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.LILITH CLARKEDiotase - PrefettoCode ©#fishbone
Erano stati dei mesi intensi gli ultimi che Lilith e Blake avevano vissuto. Finalmente avevano trovato quell'intesa sessuale che avevano perso in seguito agli avvenimenti di Ottobre ed entrambi erano felici, talmente tanto da recuperare il tempo perso ogni volta che potevano, anche più volte al giorno.
Ma, trasportarti da questo impeto, c'erano state delle volte in cui non erano stati proprio attenti a... seguire le precauzioni del caso. Che non usassero preservativi, questo ormai era una prassi, ma avevano la capacità di trovare modi alternativi per arrivare a conclusione dell'atto, senza pericoli alcuni.
Tuttavia, una delle ultime volte, quest'attenzione non ce l'avevano messa, perché la foga di come tutto era iniziato, non aveva dato loro molta razionalità da poter ragionare sulle possibili conseguenze.
«Devo dirglielo... ma come...» Lilith era nella stanza che aveva visto nascere quella coppia impetuosa dal nulla, poco meno di un anno prima, seduta su quella stessa poltrona dove i loro corpi si erano cercati e le loro labbra avevano messo il punto di inizio a quella relazione.
Aveva tra le mani il suo magifonino, con la chat di Blake aperta e lo stomaco che era in subbuglio.
Aveva due occhiaie pazzesche ed era bianca in volto, per le nottate degli ultimi due giorni.
Stava succedendo qualcosa di inaspettato e questo avrebbe, probabilmente, rivoluzionato le loro vite, completamente, qualsiasi decisione avessero preso.
Provava a scrivere quel messaggio più volte, fino a quando non le sembrava perfetto. Ma di perfetto, non poteva esserci niente in quello che stava per accadere.
La sua paura era rivolta alla reazione negativa che avrebbe potuto avere Blake, in quella rivelazione.Ehi amore... Dobbiamo parlare, vieni dove tutto è iniziato. Ti aspetto qui ♥
Alla fine lo aveva inviato, iniziò a rigirarsi tra le mani l'apparecchio, portandolo di tanto in tanto alla bocca, nervosa e agitata.
E se l'avesse lasciata?
Forse stava sbagliando, forse avrebbe dovuto sentire prima Jessica, e con lei avrebbe dovuto fare il test, per poi decidere con lei cosa fare realmente. Forse Blake non doveva saperlo, sarebbe stato un qualcosa di ingestibile per uno come lui.
Ma ormai il dado era tratto e lei, aveva deciso che anche questo sarebbe stato un passo da affrontare insieme.
Rimase a guardare il vuoto, nel buio di quella stanza dove non aveva acceso nemmeno le luci, sarebbe arrivato, no? L'unica luce che si vedeva, se lui fosse entrato, sarebbe stata quella dello schermo del suo cellulare, che guardava freneticamente per vedere se avesse ricevuto risposta.. -
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L'attesa era più straziante del solito, questa volta. Controllava nevroticamente il telefono dopo il suo messaggio e contava i minuti che passavano.
Non ne furono molti quando sentì il clack della porta che si apriva e la voce di quello che era il suo ragazzo.
Ingoiò a vuoto, quindi, mentre lo sentiva avvicinare «Ho dormito poco, a dire il vero, la luce mi dà fastidio...» la sua voce era, effettivamente, molto stanca. Era così bello averlo attorno, quel giorno, che quasi voleva rimandare il tutto e optare per l'opzione Jessica.
Il viso si alzò al suo comando, come se avesse riconosciuto a chi appartenesse, quindi chiuse gli occhi ricambiando dolcemente quel bacio «No, non sono nuda... ho la divisa, cosa che tu non hai... ma non fa niente.» sorrise appena, preoccupata. Doveva ammetterlo, la tuta stava così bene a Blake che quasi non gli dispiaceva vederlo in quell'outfit. Tuttavia, non erano lì per questo, giusto?
Si alzò, lasciando che lui si sedesse al posto suo e si mise a cavalcioni in braccio a lui, fregandosene se fosse la mutandina a poggiare su quella tuta, visto che la gonna si era sollevata.
Portò le mani attorno al suo collo, mentre poggiò la fronte alla sua. Chiuse gli occhi e rise, scosse il capo, muovendo appena la bocca «Niente... non hai fatto niente...» in parte era vero, non era mica colpa sua, no? Erano stati entrambi «O meglio, abbiamo fatto un pasticcio, credo... entrambi.» stava cercando di essere il più diplomatica possibile, ma sapeva che a Blake non piaceva tergiversare. Cercò le sue labbra, quasi come se fosse un diversivo e le baciò intensamente, sentendone la morbidezza, come se le fossero mancate «Senti, Blake, non voglio girarci intorno, ok? Però devi giurarmi di dirmi qualsiasi cosa ti venga in mente, dopo che ti avrò detto cosa è successo, ok?» attese la sua risposta, poi lasciò che le loro labbra si incontrassero di nuovo e che le sue dita giocassero con i capelli, dolcemente. Non sapeva come dirlo, rimase a poca distanza dalle sue labbra, mordendosi l'interno delle proprie, voleva torvare il modo giusto, ma c'era solo un modo per dirlo in maniera diretta e semplice «Ho paura di essere incinta.» un sussurro, poi gli occhi che si chiusero e le mani che strinsero la presa attorno al suo collo, per paura che lui andasse via.. -
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Per fortuna Blake non aveva capito niente di quello che stava succedendo. Per fortuna o per sfortuna? Gli sarebbe caduto addosso tutto, nel momento in cui Lilith glielo avrebbe detto, ma poi? Cosa sarebbe successo?
Alla sua battuta cercò di fingere un sorriso rilassato, ma non rispose, non sapeva davvero cosa dire e non poteva mica mentirgli, dandogli una risposta banale.
Di banale, quella volta, non c'era niente: non era una delle sue scenate, non una delle sue idee romantiche. No, niente di questo era in programma per il ragazzo.
Forse il ragazzo aveva capito che c'era qualcosa che non andava, la conosceva troppo bene e il suo atteggiamento non era dei soliti, non c'era stata nessuna minaccia di decurtare punti per la mancanza della divisa, insomma, non era la solita Lilith. E lui lo sapeva.
Sentì le sue mani sul sedere e questo la fece un attimo rabbrividire. Non voleva mettergliele via, perché sarebbe stato ancora più strano, ma questo era solo l'inizio di una lenta caduta.
Quando Lilith riferì a Blake cosa stesse accadendo, si aspettava tutto: urla, rottura di oggetti, fine della loro storia, ma non tutto quel silenzio.
Lilith cercò di non guardarlo, calandò lo sguardo che si fece liquido e in un sussurro, nascosta tra quei ricci che avevano coperto in parte il suo volto, sussurrò qualcosa «Hai promesso. Qualsiasi cosa ti venga in mente. Il tuo silenzio mi uccide più di altre mille parole.» voleva sapere le sue paure quali fossero, ripensò al settembre dell'anno prima, quando aveva conosciuto Aaron e gli aveva parlato della loro famiglia, del rapporto che aveva Blake col padre.
A quella domanda scosse la testa «Volevo aspettare te...» un respiro leggero, era il tono che aveva adottato Lilith.
Sentì il suo abbraccio e questo fu un passo positivo, ma Lilith non capiva il perché di quello straziante silenzio. Non lo sopportava e piano lacrime calde iniziarono a scenderle sulle guance. Annuì appena, tra le sue braccia a quella domanda «Blake, se non te la senti, posso fare tutto da sola... mi dispiace... è colpa mia...» il tono era sempre più spezzato. Non riusciva a capire. Voleva azzardare delle parole più adatte, voleva che non ci fosse quello strano silenzio tra loro «Non voglio che tu ti senta costretto...» era sincera. Il battito del suo cuore era forte, talmente tanto che Blake avrebbe potuto sentirlo rimbombare sul suo petto.
Poi prese coraggio «Blake...» un sussurro, quel nome detto con tutto l'amore che provava verso il ragazzo. Si distanziò, per potergli sfiorare il viso, le mani erano un po' fredde, ma questo non avrebbe avuto senso, ora come ora «...tu non sei come tuo padre...» azzardò, rischiando di far scattare il ragazzo, ma voleva che lui lo sentisse dalle sue labbra. Aveva preso il viso di lui, se glielo avesse permesso e quelle parole sarebbero state sussurrate con la fronte posata su quella di Blake.. -
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Quella che stava sbattendo in faccia a Blake era sicuramente una situazione a dir poco pesante. Insomma, nessuno dei due era pronto ad un passo del genere e poi, entrambi avevano dei progetti, lei voleva concentrarsi sugli studi, diventare Auror, un bambino avrebbe sicuramente rallentato gran parte di questo piano.
Si trovava tra le sue braccia e questo rendeva più semplice qualsiasi difficoltà, ma quel silenzio che venne dopo la probabilità che gli aveva posto, la stava uccidendo. Non sapeva cosa dire, cosa pensare. Aveva sbagliato, questo era poco ma sicuro. Stavano andando avanti in quelle situazioni così difficili che avevano vissuto e ora era piombata sulle loro spalle questa nuova problematica. Quando riprese a parlare, Lilith stava già contando le lacrime che scendevano sulle sue guance, che in quel buio non si sarebbero viste, per fortuna, silenziose rigavano il suo viso. Eppure, Blake, sapeva sempre quando lei piangeva. E la sua mano andò a recuperare il liquido salato, con la stessa dolcezza di sempre. Sentì la mano all'altezza del suo cuore e lei appoggiò la sua, un po' tremolante. Avrebbe potuto sentire il suo cuore battere a mille, mentre parlava.
Annuì appena a quelle parole, anche se non era assolutamente facile darsi una calmata.
Quando lanciò quella bomba, la reazione di Blake era aspettata, ma non con quella veemenza. Scosse la testa energicamente «No Blake, non è come credi...» non aveva chiesto ad Aaron del padre, era semplicemente venuto fuori e il fratello aveva deciso che avrebbe dovuto saperlo. Lei non aveva fatto nulla.
Sentì ritirare le mani e Lilith sgranò gli occhi. «Non l'ho chiesto ad Aaron, cazzo! Me lo ha detto lui! Me lo ha raccontato senza che io chiedessi realmente qualcosa, Blake!» stava agitandosi di nuovo. Alla sua richiesta, lei scosse il capo ancora una volta. «No. Non mi alzo.» disse decisa in un sussurro «Controllati Blake, e ascoltami.» forse quel controllati l'avrebbe fatto arrabbiare ancora di più, ma non le importava, era pronta anche ad essere spinta via, a terra, qualsiasi cosa, ma non si sarebbe alzata. Anzì, le dita affusolate strinsero ancora di più il collo del ragazzo «Blake, io non ho chiesto niente. Aaron mi ha raccontato sommariamente, ma non ci vedo niente di male in questo. La cosa l'avremmo affrontata insieme più in avanti, sicuramente, ma non mi aspettavo che avremmo toccato l'argomento in... questo stato. Insomma, rischiamo di essere genitori ed è giusto che tu - cazzo - mi dica che schifo ti passa per quella testa di merda che ti ritrovi!» non stava gridando, ma stava piangendo e sentiva il cuore batterle all'impazzata, come quella volta che si erano lasciati. Era di nuovo la fine?. -
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Era chiaro che Lilith non voleva litigare, quel pomeriggio, non in quella situazione.
Ma sapeva che toccando il tasto del padre, avrebbe fatto sclerare Blake, ma non poteva rimandare, non ora che avevano da prendere in faccia quella batosta che li portava a rischiare di diventare genitori.
Lei voleva sapere quanto nella sua testa quel pensiero che aveva ipotizzato fosse reale.
Sollevò una mano, sciogliendo la stretta dietro il suo collo per accarezzare delicatamente quella guancia che si era indurita per la rabbia «Blake...» il sussurro del suo nome, carico di quell'amore che provava per lui. Avevano iniziato quella storia con delle aspettative basse, entrambi, ma erano arrivati fino ad amarsi sul serio, fino a diventare inseparabili e gestivano quella storia giorno per giorno con i loro scleri e le loro situazioni di gelosia, la vivevano a tutti gli effetti erano diventati inseparabili e non sarebbe stato un genitore sbagliato a dividerli oggi.
Voleva guardare i suoi occhi, voleva leggere dentro di loro cosa stava accadendo dentro il ragazzo «...guardami... ti prego...» lo stava supplicando, mentre la mano continuava a rimanere sul suo viso.
Sentì le sue guance gonfiarsi per quello sbuffo, sollevò le spalle, non c'era una risposta a quella domanda, Blake sapeva che Aaron aveva parlato con lei solo per il suo bene.
Sentì le mani tremare sulle sue cosce, non fece in tempo a contare fino a tre che già lo fece arrabbiare di nuovo.
Sentì la stretta farsi più presente su quella pelle, quando la risposta arrivò. Lilith aggrottò la fronte «B-Blake...» balbettò appena il suo nome, mentre le sue mani si spostarono su quelle di lui, che sembravano diventare una morsa sulla pelle di Lilith. Cercò dolcemente di allargare quelle dita e di incrociarle con le sue «Tu... non sei lui...» gli disse in quel sussurro di dolcezza, prima di avvicinare la fronte alla sua e ascoltare quello che aveva da dire.
Sorrise dolcemente, il suo cuore si scaldò all'idea che lui aveva pensato ad una famiglia insieme. Era la prima volta che lo diceva, ma forse perché era la prima volta che l'idea concreta di metter su famiglia si affacciasse sulle loro vite. «Blake... non succederà. Non è stata colpa tua, ma so che dirtelo non cambierebbe nulla. Una donna, per i propri figli sa cosa è giusto fare. Non c'è egoismo in una madre, non verso i propri figli. E lei, ha solo donato a te la sua stessa vita. Ha deciso cos'era giusto per entrambi. Tuo padre non è riuscito a capirlo, ma questo non significa che tu sia come lui. Da quando stiamo insieme siamo cresciuti e tu hai fatto dei passi avanti che nemmeno ti rendi conto di aver fatto. Hai fatto sacrifici per me, hai dimostrato il tuo amore nei miei confronti e ... hai detto che mi ami. Noi abbiamo qualcosa che tutto il mondo non ha: l'altro. E sarà così per sempre e... tu sai esattamente cosa non vuoi essere, e io ti aiuterò a non diventarlo, ma sono certa che non accadrà, non quando ti specchierai negli occhi dei tuoi figli e riconoscerai i nostri occhi. Li amerai a prescindere da noi, perché sono il frutto di quello che siamo noi. E se mai avessi dubbi di questo, io sarò qui a ricordartelo.»
Socchiuse gli occhi e si beò di quel tocco leggero sulla schiena, facendosi più stretta a lui con tutto il corpo. Sbuffò una risata «Sei il mio casino preferito, Barnes.». -
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