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.17 YO ✕ Black Opal ✕ young mother“this may be the night that my dreams might let me know. All the stars approach you ♪
Inizialmente era un giorno tranquillo, un tranquillo pomeriggio di marzo e le lezioni erano appena finite. Quel giorno si era attardata per fare qualche domanda al professore. E non solo perché quel professore era Daniele. Stranamente, quel giorno aveva solamente bisogno di un chiarimento sulla lezione e così aveva fatto. Glielo aveva chiesto e poi si era defilata. Sia perché -stranamente- aveva sonno, sia perché sapeva che se fosse restata un minuto di più, non sarebbe di certo tornata ai suoi dormitori.
Ad ogni modo, finalmente quella lunga ed estenuante giornata era finita e si poteva concedere un po' di riposo. Non aveva proprio le forze di fare alcun compito, quindi avrebbe rimandato tutto al giorno dopo. Fece un respiro profondo e si avviò verso la strada che avrebbe portato ai dormitori. Scese quindi quelle della torre e raggiunse ben presto quelle principali che si diramavano all'insù verso ogni piano di quell'immensa Accademia. Quella sera era particolarmente contenta perché aveva potuto vedere l'uomo che amava e non le interessava nient'altro. Quindi prese a salire le scale piuttosto distratta da pensieri non esattamente casti, perciò non si accorse di avere qualcuno che la seguiva, non si accorse di avere qualcuno dietro fin quando non fu inevitabile accorgersene ed impossibile andarsene. Sentì delle mani salde afferrarle il braccio e piegarglielo con forza dietro la schiena, procurandole una fitta alla spalla che le fece sfuggire un gemito di dolore, seppur quasi inudibile.
Fu spinta verso il muro da qualcuno di piuttosto forte, decisamente più forte di lei, ma non riuscì a vedere chi, non subito. Tutto quello che provò, comunque, fu terrore. Era sera ed era da sola, tutti i suoi compagni saranno stati sicuramente nei dormitori, visto che mancava poco al coprifuoco e i professori anche, o comunque in sala insegnanti o in altri luoghi ben lontani da là. Sentì il fiato caldo di quel ragazzo -perché altro non poteva essere che un ragazzo- contro l'orecchio e subito dopo le arrivò il suo tono viscido. Quando parlò, lo riconobbe subito. Mark. Era quasi lo stesso tono che aveva usato con Mia quel pomeriggio nei corridoi, solo che stavolta aveva un'inclinazione che non le piaceva affatto, che la spaventava. Lasciami brutto stronzo esclamò, provando a dimenarsi per liberare il braccio, con l'unico risultato che le fitte alla spalla crebbero d'intensità. La spinse ancora di più contro al muro e si sentì davvero in trappola. Oh, perché non era rimasta da Daniele? Bastava poco tempo in più, magari le avrebbe proposto di dormire da lui e tutto quello non sarebbe mai successo. Quando, con una gamba, il ragazzo si insinuò tra le sue per fargliele allargare, capì immediatamente cosa intendesse fare. E il peggio era che quella sera, non aveva nemmeno l'orrida e lunga gonna della divisa, bensì una un po' più corta. Certo, lo aveva fatto per il docente, ma anche perché meno metteva la divisa, meglio era! Si morse l'interno guancia e cercò ancora di liberarsi, ma fu tutto inutile. Sentiva chiaramente la presenza della sua gamba tra le proprie e, ancora una volta, fu presa dal panico. Cosa avrebbe potuto fare? Lasciami stare, ho detto ripetè, con meno convinzione. Prima o poi... passerà qualcuno e non finirà bene, per te![code by psiche]
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Jessica aveva paura. Tremendamente paura. Non sapeva fino a dove si sarebbe spinto, non sapeva se stesse facendo sul serio o volesse solo spaventarla. Ma qualsiasi fosse il suo intento, ci stava riuscendo perfettamente perché Jessica si lasciò attanagliare dal terrore, un terrore che non aveva provato nemmeno tra i tentacoli del Malboro. Perché allora non era sola, ma quella notte... quella notte era sola. Nessuno l'avrebbe aiutata. Una lacrima le solcò una guancia, ma cercò di fare la donna forte come faceva sempre, sebbene volesse solamente piangere. Lei non voleva stare ferma. Ci provò, a muoversi. A divincolarsi. Ma la presa del ragazzo era decisamente più forte di lei. Le strinse di più il braccio, spingendolo contro la schiena e facendole provare un dolore acuto, le sembrava quasi di sentire le ossa, i legamenti, rompersi, ma ovviamente non era una cosa possibile, non aveva certo un udito così sviluppato. Quando lui le fece il verso, Jess si mosse il labbro. Mark, ascolta... se mi lasci... se te ne vai, non dirò nulla a nessuno... Non era assolutamente da Jessica una frase del genere, non era da lei provare a negoziare, ma cos'altro poteva fare? Era davvero in preda al panico e non riusciva proprio a muoversi. Ti prego, mi fai male... sussurrò, con la voce strozzata. Vi supplico, qualcuno mi aiuti pensò, disperata più che mai.
Alle sue successive parole, Jess si sentì davvero come lui la stava definendo. Una puttana. Si stava sentendo dannatamente sporca, dannatamente sbagliata. Si accasciò contro il muro, non aveva più la forza di resistere a quella forza molto più grande della sua. Sentì il suo membro che premeva contro di lei e le sfuggì un singhiozzo. Lasciami in pace... provò a sussurrare, con un nodo alla gola. Sentì le sue labbra sul collo e chiuse gli occhi, schifata. Il suo corpo era attraversato da brividi, ma stavolta non di piacere. Con il tallone, colpì con la forza residua che aveva, la parte bassa della gamba di Mark, là in corrispondenza della tibia e dove sapeva facesse un male cane. Fu piuttosto stupida, perché così lui si sarebbe incazzato ancora di più, ma in quel momento non ci pensò. Ma le sue parole continuavano a procurarle conati di vomito.[code by psiche]
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Se pensava che avrebbe potuto violentarla là, in un corridoio? Sì, lo stava iniziando a pensare davvero. Stava iniziando a pensare che non sarebbe finita bene per lei... e aveva paura. Voleva solo scomparire, in quel momento. Era la prima volta che voleva essere davvero salvata da qualcuno; di solito voleva farcela da sola, con le sue forze e senza l'aiuto di nessuno, ma quella volta... non ce l'avrebbe fatta. Voleva disperatamente che arrivasse qualcuno. Ma chi sarebbe dovuto arrivare? Quando fosse scattato il coprifuoco e i prefetti fossero passati, lui avrebbe già potuto fare tutto ciò che voleva. Sperò che i prefetti quel giorno passassero prima. Pensò a Jesse, lui avrebbe potuto tenere testa fisicamente a Mark. Ma in cuor suo sapeva che non sarebbe passato nessuno. Deglutì a vuoto, non aveva nemmeno più saliva; la bocca le si era seccata per la paura. Jessica Whitemore era stata messa in un angolo e lui avrebbe potuto farle ciò che voleva! Chiuse gli occhi, sperando che tutto quello finisse presto. Sì, si era rassegnata a lasciarlo fare, sperando che sarebbe stato veloce e indolore... anche se quest'ultima parte era un mero desiderio. Avrebbe fatto malissimo. Mi fai schifo sibilò, ben conscia che quelle parole non avrebbero fatto altro che aumentare il suo divertimento. Non parlare così di Mia... ma non aveva la forza per dare anche un minimo di tono autoritario alla sua voce, tanto era spaventata. Quando lui le spinse il bacino contro, si sentì ancora più disgustata. Ma perché quel ragazzo aveva così tanta cattiveria in corpo? Non credeva che esistessero stronzi del genere. Cioè, di stronzi ne conosceva. Il suo migliore amico, per esempio. Ma era una stronzaggine completamente diversa. Non aveva mai pensato nemmeno per un secondo, e mai lo avrebbe pensato in futuro, che Blake potesse anche solo alzare un dito su una ragazza. Un po' maschilista lo era, ma quello non era un segreto... eppure non si sarebbe permesso mai e poi mai. Blake... quanto avrebbe voluto che fosse là in quel momento. Poi, per fortuna o sfortuna, il suo colpo andò a segno permettendo alla sua spalla di "respirare" da quella stretta d'acciaio, visto che lui aveva allentato la presa. Sentì quindi la mano di Mark afferrarle prepotentemente la testa e premerla contro il muro. Poi dire di me quello che vuoi, ma non nominare Alex replicò, decisa ma comunque non troppo, vista la situazione. Si sentiva uno schifo. Sarebbe stata stuprata. Là.
Ma poi la sentì. La sua voce. Blake era davvero lì o sentiva le voci? Magari era svenuta e se lo stava sognando? Sperò vivamente di no.
Ma la sua voce... sembrava così reale. Jess socchiuse gli occhi, cercando di girare la testa ma era ancora bloccata al muro da Mark. Blake... sussurrò, ancora incredula. Adorava il suo migliore amico così come adorava passare del tempo con lui, ma non era mai stata così felice di vederlo. Finalmente, comunque, Mark sembrò concentrarsi sull'Opale, permettendole di avere la testa libera dalla sua presa e quindi capace di girarsi. Ogni volta che la chiamava troia, puttana o in altri modi, si sentiva morire. Non per altro, ma perché in quella situazione si sentiva davvero così. Quasi avesse chiesto lei a Mark di scopare in quelle scalinate, quasi ci stesse provando piacere, sebbene in realtà non provasse altro che una paura profonda che le strisciava dentro, subdola.
Non ci credeva che Blake non avesse ancora alzato le mani su Mark, che non gli avesse ancora spaccato la faccia. Ma in quel momento, la cosa le importava solo relativamente perché finalmente c'era qualcuno che amava tra lei e il suo quasi stupratore, quindi si sentiva mille volte più sicura. Anche Blake era in grado di farla sentire davvero bene. Magari in maniera diversa rispetto a Daniele, ma anche con il suo migliore amico riusciva a sorridere sinceramente e a sentirsi se stessa. Anche perché Blake non l'avrebbe mai e poi mai giudicata, anzi. L'aveva praticamente sempre appoggiata. Ascoltò distrattamente le battute che si scambiarono... ma quando Mark insinuò che sarebbe potuto andare a letto con Lilith, Jess per un momento pensò davvero che fosse arrivata la fine per Mark. Ma invece no, Blake non alzò un dito. La guardò ed aveva un sorriso piuttosto inquietante. Ma l'aveva salvata e Jess non lo avrebbe mai ringraziato abbastanza. Quando lo vide estrarre l'accendino... beh, per la prima volta non le passò l'idea di fermarlo nemmeno per l'anticamera del cervello. Mark doveva bruciare. Doveva davvero morire. Jess non era sempre una ragazza rancorosa, dipendeva un po' dalla situazione... ma non era nemmeno una ragazza di quelle sante che avrebbe perdonato tutto a tutti militando qualche punizione divina, che ci avrebbe pensato dio o chi altro... no, quel rancore lo avrebbe portato finché non avesse visto Mark morto. Fu, comunque, una trovata geniale perché il dioptase, dopo una blanda minaccia che non avrebbe fatto paura nemmeno ad un bimbo, se ne tornò da dov'era venuto con la coda tra le gambe. Scosse il capo alla domanda di Blake. No... ci ha provato... e per lunghi minuti ho creduto che... rabbrividì al ricordo dei baci viscidi di Mark sul proprio collo e si impegnò al massimo per recuperare il suo autocontrollo e non scoppiare a piangere. Ancora. Quando disse quell'altra frase, avrebbe voluto abbracciarlo, ma... lui la sorprese facendo quel gesto per primo! Blake Barnes la abbracciò veramente. Senza essere costretto! Non ti preoccupare, non mi ci abituò tentò di scherzare lei, ma al contempo si stava godendo il calore del suo corpo che, in quel momento, era un vero toccasana per lei. Doveva ammetterlo, per un secondo aveva pensato di respingerlo. Non per cattiveria o perché non lo volesse, ma il ricordo del dioptase che la toccava, era ancora vivido nella sua mente e non se ne sarebbe andato tanto facilmente. Sì, Blake. Alex ce l'ha una famiglia. Ha me, ma... ma ha anche voi. Non sai quanto io sia contenta di avere degli amici che non mi giudichino e accettino anche lui... a tal proposito... volevo chiederti una cosa piuttosto importante per me. Propose, con la testa posata contro la sua spalla. Sì... ha davvero aggirato Mia affinché andasse a letto con lui. Aveva solo dodici anni, lei. Confessò, a malincuore. Oh Blake, grazie... sospirò, lasciando per un secondo i pensieri negativi fuori dalla sua testa.[code by psiche]
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Blake in quel caso era stata una vera benedizione, non osava immaginare cosa sarebbe successo se l'Opale non fosse passato di là in quel momento. Alla fine, non faceva solamente guai!
E l'aveva pure abbracciata. Wow, doveva sentirsi proprio generoso Barnes, quel giorno. Annuì e cercò di sorridere quando si staccarono. Già, l'importante è che non lo abbia fatto replicò, con un filo di voce. Dire che era sconvolta, era poco. Forse era un pensiero da egoisti, ma avrebbe davvero voluto che Blake picchiasse Mark. Ma, da un lato, era felice che non l'avesse fatto. Non doveva assolutamente mettersi nei guai, la sua permanenza in Accademia era ancora appena ad un filo e la rissa non avrebbe giovato alla sua condotta. Quando lui le asciugò una lacrima, si sentì sorpresa ancora una volta, perché non era un gesto da lui, ma le piaceva anche questo del loro rapporto, quella stranezza. Un giorno litigavano e sembrava quasi che la loro amicizia fosse finita, il giorno dopo, si abbracciavano e ridevano insieme. Ehi, io so tirare cazzotti protestò Ma quel vigliacco mi ha presa alle spalle... probabilmente dopo l'ultima volta, non aveva le palle di affrontarmi faccia a faccia. Jess era ancora spaventata, aveva fin troppa paura. Ma odiava sentirsi debole e mostrarsi debole, quindi cercava ad ogni costo di fare la spavalda per far finta, davanti agli altri, di star bene. Ma una volta a letto, sarebbe crollata. E non nel senso che si sarebbe beatamente addormentata. Probabilmente avrebbe pianto. Basta, decise che il giorno dopo -che era sabato- se ne sarebbe andata da quel posto di merda, avrebbe passato un normalissimo weekend a Londra con Alex e con Charlie, non avrebbe avvisato nessuno della sua partenza, non voleva domande e voleva stare in pace per due giorni, quasi fosse una normalissima studentessa babbana il cui unico pensiero fosse prendere un bel voto al compito in classe. Sospirò alle parole dell'amico ed annuì. Mia è sempre stata una ragazza molto insicura, anche se cerca di nasconderla e... beh, non si può negare che Mark sia molto bello... quindi vedendo che un ragazzo più grande e affascinante si interessava a lei... ha pensato di essere davvero speciale per qualcuno, poi con varie avances e altre cose, è riuscito a portarsela a letto. Quindi diciamo che non è proprio stato fatto contro la sua volontà, ma è stata una gran forzatura spiegò, cercando di essere breve e coincisa. Anche perché non ce la faceva più a parlare, voleva restare da sola a metabolizzare ciò che era successo. Blake, per favore non... toccarlo lo pregò, seria. Certo, vorrei che tu potessi ammazzarlo di botte ma... non voglio che prendano ancora in considerazione l'idea di espellerti! gli spiegò. Quando la prese per il polso e l'avvicinò a sé, per un solo secondo il terrore la invase di nuovo. Blake non lo aveva certo fatto per farle del male, era palese, ma le ricordava la stretta di Mark, anche se per fortuna Blake aveva preso il polso "sano".
Sì... è successo ancora confessò anche se non in modo così estremo. Verso metà gennaio, durante la cena, ho visto Mia uscire molto prima che finisse, poi un ragazzo -Mark- alzarsi e seguirla... quindi mi sono preoccupata e l'ho seguita anch'io... quando l'ho raggiunta... beh, Mark l'aveva bloccata in un angolo e le stava dicendo qualcosa che onestamente non ricordo, ma a quanto pare anche Charles lo ha minacciato per quello che le aveva fatto. Quindi... beh l'ho pietrificato per allontanarlo da lei, l'ho silenziato e gli ho detto di non farsi più vedere... si è sentito umiliato ed ha deciso di vendicarsi. Concluse, cercando di finire il racconto in fretta. Forse è stata una mossa azzardata ma non avevo tempo di pensare a cosa fare o di chiamare qualcuno. Ora... ora però torniamo in sala comune, non ce la faccio più a stare qui. Chiese, quindi i due si incamminarono verso la loro sala comune. Poi, prima di dividersi per andare nei loro rispettivi dormitori, si girò verso di lui. Ti voglio bene Blake disse, prima di scendere le scale ed entrare nel proprio. Una volta dentro, si buttò sul letto, affondò la testa sul cuscino e finalmente poté piangere senza essere né vista né sentita.[code by psiche]
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