Soon you'll get better

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    Mia era stata accompagnata in infermiera da qualcuno che non si era nemmeno sforzata troppo di riconoscere, tutto quello che le importava era sapere che Tess e tutti gli altri compagni stavano bene, voleva la certezza che nessuno a parte Naga si fosse ferito. Non riusciva a provava dispiacere per qualcuno che aveva provocato così tanto dolore e sofferenza, non riusciva ad essere triste per Naga e per quello che le era successo, l'unica cosa che le dispiaceva era che una persona si fosse votata al male in modo così profondo. Non aveva modo di sentire il suo discorso del tutto, ma era certa che la donna avesse qualcosa per cui lottare, e non poté evitare di chiedersi chi decidesse quali lotte fossero giuste e quali no. Lei stessa era disposta a fare male a qualcuno pur di difendere i suoi amici - una novità sconvolgente anche per lei, che aveva passato i suoi ultimi anni di Hogwarts pressoché da sola- e suo fratello, e a quanto pare era capace di fare male a qualcuno anche per meno, come aveva rischiato di fare con Blake. Nella sua testa aveva sempre meno valore il fatto che non fosse stata in sé in quei frangenti, lo aveva comunque fatto, era innegabile, e ora si chiedeva, nel suo delirio, se anche lei non meritasse di essere imputata quanto Naga. Forse anche lei non era così buona quanto pensava, forse anche lei era un pericolo per gli altri e per sé stessa...
    Riuscì a tornare lucida solo quando era già sul lettino dell'infermeria, qualcuno doveva averle dato qualcosa che potesse un minimo migliorare la nebbia che le riempiva la testa e ora riusciva a vedere le cose con più chiarezza. Una chiarezza che si trasformò velocemente in qualcosa di negativo e che divenne presto la sua punizione personale: essendo una delle vittime in peggiori condizioni, Mia fu costretta a rimanere in infermiera per diversi giorni, e se all’inizio riuscì a trovare conforto nella presenza di Tess e Jessica e nell’idea che, dopotutto, era viva, quella gratitudine e quel senso di sollievo durarono ben poco. Era ovvio che si ritenesse fortunata, sapeva che Charles per primo aveva fatto di tutto per proteggerla e portarla in salvo, ed era felice di come fossero andate le cose per lei ma anche per tutti gli altri, ma questo non bastava a farla sentire meno colpevole. Sapeva che avrebbe dovuto fare di più, provare a salvare Tess, non fare cose stupide come lasciarsi prendere dal Malboro finendo per mettere a rischio sé stessa, il fratello e tutte quelle persone che non era stata capace di aiutare. Per lei rimanere ferma in un letto era deleterio e finì per aspettare con sempre più ansia e bisogno le visite che riceveva.
    Charles era andato a trovarla quando aveva potuto, considerato che era un Auror e che comunque lei si stava riprendendo, non aveva bisogno di preoccuparsi così tanto. Così aveva avuto modo di stare un po’ con Tess, anche se la ragazza si era ripresa piuttosto in fretta, e aveva cercato di fare compagnia a Jess per la maggior parte del tempo, per quanto Alex potesse permetterglielo. Si rendeva conto da sola che la ragazza aveva anche altro di cui occuparsi per lei stava comunque cercando di esserle d’aiuto e di supportarla almeno un po’. Per quanto cercasse di tenersi occupata, comunque, era ovvio che ci fossero momenti morti ed era in quei frangenti che la sua mente prendeva il sopravvento. Era difficile frenarla, non aveva idea di come trattenersi e come impedire ai pensieri negativi di andare in giro. Era ancora troppo debole per riuscire a camminare in giro quanto avrebbe voluto, e Tess, che almeno fisicamente era più in forma di lei, non poteva certo stare lì solo per farle compagnia. Le dispiaceva l’idea che non fosse più sempre accanto a lei, era bastato ben poco per abituarsi alla sua presenza e ora non poteva evitare di sentirne la mancanza. E, come se quel dispiacere non bastasse, non riusciva a togliersi dalla testa la sua condizione, non riusciva a smettere di preoccuparsi per il suo nuovo mutismo, per il fatto che non riusciva più a parlare e lei non sapeva come aiutarla. Certo, aveva senso che si trattasse di una conseguenza dello shock ma Mia proprio non poteva evitare di chiedersi se avrebbe potuto aiutarla ad evitarlo, se avrebbe potuto fare una cosa qualunque per proteggerla.
    Sospirò profondamente, cercando di rilassarsi almeno per un secondo senza avere successo. Anche se le loro conversazioni, orano, erano per lo più unilaterali sperava che sarebbe andata a trovarla anche quel pomeriggio, fosse ancora solo per vederla, accertarsi che era viva, era ancora lì in Accademia e non la odiava ancora a tal punto da evitarla del tutto. Mia non si era scusata quanto avrebbe voluto – e forse dovuto-, non perché non se la sentisse ma perché ad un certo punto aveva temuto di risultare soffocante, ma non riusciva a smettere di pensare che l’amica avrebbe dovuto odiarla, incolparla per ciò che le era successo perché se Naga era riuscita a rapirla forse era anche perché Mia non era stata abbastanza attenta…
    Mia Freeman-SHEET-
    "Parlato" - "Pensato"- "Ascoltato"

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    Theresa van Aalter ( ▲ Scheda |▼Stat ) - 16 anni -Lycan - Ametrin - I Anno
    «Being brave means knowing that when you fail, you don't fail forever.» - Lana Del Rey
    Stava meglio o peggio? Chi poteva dirlo? Skyler! No, purtroppo lui non per sminuirlo ma condizioni fisiche a parte, la psicologia era una branca che non sembrava far proprio per lui e siccome Tess necessitava ancora un po’ di supporto psicologico, oltre a incredibili ed insperati miglioramenti nel corpo, nella mente sembrava ancora un po’ provata per tutto quello che le era accaduto. Era come se una parte di lei si fosse congelata e non riuscisse più ad oltrepassare quei brutti momenti e in più ritrovarsi lì con le altre ragazze che avevano passato i medesimi disagi che aveva trascorso lei era un po’ come proiettarsi inconsciamente a quel pensiero, alla fine non riusciva a trovare mai la pace sperata. Per fortuna che a darle un po’ di distrazione e di felicità inaspettata erano quei momenti passati in infermeria con Mia. Da quando l’aveva vista ferita e provatissima a causa sua, non poteva che sentirsi in colpa, lei aveva rischiato la vita ed aveva dato il tutto per tutto pur di venirla a cercare, paradossalmente aveva fatto tanto quanto suo fratello eppure non avevano alcun tipo di legame forte, certo erano buone amiche, oltre che studentesse della stessa casata, ma a parte ciò, cosa poteva aver spinto quella biondina a ridursi in quelle condizioni se non il fatto che fosse particolarmente leale verso le persone a cui si affezionava? Per lei Mia era come una Leonessa, l’aveva vista con quale piglio spesso si contrapponeva alle smargiasse idee di Blake Barnes, cercando di favorire l’ordine e il rispetto delle regole. Forse centrava anche il fatto che suo fratello fosse un Auror? Boh, magari quello era un punto che avevano in comune. A proposito, doveva essere assurdamente incasinato avere un fratello affetto da licantropia, lei non si figurava neppure cosa volessero dire quella serie di disagi e per fortuna era ancora ignara del fatto che anche lei fosse contagiata seppur il pensiero che maggiormente la disgustava e che l’aveva arresa al mutismo continuava a farsi largo dentro di lei, strisciando come una sensazione orribile al quale non avrebbe potuto sfuggire. Cercò di scrollarsi di dosso tutte quelle sensazioni negative sciacquandosi un po’ il viso, era in bagno, nella sala grande. Oggi voleva andare a trovare Mia. Oggi voleva chiederle delle cose.

    Prese un lungo respiro e con le gocce che ancora le scivolavano dalle guance e la punta del naso si guardò allo specchio poco prima di tamponarsi con l’asciugamani, aveva un aspetto orribile. Aveva appena rigettato il pranzo, non c’era niente da fare. Aveva provato a forzarsi mangiando un hamburger, ma al solo sentore della carne sotto ai denti, al provare quella sensazione di acquolina in bocca che gli dava, gli era venuto un immediato rimescolio allo stomaco che l’aveva costretta a dover vuotar tutto per doversi sentire meglio. Si era appena finita di lavare i denti e già sbuffava al solo pensiero di cambiarsi di nuovo, perché si vergognava ad andare dall'amica in quelle condizioni. Si truccò perfino, cercando di mascherare i segni della stanchezza con un po’ di correttore, ma per il resto non appena si lanciò nel dormitorio Ametrin, preferì legare i lunghi capelli ricciolini in una coda ed infilarsi in qualcosa di più comodo e più spartano come dei jeans blu a sigaretta ed una felpa nera a tema Pokèmon con la stampa degli stadi evolutivi di Gastly ed un paio di semplici scarpe da ginnastica bianche. E quando fece per uscire si ricordò in ultimo di prendere il pensierino che aveva lasciato nel cassetto, infilandoselo nella tasca del giubbotto rosso bordeaux.

    Stava dormendo? Ne vide la nuca ed era immobile, con il respiro regolare. Decise di scivolarle lentamente ed in silenzio ai piedi del lettino in modo da non disturbarla, ma quando poi notò che aveva già aperto gli occhi da poco sollevò un paio di dita con cui si stava in realtà grattando il mento, sentendosi colta di punto in bianco dall'imbarazzo. In effetti le sudavano le mani da quand'era uscita. Forse era ancora nervosa per esser stata male di stomaco da prima. Non spiccicò parola, non poteva, ma le sorrise e si tirò vicino una sedia fra quelle disponibili in infermeria per starle di fronte.

    Sorrise un po’ tesa e poi con quella stessa mano andò a lisciarsi una ciocca ribelle che era sfuggita alla coda, ravviandola dietro l’orecchio. Perché si sentiva così? Provò a guardarla ma poi scostò lo sguardo e cercò di schiarirsi la voce senza neppure pensarci con un piccolo colpetto di tosse mentre che poco a poco aveva le guance sempre più colorate e poi le indicò le fasciature, toccandole con la punta dell’indice e di sollevare appena il capo guardandola con un accenno di domanda nell'espressione. Come stai?

    Poi si scostò appena dalla ragazza riprendendo le distanze e frugò nella sua tasca con un debole frusciare finché non le mostrò cos'aveva portato per lei, porgendole il dono. Era un piccolo cofanetto blu che si apriva con una leggera pressione del bottoncino centrale ad incastro, all'interno vi avrebbe trovato un cuscinetto bianco munito di un paio di incavi, su cui vi era adagiato un solo orecchino a forma di stellina, era d’argento e dai contorni morbidi. L’altro lo stava indossando Tessa sul lobo dell’orecchio, al secondo buco, identico al gemello. Ecco, ora si che la ragazza stava avvampando di vergogna. Si portò istintivamente la sinistra dinnanzi al volto a coprirsi, mentre che lasciò scivolare le ciocche che aveva appena risistemato dietro le orecchie dinnanzi al volto, per coprirlo.
    Hear me scream, feel my rage, RevelioGDR.
     
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    Di certo Mia era preoccupata per Tess. Si era premurata che, nei giorni di convalescenza, potesse avere tutte le attenzioni che meritava pur sforzandosi di non essere troppo pedante o troppo asfissiante: aveva provato a farla sentire importante ma non soffocata, e per una come Mia non era qualcosa di così tanto scontato dal momento che non esitava a sentirsi di troppo. Si era sorpresa quando aveva visto l’amica tornare in forma così velocemente ma non aveva fatto domande, non solo perché sapeva che Tess non avrebbe potuto risponderle ma anche perché aveva ritenuto quel dettaglio irrilevante: sapeva bene che le ferite fisiche erano solo la punta dell’iceberg, ed era contenta per lei se era tornata in forma così rapidamente.
    Non si era posta troppi problemi, non aveva pensato a nessuna possibile alternativa, si era concentrata solo sul lato positivo della sua condizione, anche se la guarigione di Tess l’aveva portata a rimanere da sola in infermiera. Fortunatamente l’amica sembrava propensa a tornare a trovarla e non poteva fare altro che aspettare il suo ritorno e sperare magari in qualche progresso.
    Aveva cercato di non metterle fretta, non le aveva chiesto nessun tipo di sforzo e si era impegnata perché potesse non sentirsi minimamente giudicata nel suo mutismo, ma era ovvio che avrebbe voluto sapere. Naga era stata sconfitta, ormai, e anche volendo non avrebbe potuto farle niente per vendicarsi di Theresa –non che fosse da lei, quell’idea era dettata più che altro dalla stanchezza del momento-, o nessuno avrebbe potuto cercare di capirci di più interrogando la diretta interessata. Avrebbe voluto se non altro essere d’aiuto, se avesse saputo che cosa fosse successo forse avrebbe potuto consolare l’amica in modo ben migliore, o almeno fare qualcosa di funzionale per lei. Non aveva idea di come mostrarle il suo appoggio, si sentiva poco all’altezza della situazione e temeva di poterla ferire senza rendersene conto.
    Theresa era una delle persone a cui teneva di più, quella a cui si era legata da quando era arrivata ad Hidenstone: considerati i suoi precedenti era certa che non sarebbe stata in grado di costruire qualche rapporto profondo, non era così brava a fare amicizia o meglio ogni volta le cose finivano per andare nel peggior modo possibile. Aveva conosciuto qualcuno ad Hogwarts, ma alla fine per un motivo o per l’altro aveva vista la sua fiducia tradita più o meno da chiunque e finita la scuola non aveva più vissuto nessuno dei suoi vecchi compagni. Nonostante avesse avuto un gruppo di amiche, si era resa presto conto che la loro era stata un’amicizia più per comodità che per altro, e non si era sorpresa nemmeno troppo quando aveva saputo che la maggior parte di loro non avevano fatto altro che sparlare di lei e della situazione con Charles. Ovviamente aveva fatto male, anche se aveva provato da sempre a prepararsi al peggio era rimasta profondamente delusa e da quel momento aveva faticato a lasciarsi andare con chiunque altro.
    Con Tess era diverso, la ragazza entra entrata nella sua vita con così tanto entusiasmo e così tanto improvvisamente che le sue barriere non erano servite a nulla. Arrivati a quel punto non poteva evitare di rendersi conto quanto quella ragazza fosse importante per lei, e quanto la rendesse felice. Per questo non vedeva l’ora che la sua compagna di stanza si sentisse meglio, fosse anche solo per cercare di offrirle conforto per quel che aveva vissuto e provare a farla stare meglio, cosa che adesso non sapeva come fare.
    Stava cercando di trovare un minimo di pace quando si accorse che Tess l’aveva raggiunta e non potè evitare di aprirsi in un sorriso sorpreso ed entusiasta. Cercò di mettersi a sedere e darsi una sistemata i capelli con una mano, per quanto fosse impossibile riuscire a ricreare il suo solito look ordinato e impeccabile. Si sforzò per dedicarle il sorriso più credibile che riuscì a trovare, provando a sembrare tranquilla e a suo agio anche se un po’ le girava la testa e non era proprio al massimo.
    “Tess!” esclamò contenta “Sei venuta!” osservò anche se si trattava di una cosa alquanto scontata. La osservò con attenzione e non appena capì che cosa le stesse chiedendo annuì piano, provando a risultare convincente. “Sto meglio…penso che verrò dimessa presto.” le spiegò attenta per poi inclinare la testa sorpresa quando la vide cercare qualcosa. Non si aspettava di certo un regalo, non pensava che la ragazza le avrebbe portato qualcosa e la sua compagnia, dopotutto, le sarebbe bastata. Si ritrovò invece a guardarla mentre le porgeva una scatolina che, una volta aperta, rivelò al suo interno un finissimo orecchino a forma di stella. Le bastò alzare lo sguardo, incredula e con gli occhi vagamente lucidi, per notare che la ragazza portava già l’altro orecchino. Le sembrò un gesto decisamente bellissimo, non si aspettava qualcosa del genere e non potè evitare di chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi tanto affetto.
    “E’ bellissimo…davvero.” sussurrò piano per poi allungarsi verso di lei, istintivamente, per provare ad abbracciarla. Si fermò poco prima di stringerla a sé, per evitare di metterla a disagio, cercando il suo sguardo e provando a trovare conferma dei suoi dubbi prima di spaventarla in qualche modo.

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