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Durante il cambio dell'ora, i corridoi di Hidenstone erano più trafficati delle strade di Londra. Un esercito di studenti in divisa si muoveva seguendo flussi imprevedibili. C'era chi da un'aula usciva per dirigersi ad un'altra lezione e chi, più fortunato, per quella giornata aveva già finito. Sfortunatamente, Valentina non era fra questi.
Era il diciannovesimo giorno di Settembre, un Giovedì, ad essere precisi. Come ogni altro giorno della settimana, la ragazza si era alzata presto per darsi una sistemata. E, come ogni altro giorno della settimana, aveva cominciato a pentirsene nel pomeriggio. Le sue palpebre si erano fatte pesanti come le tende di un sipario abbandonato e, senza controllo, uno sbadiglio dopo l'altro le sfuggivano dalle labbra.
Uno studente più grande se ne era accorto e ne aveva approfittato per offrirle un caffè. Sfortunatamente lo studente americano. E, ancora più sfortunatamente, anche il caffè lo era. Valentina, al contrario, aveva una madre italiana e da qualche anno a questa parte aveva cominciato a bere soltanto espressi. Si era portata persino portata una macchinetta del caffè da Londra e aveva riempito metà valigia di cialde prima di partire per Hidenstone. Tuttavia, il suo dormitorio si trovava ad Ovest e lei ad Est.
Fu infatti ad Hidenstone che Valentina aveva cominciato ad apprezzare le trasfigurazioni. Non fraintendetemi, la ragazza aveva amato seguire le lezioni ad Hogwarts. Ma qui era tutto un altro mondo. Ogni professore trasmetteva carisma e, mister Black, non era da meno. Come con ogni docente, Valentina ne aveva studiato il curriculum e le pubblicazioni. La formazione del professore in questione spaziava da Hogwarts ad Harvard, ma era la scuola di Praga il fiore all'occhiello.
Secoli prima dell'unificazione degli Stati Uniti, Praga vantava già i migliori alchimisti del mondo. O così le era capitato di leggere in un articolo. Valentina aveva sempre trovato interessante scoprire le verità nascoste dietro a tutte queste città che avevano fatto la storia. Forse perché aveva tanti anni di ignoranza da colmare o, forse, per poter avere altre freccia in quella faretra che è il dialogo.
Fatto sta che Valentina era rimasta affascinata. A differenza dell'approccio con cui aveva conosciuto l'arte della trasfigurazione, lo stile del professore era basato sulla semplicità. Mentre da una parte qualsiasi soggetto aveva bisogno di uno specifico incantesimo per essere trasformato, questa rilettura della materia prevedeva pochi incanti che si contavano sulle punta delle dita.
Per una ragazza impegnata come Valentina questo era un problema. Le era sempre stato facile studiare la teoria, tuttavia doversi ricordare centinaia di incantesimi era un altro paia di maniche. Le pile di appunti che i suoi compagni di classe prendevano al posto suo le erano di scarso aiuto.
Il nuovo approccio le aveva risparmiato ore di fatiche. Si era persino interessata all'argomento. La lei di qualche anno fa, troppo maldestra per trasformare completamente Grappa in un oggetto privo di piume, ora non sarebbe stato in grado di riconoscere la nuova Valentina.
"Tutto è uno, uno è tutto" Lo aveva letto in un articolo che trattava un argomento ben più interessante del quidditch. Quando se ne ricordò, la giovane opale nera si scostò dal muro su cui si era appoggiata per sorseggiare il caffè. Sorridendo angelicamente, Valentina posò una mano sul braccio del ragazzo che le aveva offerto quella bevanda calda «Hai ragione. Mi piace troppo parlare con te di quanto debbano essere bravi i cercatori ai giorni nostri. Ma, purtroppo, ora devo andare. Il prossimo lo offro io.»
La ragazza riprese a camminare verso l'aula del professore Black, quasi ignorando le parole di quel ragazzo che era stato con lei fino a quel momento. Con la stessa scusa congedò tutte le persone che cercarono di interporsi fra lei e la sua meta. E quando vide quell'arco fu felice come un prigioniero che evade da Azkaban. Per alcuni alunni era il contrario. Per lei, invece, quel silenzio era un paradiso.
Un silenzio diverso da quello che si è soliti pensare perché, per quasi un'ora, c'era sempre un professore a parlare. Eppure, per quel lasso di tempo, tutti gli impegni e le preoccupazioni restavano fuori dall'aula. Ma ogni volta varcare quell'entrata le dava particolarmente disturbo. Forse per il grosso ammasso di mercurio liquido che le levitava in testa passando dall'arco, o forse per lo sguardo profondo del professor Black. Ma quella volta aveva deciso di presentarsi a colloquio perché altrimenti sarebbe stato difficile recuperare tutte quelle lacune.
«Buonasera» Sibilò, bussando sulla colonna di sale alla sua sinistra, per poi pulirsi il medio sul retro della gonna «C'è nessuno?».CITAZIONENarrato
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Edited by SamuelBlack - 9/3/2020, 19:58. -
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Valentina aveva scatenato il panico. A quanto pare, Saturno stava divorando i propri figli per il bene dell'intero Olimpo. Quando la mano cozzò contro la colonna, il padre dei padri vomitò tanti piccoli esserini. La strega li trovò adorabili, almeno fino a quando uno di loro, carico d'energie, invase il riquadro di mercurio. A quel punto la situazione divenne grottesca.
"Questo si che è un soggetto interessante" Pensò la ragazza, faticando a trattenere le risate. Era così divertita da tutto quel cambiamento per un suo gesto così piccolo. Fra i presenti, però, doveva essere l'unica.
Con una rapidità disarmante, una macchia nera e rossa le si catapultò davanti. Si trattava di una statua animata con le fattezze di un diavolo. Rispondeva al nome di 'Rubin' e Valentina lo aveva visto più volte durante le lezioni del professor Black. Da quel poco che le era sembrato di capire, il piccolo diavolo si occupava di tenere a posto l'aula in assenza del professore.
«Quello che ho fatto non è stato molto carino, scusami» La ragazza sorrise al piccolo demone prima di soffocare dentro di sé un urlo di dolore per un suo pizzicotto «Ci penserò io a sistemare tutto.»
La strega seguì il guardiano senza vita all'interno della stanza per poi piegarsi alla sua altezza. Dunque, facendo scivolare una mano nella sua borsa, estrasse una spazzola di legno malconcia. Valentina l'aveva comprata durante i primi anni trascorsi ad Hogwarts e, da quel momento, l'aveva sempre portata con sé. Dare una sistemata ai capelli era un must per risultare sempre impeccabili.
«Avere a che fare con un'aula così grande non deve essere tanto piacevole» La ragazza diede una pacca sulla testa del demonietto sperando nella docilità di quest'ultimo. O quantomeno confidando di non ricevere più pizzicotti. Dunque, gli allungò la spazzola «Questo è un dono da parte mia. Non so se lo gradirai, ma sono certa che ti aiuterà a tenere in forma gli animali del professore.»
Detto questo, la strega si sarebbe allontanata cautamente fino a spostarsi al fianco di uno dei tanti tavoli per gli alunni. Dunque, si sarebbe appoggiata su quest'ultimo attendendo l'arrivo del professore. Confidava che tutte le grida di Rubin sarebbero bastate come richiamo. Nel mentre, i suoi occhi si sarebbero concentrati sullo scheletro che dominava in cima all'arco.
"Un morto che vive. Mi ricorda... qualcosa... o qualcuno...."CITAZIONENarrato
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Valentina fece fatica a soffocare un'ultima risata. Rubin si era portato al petto la spazzola con la stessa ferocia con cui la piccola strega era solita stritolare cuscini nel sonno. Sapeva di aver fatto centro con con quel dono eppure, tagliato il traguardo, l'opale nero scivolò facendo una storta dolorosa.
Quando la sua morbida mano toccò il demone, Valentina si accorse di aver commesso un grande sbaglio. Come per le reazioni studiate in quella stessa aula, qualcosa si attivò in Rubin. I suoi occhi si gonfiarono fino quasi a scoppiare e la sua voce prese un tono così stridulo da provocare il mal di testa.
"Se continua così farò davvero una pessima figura" Pensò la ragazza, finendo per succhiarsi il labbro "Potrei tramutargli la bocca. Ma quello... quello si che lo farebbe impazzire"
Fu dunque sorridendo maliziosamente che accolse il professore. Quando Valentina se ne accorse arrossì, finendo per esitare prima di rispondere, forse perché alla ricerca delle parole giuste. Forse perché stava annegando nei suoi occhi marrone scuro. Ma le bastò poco per riprendersi, fortunatamente il caffè aveva avuto qualche effetto. Piegando leggermente la testa verso sinistra sfoggiò un sorriso e dalle sue labbra uscì un sospiro più che una frase.
«Vogliate scusarmi. Sono venuta qui perché ero curiosa» Sussurrò la ragazza prima di chinare il capo «Ma qualcosa non è andato come previsto per colpa della mia ingenuità.»
Dopo aver fatto ammenda, la ragazza seguì il professore senza esitare. Aveva una così buona opinione di lui. Tuttavia, quando Mister Black lanciò quel bacio al quadro, un brivido scivolò sulla schiena della strega.
"Cringe" Pensò dentro di sé, senza che un singolo muscolo della sua faccia fosse coinvolto in un qualsiasi tipo di movimento. L'opale nero era una ragazza indipendente che, però, aveva un forte senso della gerarchia. Difficilmente rispettava qualcuno. Ma quando le si poneva di fronte un personaggio competente, come qualsiasi professore dell'accademia, la strega era la prima a chinare il capo in segno di rispetto.
In quella stanza era presente tutto quello di cui un alchimista aveva bisogno. Tomi antichi, ampolle di vetro e massicci calderoni. Il tutto disposto in un ordine che a Valentina sembrò maniacale. Non tanto per la precisione, bensì per il contrasto che si era formato fra le sue aspettative e la realtà. Aspettarsi oggetti simili nello studio di un alchimista era naturale, certo. Eppure la strega rimase delusa dal non trovare qualcosa di più particolare.
«Volevo chiederle un approfondimento» Il suo tono era morbido, privo di esitazione. La voce era uno strumento molto potente e lei aveva imparato a controllarlo. Eppure, la ragazza non riuscì ad impedire alle sue piccole mani di intrecciarsi fra di loro, come a formare uno scudo contro eventuali prediche del professore «Ho apprezzato l'approccio pragmatico alla materia e, prima di andare a dormire, mi è capitato di leggere qualche articolo sull'alchimia. Argomenti interessanti che, però, mancavano di qualcosa. Volevo chiederle di raccontarmi qualcosa di più, al riguardo.»
Per la prima volta, Valentina distolse lo sguardo «Non so, le è mai capitato di doversi difendere o... attaccare... utilizzando questo tipo di incantesimi?»
La strega riuscì a non strozzare neppure una sillaba. Eppure, in quella situazione, si sentì come una bimba in un confessionale. Ed era il professore ad avere la parte del parroco.
«Per quanto riguarda Rubin» Valentina si fece forza e, passo dopo passo, arrivò alla sedia indicatale dal signor Black. Dunque, dopo essersi seduta, continuò «A quanto pare, bussando su Saturno, ho introdotto il Ragnarǫk nel pantheon greco. Me ne scuso e sono pronta a qualsiasi tipo di punizione.»CITAZIONENarrato
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Il volto del professore, così calmo, rassicurò la ragazza. Dietro quell'espressione così stoica si nascondevano così tanti segreti alchemici. Forse stava pensando proprio a uno di questi in quel momento, Valentina ne era sicura, le bastò osservare la sicurezza con cui sorrise.
"Sistemerò tutto?" Valentina faticò a trattenere l'espressione rilassata che aveva acquisito in seguito alla pacata reazione del professore "Potrei propormi per dargli una mano. Mi dirà di no, sicuramente. Ma in caso contrario... In caso contrario potrei imparare così tante cose interessanti."
Quando il professore confermò di volersi confrontare con la ragazza, quest'ultima si mise comoda sulla sedia, facendo aderire meglio le proprie spalle allo schienale. Dunque accavallò le gambe, poggiando le mani all'altezza delle ginocchia. Era tutte orecchie. Eppure le bastò un 'non le parlerò delle mie passate esperienze' per provocarle un tic nervoso sotto l'occhio destro.
Valentina non era interessata alla filosofia intorno all'alchimia. Elevazione? Giochi spirituali? Non facevano per lei. Ormai la magia si era evoluta a tal punto che una singola vita non sarebbe bastata per comprendere ogni faccia di un argomento così complesso. La strega voleva principalmente sapere come usare quei principi in modo pratico.
Certo, potendo avrebbe preferito conoscere tutto. Eppure, la filosofia non le sarebbe bastata se qualche altro studente avesse tentato di adottare il ruolo del 'piromane'. Allo stesso modo, le sarebbe servito a ben poco un 'gioco spirituale' se un ladro avesse tentato di derubarla. E, ancora di meno, le sarebbe servito ricordarsi della filosofia dietro all'alchimia dopo essere stata coinvolta in un combattimento.
"Forse è per questo che il professore ha scelto quelle parole" Concluse Valentina, prendendosi qualche secondo per analizzare la frase di mister Black. Quell'uomo sembrava così impegnato, non avrebbe voluto rubargli tempo inutilmente. Gli occhi della ragazza si spostarono sulla sua divisa da opale nero. Deludere il professore significava deludere la sua stessa casata.
«Solo maghi estremamente capaci possono servirsene nella furia di una battaglia?» La ragazza ripeté la frase lentamente «In primo luogo analizzerei il contesto. Non sono di certo la migliore duellante di Hidenstone. Eppure, posso immaginare come in un combattimento ci sia poco tempo per agire. E ancora meno tempo per pensare. Un mago deve essere estremamente capace perché deve sapersi muovere in questo breve lasso di tempo. Da un punto di vista alchemico, ciò implica che un mago avrebbe poco tempo per analizzare l'ambiente che lo circonda. Di conseguenza, non sarebbe possibile sfruttare a pieno nessuna delle quattro macro categorie.»
La strega tornò a fissare attentamente il giovane professore, i suoi occhi si affilarono, forse colmi di troppa tracotanza «Detrasfigurazione. Evanescenza. Evocazione. Trasfigurazione. Tutte e tre le macrocategorie fanno riferimento ad almeno due stadi alchemici. Ma l'unico stadio in comune, condiviso da tutte, è la comprensione. E solo un mago estremamente capace può comprendere tutto ciò che deve essere compreso nella furia di una battaglia.»
Ma la ragazza tornò a vacillare quando fu il momento di rispondere alla seconda domanda. Valentina distolse nuovamente lo sguardo, concentrandosi su un grosso calderone di metallo a pochi passi di distanza. Era proprio questo l'elemento che maggiormente le ricordava la magia. Lo stesso pezzo di ferro poteva dare vita a così tante pozioni diverse. Tutto dipendeva dagli elementi che il mago avrebbe scelto di adottare.
In un certo senso, Valentina si sentiva come un calderone. Più volte si era imposta di voler usare le proprie capacità per il bene comune. Ma, tante altre, le sembrava così stupido anteporre gli altri a sé stessa.
«Curiosità, professore» Mentì la ragazza. Da quando aveva impugnato per la prima volta la sua bacchetta in cuore di veela aveva compreso come comportarsi in quel mondo tanto complicato. Non si trattava di nascondere le proprie debolezze. Bensì di riconoscerle e superarle. Le era sempre piaciuto dare ordini e, un giorno, avrebbe avuto qualcuno come 'scudo umano'. Ma la ragazza non credeva nei miracoli. E dunque, volendo raggiungere quella posizione, avrebbe dovuto prima diventare cavaliere. E raramente un contadino senza spada può diventare tale. Per la ragazza qualsiasi mezzo avrebbe giustificato i propri fini. «Come ha detto lei, è un interesse non accademico. Di conseguenza non potrei trovare alcuna risposta in nessuno libro dell'accademia. È per questo che ho voluto chiedere a lei.»CITAZIONENarrato
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Edited by SamuelBlack - 13/3/2020, 09:43. -
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Quel secondo di incisione l'aveva tradita e il professore si era accorto della menzogna. Valentina sentì il sangue gelare ma, subito dopo, la strega si sentì eccitata. Dei brividi caldi le scivolarono dalle mani lungo tutto il corpo. Questo suo intuito era solo una conferma ai suoi pensieri. Il professore ne aveva di esperienza, e dunque, era l'uomo più adatto che potesse trovare.
"La prossima volta dovrò stare più attenta." Quei pochi secondi di confusione avevano annebbiato la sua mente e le seguenti parole del professore attraversarono la strega filtrate.
In quei pochi attimi, l'opale nero cercò di immaginarsi la creatura descritta dal professore. Una volta le era capitato di vederne una in uno zoo. La ragazza aveva poco più di otto anni e si ricordava ben poco. Pupille affilate e la calma di un predatore in attesa di attaccare. Fu con questo senso di timore che, davanti a lei, il professore lanciò un incantesimo.
La ragazza sentì il cuore sbatterle contro il petto quando la vipera comparve a mezz'aria. Forse per l'ansia, forse per la velocità del docente, ma di certo quell'atto fu inaspettato. Istintivamente la strega afferrò la bacchetta per puntarla contro la creatura. Quando si accorse che il professore aveva il pieno controllo del rettile si sentì stupida.
«Mi scusi» La voce della ragazza per un secondò vacillò come il suo sguardo. Ma subito dopo la strega tornò in sé, più sicura che mai. Era a conoscenza del potenziale di quella materia. Dunque sapeva di poter sapere anche dell'altro.
«Professore, la ringrazio della risposta» La ragazza tornò composta, facendo combaciare i polpastrelli delle sue dita. Quello snack non aveva saziato la strega. «Ma sono sicura che potrà raccontarmi tanto altro. Ecco, ad esempio delle tattiche. Certamente, sono la prima a non volermi ritrovare una vipera ad un palmo dal naso. Ma ecco, se bisogna pensare ad una creatura per evocarla... perché non evocare un virus? È una creatura minuscola dal corpo semplice. Il nemico non se ne accorgerebbe nemmeno»
L'intuito del professore gli avrebbe permesso di capire, da quest'ultima frase, come l'opale nero fosse interessata a qualcosa di più profondo di una vipera avvelenata. E proprio perché aveva scelto lui, la sete di sapere della strega avrebbe dovuto alimentare l'ego del docente più di qualsiasi complimento.CITAZIONENarrato
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Se l'intento del professore era quello di spaventare la ragazza, allora c'era riuscito. Se invece il suo scopo fosse stato quello di allontanare la strega dalla sua sete di potere, beh, in questo caso si sarebbe dovuto aspettare un fallimento. Per qualche secondo si era immaginata di poter manipolare quella 'paura' che le aveva stretto il petto. Ma in che modo? Per difendersi o per manipolare? Era questo che il professore sembrava interessato a sapere.
«Mi sta chiedendo qual è il male che mi spinge ad agire?» La ragazza cercò di parafrasare le parole del docente per scoprirne il fine. La sua voce, questa volta, era sicura. Forse perché sentiva quella situazione come una sfida, o forse perché aveva paura di deludere chi si trovava davanti.
"In effetti è questa la radice di ogni mio problema. La paura di non fare abbastanza. Che gli altri rimangano delusi dai miei comportamenti, potrebbe scivolarmi addosso e non me ne accorgerei di meno." Quei pensieri erano arroganti. Forse la strega avrebbe dovuto adottare un modo di fare più consono alla situazione.
Ma per un secondo esitò. Sapeva che dalla sua bocca sarebbero dovuto uscire le giuste parole per soddisfare il professore. Forse avrebbe dovuto elogiare la conoscenza o le virtù dell'uomo. O magari fingersi spaventata per provocare pietà nel professore.
Eppure, la presenza del docente a pochi piedi di distanza da lei la fece sentire così piccola. Non ebbe abbastanza coraggio per mentire. Ma allo stesso tempo non si sentiva così dipendente da poter contare solo sul professore per poter superare i propri limiti. Dunque, mostrandosi della stessa serietà, la strega iniziò a parlare. «Il male più grande è l'impossibilità di agire. So che non potrei superare un trauma derivante dalla mia mancanza di potere. Se io o qualcuno dei miei cari si trovasse in pericolo dovrei poter agire. E sebbene questa sia la prima delle mie paure, è solo la punta dell'Iceberg.»
Per un attimo la mano destra della ragazza cominciò a tremare e Valentina fu costretta a fermarla con l'altra mano per non sfigurare. Non ne aveva mai parlato con nessuno. Eppure, lentamente il carisma del professore stava piegando la sua volontà. E di fronte alla scelta fra il piegarsi o rompersi, questa volta la strega scelse la prima. «E il male più grande, quello che temo di più, è che potrei adottare metodi non consoni per ottenere questo potere.»CITAZIONENarrato
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«Forse ha ragione» Rispose Valentina, riprendendo il controllo e una posizione più comoda. «Ma non esiste nero e bianco. Non esiste avere paura e non averne.»
La ragazza ringraziò il professore con un sorriso mentre, con fare rispettoso, le sue mani si appoggiarono sul bicchiere e sulla confezione di succo alla pesca. Con calma ne versò un poco per poi berlo. Quella situazione le aveva fatto venire sete. E non solo di conoscenza.
«Spero di non sembrare arrogante.» Suggerì la ragazza che, forse, sarebbe sembrata tale dal suo tono di voce sicuro. «Ma il grado di paura che investe una persona è ben diverso se questa è a conoscenza o meno di un metodo per difendersi da una maledizione senza perdono. Così, chi non ha bisogno di affrontare un colloquio, non avrà neanche paura di quest'ultimo. Voglio costruire un castello intorno a me. So che trasportare ogni mattone piegherà la mia schiena a lungo andare. Come so che qualcuno potrebbe espugnarlo. Ma arrendersi è già perdere e dunque tenterò comunque.»
Una rivolo di succo le scivolò lungo il labbro. La strega lo fermò con il mignolo mentre i suoi occhi studiavano quelli del professore. Quella domanda l'aveva colta di sorpresa perché, improvvisamente, aveva reciso il legame logico con le precedenti parole. Fu naturale per lei cercare un filo conduttore. «Nessuno dei miei cari è coinvolto in trattative pericolose o svolge la professione di Auror.» I suoi genitori, perché considerava 'genitori' solo i due gabbani che l'avevano adottata, non sapevano nulla del mondo magico. Figuriamoci lavorare come Auror. Nel corso della sua vita aveva incrociato qualche Auror ma non le era mai capitato di stringerci un rapporto di 'amicizia'.
"Cosa vuoi sapere, mister Black?" La strega questa volta era sicura di sé. Quella domanda non aveva fatto altro che alimentare il fuoco che le bruciava dentro.CITAZIONENarrato
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Le parole del professore fecero breccia nella ragazza. Ma sotto un primo manto di pietra, si ergeva un oceano di ferro. E, questa volta, il carisma dell'alchimista non riuscì ad oltrepassarlo.
Valentina concordava con la logica dietro a quel discorso. Non puoi temere qualcosa che non conosci, nessuno sarebbe in grado di negarlo. Eppure, il professore si era dimenticato un dettaglio di una certa importanza: La strega era già venuta a conoscenza della magia.
Se ad attenderla fosse stata una vita da babbana, allora avrebbe avuto modo di temere soltanto pistole e malattie. Eppure, ora era certa dell'esistenza di maledizioni e licantropi.
«Concordo con lei, professore» Rispose «Non potrei temere un virus se prima non ne venissi a conoscenza. Ma questo veleno, che lei chiama paura, circola nelle mie vene da quando ho scoperto l'esistenza della magia. Ignorare fino a dove possa spingersi l'alchimia eviterebbe che il mio corpo assuma altre dosi di questo veleno. Eppure, ciò non rappresenterebbe un antidoto e la malattia continuerebbe ad espandersi.»
La ragazza allargò le braccia, sentendosi sempre più a suo agio. «Ha ragione, Hidenstone è un paradiso. Eppure, può affermare che questa accademia sia una estensione del resto del mondo? A malapena qualche decennio fa, il nostro mondo era entrato in guerra sulla punta dei piedi. Silenziosamente, senza che nessuno potesse accorsene, i deboli cominciavano a perire. E non fù la bontà a vincere la guerra, bensì la competenza di chi ne era coinvolto.»
Lo sguardo della ragazza si perse su un punto al di là della finestra per poi ritornare verso il professore. «Dunque, lei sarebbe disposto a darmi questo antidoto?»CITAZIONENarrato
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