Like in a nightmare

Jess&Daniele

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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Era martedì. Erano passati ormai due giorni dalla fine della festa di Aaron, eppure di Daniele nemmeno l'ombra. Non le aveva risposto ai messaggi e alle telefonate, non le aveva fatto sapere niente e il suo cuore era pesante di preoccupazione. Decise che se, entro quel giorno, non avesse avuto sue notizie, sarebbe andata direttamente da Aaron in persona a chiedere spiegazioni e a chiedergli cosa cazzo fosse successo a quella dannata festa. E se lui si fosse trovato un'altra? Scosse la testa, riflettendo su quei pensieri. Lo amava da morire e il fatto che non sapesse che fine avesse fatto, la stava lentamente logorando. Mille dubbi assopiti le riaffiorarono alla mente. Magari non aveva più voglia di perdere tempo con una ragazzina, magari non la trovava più attraente, non la amava più. Si infilò, nervosamente, le dita tra i capelli, scuotendo quella chioma corvina come se fosse il modo migliore per trovare una risposta. Ma ovviamente, essa non arrivò.
    Era da due giorni che mangiava poco e niente e che non riusciva a concentrarsi sui libri, nonostante avesse i MAGO. Le sue prove a lezione ne stavano risentendo, per quanto la ragazzina si impegnasse. Ma il suo cuore e la sua mente erano persi per altri nidi. L'assenza di Daniele le pesava davvero in una maniera che non avrebbe mai potuto immaginare, molto più di quanto pesasse un macigno. E se... era successo qualcosa alla festa? Se era rimasto ferito per qualche motivo e nessuno -di quelli che sapevano- voleva dirle niente? E se la preside in qualche modo avesse scoperto la loro relazione e lo avesse licenziato? Non sapeva davvero cosa pensare! Si strinse le braccia attorno al corpo, come se provasse freddo, guardando quella pioggia primaverile che ticchettava senza sosta contro i vetri del suo dormitorio. Si alzò, non sopportando la sua vista triste. La notte precedente, si era intrufolata nella camera di Daniele e aveva passato del tempo stesa nel suo letto, girovagando e curiosando fra le sue cose. Quel giorno aveva deciso che sarebbe andata nel suo ufficio, anche se la speranza di trovarlo non c'era, voleva solo sentire l'odore dell'uomo che impregnava il suo ufficio. Non era andata a lezione nemmeno quel giorno. In quei due giorni, andava solo ad alcune ed ora toccava a pozioni, ma sentiva che sarebbe morta, rinchiusa in quel buco di un sotterraneo. Quindi si era finta malata.
    Si mise una maglia che aveva preso all'uomo la sera che le aveva detto di amarla e i suoi soliti short blu scuro che erano praticamente nascosti dalla maglia che le arrivava fino alle cosce. Uscì dal dormitorio e dalla sala comune, poi a passi lenti si diresse verso lo studio. Non si era nemmeno messa le scarpe, tanto era distratta e sofferente. Camminò quasi come un automa lungo i corridoi, con i piedi che si congelavano contro il freddo pavimento. Una volta arrivata alla stanza, girò la maniglia e spalancò la porta.
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    Daniele Salvatore
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    Era un vampiro. Era morto ed Evelyn lo aveva riportato in vita. La preside aveva permesso lui di tornare ad una condizione, e lui era preoccupato per quella condizione. In un giorno la sua vita era cambiata per sempre e lui cominciava a pensare che non sarebbe stato più niente come prima. La sua voglia di farsi una famiglia, di avere qualcosa insieme a quella ragazzina, adottare addirittura il suo bambino. Era andato tutto completamente in mille pezzi. Lui era morto e sarebbe rimasto morto fin quando qualche cacciatore sicuramente più astuto di lui, non gli avrebbe messo un paletto nel cuore. Forse era quello che doveva succedere, e forse era l'unica soluzione. Forse l'unico modo per non soffrire più e non far soffrire più nessuno di quelli che gli stavano intorno era farla finita, questa volta per sempre. Ancora non capiva bene come funzionava veramente il suo corpo, ancora non capiva come gestire la sua fame, ancora non capiva dove prendere il sangue, ancora non capiva la sua forza. L'unica cosa che gli era rimasta erano le stelle. Non sentiva più la fame, e non sentiva più il bisogno di dormire. Tornando ad Hidenstone aveva accuratamente ignorato Jessica. Cosa doveva dirle? "Ciao amore sono un vampiro?" non sapeva come parlarle e non sapeva se avrebbe tenuto a bada la sua sete, se facendolo con lei le avrebbe fatto male, se toccandola non sapeva più regolare la sua forza. Era un casino e lui ci era finito dentro per sbaglio e semplicemente per uno stupido, suo personalissimo errore, di valutazione. Si morse il labbro. Usciva il sangue? Sangue. Era l'unica cosa a cui riusciva a pensare e gli faceva seriamente schifo. Ma era la sua natura oramai e o decideva davvero di farla finita oppure si doveva accettare. Aveva passato almeno 48 h da solo in biblioteca a leggere tutto quello che c'era da sapere sui vampiri e la cosa lo aveva messo più in agitazione che altro. Non riusciva neanche a capire il perchè, ma tutto quello era nuovo e spaventoso. Finalmente era rientrato nella sua stanza, si era fatto una doccia e si era guardato allo specchio. Viso troppo pallido e canini che spuntavano ogni volta che pensava a quella notte, come se fosse un automatismo del suo corpo che non poteva controllare. Fece un respiro profondo e si vestì. Aveva bisogno di correre.
    Aveva sentito l'odore di Jessica nella sua stanza, era entrata li la sera prima ma lui non si era fatto trovare. Doveva riflettere, doveva capire cosa dirle e quando dirglielo, ma quando la sentì arrivare, almeno a metà corridoio, decise che non poteva continuarla ad ignorare per sempre. Non andava a lezione e quello comportava delle assenze che avrebbero pesato sul voto finale dei Mago. Fece un grande respiro prodondo e si fece trovare seduto dietro la scrivania. Le mancava da morire. No, ok, questa espressione era bandita dal suo vocabolario. Quando la vide entrare le fece un piccolo sorriso, niente a che vedere con i sorrisi che le rivolgeva anche solo prima di partire. La osservò e vide che era scalza. L'odore della ragazzina gli invase le narici e lui dovette fare veramente uno sforzo immondo per non azzannarle il collo. Deglutì. Era quella la sua vita da adesso in avanti? Vuoi ammalarti per questo non hai messo le scarpe? Chiese poi cercando di essere il più normale possibile.
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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Il suo cuore fece un piccolo balzo quando lo vide. Era bello come sempre e non sembrava ferito, solo... più pallido. Forse il sole non era stato granché quei giorni, forse aveva piovuto e non era stato possibile passare del tempo sulla spiaggia. Ma non era quello a cui doveva pensare, in quel momento. Non lo vedeva da giorni e la voglia di andarlo ad abbracciare, era immensa... quasi dimentica del fatto che fosse sparito, ma non poteva fargliela passare liscia così. Aveva passato giorni d'inferno ad arrovellarsi sul perché non si fosse più fatto vivo, sul perché non avesse sue notizie. Le faceva male il cuore ogni volta che pensava che magari non lo avrebbe mai più rivisto. Aveva iniziato a pensare di essere stata una vera stupida ad essersi innamorata così perdutamente di lui perché avrebbe solo sofferto. Ma ora era lì, seduto alla scrivania quasi come se niente fosse successo. Ma quel sorriso... non la convinceva per niente. Forse aveva ragione a pensare che si fosse stancato di lei, magari quel sorriso era solo per indorare la pillola prima di lasciarla. Ma Jessica, seppur non leggesse la mente delle persone, non era stupida e nei mesi aveva imparato a conoscere alla perfezione quell'uomo -come lui aveva imparato a conoscere lei- e aveva capito benissimo che ci fosse qualcosa che non andava. Certo, non sospettava minimamente quale fosse la verità! L'idea che lui fosse divenuto un vampiro, non le passava nemmeno per l'anticamera del cervello. Era successo qualcosa, era chiaro, ma non era a conoscenza della portata del fatto.
    Quando sentì le sue prime parole dopo giorni di silenzio, guardò in basso quasi in automatico come a constatare che, effettivamente, non avesse le scarpe. Era come stordita, ma poi il suo sguardo mutò, prendendo atto, dopo qualche secondo, di quanto fosse stato e fosse un grandissimo stronzo. Si avvicinò alla scrivania, battendo i palmi su di essa e puntandogli contro uno sguardo a dir poco furioso.
    Tu. Sibilò, adirata. Tu mi stai ignorando da giorni! Non mi rispondi, non mi chiami, nessuno mi dice niente! E poi te ne esci così? Chissene frega se mi ammalo! Fece una pausa per riprendere fiato, stringendo le mani attorno al bordo della scrivania così forte che le nocche le si sbiancarono. Hai la minima idea di quanto io sia stata male in questi giorni senza tue notizie? Sono addirittura andata da Ensor, pur di far altro e non pensare! Quello era un dettaglio che quasi la fece ridere, perché Jessica ed Ensor era un binomio che non era mai esistito. Certo, con quel "fare altro e non pensare" non intendeva certo che se lo era portato a letto, per carità.
    Ho passato delle cazzo di ore a farmi mille film mentali su perché tu non ti facessi vivo. Ironico, eh? Non mi ama più? Si è trovato un'altra? È stato licenziato? È rimasto ferito? Gli è successo qualcosa? Ma a niente di questo ho mai potuto trovare risposta. E adesso ti trovo qui, come se nulla fosse successo! A sorridermi e parlare come se niente fosse! Come se fosse tutto apposto! Forse non te ne sei reso conto ma NON È TUTTO APPOSTO! Urlò, il cuore a mille e la rabbia che si evinceva in ogni suo gesto. Quindi, voglio la cazzo di verità. La. Verità. E guai a te se osi mentirmi, Daniele Salvatore. Guai a te. Concluse così la sua sfuriata, dando un pugno alla scrivania. Stava male e voleva una fottuta spiegazione.
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    Daniele Salvatore
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    Infondo se lo aspettava. Infondo Jessica aveva fatto molto di peggio per molto meno. Sapeva di non essersi comportato come avrebe dovuto, sapeva che aveva fatto lo stronzo, ma adesso le cose erano cambiate. non era più Daniele Salvatore calmo e pacifico, era un docente che era morto e poi era risorto con una maledizione addosso. Adesso le cose erano diverse perchè lui doveva combattere costantemente con la sua nuova natura e lei che entrava in quel modo nella stanza, con il suo odore che gli faceva avere altre e tremila ricordi, il fatto che avesse una runa incisa sul corpo per non fare male a nessuno... lui che non aveva mai ucciso neanche una mosca! Lui che non sapeva neanche cosa voleva dire stare male o far male a qualcuno. Daniele era la persona più insignificante della terra proprio perchè aveva sempre condotto una vita anonima, esattamente come ogni babbano sulla terra, senza fare troppe peripezie, senza essere troppo attento a voler lasciare per forza un segno. Lui era una persona normale e gli piaceva in quel modo, ed adesso? Adesso si ritrovava ad essere un vampiro e non sapersi controllare in nessun modo. Non sempre le fialette di sangue lo facevano calmare, a volte si sentiva seriamente affamato tanto che i canini uscivano da soli e gli occhi si trasformavano in qualcosa di oscuro senza neanche che lui riuscisse a fare qualcosa. Era incredibile come ogni volta che succedeva qualcosa lui si buttava sempre a capofitto senza pensare alle conseguenze. Lui che si era sempre ritenuto una persona matura, coscenziosa e sicuramente non come un Barnes. Lui aveva fatto molto peggio ed adesso anche Jessica ne stava per pagare le conseguenze. Lui che si era innamorato di quella ragazza, aveva seriamente qualcosa da rimproverarsi e le stava facendo male, e sicuramente gliene avrebbe fatto ancora di più. Non disse niente e si prese a pieno tutto quello che la corvina aveva da dire, posò le mani sulle sue palpebre massaggiandole e mordendosi il labbro di tanto in tanto. Evelyn gli aveva detto il suo modo di combattere la sete, ossia la borraccia piena di sangue sempre vicina e così fece, Jessica urlava e lui si attaccava alla bottiglia. Una volta che lei ebbe finito di dire la sua lui la guardò negli occhi. Jess... sono successe tante cose a Dubai. Sono cambiate tante cose, ma non il mio sentimento nei tuoi confronti. Prima era un chiacchierone, sapeva sempre come farla divertire e sorridere adesso si sentiva veramente una persona orrenda. Non sapeva esattamente come fargli capire che era tutto cambiato e che sicuramente le cose sarebbero cambiate anche per loro due. Loro due che prima avevano un futuro incerto, adesso, in quel momento Daniele, non lo vedeva proprio un futuro, ne per lui ne tantomeno per un noi. C'è stato un attacco all'hotel di Aaron, come hai potuto capire da sola su twetter dei barnes, se ci sei andata... e... beh, le cose sono precipitate..,. e smettila di urlare! Aggiunse poi sentendo il cuore della ragazzina super accellerato. Siediti e datti una calmata! Sicuramente era diventato molto meno umano di prima, il suo carattere ne stava risentendo come la sua natura, come quella che oramai era diventata la sua vera natura. Non ce la faceva. Come doveva dirglielo. Fece una piccola pausa. Io non so come dirtelo Jess. Aggiunse poi guardandola negli occhi, forse per la prima volta da quando era entrata in quella stanza.
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    La ragazzina stava perdendo il fiato ormai, ma quel suo urlare nascondeva, la sua disperazione. Era un meccanismo di difesa per lasciare lontana la paura che aveva provato nel non vederlo ritornare, nel vedere tutto il corpo docenti a scuola, ma non l'unica persona che lei voleva vedere.
    Quando lo vide bere da quella borraccia, come se niente fosse, il sangue le ribollì nelle vene ancora di più. Per un attimo ebbe l'istinto di strappargliela e gettarla a terra e chiedergli perché si stesse comportando così da stronzo, ma trattenne le mani là dove erano posate, all'estremità della sua scrivania, considerandolo un gesto troppo infantile e lei voleva sembrare matura agli occhi dell'uomo che amava, così più grande di lei... ma fu impossibile non sputargli addosso tutte quelle cose, liberare tutta la preoccupazione degli ultimi giorni senza notizie. Stava per aggiungere altro, quando Daniele si decise a parlare. Si guardarono negli occhi ma Jess non vide la solita serenità che lo distingueva, vide qualcosa che non seppe definire in nessun modo, ma che la spaventava. Cosa poteva mai essere successo di così grave?
    Un piccolo moto di sollievo la avvolse quando disse che il suo sentimento non era cambiato, ma la preoccupazione tornò a farsi viva per il resto della sua frase. Cosa... è successo? Cosa è cambiato...? chiese, con voce molto più flebile di prima, timorosa di cosa lui le avrebbe potuto rispondere. Ma non le sembrava più l'uomo che conosceva fino al venerdì prima, quando alla mattina era andata nella sua camera, ora le sembrava quasi un estraneo, aveva una strana e orribile sensazione. Sensazione che, in buona parte, fu confermata dalle sue parole. Quelle poche parole che le fecero perdere qualche battito e la fecero bloccare, quasi come se fosse stata pietrificata. No, da quando tutti erano tornati meno che Daniele, Jessica non aveva aperto assolutamente nessun social, se non whatsapp o il profilo instagram dello stesso Daniele, per vedere se vi fossero novità di qualsiasi tipo. Ma Twitter proprio non era stato tra i suoi pensieri.
    Non seppe come rispondere e, alla sua richiesta, quasi volle urlare ancora più forte ma, come per la borraccia, le sembrava un gesto estremamente immaturo e, inoltre, fu spiazzata da quel suo tono, un tono che forse non aveva mai sentito prima. Si sedette, senza sapere bene come reagire a quella notizia, ma alla rabbia si sostituì una grandissima apprensione. Ma l'uomo era davanti a lei, quindi stava bene, ma non poteva far a meno di essere in pensiero per lui. E stai... bene? domandò, cercando con lo sguardo tracce di ferite nel suo corpo. Si lasciò andare contro lo schienale, mordendosi a sangue l'interno guancia, cercando di calmarsi. Dimmelo e basta. Ti prego. Ora era la sua voce ad avere una nota disperata, mentre lo guardava. Qualsiasi cosa sia. Voglio la verità. Non voglio che ci siano bugie e cose non dette, nella nostra relazione. Allungò la mano a cercare quella di lui. Ora tutta la voglia di urlargli contro era sbiadita, sostituita dalla preoccupazione per l'accaduto di Dubai, anche se ancora non spiegava come mai fossero tornati tutti tranne lui. Tuttavia, decise di dargli la possibilità di spiegare.
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    Daniele Salvatore
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    Daniele reputava già tutta quella situazione assurda, già il solo fatto che lui fosse innamorato così tanto di una ragazzina era assurdo, adesso, in quel momento, sentiva che le cose stavano precipitando di nuovo, esattamente come quando era morto. Doveva chiedere consiglio a qualcuno? Doveva dire tutto alla preside? non lo sapeva e la cosa assurda era che in quel momento aveva la persona che più amava al mondo di fronte a lui, in preda al panico e alla preoccupazione e lui... beh lui non sentiva assolutamente niente. Non sapeva se era una cosa normale, se il mutamento della sua natura stava ancora avvenendo e quindi doveva solamente trovare il modo di distinguere le varie sensazioni oppure sarebbe rimasto così per sempre, ma una cosa era certa, tutto quello doveva finire ed anche al più presto. Sarebbe riuscito a starle lontano? non lo sapeva, ma adesso più che mai doveva assolutamente fare qualcosa. Quando Jessica avvicinò la mano a quella di lui, lui la scansò, come se farsi toccare potesse essere pericoloso ed in effetti lo era. La voglia di sangue era ancora bella presente e lui, per quanto si volesse impegnare a non pensare a quel liquido denso e rosso, non ci riusciva. Fece un respiro profondo alle sue parole. Ma infondo aveva il diritto di saperlo no? Il suo sguardo arrivò diretto alla fedina. Ce l'aveva ancora li ed a ripensare a quella sera in macchina quasi gli si gelò ancora di più il sangue. Come si era permesso di convolersi così tanto emotivamente ad una persona così piccola e diversa da lui? Ma lui l'amava! Non riusciva a guardare la corvina e rimanere completamente indifferente. I ricordi che aveva con lei dal primo giorno in quell'infermeria fino a quel momento erano indelebili e vividi nella sua mente. C'è stato un attacco da parte di alcuni terroristi che erano intenzionati a rubare delle cose. Io ero sul tetto con Evelyn e Nick e il professor Morrigan. Dovevamo ripristinare la corrente elettrica. Non è stata colpa di nessuno. Ho fatto un errore, ho scelto male l'incantesimo da utilizzare, ma pur di salvare la situazione... fece una piccolissima pausa, il suo sguardo scuro era puntato nei suoi occhi altrettanto scuri e tanto profondi, ma sopratutto preoccupati. ho rinunciato alla mia vita. Ed era solo così il modo giusto di dirlo. Infondo era morto, no? Prima che lei potesse dire qualcosa, Daniele riprese a parlare. Evelyn mi ha salvato la vita, o comunque ha tentato di farlo, ma facendolo... beh, mi ha trasformato... in un vampiro.
    Era veramente l'unico modo di dirle quello che era successo davvero. Aveva 17 anni, ma aveva deciso di stare con lui e quelle cose, seppur non avrebbe mai pensato che fossero accadute a lui, potevano succedere. Si mise seduto di fronte a lei attendendo una reazione. Qualsiasi fosse stata!
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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Quando lui scansò la mano, le sembrò di ricevere uno schiaffo. Ci rimase male, molto, anche se cercò di non darlo a vedere, nonostante fosse sull'orlo di una crisi isterica -o delle lacrime. L'uomo che amava era lì ed aveva qualcosa che non andava, solo che lei riusciva a capire esattamente quale fosse il problema. Ritrasse la mano in fretta, come se lui invece di scansare semplicemente la propria, l'avesse invece colpita con violenza. Si morse il labbro ma si sedette, aspettando che arrivassero le sue spiegazioni. Spiegazioni che, a dire il vero, avrebbe preferito non sentire. Lo lasciò parlare, lasciò che completasse il suo discorso prima di avere qualsivoglia reazione. Alla prima parte ci credette senza difficoltà; erano successe troppe cose assurde perché la storia da lui raccontata fosse falsa, non sembrava nulla in confronto a Naga. Quindi, sulle prime non aveva capito la gravità della situazione. Il suo istinto fu quello di controllare ancora con gli occhi che non avesse ferite, preoccupata a morte, poi parlò. Povero Aaron... il suo pensiero iniziale, quindi, andò a Barnes che si era visto rovinare la festa e derubare e si segnò di scrivergli per sapere come stava ma poi... quelle parole...
    "Ho rinunciato alla mia vita". Non riusciva assolutamente a capire cosa significasse e stata per chiederglielo, quando lui proseguì.
    La sua reazione iniziale probabilmente non fu quella da lui attesa, poiché si alzò di scatto, lasciando che la sedia cadesse colpita dall'urto. Poi una risata fredda e amara uscì dalle sue labbra, atta a negare la realtà delle sue parole. Risata che comunque non durò poi così a lungo. Se volevi lasciarmi, Daniele, potevi inventarti una scusa più verosimile, che ne dici? Hai avuto un sacco di tempo per pensarci, quindi per favore dimmi chiaramente che è finita e non prendermi per il culo. Queste le parole che gli rivolse in prima battuta, salvo poi accorgersi del suo sguardo scuro così serio. Lo conosceva bene ormai, le bastò fissarlo negli occhi per qualche secondo per capire che no, non era una scusa. Dimmi che... che è solo un pretesto... supplicò, con la voce tremante, mentre la realtà di quelle parole la colpivano come un treno in corsa, investendola con tutta la sua potenza. I suoi occhi non mentivano, ma voleva averne la conferma. Non era solo la sua voce a tremare, bensì anche le sue gambe, mentre si avvicinava a lui. Non gli interessava se lui volesse o meno, stavolta non gli avrebbe permesso di scansarla. Non sapeva quasi nulla di vampiri, ma una cosa era certa... il loro cuore non batteva e la pelle era fredda, gelida. Quindi la prima cosa che fece, fu posare una mano sul suo petto, all'altezza del cuore. Sperò fino all'ultimo di sentire il familiare battito sotto al palmo, ci sperò davvero. Tuttavia... niente. Il silenzio della morte. Un silenzio così assordante da fare male. Non gli serviva nemmeno controllare la temperatura della sua pelle. Aveva la sua conferma. Anche dentro di lei, una freddezza feroce la prese fin dalle viscere, la prese e la schiantò con violenza contro quel muro chiamato realtà, che a poco a poco le fece prendere consapevolezza di quanto lui non stesse mentendo. No. No. No. Balbettò, come un disco rotto, prima di riuscire ad articolare una frase di senso compiuto.
    Cosa... cosa ti hanno fatto... iniziò, in un sussurro appena udibile che probabilmente lui nemmeno avrebbe sentito se non fosse stato un vampiro. cosa ti hanno fatto, amore mio? concluse, indietreggiando lentamente. Non aveva paura per la sua nuova natura, non aveva paura che lui potesse farle del male ma... era sconvolta. Improvvisamente, prese consapevolezza di un'altra cosa. Se solo Blake non avesse passato la sera a lagnarsi impedendole di andare, se Aaron non fosse uscito dagli schemi organizzando quella stupida festa, se Eve, Morrigan e Nick avessero fatto di più per aiutarlo... ora forse...
    La rabbia si mischiò alla tristezza e al dolore in un cocktail letale di sentimenti. Era turbata. Molto. Fu colta da un giramento improvviso che la portò ad appoggiarsi sulla scrivania del docente, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e stavolta non avrebbe fatto nulla per fermarle. Infatti, tempo qualche secondo e iniziarono a rigarle copiosamente le guance. Ti prego, Dan in quel dolce nomignolo che usava spesso e volentieri, era racchiusa tutta la disperazione di quel momento. Dimmi che è uno scherzo... dimmi che... si interruppe, incapace di aggiungere altro.
    La testa ormai le girava vorticosamente e una feroce nausea la stava invadendo, limitandola al silenzio perché non vomitasse. Sapeva come fossero normali quelle sensazioni in presenza di uno shock, ma ancora non se ne capacitava. Istintivamente si portò una mano davanti alla bocca sia per coprire il suo orrore ma anche come gesto automatico, dettato dalla nausea. La sedia era ancora rovesciata a terra ed era sicura che non ce l'avrebbe fatta a rialzarla, quindi rimase per interminabili minuti così, presa salda sul bordo della scrivania, nel tentativo di domare la nausea, con gli occhi -due pietre nere- puntati su di lui. Cosa doveva fare? Stavano insieme, non poteva abbandonarlo in un momento così delicato. Guardò l'anello al proprio dito, rimpiangendo di non essersi imposta perché non andasse a Dubai. Non voleva dirgli di come non si sentisse bene, non voleva sembrare debole e stupida, ma il malessere fisico era forte, quasi al pari di quello mentale. Non... non ti hanno salvato... riuscì finalmente a dire, lottando contro se stessa, mentre provava un odio viscerale per il suo migliore amico, suo fratello e per Eve. Cercò di avvicinarsi e mettergli le mani ai lati del volto, tremando e rischiando di inciampare più volte nel brevissimo tragitto che li separava. Scusami io... credo di sentirmi poco bene biascicò, accasciandosi lievemente su di lui e lasciando scorrere le mani sulle sue spalle. Per quanto fosse poco informata sui vampiri, sapeva abbastanza per capire che la sua vicinanza era un pericolo per entrambi, ma in quel momento aveva solo bisogno di lui come -sicuramente- lui di lei.
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    Daniele Salvatore
    Prof. Astronomia | 33 anni
    Sapeva che sarebbe successo e sapeva che Jessica non l'avrebbe presa estremamente bene. Sapeva anche che qualsiasi cosa potesse dire in quel momento non sarebbe andata bene e non l'avrebbe aiutata. Sapeva anche che la sua reazione sarebbe stata la negazione, almeno come prima cosa. Veramente poteva pensare che per lasciarla gli serviva una cazzata come "sono un vampiro?" Ma non disse nulla, la lasciò sfogare come meglio credeva. Sentiva il cuore della ragazza andare prima a mille poi rallentare, tornare a mille. Sapeva che non era facile ma non aveva avuto scelta. Lei meritava di sapere la verità emeritava anche qualcosa di diretto, senza troppi giri di parole. Il vecchio Daniele, magari, le avrebbe addolcito leggermente di più la pillola, ma in quel momento non aveva altro che la freddezza e la cinicità addosso. Daniele era entrato in un vortice di assurdità che non si aspettava neanche lui. Fino ad un anno fa era un nato babbano che vedeva la magia come la cosa più spettacolare della sua esistenza, si era divertito e dilettato a fare incantesimi ed adesso? Adesso gli era stato levato anche quello. Adesso era una creatura di cui, fino a qualche mese fa, pensava una leggenda, non sapeva neanche ch eesistessero davvero e fino a quel settembre non sapeva neanche cosa fossero le mezze veela o cose del genere. Adesso la sua vita era completamente cambiata ed anche la sua essenza. Non sapeva ancora se era diventato una persona cattiva oppure era sempre lo stesso, non sapeva esattamente cosa gli stesse succedendo dentro, non sapeva come reagire a tutto quello. Non sentiva niente. L'unica cosa razionale e vera che provava era veramente immenso dispiacere per la corvina davanti a lui. Sapeva che non era colpa di nessuno dei due ma non sapeva come farglielo capire. Si morse il labbro sentì le sue mani caldissime contro le sue spalle, non sapeva come gestire se stesso figurarsi una relazione in quel momento. Era difficile, era veramente difficile chiudere anche con lei, ma infondo non poteva fare altrimenti. Come poteva chiederle di stare dietro alla sua condizione? Non avrebbe mai potuto. Non ci riusciva, non era giusto. Jessica era solamente una ragazzina e tutto quello non doveva essere di sua competenza. Fece un respiro profondo rendendosi conto che in quel modo ispirò tutto il sua odore, il che fece qualcosa che non riuscì a controllare, ossia i canini uscirono eDaniele si ritrovò ad allontanare la ragazzina. Si voltò per non farsi vedere. Si vergognava, non voleva essere guardato non voleva che lei vedesse tutto quello. Adesso devi andare Jess... ti prego. Quel "ti prego" era carico di dolore. Non voleva che se ne andasse, voleva che rimanesse che stesse insieme a lui, voleva fare l'amore con lei, voleva baciarla, ma l'odore del suo sangue era troppo forte e non riusciva veramente a placarsi. Non riusciva in nessun modo a distogliere l'attensione dalle sue vene, dal suo sangue. Tutto quello era assurdo e gli faceva male, anche se il suo cuore non batteva ed in quel momento era solamente un accesorio del suo corpo, lo sentiva stringersi e farsi sempre più piccolo. Si voltò verso Jessica e le diede una piccola carezza sulla guancia. Io ti amo. Ma devi andare.
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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Indietreggiò quando vide il luccichio dei canini. Non aveva paura, sapeva che lui non aveva nessuna intenzione di farle del male ed era per questo che la stava allontanando, ma era lo stesso una pugnalata al cuore. Quando la pregò di andarsene, il tono delle sue parole la colpì e non le permise di ribattere alcunché. Sentiva chiaramente il dolore insito in quelle parole, sapeva che non avrebbe voluto cacciarla ma era l'unico modo perché stesse al sicuro; era diventato un vampiro da pochi giorni, sicuramente non sarebbe riuscito a controllarsi e avrebbe rischiato di saltarle alla giugulare da un momento all'altro. Dan... sussurrò, con il dolore che esplodeva sempre più ferocemente nel petto. Non sapeva cosa fare. Anzi, non poteva fare assolutamente nulla per lui. Ma non voleva andarsene, voleva imporre la propria presenza, ma sapeva che avrebbe fatto più danni che altro. Se l'avesse aggredita, sarebbe andato tutto a puttane. La sua carriera. La sua vita. Di sicuro era contro la legge aggredire qualcuno da vampiro e se lo avesse fatto, che Jess fosse sopravvissuta o meno -cosa più probabile, essendo lui un neo vampiro-, la cosa non si sarebbe potuta insabbiare in alcun modo, la vita del riccio sarebbe di sicuro finita ed era tutto ciò che Jess non voleva. Era disposta a farsi da parte pur di preservare lui. Sussultò a quella carezza, ma non pronunciò parola. Ma qualcosa doveva dire. Non voleva che avesse l'impressione che la disgustasse, che non volesse più avere nulla a che fare con lui o che ne avesse paura... perché non era così. Prese un respiro profondo. Tu, per me, sei perfetto anche così. Fece una pausa carica di angoscia ma poi annuì piano. Ma me ne andrò come desideri. Solo per il tuo bene. Annunciò, con una stretta letale al cuore. Anche io ti amo e desidero che tu stia bene... e, al momento, la mia presenza non aiuta. Si allungò a dargli un fugace bacio sulla guancia, sorridendo con malinconia quando sentì la sua barba solleticarla. Ti amo ripeté, allontanandosi definitivamente da quello che credeva essere l'amore della sua vita. E per te ci sarò sempre, qualsiasi cosa tu abbia bisogno. Con quelle poche parole, lasciò lo studio con il cuore che le martellava nel petto talmente forte da procurarle un dolore acuto, mentre le lacrime a stento trattenute, ebbero libera uscita e cominciarono a rigare quelle guance ormai pallide.
    "Parlato" - 'Pensato'- "Ascoltato" | Scheda PG Stat.
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