Cosa dovrei fare?

Eva&Jess

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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Quella era una di quelle sere -o notti- dove tutto le sembrava proprio andar male. Era andata a letto piuttosto presto, forse verso le 22, giusto allo scattare del coprifuoco, ma quel giorno aveva parecchio sonno. Quello che non sapeva, però, era che non avrebbe dormito pacificamente, bensì la sarebbero andata a trovare i soliti incubi che la tormentavano. Era da un po' che non li faceva, perciò prima o poi doveva essere inevitabile che tornassero. Ma questa volta erano drasticamente confusi. Prima vedeva lei in quel fottuto buco, poi lei ridotta in schiavitù in Egitto, poi... una cosa che non c'entrava assolutamente un cazzo: rivedeva quella donna, quei suoi capelli rossi, quelle sue forme perfette, aprirle la porta con un sorriso che non lasciava presagire nulla di buono. Ma stavolta non era sola, bensì accanto alla donna -Victoria era il suo nome- vi era anche lui, Daniele... e la stava abbracciando. La baciava. Quel sogno era troppo per lei, che si svegliò di soprassalto con le lacrime agli occhi. Piangeva un po' troppo spesso ultimamente. Scosse il capo, cercando di cacciare quei sogni terribili. Forse non era paragonabile agli altri due, ma agli occhi di un'adolescente innamorata... beh non c'era assolutamente nulla di peggio. Spalancò i suoi occhioni scuri, fissando la stanza buia e silenziosa. Un silenzio rotto solo dal tenue respiro delle compagne addormentate. Si girò su un fianco verso il letto di Gyll, meditando se svegliarla o meno, ma sembrava così tranquilla che le dispiaceva anche solo pensare di disturbarla per delle sue infondate paure. Eppure quel brivido fastidioso non la voleva lasciare. Si alzò dal letto, giusto per dirigersi verso la sala comune. Indossò un paio di scarpe da ginnastica a caso tra quelle che possedeva, poi quasi come sospinta da qualcosa, superò la sala fino ad uscire nei corridoi non più così freddi, anche se una leggera brezza entrava dagli spifferi. Ma andiamo, quale castello che si rispetti non ha spifferi? Ma lei non ci badò e iniziò a vagare con quel suo pigiama di seta fin troppo corto per lei. Camminò senza meta per un po', finché i passi la portarono proprio nel luogo nel quale aveva subito il quasi stupro da parte di Mark. Si bloccò, rabbrividendo all'istante. Il suo sguardo si posò sul muro contro il quale era stata costretta e iniziò a tremare leggermente. La mano destra andò a sfiorarne la superficie, quasi come se potesse bruciarla da un momento all'altro. Le lacrime tornarono a rigarle il volto, quasi percepisse la presenza dell'ex dioptase nei paraggi. Eppure era stato espulso un mese e mezzo prima. Ma in quel momento, complici i sogni, si sentiva così dannatamente emotiva... si appoggiò al muro con la schiena, lasciandosi scivolare contro di esso, fino a ritrovarsi con il sedere a terra. Posò la testa contro le ginocchia e rimase così, in silenzio e scossa da lievi singhiozzi.
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    Eva Ivanova

    Tra tanti occhi che potrei incontrare, io cerco quelli che non posso avere.

    ■ Data di nascita + Età:
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    ■ Provenienza:
    Romania
    ■ Professione:
    Prof. Incantesimi
    ■ Razza:
    Metamorphomagus
    Pensa, credi, sogna e osa.
    Il coprifuoco era scattato da un po' e lei aveva deciso di fare un giro di perlustrazione per valutare la situazione. Si fidava dei suoi studenti Prefetti, tuttavia era da Ottobre che doveva fare qualche giro prima di essere sicura che tutto fosse tranquillo, ad Hidenstone.
    Camminava per i corridoi della scuola, che erano silenziosi come mai erano stati durante la giornata. La notte, quella scuola prendeva un aspetto decisamente diverso.
    La tranquillità del suo passo, non lasciava trasparire l'irruenza di quei pensieri che le creavano preoccupazione.
    Era stato un anno intenso per questi studenti ed Eva aveva timore che non tutti riuscissero a superare i M.A.G.O. visto lo stress a cui erano stati sottoposti durante l'anno.
    Lei stava cercando di venire incontro a molte sufficienze e tentava di concedere ad ogni studente delle lezioni di recupero, tuttavia non era certa che gli altri colleghi provvedevano come stava facendo lei e che forse a qualcuno nemmeno interessava se gli studenti avessero - o meno - fatto una buona riuscita ai M.A.G.O.
    Voltò il passo in uno dei corridoi del castello, il suo lumos acceso a far luce per le viuzze e fu allora che notò l'ombra di una figura, accoccolata a terra.
    Il suo passo era così leggero, che probabilmente Jessica non si sarebbe accorta della docente fino a quando questa non si sarebbe seduta accanto a lei, calando il suo lumos fino a spegnerlo «Whitemore...» il suo tono melodioso sarebbe stato distinguibile fra mille, non erano molte le docenti ad Hidenstone, rispetto alla mole maschile che vi era e poi, quella tonalità così materna, era solo ed esclusivamente di Eva.
    La mano della docente cercò di poggiarsi sulla schiena della ragazza.
    Era di questo che Eva era preoccupata, quei ragazzi erano troppo giovani ed avevano già visto troppe cose che non avrebbero dovuto conoscere a quell'età «Signorina Whitemore...» ripetè lei, cercando di avvolgere il braccio attorno alla ragazza e di farla appoggiare al suo petto «Oh, piccola... se hai bisogno di piangere fallo pure...» a lei non interessava il motivo per cui lo stesse facendo, ma sapeva bene quanto fosse uno sfogo, talvolta necessario «... se vuole parlare, sono qui...» le carezzava dolcemente i capelli, come una mamma avrebbe fatto con un figlio svegliato dagli incubi.
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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Le pareva di avere le orecchie ovattate, non sentiva nulla di ciò che accadeva attorno a sé, anche se comunque nulla sarebbe dovuto accadere, visto che era notte e in teoria erano tutti a dormire. I suoi singhiozzi sommessi, in quel modo, risuonavano leggeri nel corridoio, come un piccolo eco lontano.
    Improvvisamente, una presenza accanto a lei -seguito da una voce- quasi la fece sobbalzare, tanto era assorta. Ma capì ben presto che si trattasse della professoressa Ivanova, la docente di incantesimi. Il suo tono era dolce ed era impossibile non riconoscerlo, quindi alzò la testa, volgendole i suoi occhi scuri e tristi. Lasciò che posasse la sua mano sulla propria schiena, cercando di darsi un contegno e apparire forte come avrebbe sempre voluto essere, anche se quegli incubi non la facevano dormire, tantomeno quella notte che l'avevano addirittura spinta ad avventurarsi nei corridoi notturni. Poi, il ricordo di Mark, fu sufficiente per piegarla in quel momento e spingerla a scivolare a terra, senza fare resistenza contro i suoi stessi sentimenti. Sentì il suo braccio attorno alle spalle e si lasciò posare contro il petto della donna, non opponendo resistenza nemmeno a quel gesto. Se si fosse trattato di qualsiasi altro docente, probabilmente avrebbe provato a mascherare il tutto dietro un sorriso spavaldo, ad asciugarsi le lacrime e tornare a testa alta in dormitorio, ma... con Eva era diverso.
    Intanto, in quel momento, la mano della donna sui propri capelli stava avendo più effetto di un calmante, portando la giovane a respirare regolarmente, senza però riuscire a placare le lacrime che, anzi, crebbero d'intensità. Ma si poteva fidare di Eva? Sentiva che stava scoppiando, che non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, compresa quella relazione meravigliosa ma a tratti distruttiva. No, Eva non avrebbe mai fatto la spia, non avrebbe mai detto nulla agli altri docenti o peggio alla preside di tutto quello che stava succedendo e stava per succedere.
    Io... ho avuto degli incubi provò a spiegare, cercando nuovamente -invano- di darsi una calmata. Ho rivisto la gita in Egitto, la schiavitù... poi me in una voragine, incapace di aiutare i miei amici e mio figlio, lo stesso incubo che faccio quasi costantemente dopo Halloween e... infine... si bloccò, perché il terzo incubo era quello il cui parlarne poteva essere più pericoloso. Fece una pausa, tirando su col naso. ...Posso fidarmi di lei? chiese in un sussurro. Tutto ciò che le bastava era un assenso, un qualsiasi cenno... e si sarebbe liberata di quel peso.
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    Eva era una di quelle docenti, che cercava di tenere sempre a mente che quei ragazzi, prima di essere studenti erano degli adolescenti che avevano a che fare, per la prima volta, con la vita e con tutti gli ostacoli che metteva loro davanti.
    Trovarsi davanti a Whitemore, in quelle condizioni, era quasi come se il fato avesse deciso di farle incontrare nuovamente, come quella volta al lago, per farle riavvicinare in un altro momento difficile e importante, allo stesso tempo.
    Senza farsi problemi di forma, la strinse a sé, sentendola accasciarsi sul petto. La lasciò piangere, mentre le carezzava delicatamente i capelli corvini e non diceva niente. Cercava di respirare profondamente e con tranquillità, così da trasmettere alla piccola opale, almeno un minimo della sicurezza che voleva darle. Sembrava calmarsi, ma le lacrime non si arrestavano. Andava bene così, doveva cacciar fuori tutto quello che aveva dentro e sentirsi libera, altrimenti non avrebbe metabolizzato mai niente di quello che la faceva soffrire.
    Quando riprese a parlare, la mano della docente non si fermò e si fece più dolce e morbida, quasi come un velo che scivolava ritmicamente sulla sua testa.
    «Oh, Jessica...» - sussurrò appena, a quella breve confessione, mentre il braccio che le cingeva le spalle la strinse appena un po' di più. Alla sua domanda, tirò un respiro leggero «Certo che puoi farlo, Jessica. Prima di essere la tua insegnante, sono una donna e per l'età che ho, potrei esserti madre. Ti sto vedendo crescere, di anno in anno e non c'è niente per cui potrei pensare di lasciarti da sola, soprattutto in un momento difficile come quello che sembri passare.» - il suo era un sussurro caldo e sincero, rassicurante a tratti, ma che non ammetteva menzogne verso la ragazzina - «Se non ti liberi di questi pesi, li sentirai come macigni e non potrei mai perdonarmi di non aver diviso con te questi fardelli che ti porti dietro... avanti, liberati una buona volta. Affronteremo insieme qualsiasi problema, signorina...» - le sorrise, così come una madre farebbe con una figlia e lasciò alla black opal, lo spazio necessario per togliersi quel peso che la distruggeva.
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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Lasciò che, per un po', il silenzio fosse rotto solamente dalle sue lacrime e dai suoi singhiozzi che nemmeno le dolci carezze della donna, potevano arrestare, per quanto fossero di enorme conforto per la corvina.
    Per troppo tempo si era tenuta dentro tutto, ora a causa di alcuni incubi, era scoppiata. Non sapeva nemmeno perché i suoi passi l'avessero condotta nel corridoio dov'era avvenuto il tentativo di stupro, ma ciò non fece altro che accentuare il dolore che pareva minacciare di farle esplodere il petto.
    La dolce voce della docente era senza ombra di dubbio un toccasana per una ragazzina quasi spaventata e piangente come lei e... decise di confessarle un enorme peso che finora sapevano solo pochissime persone -ma forse troppe, visto l'entità della questione.
    Rialzò la testa, tirando appena su col naso e strofinandosi gli occhi quasi con rabbia; rabbia contro se stessa per essersi permessa di mostrarsi debole a tal punto davanti ad un'insegnante, coloro davanti a cui aveva sempre fatto muso duro, mostrando di rado le sue debolezze e mai fino a tal punto. Daniele -ovviamente- a parte, era successo solo con Lance ad inizio anno, dopo la sua lezione, ma la disperazione di Jess non era minimamente paragonabile a quella che aveva dimostrato ad Eva, anche perché quell'ottobre l'unico suo problema era come crescere al meglio un bambino ma godersi comunque la vita.
    Io... ho fatto una grande cazzat- si fermò un attimo, come se si fosse ricordata che affianco a lei non c'era un'amica o davvero sua madre, ma una docente. Volevo dire... cavolata. Ma è... l'errore più bello della mia vita... ovviamente dopo la nascita di Alex, anche se non lo definirei errore, ma imprevisto. Un imprevisto meraviglioso. Scosse con forza la testa, accorgendosi che stava divagando alla grande. Mi sono innamorata confessò, in un soffio. Sicuramente la bionda avrebbe potuto chiederle dove fosse il problema di una cosa così naturale e bella, beh... il problema persisteva eccome.
    Di un... un suo collega. Questa volta abbassò ulteriormente la voce. La donna non avrebbe mai potuto sentire quella frase, se non fossero state così vicine. Per favore, non lo dica alla preside... la supplicò, ignara che di lì a qualche mese, la preside lo sarebbe venuto a sapere eccome, anche se non per mano di Eva.
    Io non so cosa fare! Il fatto è che mi fa sentire così speciale... ha fatto espellere Mark per me... è stato così comprensivo quando gli ho detto che Mark mi ha... ha tentato di... non riusciva nemmeno a dirlo, perciò lasciò che la donna capisse da sola cosa voleva dire. E mi ha detto che è innamorato di me... mi fa sentire davvero bene... è un sogno.
    Si era liberata di ciò che teneva dentro, ora aveva solo paura della reazione della donna.
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    Quell'età era così fragile e si spezzava facilmente, che Eva era sempre preoccupata per ognuno dei propri studenti. Avere tra le braccia Jessica che piangeva, le aveva spezzato qualcosa dentro.
    La lasciò piangere quanto voleva, perché sapeva quanto era importante per una donna doverlo fare, almeno una volta ogni tanto, soprattutto se sulle sue spalle c'erano tante situazioni più grandi di sé, come per esempio un bambino che era arrivato in giovane età.
    La guardò strofinarsi gli occhi, sorridendo dolcemente e poi cacciando dalla tasca un fazzoletto di stoffa profumato di lavanda. Glielo porse «Usa questo» - con dolcezza le sussurrò quelle parole, cedendole il pezzo di stoffa morbido.
    Quando la ragazzina iniziò a parlare, trattenne una piccola risata innocente quando si corresse per il linguaggio, ma non la volle interrompere per dirle che poteva usare anche le parolacce, in quel momento.
    Lasciò che il suo sfogo prendesse il via, fino alla fine, fino a quando lei non avesse voluto fermarsi. Corrugò la fronte, sentendo come il dualismo dei suoi sentimenti era forte, una cazzata, una meravigliosa cazzata. Poi sussultò appena quando questa cazzata venne rivelata, sgranando di poco le iridi celesti.
    Eva non disse niente, lasciò che la ragazza proseguisse, senza emettere alcun suono. Respirava piano e dentro di sé tante furono le domande che le nacquero, ma che probabilmente non avrebbero avuto risposta.
    Lasciò un po' di silenzio dopo quella confessione, poi una mano si allungò sulla testa della mora «Eh già... hai fatto proprio una cazzata, signorina.» - sottolineò quella parola, come se le avesse appena dato il permesso di usare un linguaggio un po' più scurrile, nonostante lei fosse una sua insegnante.
    Eppure, nemmeno Eva si sentiva nei panni della docente, adesso che aveva Jessica tra le braccia. La preoccupazione che dapprima l'aveva colpita, in seguito a quella confessione, infatti, non fu per il docente in questione o per quanto potesse essere sbagliata una relazione del genere, ma per la ragazza.
    «Non dirò niente alla Burke, sta' tranquilla...» - la rassicurò, con quel tono basso e dolce, classico di una mamma che sta consolando la propria bambina, alle prese con le prime grandi ferite della vita.
    La mano scese dai capelli, alle spalle, cercando di afferrarle entrambe e farsi guardare dalla ragazza «Devi seguire quello che hai qui dentro, Jessica» - la mano, delicatamente scivolò sul petto della ragazza, in mezzo ai seni, più su di essi a sentire lì dove le batteva il cuore «Mi dispiace quello che tu abbia provato con Mark e credimi, lo sono venuta a sapere troppo tardi, purtroppo. Tuttavia, non è di questo che mi preoccupo adesso che lui non c'è più, ma di quanto questa relazione possa farti male. Suvvia, guardati... mi stai parlando di una cosa favolosa come l'amore, ma stai piangendo. Cosa ti spaventa? Di cosa hai il timore?» - le dita premettero sulle spalle gentilmente, mentre il sorriso si fece ancora più delicato «Se posso... chi è il professore di cui ti sei innamorata?» - domandò, prima di proseguire con la sua raccomandazione, avrebbe voluto sapere prima da chi doveva guardarsi la ragazza, poi Eva avrebbe continuato «Io voglio solo una cosa, mia cara, voglio che tu non soffra per lui. Hai un'età bellissima, dove ogni attimo va vissuto fino alla fine, va succhiato come se fosse linfa vitale. Fa che lui non rubi quel dolce sorriso che ti illumina, sii sempre tu la priorità di te stessa, il tuo bene e quello di Alex sono la cosa fondamentale. Se lui davvero ti ama, come ti ha confessato, saprà starti accanto e farti sentire la donna giusta ad ogni occasione...» - inclinò il capo, sorridendo appena.
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    Jessica Whitemore | Black Opal
    Afferrò con delicatezza il fazzoletto che la bionda le stava porgendo, cercando quindi di asciugarsi le lacrime senza particolare successo. Aveva paura di ciò che stava per dire, forse poteva sembrare stupido. Forse... forse l'avrebbe giudicata come una facile, forse avrebbe pensato che andava a letto con un docente solo per avere buoni voti. Forse... La sua testa ne era piena, di forse. Non sapeva cosa fare o come comportarsi, aveva paura ma al contempo voleva stringere quello che considerava l'amore della sua vita e che, di lì a poco, non sarebbe stato nemmeno un ricordo lontano.
    Piegò accuratamente il fazzoletto, più per rimanere impegnata e tergiversare che per altro. Il cuore le batteva con forza contro le costole, quasi dolorosamente. Stava veramente per dire ad una docente, che era innamorata di un suo collega? E che la cosa era ricambiata? Si morse il labbro, ancora un attimo incerta prima di riversare quel fiume di pensieri che aveva in testa, sentendosi libera non appena ogni parola fu pronunciata, fuoriuscendo proprio come un fiume in piena. Pensieri che finora aveva evitato accuratamente di condividere. Non voleva che gli altri la vedessero "debole" o "stupida", né che la considerassero eccessivamente smielata o che la prendessero in giro. Ma Eva... lei sembrava quasi la madre che non aveva più e per un secondo si chiese dove fosse la sua vera madre, se la stesse pensando, se stesse guardando il cielo chiedendosi perché avesse fatto una stronzata come abbandonare la sua unica figlia.
    Quando finì di esporsi, si rimise al giudizio della bionda, abbassando lo sguardo per paura di vedere rimprovero negli occhi chiari della docente, anche se non poté trattenere un piccolo sorriso alle sue parole. Scosse un po' la testa e finì di asciugarsi i residui delle lacrime. Io... la ringrazio sussurrò, una volta appreso che non avrebbe messo al corrente la preside di una cosa così intima, proibita... forse sbagliata. Ma che la faceva sentire viva.
    Sussultò quando sentì le mani della donna sulle spalle. Alzò lo sguardo, puntando le pozze nere dei suoi occhi, in quelli decisamente più chiari di Eva.
    Lasciò che la sua mano scorresse su di lei fino a fermarsi sul cuore, che stava ancora battendo all'impazzata. In quel momento, avrebbe solo voluto abbracciarla e dirle un sacco di cose. Dirle...
    Non è colpa sua, non poteva saperlo... sono io che... quando Mia me lo ha raccontato, non ho fatto niente per... impedire che accadesse ancora. Tirò appena su col naso. Ho lasciato che mi... toccasse... ero troppo spaventata. È stato Blake a... è venuto lui in mio soccorso. Gli devo molto confidò, in un sussurro appena accennato. Poi si concentrò sulla sua successiva domanda.
    Io... è una cosa stupida sbuffò piano, distogliendo ancora una volta lo sguardo. Ma l'ho sognato con... un'altra. La sua ex che ci prova da mesi con lui perché... un giorno l'ho vista insieme a lui, anche se era tutta una montatura e... io e Blake abbiamo rigato la macchina sia a lei che a lui una lieve risatina imbarazzata lasciò le sue labbra mentre quel piccolo atto di vandalismo veniva confessato. Ho paura di... non bastargli perché sono piccola... anche se ha sempre dimostrato che, per lui, ci sono solo io... fece una pausa, rilassandosi in maniera impercettibile. È... il professor Salvatore confessò in un soffio lievissimo, quasi inudibile. Lo amo, professoressa. Non riesco a spiegarlo a parole ma... nessuno mi ha mai fatto battere il cuore come è riuscito a fare lui. Non so se le è mai successo.... dopo quell'ulteriore confessione, prese coraggio e si sporse ad abbracciare la donna, a cercare conforto tra le sue braccia.
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    Quella ragazzina le faceva davvero tanta tenerezza, doveva essere sincera. Provava per lei un senso di protezione speciale che non sapeva ben spiegare e quando la sentì piangere le si ruppe qualcosa dentro che adesso voleva provare a rimarginare con la stessa Jessica.
    Quella rivelazione fu forte, ma non da un punto di vista morale: la preoccupazione di Eva era maggiore per l'eventuale delusione che Jessica potesse subire alle prese con un uomo più grande di lui
    Dire che voleva bene a Jessica, forse avrebbe scaturito perplessità sul suo essere oggettiva, ma lì non si parlava di una questione scolastica, ma di come quella ragazza stava crescendo senza una guida materna.
    Il sorriso di Eva era dolce e amorevole e non ci fu una sola volta in cui Jessica non potè osservarlo, non si spense nel parlare con lei, anzì aumentò di intensità a poco a poco che le spiegava le sue preoccupazioni.
    «Jessica, ricordati che puoi fare affidamento su di me in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo.» - rispose in riferimento all'accaduto con Mark che adesso non era più un problema per nessuna studentessa.
    Quando lei le raccontò il suo sogno, il volto di Eva si contrasse di dolcezza e rivide lei con le sue paure per il suo grande amore ai tempi di Hogwarts «Tesoro...» - sibillò stringendola a sé «I sogni, spesso sono le proiezioni delle nostre paure più grandi. Il nostro cervello fa dei brutti scherzi e razionalizza, nel sogno, qualcosa che spesso non è reale. Non devi lasciarti condizionare da quello che la tua mente proietta a causa delle tue paure e... fingerò di non sapere che avete rigato delle macchine, ma ricordati che per stare con un uomo più grande, devi cercare di essere anche tu più matura. E' lui che deve sentirsi piccolo davanti a te, a prescindere dalla tua età.» - le carezzò i capelli, quindi, per poi sentire il nome del docente, senza fare una piega «Chiunque esso sia, l'amore non si spiega, Jessica. Non cercare una soluzione razionale ad un'emozione che è piena di impulso e istinto. Pensa te, alla mia età ho perso la testa per uno dei tuoi professori e mi sento un'adolescente proprio come te! Non è divertente come cosa?» - cercò di farle capire che l'amore non aveva spiegazioni, a qualsiasi età «E se ti fa stare bene, vivilo fino alla fine, briciola dopo briciola, goccia dopo goccia, ogni giorno. Ma ricordati sempre di rispettare te stessa, in primis.» - concluse per un attimo. Poi fece leva per sollevarsi e allungò una mano alla ragazza «Andiamo, hai bisogno di dormire. Puoi stare da me, questa notte, ti farò una camomilla e starò attenta che i tuoi incubi non ti sveglino.» - quindi l'accompagnò nella sua stessa stanza, dove avrebbe fatto passare la notte alla studentessa.
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