Tutto è uno, uno è tutto

Role libera - Valentina Vestrit & Samuel Black

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    Durante il cambio dell'ora, i corridoi di Hidenstone erano più trafficati delle strade di Londra. Un esercito di studenti in divisa si muoveva seguendo flussi imprevedibili. C'era chi da un'aula usciva per dirigersi ad un'altra lezione e chi, più fortunato, per quella giornata aveva già finito. Sfortunatamente, Valentina non era fra questi.
    Era il diciannovesimo giorno di Settembre, un Giovedì, ad essere precisi. Come ogni altro giorno della settimana, la ragazza si era alzata presto per darsi una sistemata. E, come ogni altro giorno della settimana, aveva cominciato a pentirsene nel pomeriggio. Le sue palpebre si erano fatte pesanti come le tende di un sipario abbandonato e, senza controllo, uno sbadiglio dopo l'altro le sfuggivano dalle labbra.
    Uno studente più grande se ne era accorto e ne aveva approfittato per offrirle un caffè. Sfortunatamente lo studente americano. E, ancora più sfortunatamente, anche il caffè lo era. Valentina, al contrario, aveva una madre italiana e da qualche anno a questa parte aveva cominciato a bere soltanto espressi. Si era portata persino portata una macchinetta del caffè da Londra e aveva riempito metà valigia di cialde prima di partire per Hidenstone. Tuttavia, il suo dormitorio si trovava ad Ovest e lei ad Est.
    Fu infatti ad Hidenstone che Valentina aveva cominciato ad apprezzare le trasfigurazioni. Non fraintendetemi, la ragazza aveva amato seguire le lezioni ad Hogwarts. Ma qui era tutto un altro mondo. Ogni professore trasmetteva carisma e, mister Black, non era da meno. Come con ogni docente, Valentina ne aveva studiato il curriculum e le pubblicazioni. La formazione del professore in questione spaziava da Hogwarts ad Harvard, ma era la scuola di Praga il fiore all'occhiello.
    Secoli prima dell'unificazione degli Stati Uniti, Praga vantava già i migliori alchimisti del mondo. O così le era capitato di leggere in un articolo. Valentina aveva sempre trovato interessante scoprire le verità nascoste dietro a tutte queste città che avevano fatto la storia. Forse perché aveva tanti anni di ignoranza da colmare o, forse, per poter avere altre freccia in quella faretra che è il dialogo.
    Fatto sta che Valentina era rimasta affascinata. A differenza dell'approccio con cui aveva conosciuto l'arte della trasfigurazione, lo stile del professore era basato sulla semplicità. Mentre da una parte qualsiasi soggetto aveva bisogno di uno specifico incantesimo per essere trasformato, questa rilettura della materia prevedeva pochi incanti che si contavano sulle punta delle dita.
    Per una ragazza impegnata come Valentina questo era un problema. Le era sempre stato facile studiare la teoria, tuttavia doversi ricordare centinaia di incantesimi era un altro paia di maniche. Le pile di appunti che i suoi compagni di classe prendevano al posto suo le erano di scarso aiuto.
    Il nuovo approccio le aveva risparmiato ore di fatiche. Si era persino interessata all'argomento. La lei di qualche anno fa, troppo maldestra per trasformare completamente Grappa in un oggetto privo di piume, ora non sarebbe stato in grado di riconoscere la nuova Valentina.
    "Tutto è uno, uno è tutto" Lo aveva letto in un articolo che trattava un argomento ben più interessante del quidditch. Quando se ne ricordò, la giovane opale nera si scostò dal muro su cui si era appoggiata per sorseggiare il caffè. Sorridendo angelicamente, Valentina posò una mano sul braccio del ragazzo che le aveva offerto quella bevanda calda «Hai ragione. Mi piace troppo parlare con te di quanto debbano essere bravi i cercatori ai giorni nostri. Ma, purtroppo, ora devo andare. Il prossimo lo offro io.»
    La ragazza riprese a camminare verso l'aula del professore Black, quasi ignorando le parole di quel ragazzo che era stato con lei fino a quel momento. Con la stessa scusa congedò tutte le persone che cercarono di interporsi fra lei e la sua meta. E quando vide quell'arco fu felice come un prigioniero che evade da Azkaban. Per alcuni alunni era il contrario. Per lei, invece, quel silenzio era un paradiso.
    Un silenzio diverso da quello che si è soliti pensare perché, per quasi un'ora, c'era sempre un professore a parlare. Eppure, per quel lasso di tempo, tutti gli impegni e le preoccupazioni restavano fuori dall'aula. Ma ogni volta varcare quell'entrata le dava particolarmente disturbo. Forse per il grosso ammasso di mercurio liquido che le levitava in testa passando dall'arco, o forse per lo sguardo profondo del professor Black. Ma quella volta aveva deciso di presentarsi a colloquio perché altrimenti sarebbe stato difficile recuperare tutte quelle lacune.
    «Buonasera» Sibilò, bussando sulla colonna di sale alla sua sinistra, per poi pulirsi il medio sul retro della gonna «C'è nessuno?».

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    L'arco d'ingresso dell'aula di alchimia.
    Non vi sono porte, la conoscenza infatti è una donna lussuriosa che a tutti concede sé stessa e le sue innumerevoli figlie, ma il sapere alchemico, più delle altre, è una giovane molto avida. Dà tanto, ma pretende il doppio; e quell'uscio così particolare questo lo rende molto palese.
    Un percorso spirituale lento ed intenso è necessario per godere appieno dei frutti caldi e succosi nascosti fra le cosce dell'alchimia, un percorso con tre guide e tre obbiettivi: Nigredo, Albedo e Rubedo.
    A sinistra, in una colonna di sale, si dibattono tutti i figli di Saturno, mentre lui, vorace, li rincorre e poi li divora uno ad uno dimostrando la forza dell'ineluttabile.
    Saturno che è sale, pietra e terra. Terra che rappresenta il ciclo infinito che divora ogni cosa e da cui ogni cosa nasce. Il processo Alchemico della Nigredo.
    Fra le onde del mercurio liquido, invece, Venere si desta dal sonno esistenziale della sua conchiglia e viene festeggiata dalle ninfe dell'acqua.
    Dea della bellezza che è bellezza lei stessa. Quella forza, cosciente dei cicli di vita e morte, che tramite lo stupore e l'ammirazione ci prende per mano e ci porta lontano dal guscio narcisistico dell'Ego, verso l'amore, verso Albedo. L'intreccio fra la coscienza di sé, la consapevolezza frizzante che siamo legati a tutte le cose, e la voglia di conoscerle tutte.
    Infine tra la polvere gialla dello zolfo una lancia taglia l'aria ed uno scudo oplitico brilla come il sole.
    È Marte, un nudo dio della guerra impegnato a polverizzare ed abbattere orde di nemici.
    Marte che è libido, principio maschile di forza e volontà. Marte che è desiderio di avere e soggiogare, il quale ,se armonizzato con Venere, con l'Albedo, permette di trasformare gli istinti libidinosi e violenti in energia pura ed incontaminata arrivando così alla perfezione spirituale, al terzo processo alchemico, alla Rubedo.

    Saturno cercò di resistere alla furia della mano, ma quando l'ultimo tocco impattò contro di lui fu letteralmente armonizzato alla parete e finì per vomitare tutti i suoi figli che scapparono ilari e giocondi per tutto l'arco scatenando l'ira e la confusione dell'intera opera trasfigurativa. In quel momento non ci fu divinità in dimensioni ridotte che non guardò con odio la giovane Opale, a parte, s'intende, i figli liberati di Saturno; saluti felici e baci mandati.
    - Ma per tutte barbe di maghi! - un piccolo corpo rosso e metallico stridette nello scivolar giù dalle sbarre della voliera, ma poi, con un poderoso slancio, atterrò su uno dei banchi di pietra.
    - Dove cazzo avere tu testa! - gli occhi azzurri si contorcevano come una pozione polisucco in ebollizione mentre i denti cozzavano l'un l'altro e la minuta testa cornuta si elevava, per quanto possibile, in cerca di una qualche autorità. Rubin aveva evidentemente visto tutto.
    - Tu avere disordinato arco ordinato! - Un salto incredibile per un essere così piccolo lo portò al banco successivo. - Tu piccola ignorante! - Un altro salto. - Sapere quanto essere difficile riportare ordine lì sopra? - Come per confermare questo sgrammaticato enunciato un bassorilievo salino, che dall'elmo pareva essere Ade, aveva raggiunto a nuoto una delle ninfe ed aveva iniziato ad abusare di lei dopo averla scaraventata sulla conchiglia di Venere facendo cadere nel mercurio la divinità dell'amore.
    Rubin fece un altro salto e poi un altro, fino a raggiungere il pavimento e poi la parte salina dell'arco. - Guarda poi! Sale per terra! Porta sfortuna! - Scosse la testolina come un tornado.
    Se la studentessa non fosse corsa via, ma fosse rimasta lì, lui avrebbe iniziato a darle qualche pizzicotto sulla caviglia per poi cercare di afferrare il bordo della scarpa e tentare di tirarla verso l'interno dell'aula. - Ora tu venire dentro! Ora tu parlare con quel babbalucco inaffidabile mezzo cretino inutile testa di pigna troppo buono e pappamolle di professore e tu venire punita!- vomitava parole sconnesse e tirava con tutte le sue forze, ma Valentina avrebbe sentito poco più che un leggero strattone. - Povero Rubin, già così indaffarato. Non volere risolvere problemi anche fatti da altri. - la statuina continuava a tirare, letteralmente, come un indemoniato.
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    Edited by SamuelBlack - 9/3/2020, 19:58
     
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    Valentina aveva scatenato il panico. A quanto pare, Saturno stava divorando i propri figli per il bene dell'intero Olimpo. Quando la mano cozzò contro la colonna, il padre dei padri vomitò tanti piccoli esserini. La strega li trovò adorabili, almeno fino a quando uno di loro, carico d'energie, invase il riquadro di mercurio. A quel punto la situazione divenne grottesca.
    "Questo si che è un soggetto interessante" Pensò la ragazza, faticando a trattenere le risate. Era così divertita da tutto quel cambiamento per un suo gesto così piccolo. Fra i presenti, però, doveva essere l'unica.
    Con una rapidità disarmante, una macchia nera e rossa le si catapultò davanti. Si trattava di una statua animata con le fattezze di un diavolo. Rispondeva al nome di 'Rubin' e Valentina lo aveva visto più volte durante le lezioni del professor Black. Da quel poco che le era sembrato di capire, il piccolo diavolo si occupava di tenere a posto l'aula in assenza del professore.
    «Quello che ho fatto non è stato molto carino, scusami» La ragazza sorrise al piccolo demone prima di soffocare dentro di sé un urlo di dolore per un suo pizzicotto «Ci penserò io a sistemare tutto.»
    La strega seguì il guardiano senza vita all'interno della stanza per poi piegarsi alla sua altezza. Dunque, facendo scivolare una mano nella sua borsa, estrasse una spazzola di legno malconcia. Valentina l'aveva comprata durante i primi anni trascorsi ad Hogwarts e, da quel momento, l'aveva sempre portata con sé. Dare una sistemata ai capelli era un must per risultare sempre impeccabili.
    «Avere a che fare con un'aula così grande non deve essere tanto piacevole» La ragazza diede una pacca sulla testa del demonietto sperando nella docilità di quest'ultimo. O quantomeno confidando di non ricevere più pizzicotti. Dunque, gli allungò la spazzola «Questo è un dono da parte mia. Non so se lo gradirai, ma sono certa che ti aiuterà a tenere in forma gli animali del professore.»
    Detto questo, la strega si sarebbe allontanata cautamente fino a spostarsi al fianco di uno dei tanti tavoli per gli alunni. Dunque, si sarebbe appoggiata su quest'ultimo attendendo l'arrivo del professore. Confidava che tutte le grida di Rubin sarebbero bastate come richiamo. Nel mentre, i suoi occhi si sarebbero concentrati sullo scheletro che dominava in cima all'arco.
    "Un morto che vive. Mi ricorda... qualcosa... o qualcuno...."

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    - Quello che ho fatto non è stato molto carino, scusami -
    - Tu poterlo dire si! Ma io no scusare! - Le aveva tirato un pizzicotto e lei aveva sofferto portando un sorrisetto malefico a sbocciare. - Tu sistemare? Io non credo tu essere capace! Tu venire punita e basta! Vieni! VIENI! - Tirava, tirava eccome se tirava, ma quando l'opale decise di seguirlo fu tirato dietro di lei dalla sua forza troppo umana per permettere alla statuina di imporre la sua.
    Le manine rosse si attaccarono al bordo della scarpa e prima fu trascinato per il pavimento, poi con un colpo di reni riuscì a saltare sopra l'indumento per piedi di ragazza. Bene o male contento di essere "seguito" se ne stette zitto, ma la fanciulla non puntò verso l'ufficio, invece, si fermo e tirò fuori qualcosa dalla sua borsa.
    - Non fermare t.. Oh! - Vedendo la spazzola gli occhi del piccolo indemoniato luccicarono. La voleva e scese con docilità dalla scarpa. - Si, essere difficile... ma tu venire punita lo st.. - La fanciulla fece qualcosa che non doveva.
    Dopo la pacca sulla spalla i bulbi oculari azzurri esplosero di rabbia - NON OSARE TU! - Pensò di mordere, ma non lo fece, piuttosto strappò l'oggetto di uso comune che gli veniva offerto dalle mani pallide e curate per poi saltare sopra un banco di pietra. La schiena ritta in segno di sfida, la spazzola ben stretta al petto. - TU ESSERE BAMBINA STUPIDA E CATTIVA! - Lo urlò con tutto il fiato che una statuetta animata di 10cm può avere ed un ombra dipinta in fondo all'aula scivolò non vista.
    Le grande sfere oculari di Nig, dall'alto della sua nicchia, erano puntate sulla scena, ma non sembrava intenzionato a fiatare o fare qualsivoglia movimento.
    Valentina si appoggiò ad un banco poco distante da Rubin e questo lo fece arrabbiare ancora di più. I piccoli artigli graffiarono un poco il nuovo regalo. - Cosa fare tu! Devi andare da Professore ed essere PUNITA! - prese la spazzola per il manico ed indicò il dipinito-porta di Alba infondo all'aula.
    Quasi come evocata la figura del docente di arti Alchemico-Trasfigurative spuntò dal dipinto che si era aperto cigolando come una vecchia porta.
    - Cosa succede qui?! - Le braccia ricoperte da un maglioncino nero erano intrecciate davanti al petto, camicia bianca che spuntava sal colletto, pantaloni scuri e scarpe di pelle che brillavano di marrone. Doveva averle lucidate da poco.
    - Padrone! - Rubin sorrise forte e poi indicò con la spazzola la fanciulla che aveva provocato tutte le sue ire. - La bambina stupida ha fatto problemi che Rubin deve risolvere! Deve essere PUN..-
    -Basta così! - il volto di Samuel era piegato dalla serietà, perentorio. - La signorina Vestrit ora mi seguirà in silenzio nel mio ufficio e vedremo di risolvere la cosa. - La fatica che il professore aveva fatto per impararsi i nomi di tutti i suoi era mastodontica, ma segreta. Ad ogni modo Sam allungò il braccio verso la studentessa e le fece ceno di seguirlo e poi scomparì nel uscio scuro.
    Se avesse potuto Rubin si sarebbe sfregato le manine, ma invece si strinse la spazzola al petto con fare maligno. Poi saltellò fischiettando sugli scaffali pronto a provare il suo nuovo oggetto.
    Se Valentina avesse seguito il docente avrebbe sentito il click del dipinto-porta chiudersi alle sue spalle per poi camminare lungo una scala illuminata da qualche candela fino a raggiungere un altra porta aperta. Al di là una stanza ordinata, un laboratorio-ufficio comodo, coperto da scaffalature colmo di libri e strumenti alchemici. Il camino acceso era schiacciato da un calderone. poco più in là una scrivania spessa e scura dietro alla quale era seduto il professore con un sorriso. Affianco a lui una cornice da cui un altra figura sorridente l'avrebbe guardata.
    - Alba, vai pure e...- un bacio fu mandato alla bellissima donna dipinta - grazie. -
    Gli occhi bruni tornarono sulla studente e dopo averle indicato la sedia davanti alla scrivania parlò - Allora signorina Vestris. Perché non mi ha raggiunto subito? E che cosa è successo? -
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    Valentina fece fatica a soffocare un'ultima risata. Rubin si era portato al petto la spazzola con la stessa ferocia con cui la piccola strega era solita stritolare cuscini nel sonno. Sapeva di aver fatto centro con con quel dono eppure, tagliato il traguardo, l'opale nero scivolò facendo una storta dolorosa.
    Quando la sua morbida mano toccò il demone, Valentina si accorse di aver commesso un grande sbaglio. Come per le reazioni studiate in quella stessa aula, qualcosa si attivò in Rubin. I suoi occhi si gonfiarono fino quasi a scoppiare e la sua voce prese un tono così stridulo da provocare il mal di testa.
    "Se continua così farò davvero una pessima figura" Pensò la ragazza, finendo per succhiarsi il labbro "Potrei tramutargli la bocca. Ma quello... quello si che lo farebbe impazzire"
    Fu dunque sorridendo maliziosamente che accolse il professore. Quando Valentina se ne accorse arrossì, finendo per esitare prima di rispondere, forse perché alla ricerca delle parole giuste. Forse perché stava annegando nei suoi occhi marrone scuro. Ma le bastò poco per riprendersi, fortunatamente il caffè aveva avuto qualche effetto. Piegando leggermente la testa verso sinistra sfoggiò un sorriso e dalle sue labbra uscì un sospiro più che una frase.
    «Vogliate scusarmi. Sono venuta qui perché ero curiosa» Sussurrò la ragazza prima di chinare il capo «Ma qualcosa non è andato come previsto per colpa della mia ingenuità.»
    Dopo aver fatto ammenda, la ragazza seguì il professore senza esitare. Aveva una così buona opinione di lui. Tuttavia, quando Mister Black lanciò quel bacio al quadro, un brivido scivolò sulla schiena della strega.
    "Cringe" Pensò dentro di sé, senza che un singolo muscolo della sua faccia fosse coinvolto in un qualsiasi tipo di movimento. L'opale nero era una ragazza indipendente che, però, aveva un forte senso della gerarchia. Difficilmente rispettava qualcuno. Ma quando le si poneva di fronte un personaggio competente, come qualsiasi professore dell'accademia, la strega era la prima a chinare il capo in segno di rispetto.

    In quella stanza era presente tutto quello di cui un alchimista aveva bisogno. Tomi antichi, ampolle di vetro e massicci calderoni. Il tutto disposto in un ordine che a Valentina sembrò maniacale. Non tanto per la precisione, bensì per il contrasto che si era formato fra le sue aspettative e la realtà. Aspettarsi oggetti simili nello studio di un alchimista era naturale, certo. Eppure la strega rimase delusa dal non trovare qualcosa di più particolare.
    «Volevo chiederle un approfondimento» Il suo tono era morbido, privo di esitazione. La voce era uno strumento molto potente e lei aveva imparato a controllarlo. Eppure, la ragazza non riuscì ad impedire alle sue piccole mani di intrecciarsi fra di loro, come a formare uno scudo contro eventuali prediche del professore «Ho apprezzato l'approccio pragmatico alla materia e, prima di andare a dormire, mi è capitato di leggere qualche articolo sull'alchimia. Argomenti interessanti che, però, mancavano di qualcosa. Volevo chiederle di raccontarmi qualcosa di più, al riguardo.»
    Per la prima volta, Valentina distolse lo sguardo «Non so, le è mai capitato di doversi difendere o... attaccare... utilizzando questo tipo di incantesimi?»
    La strega riuscì a non strozzare neppure una sillaba. Eppure, in quella situazione, si sentì come una bimba in un confessionale. Ed era il professore ad avere la parte del parroco.
    «Per quanto riguarda Rubin» Valentina si fece forza e, passo dopo passo, arrivò alla sedia indicatale dal signor Black. Dunque, dopo essersi seduta, continuò «A quanto pare, bussando su Saturno, ho introdotto il Ragnarǫk nel pantheon greco. Me ne scuso e sono pronta a qualsiasi tipo di punizione.»

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    - Ma non gli avevo detto di seguirmi in silenzio? - per un momento il sopracciglio destro si era fatto virgola delusa - Ah ragazzini! Devo ancora farci l'abitudine - Spazzò via quei pensieri con la mano e poi si fece seguire dall'Opale.
    Una volta raggiunti l'ufficio ed accomodati Valentina esplose come un fiume in piena. Sam non amava essere ignorato, per nulla, ma la lasciò fare.- Agglomerati di energia e di domande senza controllo. - I polpastrelli dell'indice e del pollice frusciavano con furia l'uno sull'altro - Anzi è anche meglio che siano così.- il frusciare quasi inudibile continuava - È l'età. Non ci si può far nulla. Calma Sam -
    Alla fine il flusso vocale della ragazza non era nemmeno male; infatti, a parte la voce melliflua, anche i contenuti erano validi della pazienza del docente.
    Il sopracciglio tornò a spalmarsi sul volto. - Ah - le mani si giunsero ed i pollici iniziarono ad accarezzare le rispettive pance.
    Quando aveva eretto l'arco ed attuato le numerosissime trasfigurazioni necessarie, la sua testa era tutto un vorticare di pensieri verso la stupenda e nordica collega con cui aveva iniziato una specie di relazione. - Forse anche troppo -
    Ci aveva pensato giusto il giorno prima, Rubin gli aveva detto qualcosa a riguardo ed ora il piccolo incidente in cui era capitombolata la sedicenne che aveva davanti aveva chiarito tutto. Quell'arco era una bomba di energia erotica pronta ad esplodere. Doveva sistemarlo.
    - Non si preoccupi per l'arco e nemmeno per Rubin. Sistemerò tutto - il sorriso calmo ed apparentemente colmo di sicurezza fu un perfetto velo per i pensieri dietro alla bocca, ma poi scemò in linee un po' più dure. - Io mi premurerò di ripeterlo anche a lezione, ma nel futuro eviti di fare lo stesso errore. -
    Lasciò che un eventuale risposta della ragazza riempisse l'aria e per qualche secondo non cambiò le proprie disposizione posturali e facciali per caricare il momento di peso istituzionale. Poi però regalò alla ragazza un sorriso. - Ma spostiamoci sui suoi quesiti. -
    In classe Valentina Vestris era emersa fin da subito per la sua acutezza mentale, ma non credeva che fosse così interessata all'alchimia. Ad ogni modo le rispose con piacere e con un tocco di malizia. - Le arti alchemico-trasfigurative sono saperi di scienza, di stupore, di gioco spirituale e di alta elevazione.- I gomiti si appoggiarono allo spesso legno della scrivania avvicinando i profondi occhi bruni a quelli della giovane - Ora non le parlerò delle mie passate esperienze - il pensiero era volato subito all'Oheň Děvka, a Dagmar, ed a quelle avventure tinte di sangue ed emozione, ma era un insegnante ed aveva occupato quel posto per incitare i propri studenti a diventare dei pilastri della conoscenza, non a influenzarli con i propri racconti e spingerli a divenire dei guerrieri. - tuttavia sì, possono essere utilizzate in uno scontro ed essere anche molto utili, ma solo maghi estremamente capaci possono servirsene nella furia di una battaglia. Sa forse dirmi perché? - Voleva spingerla a riflettere, a pensare con la propria testa. Amava proporre queste sfide mentali, seppur piccole, ed un sorriso malizioso gli aveva colorato le labbra, ma dopo poco quel sorriso si aprì ancora di più - e poi come mai questo interesse non propriamente accademico? -
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    Il volto del professore, così calmo, rassicurò la ragazza. Dietro quell'espressione così stoica si nascondevano così tanti segreti alchemici. Forse stava pensando proprio a uno di questi in quel momento, Valentina ne era sicura, le bastò osservare la sicurezza con cui sorrise.
    "Sistemerò tutto?" Valentina faticò a trattenere l'espressione rilassata che aveva acquisito in seguito alla pacata reazione del professore "Potrei propormi per dargli una mano. Mi dirà di no, sicuramente. Ma in caso contrario... In caso contrario potrei imparare così tante cose interessanti."
    Quando il professore confermò di volersi confrontare con la ragazza, quest'ultima si mise comoda sulla sedia, facendo aderire meglio le proprie spalle allo schienale. Dunque accavallò le gambe, poggiando le mani all'altezza delle ginocchia. Era tutte orecchie. Eppure le bastò un 'non le parlerò delle mie passate esperienze' per provocarle un tic nervoso sotto l'occhio destro.
    Valentina non era interessata alla filosofia intorno all'alchimia. Elevazione? Giochi spirituali? Non facevano per lei. Ormai la magia si era evoluta a tal punto che una singola vita non sarebbe bastata per comprendere ogni faccia di un argomento così complesso. La strega voleva principalmente sapere come usare quei principi in modo pratico.
    Certo, potendo avrebbe preferito conoscere tutto. Eppure, la filosofia non le sarebbe bastata se qualche altro studente avesse tentato di adottare il ruolo del 'piromane'. Allo stesso modo, le sarebbe servito a ben poco un 'gioco spirituale' se un ladro avesse tentato di derubarla. E, ancora di meno, le sarebbe servito ricordarsi della filosofia dietro all'alchimia dopo essere stata coinvolta in un combattimento.
    "Forse è per questo che il professore ha scelto quelle parole" Concluse Valentina, prendendosi qualche secondo per analizzare la frase di mister Black. Quell'uomo sembrava così impegnato, non avrebbe voluto rubargli tempo inutilmente. Gli occhi della ragazza si spostarono sulla sua divisa da opale nero. Deludere il professore significava deludere la sua stessa casata.
    «Solo maghi estremamente capaci possono servirsene nella furia di una battaglia?» La ragazza ripeté la frase lentamente «In primo luogo analizzerei il contesto. Non sono di certo la migliore duellante di Hidenstone. Eppure, posso immaginare come in un combattimento ci sia poco tempo per agire. E ancora meno tempo per pensare. Un mago deve essere estremamente capace perché deve sapersi muovere in questo breve lasso di tempo. Da un punto di vista alchemico, ciò implica che un mago avrebbe poco tempo per analizzare l'ambiente che lo circonda. Di conseguenza, non sarebbe possibile sfruttare a pieno nessuna delle quattro macro categorie.»
    La strega tornò a fissare attentamente il giovane professore, i suoi occhi si affilarono, forse colmi di troppa tracotanza «Detrasfigurazione. Evanescenza. Evocazione. Trasfigurazione. Tutte e tre le macrocategorie fanno riferimento ad almeno due stadi alchemici. Ma l'unico stadio in comune, condiviso da tutte, è la comprensione. E solo un mago estremamente capace può comprendere tutto ciò che deve essere compreso nella furia di una battaglia.»
    Ma la ragazza tornò a vacillare quando fu il momento di rispondere alla seconda domanda. Valentina distolse nuovamente lo sguardo, concentrandosi su un grosso calderone di metallo a pochi passi di distanza. Era proprio questo l'elemento che maggiormente le ricordava la magia. Lo stesso pezzo di ferro poteva dare vita a così tante pozioni diverse. Tutto dipendeva dagli elementi che il mago avrebbe scelto di adottare.
    In un certo senso, Valentina si sentiva come un calderone. Più volte si era imposta di voler usare le proprie capacità per il bene comune. Ma, tante altre, le sembrava così stupido anteporre gli altri a sé stessa.
    «Curiosità, professore» Mentì la ragazza. Da quando aveva impugnato per la prima volta la sua bacchetta in cuore di veela aveva compreso come comportarsi in quel mondo tanto complicato. Non si trattava di nascondere le proprie debolezze. Bensì di riconoscerle e superarle. Le era sempre piaciuto dare ordini e, un giorno, avrebbe avuto qualcuno come 'scudo umano'. Ma la ragazza non credeva nei miracoli. E dunque, volendo raggiungere quella posizione, avrebbe dovuto prima diventare cavaliere. E raramente un contadino senza spada può diventare tale. Per la ragazza qualsiasi mezzo avrebbe giustificato i propri fini. «Come ha detto lei, è un interesse non accademico. Di conseguenza non potrei trovare alcuna risposta in nessuno libro dell'accademia. È per questo che ho voluto chiedere a lei.»



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    Forse il Samuel di sei mesi successivi, sarebbe stato più forte, più serio e meno avventato. Ma a Settembre Samuel Black aveva ancora lo spirito di un naufrago di Praga. Un uomo che aveva vissuto gli ultimi anni fra ricerche, avventure nella città nascosta dell'Oheň Děvka. Un ragazzo che in una settimana viaggiava fra almeno 5 bordelli e trip causati da cristalli variopinti mescolati con gassosa.
    Un uomo così è volubile. Può cambiare come il vento inoltre, oltre tutto ciò, c'è un detto che per l'occasione calza alla perfezione: l'uomo è lo specchio dei propri pensieri.
    Quando i pensieri sono grandi un uomo vuole essere grande e quando riceve rispetto e si sente adorato non c'è niente da fare; come aria inspirata da un bel palloncino colorato può farsi ingannare e finire in trappola. Di conseguenza non potrei trovare alcuna risposta in nessuno libro dell'accademia. È per questo che ho voluto chiedere a lei
    Una sensazione di ebrezza gli pizzicò i pori della pelle e la superficie rugosa del cervello. - Ah che bello essere al di sopra della scienza dei testi - le dita si erano intrecciate quasi schioccando come tuoni soddisfatti.
    Si, il punto debole di Samuel Black era l'ego. D'altro canto si considerava l'alchimista più giovane ed esperto degli ultimi decenni. Che bel pesce che aveva pescato Valentina quel giorno; ma quella frase non era l'unica che aveva fatto vedere l'opale sotto tutt'altra luce agli occhi bruni di Sam e tralasciamo anche la grande prova delle conoscenze alchemiche di Valentina, che certo aveva stupito molto il professore.
    - Ha mentito. - Un sorrisino gli scappò.
    Samuel aveva coltivato una discreta fiducia nelle proprie doti intuitive( 28 Intuito). Certo non poteva dirlo con certezza, ma quando la voce melliflua di lei aveva lasciato le rosee e giovani labbra qualcosa nell'encefalo alchemico era scattato. Anzi l'interruttore era già stato schiacciato.
    Lo sguardo che era scivolato veloce sul calderone.
    - Certo, non la conosco molto, ma Valentina che distoglie lo sguardo?- La stessa ragazza che poco prima era stata così intraprendente da ignorare le sue disposizioni e domande? La stessa ragazza che appena le era stata data la possibilità di imparare e carpire qualcosa di utile si era sistemata sulla sedia come una leonessa pronta ad azzannare una morbida e succosa gazzella? E vogliamo forse dimenticarci di quell'occhio dai tremori incazzati quando l'opportunità le era stata negata?
    - Cosa nasconde? - Il compito di un alchimista è analizzare la realtà e Samuel era un fottuto scanner umano, questo perché era sempre mosso da una forza potentissima: la curiosità. Quella si che era la ragione di vita di Samuel Black; conoscere, ed in quel momento, con la velocità di un lampo, ne fu corroso.

    La testa si avvicino alle mani giunte appoggiate alla scrivania. - Sa signorina Vestris... lei è un soggetto interessante. Da tenere d'occhio direi. - Il sorrisino era diventato malizioso, Volutamente conturbante.
    Si alzò in piedi e raggiunse la finestra chiusa senza degnare più di uno sguardo l'alunna - Tralasciando per il momento la sua menzogna - lo sguardo era puntato verso il labirinto incantato, a qualche centinaio di metri di distanza - ed andando con velocità al suo intervento - Si girò verso di lei appoggiando la schiena al vetro cristallino - Ha assolutamente ragione, ma semplificando, i punti focali sono il tempo e la concentrazione. Di tempo ce ne è veramente molto poco in uno scontro ed un alchimista trasforma, crea, e cancella. Tutte cose che necessitano di una capacità di visualizzazione mentale fuori dal comune. -
    La mano andò al porta bacchetta che aveva alla cinta e sbottonò la sicura. - Ad esempio riuscire ad immaginare in meno di un secondo i vasi sanguigni, i fasci muscolari, gli organi, la pelle di un serpente e pure le sue ghiandole velenifere in fondo alla gola, tutto in modo tale da trasfigurare l'aria in questa creatura mantenendo la perfezione molecolare, è una cosa assai complessa. -
    La mano acciuffò la bacchetta e con movimenti eleganti, ma di saetta, tracciò con la punta del catalizzatore un cerchio dal quale partiva un breve segno obliquo terminante in due cateti di un triangolo isoscele, privo di ipotenusa, della stessa lunghezza di quella piccola e breve linea(marte).
    Una luce bordeaux illuminava la bacchetta, poi una lieve stoccata verso il soffitto- Vipera conjurationis! - e dopo che l'aria fu riempita dalla voce calda e ferma del trentatreenne, una vipera fu come generata dalla bacchetta e scagliata ad un metro di altezza, esattamente sopra la testa di Samuel Black.
    Con lo stesso movimento dello stoccata, come se il braccio stesso fosse stata un onda, l'alchimista eseguì un doppio movimento verticale dal’alto verso il basso, poi un lieve affondo di bacchetta, di nuovo; questa volta proprio verso la vipera che stata per atterrare vorace sul suo volto. Le fauci spalancate pronte a mordere.
    - Feramuto! -
    Un gettò porpora sgorgò dalla bacchetta investendo l'animale costringendolo ad assumere le forme di un bastone da passeggio nero dal manico decorato di marmo bianco che con la mano sinistra Sam prese al volo.
    SLa decorazione sulla cima era identica all'espressione che poco prima dipingeva il muso furioso della vipera.
    Il bastone fu poggiato con delicatezza sul pavimento di pietra mentre un sorriso sbocciava verso Valentina Vestris - Ora credo di aver risposto alla sua domanda -


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    Edited by SamuelBlack - 13/3/2020, 09:43
     
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    Quel secondo di incisione l'aveva tradita e il professore si era accorto della menzogna. Valentina sentì il sangue gelare ma, subito dopo, la strega si sentì eccitata. Dei brividi caldi le scivolarono dalle mani lungo tutto il corpo. Questo suo intuito era solo una conferma ai suoi pensieri. Il professore ne aveva di esperienza, e dunque, era l'uomo più adatto che potesse trovare.
    "La prossima volta dovrò stare più attenta." Quei pochi secondi di confusione avevano annebbiato la sua mente e le seguenti parole del professore attraversarono la strega filtrate.
    In quei pochi attimi, l'opale nero cercò di immaginarsi la creatura descritta dal professore. Una volta le era capitato di vederne una in uno zoo. La ragazza aveva poco più di otto anni e si ricordava ben poco. Pupille affilate e la calma di un predatore in attesa di attaccare. Fu con questo senso di timore che, davanti a lei, il professore lanciò un incantesimo.
    La ragazza sentì il cuore sbatterle contro il petto quando la vipera comparve a mezz'aria. Forse per l'ansia, forse per la velocità del docente, ma di certo quell'atto fu inaspettato. Istintivamente la strega afferrò la bacchetta per puntarla contro la creatura. Quando si accorse che il professore aveva il pieno controllo del rettile si sentì stupida.
    «Mi scusi» La voce della ragazza per un secondò vacillò come il suo sguardo. Ma subito dopo la strega tornò in sé, più sicura che mai. Era a conoscenza del potenziale di quella materia. Dunque sapeva di poter sapere anche dell'altro.
    «Professore, la ringrazio della risposta» La ragazza tornò composta, facendo combaciare i polpastrelli delle sue dita. Quello snack non aveva saziato la strega. «Ma sono sicura che potrà raccontarmi tanto altro. Ecco, ad esempio delle tattiche. Certamente, sono la prima a non volermi ritrovare una vipera ad un palmo dal naso. Ma ecco, se bisogna pensare ad una creatura per evocarla... perché non evocare un virus? È una creatura minuscola dal corpo semplice. Il nemico non se ne accorgerebbe nemmeno»
    L'intuito del professore gli avrebbe permesso di capire, da quest'ultima frase, come l'opale nero fosse interessata a qualcosa di più profondo di una vipera avvelenata. E proprio perché aveva scelto lui, la sete di sapere della strega avrebbe dovuto alimentare l'ego del docente più di qualsiasi complimento.

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    Una risata interiore era rimbalzata per gli antri encefalici quando con la coda dell'occhio vide la reazione di Valentina, ma la vipera era più importante. Non aveva imposto il proprio volere sull'animale per mantenerlo aggressivo e rendere la scenetta più accattivante, cosa che evidentemente aveva funzionato, ma un momento di distrazione implicava accettare delle zanne avvelenate dritte in un occhio e questo non era il caso di farlo.
    Neanche il tempo di dire "Alchimia" e la vicenda fu risolta. Il bastone da passeggio roteava con leggerezza, mentre un sorriso veleggiava nella stanza - Non si preoccupi, può capitare a tutti -
    Stava cominciando a capire la ragazza e questo fu solo un tentativo per sondare il terreno. Infatti aveva calcato sulla parola "tutti", quasi a voler sottolineare che Valentina Vestris fosse una comune mortale mettendola sullo stesso piano di ogni altro individuo sulla terra. Questo avrebbe provocato una reazione, oppure no? Sam fremeva dalla curiosità.
    L'Opale lo ringraziò dell'esempio e lui le sorrise in risposta, come si conviene, ma c'era qualcosa nel suo tono da sedicenne che aveva smorzato quei ringraziamenti e bastarono pochi istanti di attesa per mettere in luce il perché.
    - È affamata. È insaziabile - un brivido di piacere percorse la spina dorsale dell'uomo. Era venuta ad insegnare proprio per sentire quell'emozione.
    Aveva di certo intuito in quel primo mese che Valentina era una studentessa sveglia, ma quella fame di sapere era caratteristica di grandezza e non della banalità di un comune studente un po' attento in classe.
    Al diavolo l'ego del professore, lei sarebbe potuta diventare un pilastro della Conoscenza insostituibile e fu questa consapevolezza più di ogni altra ad accenderlo.
    Gli occhi bruni si erano illuminati a festa. Era curioso di vedere fin dove lei sarebbe arrivata. Se l'avesse curata lui stesso per poi farla uscire dal suo bozzolo...cosa ne sarebbe emerso?
    Tuttavia bastò un attimo affinché il cervello alchemico riprendesse le redini della situazione.
    Il bastone fu teso davanti a sé e la bacchetta fu mossa con fare ondulatorio per poi scattare verso l'oggetto - Evanesco - un solo sussurro che spedì quel che fu vipera nell'oblio.
    I passi si spostarono pesanti fino a portare il professore a torreggiare sull'alunna ancora seduta sulla sedia.
    - Apprezzo la sua curiosità. In qualche modo lei mi ricorda me stesso da giovane - gli occhi bruni erano piantati su altre due sfere del medesimo colore - ma come abbiamo detto entrambi poco fa, ci siamo addentrati in ambiti non propriamente accademici. Di fatto ciò ci rende due normali persone che parlano di alchimia e quindi io non sono tenuto a risponderle. - le gambe si flessero per portare il volto alla stessa altezza di quello della ragazza, la voce si era fatta sussurro ed un sorriso da serpente gli illumino il volto - Io sono anche disposto a rispondere alla sua domanda ed a rivelarle questo e molto, ma molto, altro... tuttavia nella vita tutto ha un prezzo. -
    Le ultime parole furono dette con gravità ed il volto aveva perso qualsiasi sfumatura di giovialità o contentezza.
    Si alzò di scatto e con calma tornò a sedere dal giusto lato della scrivania. Con calma prese dallo scompartimento interno un piccolo bicchiere di cristallo ed una bottiglia di rum. Ne versò un dito, sorseggiò piano e poi appoggiò il bicchiere ancora colorato d'ambra. Le dita andarono ad incrociarsi, i pollici ad accarezzare il mento mascolino.
    - Qual'è il male che più temi a questo mondo? Quello che in qualche modo ordina ogni tua mossa? - Samuel Black era terribilmente serio.
    - Si prenda pure il tempo necessario per riflettere, ma tenga presente questo. È liberissima di non rispondere, o di non essere sincera, ma in quel caso è pregata di uscire da questo ufficio e faremo finta che questa discussione non sia mai avvenuta. Tornerà alla vita di tutti i giorni. -
    Tralasciando il disgusto che lo colse a pensare che quella era la domanda che caratterizzava Dagmar, la signora del contrabbando e della città segreta, questo era un discorso che Samuel faceva a tutti i suoi studenti che si spingevano un po' più in là con le domande? Certo che no.
    Valentina lo aveva colpito, ma quel che aveva chiesto non era propriamente innocente. Lui sarebbe stato anche disponibile a coltivare personalmente i suoi talenti, ma lei doveva essere indirizzata fin da l'inizio verso una giusta direzione e lui doveva avere il controllo della situazione.
    La leggerezza è una nemica infida. Istruisci con leggerezza un individuo promettente e quello può tramutarsi in un mostro. La conoscenza non è una cosa con cui si può scherzare.
    Ad ogni modo, tornando all'offerta di Samuel, se fossimo stati in un certo film di fantascienza questo sarebbe stato il momento della scelta: pillola rossa o pillola blu?
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    Se l'intento del professore era quello di spaventare la ragazza, allora c'era riuscito. Se invece il suo scopo fosse stato quello di allontanare la strega dalla sua sete di potere, beh, in questo caso si sarebbe dovuto aspettare un fallimento. Per qualche secondo si era immaginata di poter manipolare quella 'paura' che le aveva stretto il petto. Ma in che modo? Per difendersi o per manipolare? Era questo che il professore sembrava interessato a sapere.
    «Mi sta chiedendo qual è il male che mi spinge ad agire?» La ragazza cercò di parafrasare le parole del docente per scoprirne il fine. La sua voce, questa volta, era sicura. Forse perché sentiva quella situazione come una sfida, o forse perché aveva paura di deludere chi si trovava davanti.
    "In effetti è questa la radice di ogni mio problema. La paura di non fare abbastanza. Che gli altri rimangano delusi dai miei comportamenti, potrebbe scivolarmi addosso e non me ne accorgerei di meno." Quei pensieri erano arroganti. Forse la strega avrebbe dovuto adottare un modo di fare più consono alla situazione.
    Ma per un secondo esitò. Sapeva che dalla sua bocca sarebbero dovuto uscire le giuste parole per soddisfare il professore. Forse avrebbe dovuto elogiare la conoscenza o le virtù dell'uomo. O magari fingersi spaventata per provocare pietà nel professore.
    Eppure, la presenza del docente a pochi piedi di distanza da lei la fece sentire così piccola. Non ebbe abbastanza coraggio per mentire. Ma allo stesso tempo non si sentiva così dipendente da poter contare solo sul professore per poter superare i propri limiti. Dunque, mostrandosi della stessa serietà, la strega iniziò a parlare. «Il male più grande è l'impossibilità di agire. So che non potrei superare un trauma derivante dalla mia mancanza di potere. Se io o qualcuno dei miei cari si trovasse in pericolo dovrei poter agire. E sebbene questa sia la prima delle mie paure, è solo la punta dell'Iceberg.»
    Per un attimo la mano destra della ragazza cominciò a tremare e Valentina fu costretta a fermarla con l'altra mano per non sfigurare. Non ne aveva mai parlato con nessuno. Eppure, lentamente il carisma del professore stava piegando la sua volontà. E di fronte alla scelta fra il piegarsi o rompersi, questa volta la strega scelse la prima. «E il male più grande, quello che temo di più, è che potrei adottare metodi non consoni per ottenere questo potere.»

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    Il volto di Samuel Black si aprì in un sorriso.
    - Apprezzo la sincerità in una persona. Spesso è l'unica cosa che può salvare gli uomini da sé stessi - aprì di nuovo lo sportello della scrivania e ne tirò fuori un altro bicchiere e 3 succhi: mirtillo, pesca o banana.
    Possono essere molto utili ogni tanto per fare qualche miscela, ma in quel caso andavano bene anche da soli.
    - Non c'è situazione che un bicchiere di rum oppure un buon succo non possano calmare o risolvere. - Avvicinò il vetro e le tre bottigliette analcoliche all'opale . - Prego, scelga quello che più l'aggrada e si serva con comodo. -
    La serietà di poco prima era stata scacciata come il giorno fa con la notte, ma gli occhi bruni erano rimasti fissi su quelli di lei.
    - È giusto aver paura e provare insoddisfazione signorina Vestris, è caratteristica degli essere viventi. Noi siamo piccoli esseri imperfetti sparati dentro un mondo ancora più imperfetto ed ogni giorno dobbiamo superare traumi, grandi o piccoli, dovuti alla nostra mancanza di potere. -
    Incrociò le mani, la gamba si accavallò. - Un esame da passare assolutamente, il desiderare un ragazzo indesiderabile, il voler occupare una posizione che per il momento è troppo irraggiungibile; affrontare un colloquio, la paura del cancro. Quella di fare le scale o di beccarsi una Maledizione senza perdono in pieno volto. -
    La lingua passò piano su delle labbra seccate come una pietra nel deserto. Finì in un sorso il restante rum nel bicchiere.
    - Lei vuole essere l'eccezione? Sfuggire a tutto questo? Avere ogni cosa sotto controllo?- Le sorrise piano - Forse lo sa già, ma per quanto potere lei accumulerà questa sensazione le continuerà a restare attaccata addosso, qualunque cosa lei farà, buona o cattiva. - Smise di parlare ed un occhiata ferma accarezzò le pupille della sedicenne. - Lei è un essere umano, come tutti noi -
    Si sistemò sulla poltrona; il sedere era scivolato di qualche millimetro verso il baratro del pavimento.
    - Poi un altra cosa... forse fin troppo personale. Decida lei se rispondermi o meno. Lei ha per caso dei cari a servizio nel ministero come Auror, oppure amici impiegati in trattative pericolose? -
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    «Forse ha ragione» Rispose Valentina, riprendendo il controllo e una posizione più comoda. «Ma non esiste nero e bianco. Non esiste avere paura e non averne.»
    La ragazza ringraziò il professore con un sorriso mentre, con fare rispettoso, le sue mani si appoggiarono sul bicchiere e sulla confezione di succo alla pesca. Con calma ne versò un poco per poi berlo. Quella situazione le aveva fatto venire sete. E non solo di conoscenza.
    «Spero di non sembrare arrogante.» Suggerì la ragazza che, forse, sarebbe sembrata tale dal suo tono di voce sicuro. «Ma il grado di paura che investe una persona è ben diverso se questa è a conoscenza o meno di un metodo per difendersi da una maledizione senza perdono. Così, chi non ha bisogno di affrontare un colloquio, non avrà neanche paura di quest'ultimo. Voglio costruire un castello intorno a me. So che trasportare ogni mattone piegherà la mia schiena a lungo andare. Come so che qualcuno potrebbe espugnarlo. Ma arrendersi è già perdere e dunque tenterò comunque.»
    Una rivolo di succo le scivolò lungo il labbro. La strega lo fermò con il mignolo mentre i suoi occhi studiavano quelli del professore. Quella domanda l'aveva colta di sorpresa perché, improvvisamente, aveva reciso il legame logico con le precedenti parole. Fu naturale per lei cercare un filo conduttore. «Nessuno dei miei cari è coinvolto in trattative pericolose o svolge la professione di Auror.» I suoi genitori, perché considerava 'genitori' solo i due gabbani che l'avevano adottata, non sapevano nulla del mondo magico. Figuriamoci lavorare come Auror. Nel corso della sua vita aveva incrociato qualche Auror ma non le era mai capitato di stringerci un rapporto di 'amicizia'.
    "Cosa vuoi sapere, mister Black?" La strega questa volta era sicura di sé. Quella domanda non aveva fatto altro che alimentare il fuoco che le bruciava dentro.

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    «Nessuno dei miei cari è coinvolto in trattative pericolose o svolge la professione di Auror.»
    Un sopracciglio salì verso il cielo. - Allora scusi, ma non capisco tutta questa ansietà nel difendere sé stessi ed i propri cari- Poi il voltò muto come sorpreso e dalla bocca proruppe una risata.
    - Mi scusi, sono pessimo, potrei definirla una deformazione professionale, ma sono dannatamente curioso. - La mano fu tesa un momento verso l'Opale come per fermarla - Non mi deve rispondere, forse stavo andando anche troppo oltre e se le posso sembrare ancora sgarbato, mi ignori pure. -
    Dove era finita la Serietà di poco prima? Che la risposta della ragazza lo avesse tranquillizzato a tal punto da abbandonare quei toni foschi?
    Ad ogni modo anche se stava per passare al punto successivo di quella frizzante discussione le labbra di mister Black rimasero tinte di simpatia - È vero, io sono d'accordo nel dire che non esiste avere paura e non averne. Difatti esiste solo chi ha paura. -
    Ripose con tranquillità i succhi non scelti nel vano apposito.
    - Il punto è che tutti temono qualcosa. Vi sono paure ataviche ovvero legate a doppio filo alla propria anima, come quella che mi ha rivelato poco fa, e quelle temporanee le quali si possono susseguire costantemente durante la giornata perché dipendono dalle variabili che il mondo ci spara addosso e dalla nostra risposta a queste. -
    Giocherellava coi propri pollici facendoli rincorrere in una danza concentrica ed infinita.
    - Posso evitare la paura di un colloquio quando non ho necessità di sostenerlo, posso non aver paura che la mia torta si sfaldi se so di aver seguito alla perfezione la ricetta, posso evitare la paura della maledizione senza perdono se vivo la mia vita in tranquillità senza espormi. -
    La sua mano iniziò un attimo a giocare con la chiave che portava sotto la camicia, appesa al collo. La toccava attraverso il telo in un movimento inconscio.
    - Certo la sua idea di creare delle difese attorno a sé nel caso della maledizione senza perdono potrebbe essere utile in quell'unico caso su qualche migliaio, in questi tempi di pace, in cui una persona per strada iniziasse a lanciarne sulla folla a casaccio. Oppure per prevenire un possibile cambio della situazione, come un entrata improvvisa in guerra. Cosa che ora non sembra probabile. -
    Il gioco delle dita continuava mentre gli occhi non lasciavano quelli della ragazzina.
    - Ad ogni modo le paure temporanee sono una manna dal cielo perché ci aiutano a formarci, a creare un nostro io ed a definire le nostre paure ataviche e tutto questo, in particolare le ultime da me citate, sono quelle che ci rendono ciò che siamo; e voler eliminare le proprie paure in maniera metodica vuol dire negare a sé stessi la vita e rinchiudersi in una gabbia. -
    Le dita lasciarono perdere la chiave ed andarono verso il bicchiere da shot ancora sporco di rum ed alla confezione di succo alla pesca. Riempì il vetro e poi tracannò tutto.
    - Dice bene nel dire che la costruzione le peserà. Perché ogni cosa che imparerà darà nuovo materiale al suo cervello per creare nuove paure temporanee e ciò non farà altro che alimentare o perfino creare nuove paure ataviche. Io non posso aver paura di un incantesimo che genera un virus letale se non conosco tale incantesimo. Come non posso aver paura di usare male e per scopi non giusti tale incantesimo se ne ignoro l'esistenza. -
    Si mise comodo sulla sedia cambiando la gamba accavallata. - Sa, non so se vorrà capire questo mio consiglio, ma glielo proferisco lo stesso.- Prese ancora un po' di succo; stavolta lo bevve con calma. Poi continuò - Io sono un essere curioso e ciò che mi spinge con forza verso il domani è il sapere che ogni giorno posso accumulare conoscenza, scoprire cose nuove. Tuttavia il mio obbiettivo non è condizionato dalla paura. Io ricercò la conoscenza fine a sé stessa ed è per questo che sono qui in veste di insegnante. Per spingervi a diventare pilastri della Conoscenza, con la C maiuscola, e darmi altro materiale da capire e studiare.-
    Sembrava proprio che quando parlasse non riuscissi a stare fermo con quelle sue mani tozze ma dal tocco veloce, preciso e leggero. Le falange dondolavano mentre il resto delle dita erano intrecciate con quelle dell'altra mano.
    - Io non conosco per difendermi, ma il mio è un atto di amore incondizionato verso il sapere ed accetto anche le paure che esso mi porterà perché anche quelle sono Conoscenza -
    Le dita tornarono a giocare con la chiave del suo laboratorio personale.
    - Io non le sto dicendo di diventare me o di fare come me, ma la sto solo consigliando di rivedere le sue priorità prima che sia troppo tardi e prima che la sua smania di protezione la porti dove lei non vuole andare. - Le sorrideva con pace e tranquillità, cercando di trasmetterle quelle sensazioni.
    - È meglio che trovi una via in cui accettare le paure, perché sono parte di lei, e non una in cui passa la propria esistenza a combattere loro e sé stessa. Non trova?-
    Finalmente si fermo. Aveva messo tanta, forse troppa carne al fuoco. Per non dire che quella davanti a lui era solo una sedicenne. Tuttavia Samuel andava fiero del suo talento nell'inquadrare le persone ed era convito che Valentina, se solo avesse voluto, avrebbe potuto capire alla perfezione il suo discorso ed i suoi consigli.
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    Valentina Vestrit
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    Le parole del professore fecero breccia nella ragazza. Ma sotto un primo manto di pietra, si ergeva un oceano di ferro. E, questa volta, il carisma dell'alchimista non riuscì ad oltrepassarlo.
    Valentina concordava con la logica dietro a quel discorso. Non puoi temere qualcosa che non conosci, nessuno sarebbe in grado di negarlo. Eppure, il professore si era dimenticato un dettaglio di una certa importanza: La strega era già venuta a conoscenza della magia.
    Se ad attenderla fosse stata una vita da babbana, allora avrebbe avuto modo di temere soltanto pistole e malattie. Eppure, ora era certa dell'esistenza di maledizioni e licantropi.
    «Concordo con lei, professore» Rispose «Non potrei temere un virus se prima non ne venissi a conoscenza. Ma questo veleno, che lei chiama paura, circola nelle mie vene da quando ho scoperto l'esistenza della magia. Ignorare fino a dove possa spingersi l'alchimia eviterebbe che il mio corpo assuma altre dosi di questo veleno. Eppure, ciò non rappresenterebbe un antidoto e la malattia continuerebbe ad espandersi.»
    La ragazza allargò le braccia, sentendosi sempre più a suo agio. «Ha ragione, Hidenstone è un paradiso. Eppure, può affermare che questa accademia sia una estensione del resto del mondo? A malapena qualche decennio fa, il nostro mondo era entrato in guerra sulla punta dei piedi. Silenziosamente, senza che nessuno potesse accorsene, i deboli cominciavano a perire. E non fù la bontà a vincere la guerra, bensì la competenza di chi ne era coinvolto.»
    Lo sguardo della ragazza si perse su un punto al di là della finestra per poi ritornare verso il professore. «Dunque, lei sarebbe disposto a darmi questo antidoto?»

    CITAZIONE
    Narrato
    «Parlato»
    "Pensato"

    ✕ schema role by psiche
     
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