ad Hidenstone non sarebbe riuscita a farsi nessun amico, figurarsi uno come lui. Fidanzata o meno che fosse, Emma ce li aveva gli occhi. Vedeva Nate come un ragazzo forte, indistruttibile e molto bello. Questo a primo acchito, ma conoscendolo meglio aveva appreso che ci fosse molto, nascosto dietro quel bel faccino e quel suo essere svogliato. E la biondina era felicissima di avere avuto l'opportunità di conoscerlo e che lui non avesse rifiutato un'amicizia con lei. Vedeva i ragazzi come lui, inarrivabili, quindi tutta quella situazione era una piacevole sorpresa per lei. Inoltre, avrebbe sicuramente saputo difenderla, in un posto così apparentemente pericoloso come il labirinto.
    Una volta al suo interno, quel singhiozzo non riuscì proprio a trattenerlo e, dentro di sé, si disse che adesso lui non avrebbe più voluto essere suo amico, che l'avrebbe abbandonata tra quelle spaventose siepi, ritenendola inadatta. Ecco, una caratteristica sulla quale la Lewis doveva assolutamente lavorare, era la quasi inesistente sicurezza in se stessa. Doveva imparare a tirare fuori gli artigli -un po' come aveva fatto in cabina- e farsi valere, prendersi un suo spazio all'interno di quella scuola. Non poteva lasciare che facessero tutto gli altri, al posto suo.
    Alla fine, comunque, gli raccontò cosa avessero quei ragazzi per prenderla così tanto con lei, quasi fosse un'appestata.
    Sorrise quando il suo dito, andò a cacciare quelle lacrime che minacciavano di sopraffarla da un momento all'altro. Tirò su col naso, cercando di improvvisare un sorriso e di smetterla di piangere, che era una cosa completamente inutile.
    Eddai, tu non sei ignorante. Finalmente, dalle labbra di Emma uscì una piccola e cristallina risata all'affermazione dell'amico. Scosse la testa e si guardò intorno, quasi sopraffatta dalle pareti che sembravano mangiarli.
    Quando lui assunse quel tono serio e pronunciò quella frase, si spaventò. Ecco... adesso vuole dirmi che sono solo una stupida ragazzina. Le appuntò la sua testa, mentre puntava le iridi su Nathan, in trepidante attesa. Era pronta davvero a trovare un modo alternativo per trovare l'uscita, quando le sue parole la colpirono e la stupirono al tempo stesso. Quindi si prese qualche secondo prima di rispondere, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul brullo terreno.
    Lo so, è solo che... a me non piace la violenza, in qualsiasi forma si manifesti, oltre a quella fisica. Non so se sarei capace di rispondergli a tono, perché... fece una pausa, cercando di produrre un discorso più sensato di quello che, detto così, non voleva dire poi molto.
    Non lo so! C'è qualcosa che mi blocca dentro. La sua manina chiara andò ad avvolgere il dito che lui le aveva posato sul cuore, cercando di trovare dentro di sé la determinazione.
    Quando mi trovo davanti tutti quei ragazzi, mi sento sopraffatta, schiacciata dalla maggioranza e... non so che fare. Confidò infine, anche lei con tono serio, sebbene grato per ciò che lui aveva appena detto.
    Ad ogni modo, ripresero a muovere i loro passi dentro quel luogo inquietante, ritrovando un tono di conversazione, più spensierato... per così dire. Sì! Te lo giuro! Non voglio diventare cibo per lupi. Rabbrividì, cercando di abituare i suoi occhi alla penombra sempre maggiore che nel labirinto la faceva da padrone. Cercarono, quindi, di parlare di qualcosa di decisamente più piacevole e che potesse scacciare via i mostri che regnavano nella testa della povera biondina, terrorizzandola. Deve essere bello vedere l'America! A me piacerebbe un sacco, solo che non ho mai avuto i soldi uffa. Anche se un mio amico mi ha promesso che mi ci avrebbe portata, una volta maggiorenne. Voglio vedere New York durante il Natale ed il Capodanno! Annunciò, convinta, con un sorrisetto sognante. Comunque... magia verde, eh? E qual è il tuo sogno da bambino? Anche a me interessa molto quella branca... infatti penso che il prossimo anno sceglierò Cura dei Viventi e della Natura, anche se... un sospiro affranto, mentre i suoi occhi scorrevano lungo il labirinto fin dove la vista lo consentisse. Non faremo più nessuna lezione insieme almeno per un anno! Quindi dovremo vederci di più al di fuori degli impegni scolastici! Magari se riusciamo ad entrare nella squadra di Quidditch entrambi... ci vedremmo spessissimo! Annunciò, ricordandosi di come Erik la stesse pregando fin dall'inizio dell'anno, quando la preside aveva annunciato il torneo, di candidarsi per dar gloria agli ametrin.
    Conta conta contarello, questo gioco è molto bello, molto bello come te, conta uno, due, tre! Ripeté quella conta a bassa voce, quindi il suo ditino si fermò sulla strada a sinistra. Il fato ha deciso! Andiamo!
    Dopo aver preso quella strada, notò come il labirinto procedesse dritto per diversi metri e sembrava essere vuoto, anche se i rumori inquietanti non mancavano. No, a dire la verità non sono proprio francese.. sono nata a Dublino, credo... poi sono stata adottata da una coppia francese, perciò ho vissuto là fino a prima di iniziare Hidenstone, andando a beauxbatons per comodità. Una scuola di sole ragazze, è un vero inferno. Preferisco i ragazzi. Proprio in quel momento, un rumore più vicino del solito la fece spaventare così tanto da saltare praticamente addosso all'amico.
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