Dove i fiumi si incontrano

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    Valentina
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    Valentina chinò il capo mentre il vento le sibilò tra i capelli. Le bastò alzare gli occhi per notare gli immensi monti di Denrise. La strega aveva girato il mondo e numerose erano le cime più alte. Tuttavia, in poche riuscivano a trasmettere una forza del genere. La ragazza sentì la rabbia in corpo smorzarsi. Ma non abbastanza.
    "Io l'ammazzo. L'ammazzo." I suoi passi disegnavano orme nel terreno spoglio ma era la furia a darle peso, non la gravità. Il suo famiglio, Grappa, le aveva rubato la pennetta usb su cui aveva raccolto anni di appunti. Il gufo si era comportato così anche ad inizio anno quando, dopo qualche mese di caldo, l'animale migrò tra i monti per goderne del freddo. La creatura non si era spinta troppo in là e un druido di Denrise era riuscito a rintracciarlo.
    "Non ho il tempo per trovare un altro druido, a breve si terrà una lezione molto importante di Magia Verde e la mia empatia si limita al non far di Grappa un nuovo cuscino" La strega si portò la mano sul capo schermando gli spettri arancioni che furiosamente stavano abbandonando un sole in tramonto. Nella fretta con cui aveva abbandonato l'accademia aveva scelto un outfit poco consono ai suoi modi preferendo il comodo al vistoso. I jeans scuri le stringevano le lunghe gambe confinando verso il basso con degli scarponi da trekking in cuoio scuro mentre in alto una maglietta nera era immersa in un hoodie verde profondo.
    Intorno a lei si trovava solo il verde e una fila infinita di stupide margherite "Il controllo delle piante è il forte di qualcun altro. Sfortunatamente, non sono abbastanza stupida per occuparmi di cose del genere."
    Ai piedi dei monti decise di fermarsi e tornare indietro. Era impossibile trovare un gufo di giorno, figuriamoci di notte. La strega raggiunse il letto di un fiume intenzionata a seguirne il flusso per tornare verso l'accademia. Le sue acque avevano aiutato qualche arbusto a crescere indisturbato ma Valentina non seppe riconoscerne la natura e non se ne curò nemmeno. Al contrario, si fermò ad una dozzina di metri dal punto in cui la lingua d'acqua s'intersecava ad un altro corso. Una cosa così naturale che faceva la differenza tra un worldbuilder mediocre e uno pessimo. I più disegnano fiumi che partono dai monti per poi spezzarsi, il che non accade quasi mai. Al contrario, solitamente sono due piccoli fiumi ad incontrarsi per formarne uno più grande. Era la legge della giungla, la legge del branco: Il forte non si spezza, trova altri come lui e diventa ancora più forte.

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    C'era una cosa che doveva fare Alyce, quelle poche volte che sentiva la necessità di riflettere: correre.
    E no, non stiamo parlando di una persona atletica pronta a farsi la sua corsetta mattutina e poi tornare a casa per una doccia e rilassarsi con un bel film e una tisana. La persona di cui parliamo rimane sempre Alyce e quello che lei fa non è mai nella norma.
    Era in giro dalla mattina presto, aveva voluto vedere l'alba e così aveva deciso che aveva bisogno di quella libertà che sentiva di star perdendo a causa di quell'inaspettata attività che stava vedendo prender luce ogni giorno di più.
    Era stranamente sobria, come se in quel momento l'alcol non le fosse servito e mentre, seduta sul davanzale della finestra di casa sua, il sole stava sorgendo. Girava tra le dita il magifonino e nemmeno quello era utile al suo rilassamento. Strano ma vero, non aveva voglia nemmeno di dar fastidio al docente di Difesa Contro le Arti Oscure. Insomma, un po' di solitudine faceva bene anche ai pazzi, no?
    Era per tale motivo che dopo aver fatto una lunga doccia, aver dormito ancora un po', si era svegliata e si era messa diretta verso lo spazio più naturale che conosceva: i Monti.

    In quella natura in cui si era immersa, non aveva voglia di spiegare a nessuno perché era lì, non sentiva nemmeno il bisogno di doversi presentare ai drudi che vigilavano sulla zona.
    I cuscinetti neri delle sue zampe calpestavano il terriccio umido, sentiva il fresco sotto le zampe e il vento accarezzarle il pelo.
    Si sentiva libera, com'era quando assumeva quella forma animale: il lupo, non si sarebbe mai aspettata di prendere quelle sembianze quando aveva ingerito la pozione animagus.
    Eppure adesso era lì, sentiva le orecchie percepire ogni minimo suono e il suo naso pungere solleticato da odori sempre diversi.
    Si sentiva libera, proprio come un vero lupo può essere.
    Forse era per tale motivo che l'animale che le apparteneva era questo; quella costante voglia di libertà, di vivere senza regole, di avere un branco da difendere... era probabilmente il motivo per cui le loro affinità sembravano combaciare.
    Arrestò la corsa per brevi istanti, prima di annusare l'aria per cercare la via dell'acqua. Aveva sete, dopo l'incessante corsa che l'aveva fatta scaricare.
    Seguì il rumore dello scrociare dei fiumi e quando ivi giunse, a passo felpato arrivò a metà tra la sponda e il limitare della natura.
    Non erano sole, quelle sponde: avevano ospiti che finora Alyce non aveva mai incontrato. Non un fruscio, non uno sbuffo.
    La lupa dagli occhi verdi arrivò silente al fianco della studentessa, sfiorandone appena la gamba, per poi avvicinarsi al fiume e calare il muso lungo verso l'acqua e bere lì.
    Quando terminò di abbeverarsi, la lupa tornò sui suoi passi, puntando lo smeraldo sulla ragazzina.
    No, non aveva alcun volto conosciuto e probabilmente non era nemmeno uno dei primi pensieri, quello di Alyce, che lei fosse una studentessa.
    Si sedette, osservandola, ritta nella sua posizione, mentre la coda si attorcigliava dietro di sé.
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    Quando la strega udì il rumore di passi la sua testa si piegò verso il prato e uno sbuffo le scappò dalle labbra. Tra tutte le persone che in quel momento avrebbe potuto incontrare, era sicura che non avrebbe incontrato l'unica che le interessava seriamente e, con molto probabilità, sarebbe finita soltanto a discutere con qualche druido di qualche pippone sulla natura. Ma si sbagliava. E non era un bene.
    Con dei passi sicuri, una nebbia grigia chiazzata di mogano si stava avvicinando alla strega fissandola con due occhi affilati come diamanti. D'istinto, Valentina si alzò in piedi per poi afferrare la bacchetta "I lupi temono il rumore. E il fuoco. Fai entrambi. Però sei ai piedi del monte... e potresti attirare qualcosa di peggiore..."
    Ma Valentina fu lenta a pensare. La lupa era ormai a qualche metro da lei ma il passo lento ne nascondeva gli intenti. Quando la creatura sfiorò il fianco della strega, un calore scivolò nel corpo di quest'ultima. Il petto le stava esplodendo e il rumore del ruscello venne sopraffatto da quello dei suoi battiti che, lentamente, tornarono regolari quando il muso della bestia affondò nell'acqua "Non puoi scappare. Il lupo ti percepirebbe come una preda."
    L'opale si limitò ad attendere e quei secondi sembrarono durare un'eternità. Quando la bestia si voltò nuovamente verso di lei, prendendo posto sul terriccio, la mano di Valentina affondò nuovamente nella sua borsa. La strega tirò fuori una busta di plastica contenente un topolino bianco morto. Qualche ora prima, questo piccolo roditore era stato designato come pasto per il suo gufo e, a questo scopo, era stato riscaldato. Tuttavia, ora il cadavere era freddo e Valentina non aveva motivi per portarselo dietro. Con un gesto secco lo fece cadere ai suoi piedi «Mangia, gnam gnam.»
    Indicando prima la bocca e poi il topo, Valentina cominciò a sorridere verso la bestia sperando che potesse capire la natura di quel gesto «Sei docile e non temi l'uomo, devi appartenere a qualche druido. Ti chiamerò Rue.»
    Detto ciò, la strega si sarebbe avvicinata per grattare il capo della bestia con la mano sinistra (Nell'altra teneva la bacchetta, nel caso ce ne fosse stato bisogno). I cani amano le carezze sul capo perché è uno dei due punti che non possono raggiungere. Forse valeva lo stesso anche per i lupi.

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