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Joshua B. Evans.
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.lilith clarkeIl primo anno non lo faceva così complicato, la piccola Clarke, che era alle prese con un biscotto gigante in una mano e un libro nell’altra, con la copertina piegata all’indietro per facilitarne la lettura e la stretta con la mano.
Il sabato pomeriggio era uno dei suoi giorni preferiti: niente divisa, niente lezioni, tempo libero da dedicare a qualsivoglia attività. E lei era riuscita a liberarsi facilmente dalle sue compagne di stanza che cercavano sempre di coinvolgerla per poter dedicarsi del tempo per sé.
Tuttavia, quello che le mancava era un posto giusto per le sue esigenze, che soddisfacesse i suoi desideri quando voleva: e quale posto migliore se non la stanza delle necessità?
Con quella camicetta bianca, ficcata per solo un lembo nella gonna a quadri che sfiorava metà coscia, e quella sacca che conteneva una busta di biscotti e un succo di frutta, Lilith si stava recando proprio lì, dando una sbriciatina alla strada di tanto in tanto, ma continuando spedita, ben consapevole che non ci fosse chissà chi in quel giorno della settimana.
Tutti amavano andare fuori, lei invece, adorava stare da sola, in silenzio a leggere un po’ e mangiare biscotti al cioccolato che quasi erano grandi quanto il suo viso.
Quando arrivò nei pressi della porta, Lil abbassò il braccio che portava il libro e notò la porta aperta «Hm?» aggrottò la fronte, domandando tra sé e sé chi potesse aver avuto la sua medesima idea, quindi ricacciò il biscotto tra le labbra e si fece spazio in quella stanza.
Alle spalle di Joshua, entrò Lilith.
Il lancio del dado era andato male per il giovane ametrino, no?
La Dioptase si tolse dalle labbra il biscotto e incrociò le braccia sotto i seni e si schiarì la voce «Non dovresti stare così attaccato allo schermo, potresti rovinarti gli occhi, Evans.» fece qualche passo in sua direzione, spostandosi alla sua sinistra, dopo aver richiuso la porta alle sue spalle.
Non si avvicinò di molto, come se non volesse invadere il suo territorio «Avevi lasciato la porta aperta, lo sai?» domandò curiosa, mentre la sua testa disegnava l’immagine di un pouffe di quelli dove ci si può sprofondare dentro.
«Chissà se anche Joshua…» accanto alla scrivania, apparvero due pouffe giganti, uno lilla e uno azzurro. Lilith li guardò e nascose un sorriso divertito.
Lasciò la borsa a terra e vi ci si tuffò sopra «A quanto pare ti tocca dividere con me questo spazio, sai?» si guardò attorno, curiosa di quello che vedeva «E’ la tua camera?» domandò aggrottando la fronte, mentre il libro passava in secondo piano adesso che c’era l’Ametrino nella sala.code made by @zacharys. -
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.lilith clarkeLa sua irruzione nella Stanza delle Necessità, era stata quanto più possibile invasiva, nonostante cercasse di rimanere nei limiti dei giusti spazi vitai di entrambi. Aveva messo il naso in un qualcosa di personale di Evans e questo non sapeva se all’Ametrino desse fastidio, ma lei, cosa voete, era così. Senza togliere il fatto che oggi era sabato e lei, per quanto avesse da leggere quel suo bel libro che – dov’era finito? – aveva portato con sé, odiava annoiarsi e se doveva scegliere tra un Joshua Evans e un bel libro, la scelta sarebbe ricaduta sicuramente in una vita di mezzo tra il socio-culturale: insomma, una versione soft di un libro che spiega ai ragazzini come approcciare qualcuno, o un fotoromanzo fatto di immagini di limoni belli colorati. No?
Vabbè, questo per dire, che alla Dioptase, poco incline alla socializzazione, non dispiaceva affatto la presenza di Joshua Evans nello stesso spazio di sopravvivenza. L’Ametrino aveva attirato l’attenzione di Lilith fin dal primo momento, con quel suo modo di fare molto particolare, addirittura per essere un violetto. Aveva chiesto qualche informazione su di lui ad Erik, ma era finita per avere un pugno di mosche, in quanto la solidarietà maschile andava ben oltre ogni codice d’onore. Era chiaro che per sapere qualcosa in più sul ragazzo, avrebbe dovuto chiedere direttamente a lui. E caso volle che quel sabato avevano avuto entrambi l’idea di entrare nella stessa stanza, una di quelle che la Dioptase preferiva, insieme alla stanza in disuso.
Non appena Joshua si voltò verso di lei, Lilith lo osservò un attimino, fingendo aria di sufficienza, con quegli occhiali con cui spesso lo aveva visto a lezione. Non sapeva ancora se lo preferiva con o senza, era come se acquisisse un aspetto diverso ogni volta, in base alla loro presenza o meno. Dovette ammettere a se stessa, però che aveva un grande stile, almeno oggi, in come aveva abbinato il suo abbigliamento.
Le sue parole le fecero alzare un sopracciglio, vi rispose con un’alzata di spalle, dapprima e poi schiuse le labbra, tirando un respiro profondo, prima di iniziare a parlare «Beh, potresti provare, sai? A volte qualcosa non la si sa, se non la si prova…» era un modo per dirgli di stare lì a guardarla? Davvero voleva i suoi occhi addosso? Che strano modo di chiedere attenzioni, aveva quella piccola Dioptase.
«Ah, io l’ho chiusa. Ti dispiace? Se vuoi posso riaprirla.» rispose cercando di tastare il terreno per una sua reazione.
Accavallò la gamba, con leggerezza, come se non lo facesse in maniera tale che attirasse ancora di più l’attenzione di Joshua, quindi lo osservò con un modo di fare tranquillo e che pareva quasi disinteressato, la Stanza delle Necessità aveva messo su due pouff e Lilith era certa di non averne chiesti così tanti, ver? O forse la sua testa aveva iniziato a giocare brutti scherzi? Beh, non le sarebbe mica dispiaciuto se Joshua scendesse dal suo trono girevole per avvicinarsi a lei, ma ogni cosa a suo tempo «Già, divertente.» era un po’ perplessa della cosa, ma nascose il tutto in un sorriso divertito.
Quando Joshua iniziò a descrivere la sua stanza, che era un tantino diversa da quella che le Necessità aveva riprodotto, Lilith fece leva in avanti per alzarsi e seguire quello che lui diceva, orientandosi nella stanza delle Necessità. Guardò il letto, un angolo delle labbra si sollevò «E cosa ci farai con un letto più grande di questo, Evans?» cercò di stuzzicarlo un pochino, mentre continuava il tour in base alla descrizione che lui dava « Non ho mai visto Star Wars, ma i miei fratelli ne vanno pazzi. Ho promesso loro che un giorno lo vedrò con loro. Sai, si divertono tanto ad interpretare Luke e Darth Vader.» rise, questa volta un po’ malinconica, come se quella parte della sua vita le mancasse davvero.
Si voltò a guardare lo scaffale che gli stava indicando, quindi tornò con il ghiaccio sul volto del ragazzo, incrociando le braccia sotto i seni, mostrando come non tutti i bottoni erano allacciati tra loro, soprattutto quelli che mostravano la scollatura adesso che stava sollevando con le braccia le sue forme « Ah sì? Del tipo? Non mi starai confidando che hai giornalini per adulti, su quello scaffale lì? » lo canzonò un tantino « Sono quasi curiosa di sapere che genere sono, sai? » in maniera molto velata, e nemmeno troppo, gli stava chiedendo i suoi gusti sessuali? No, sbagliato, lo stava solo cercando di punzecchiare, com’era nel suo stile, rispondendo a quel sorriso che sembrava dire lo stesso di lui.
Lilith, si sedette sul letto di Joshua, o sulla sua riproduzione «E’ così comodo anche il tuo? » lo guardò dapprima alzando un sopracciglio, poi con quel sorriso che sembrava un invito involontario a provarlo.
«Sai, il letto della mia stanza, invece, è a due piazze, e si trova esattamente lì. In perfetto stile orientale… » indicò col dito il lato opposto a dov’era la scrivania e la Stanza delle Necessità rispose a qeul gesto, mostrando esattamente il letto a due piazze, riproducendolo nei particolari che erano ben impressi nella testa di Lilith x quando lo vide sorrise, incrociando la gamba destra, sulla sinistra, con le mani sotto le cosce e rimanendo seduta sul letto di Joshua.code made by @zacharys. -
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.lilith clarkeQuando Lilith si annoiava, cercava mille modi per cacciare quella sensazione di fastidio che aveva addosso, che la faceva sbuffare ogni pochi minuti. Quel sabato era andata praticamente così, allo stesso modo di come era andato quello precedente. Solo che, cercando di giocare d'anticipo, il venerdì pomeriggio era andata in biblioteca a scegliere il libro che le avrebbe tenuto compagnia per l'intero finesettimana.
Tuttavia, questo sabato, la colse di sopresa, quasi impreparata: reduce da quelli precedenti, Lilith si aspettava di essere una delle poche anime in pena dentro l'Accademia. Ed invece, eccola a ritrovarsi nella stanza delle necessità con un interessante Joshua Benjamin Evans.
Chi l'avrebbe mai detto, no? Era chiaro anche a Lilith di non essere indifferente all'occhio del ragazzo, soprattutto quando quest'ultimo non faceva che sistemarsi sempre meglio per poterne saggiare ogni angolo della pelle, soprattutto quelli scoperti.
Lilith ne giocava un po' di questo, come se avere gli occhi addosso dell'Ametrino, era un bel paio di maniche, tanto da sentirsi lusingata dalla cosa. Ma non era solo quello. Non era un segreto che a Lilith, Joshua interessava: dai, ammettiamolo era un bel ragazzo, con uno stile fuori dal comune, che attirava l'attenzione delle più. Perché non avrebbe dovuto attirare la sua? Eppure, lei era diversa, a lei piaceva giocare, sfidare, spingersi fino al culmine per poi esplodere come una bomba ad orologeria. E lo stava facendo, esattamente in quel momento, con Joshua. Lo stava provocando, lanciando sguardi che porgevano un guanto di sfida, per poi celarli dietro a sorrisi nascosti che lasciavano intendere tutto o niente.
Il sopracciglio si sollevò a quelle parole, insieme ad un angolo delle labbra, con la malizia che le disegnava quel sorrisetto sbieco. «Non potrei che essere d'accordo. In tre ci sarebbe da dividere troppe... attenzioni...» rise sotto i baffi, quindi mentre iniziava il tour nella sua stanza. Si stava appropriando del suo spazio, stava avanzando indiscreta nella riproduzione di quella stanza, senza chiedere il permesso, quasi come se stesse spargendo il suo profumo per farne proprio il territorio.
Si voltò appena, solo col viso, dandogli ancora le spalle, ma lasciando che la coda dell'occhio osservasse il ragazzo «Se è per questo, nemmeno una sedia, servirebbe...» il tono era sempre basso, come se avesse impostato le corde vocali su "modalità stronzetta", quindi si sedette sul suo materasso, posizionandosi al meglio, di fronte a lui, con quel movimento di gamba per far si che si accavallasse sull'altra.
Stuzzicare Joshua, aveva un qualcosa di divertente. Non rispondeva diretto, ma per metafora o continuando a celare nell'incerto la risposta reale.
Lilith poggio i palmi delle mani dietro di sé, lasciandosi scivolare con la schiena in dietro, di poco, rimanendo comunque a vista, ma facendo in modo che quella gonnella salisse ancora un pochino, rise a quell'avvertimento «E se è proprio questo quello che volessi? Giocare... col fuoco?» era consapevole che stava mettendo a dura prova entrambi, eppure...
La Lilith di quel periodo era strafottente, nessuno era riuscita ancora a capire cosa volesse davvero, ma allo stesso tempo tutti avevano individuato in lei una persona molto antipatica. Tirò un respiro profondo, mettendosi nuovamente dritta «Beh, potrebbe essere interessante sapere cosa sia di tuo gusto, sai?» ed entrambi sapevano che forse quel discorso non sarebbe andato molto per le lunghe vie teoriche. Tuttavia, Lil sembrò non preoccuparsene, cercando di rimanere a suo agio ancora.
Quando lui si alzò, Lilith sobbalzò leggermente, non aspettandosi che accorciasse le distanze così improvvisamente, quindi quando lui si sedette, sentì mancare il materasso sotto di lei, lo guardò di sottecchi, alterando l'attenzione dai suoi occhi al letto, per poi soffermarsi sui primi. La sua pelle sfiorò i suoi pantaloni, sentendoli più ruvidi del tessuto cutaneo della ragazza. Guardò le sue labbra proferire quel commento sul letto, «Sì. Carino, nulla da dire.» ripetè, mordendosi il labbro inferiore per un breve istante. Incertezza volle che non era ben chiaro se si riferisse al letto o al ragazzo che aveva di fronte. Le gote si fecero leggermente colorate, appena rosate. Mandò giù la saliva a vuoto, quindi, mentre quel sorriso di sfida non si spegneva, perché adesso non avrebbe mollato la presa, non si sarebbe tirata indietro. I suoi occhi addosso l'accarezzarono e lei lo lasciò fare. Quando il viso accorciò le distanze, sfiorando i capelli con il naso, Lilith scostò le iridi di lato, a guardarlo furtivamente. Sentì il suo respiro rapire il suo profumo, un ghigno di soddisfazione venne celato al di lui sguardo che era impegnato ad altre attenzioni.
Anche la pelle della gamba rispose al calore di quel tocco. Lilith non si spostò, non sarebbe scappata.
Non lo avrebbe fermato.
«E chi ha detto che invece a me serva?» rispose, cercando di intercettare il suo volto mentre di poco si allontanava, tentando di arrivare col capo chino, a parlare a pochi centimetri dalle sue labbra, tentando di sfiorarle solo per un breve istante, il giusto che bastava per far sentire all'ametrino il sapore dolciastro del suo profumo, la morbidezza e il calore di quelle labbra. La mano opposta alla sua, si spostò dietro, a sfiorarne le dita, quasi involontariamente, forse. Gli occhi dapprima si concentrarono sulle labbra di Joshua, per poi puntare il cristallo delle sue iridi glaciali, in quelli di lui, come se gli stesse dando il via alla caccia. Ma... chi era la preda? E chi era il predatore?code made by @zacharys. -
Joshua B. Evans.
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.lilith clarkeEra ben chiaro che i progetti di lettura, che aveva Lilith, erano sfumati da un bel po' di minuti, da quando avevano iniziato a scambiarsi frecciatine quei due ragazzini in piena fase ormonale.
Lilith non aveva mai capito perché non si fosse fatto avanti, Joshua, in tempi di pace. Soprattutto, sperava che non avesse aspettato l'eternità, ma a quanto pareva il destino aveva sbattutto loro in faccia la situazione e li aveva, praticamenti, chiusi allo stretto per far in modo che riuscissero a comprendere esattamente dove volessero arrivare.
Ma la domanda era proprio questa: dove sarebbero arrivati?
Era chiaro che Lilith stesse cercando di stuzzicare in tutti i modi possibili, l'Ametrino. Lei era fatta così, la noia la portava a sconfinare oltre le regole che si era imposta, se poi alla noia, ci si aggiungeva l'interesse e l'attrazione, allora questo era il caso di dire che le sbarre oltre cui non andare, avessero ben poco da arginare.
E con Joshua, stava accadendo proprio questo.
Rise alle sue parole, quindi, notando che Joshua non si lasciava scappare l'occasione per cercare di riprendere in mano le redini di quello strano battibecco «Non saprei... e tu? Che tipo sei?» lasciò quel detto-non detto all'immaginazione di Joshua, mentre lentamente si bagnò l'angolo sinistro delle labbra, mentre le glaciali erano postate sul volto del ragazzo.
Era chiaro che quel gioco stava portando i due ragazzini, verso una sola strada e una sola soluzione, ma non sapevano - nessuno dei due - quali sarebbero state le conseguenze per il loro rapporto. Fatto sta, che non sembrava interessare né a lei, né a lui. Quando Joshua si fece accanto, Lilith non si scompose e lo lasciò avvicinarsi senza nemmeno tentare di mettervi delle distanze, seppur minime. Lo lasciò affogare in quell'aria di profumo che portava con sé, come se gli stesse dando solo un assaggio di ciò che realmente era Lilith Clarke. Respirava piano, guardando di sottecchi e con un ghigno soddisfatto, le dita di lui sull'orlo della gonna.
Il fiato di Joshua addosso era pericoloso, lo avvertiva. Ma non per lei, lei sapeva perfettamente di non aver il timore di proseguire quell'avvicinamento, ma lui? Era davvero certo di tentare ad avanzare ancora verso la tela del ragno?
Sentì il calore delle sue labbra sul lobo. Socchiuse gli occhi «Attento... Evans...» un sussurro, ad occhi socchiusi, mentre lo lasciava saggiare la sua pelle con la punta della lingua. La sua poteva risuonare come una minaccia, e tale era, con quello sguardo vispo che avrebbe ritrovato, se solo si fosse spostato. Stava sfidando il ragazzino, con quel suo dire, come se lo stesse mettendo in guardia a non esagerare se poi non avesse potuto reggere quel loro scontro fisico.
L'alternanza occhi-bocca era lenta, come se ogni singolo centimetro di quella pelle venisse studiato dall'occhio di Lilith.
Sbuffò una risata, calda e bassa «Già... perché no...» lo vide farsi vicino. Non si spostò fin quando le distanze non furono tali da sentire quasi il suono dell'aria che il suo respiro muoveva. Si spinse col busto indietro, notando solo in quel momento come, quel movimento di Joshua aveva fatto in modo che le sue gambe si trovassero in mezzo a quelle di lui.
Sentì le sue dita serpeggiare sulla pelle, facendo sentire sempre più il loro calore. Lilith socchiuse gli occhi, interrompendo il contatto visivo con il ragazzo, godendone di quel passeggio della sua mano, poi li riaprì quando queste cambiarono direzione, di scatto «Non avrai mica paura, Joshua...» il tono sulla sua voce si fece più suadente, quasi come se lo stesse provocando a non fermarsi.
La stava esplorando e questo provocava in Lilith una crescente eccitazione, come se la stesse preparando a quello che sarebbe venuto dopo. Lo lasciava fare, mentre una delle sue mani, la destra, andò a cercare la sua gamba, quella piegata accanto a lei, accarezzando la coscia fino a sfiorarne l'inguine, soffermandosi un attimo e osservando il suo volto... prima di scendere verso il ginocchio, nuovamente.
Quando Joshua iniziò a sfilarle i bottoni dalle asole, Lilith sorrise quasi soddisfatta. Lo vide esitare al primo bottone «Se non è di tuo gradimento... puoi lasciar stare...» glielo soffiò quasi nell'orecchio, quel sussurro.
Ancora un bottone, andò via e Lilith non lo fermò, anzi cercò di aiutarlo, senza intralciarlo nella sua opera. Ancora il respiro sul suo collo, Lilith cercò di trattenere il suo, per sentire il più silente suono di quello del ragazzo. Lo percepiva, avvertiva quel calore che li aveva spinti fino a quel punto, poi le labbra timbrarono quella sensazione di caldo che prima era solo un'ipotesi. Lilith cercò con ma mano di sfiorare i suoi capelli, incastrandoci le dita.
Una volta andati via tutti i bottoni, la mano di Joshua era finalmente arrivata sulla sua pelle. Lilith lo guardò, un sorriso tenue sul suo volto arrossato.
Si spinse indietro, cercando di afferrare i lembi della sua camicia per tirarlo con sé.
Poi Joshua si ritrasse un attimo e Lilith lo guardò alzando un sopracciglio, quasi a chiedergli se stesse facendo sul serio. Alla sua frase, tirò in aria gli occhi, roteandoli, fingendo di pensarci.
Sollevò di poco il busto, mentre le mani cercarono di sfilare quella camicia che il ragazzo aveva già sbottonato, lentamente, per poi far scivolare entrambi i dorsi delle mani, sulle braccia, come una piuma leggera. Non aveva ancora risposto alla sua domanda. Scese con le dita sul petto, disegnandone le forme su quel tessuto appartenente alla sua maglietta, quindi arrivò al lembo di questa e - se glielo avesse permesso - avrebbe tentato di sfilargliela. S
Quindi, se Joshua non l'avesse fermata, si sarebbe avvicinata al suo volto, mentre le dita cercarono di toccargli le labbra, gli occhi erano stai puntati nei suoi «...Ti stai forse tirando indietro, Evans?» un sussurro che avrebbe fatto se l'avesse lasciata avvicinare, facendo sfiorare le sue labbra a quelle del ragazzo, per poi ritrarsi indietro e stendersi sul materasso alle sue spalle «Mai stata così sicura... e tu?»
Il gioco avrebbe avuto inizio, adesso.code made by @zacharys. -
Joshua B. Evans.
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