Don't make war

Marzo 2019 - L. C.

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  1. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Studente | 17 anni
    Non era inusuale ritrovare un giovane studente del primo anno degli Ametrin girovagare senza una precisa meta tra le mura della fortezza di Hidenstone, soprattutto quando quest'ultima appariva particolarmente deserta. Il sabato pomeriggio era delizioso, o così si diceva in giro, poiché la maggior parte degli studenti si recavano nel vicino villaggio magico di Denrise, e questo stava a significare meno Prefetti e docenti in giro a sorvegliare. Quel giorno, tuttavia, Josh non aveva proprio alcuna voglia di trasgredire le regole e forse per quel motivo optò per qualcosa di tranquillo; in quel periodo era particolarmente nervoso, adrenalinico, necessitava di scaricarsi e qualunque attività che gli permettesse di limitare la propria euforia era ben'accetta.
    Uno dei suoi compagni di stanza gli aveva suggerito di seguire un corso di yoga, ma come glielo spiegava Josh che a Hidenstone non si seguivano corsi di tal fatta? Aveva dunque sorriso, annuito e, una volta girato l'angolo, mandatolo al diavolo.
    Alla fine aveva deciso di rinchiudersi per qualche ora nella Stanza delle Necessità, dove aveva riscontrato una scrivania e una sedia girevole, un pc, un letto a una piazza e una serie di poster appiccicati alle pareti color panna di una stanza che gli sembrava vagamente familiare.
    A quanto pareva, per rilassarsi aveva solo bisogno di sentirsi a casa, nella sua vera casa, a Londra. E quella era la sua camera.
    Un sorriso birichino gli curvò le labbra e, sistemandosi gli occhiali sul naso, il moro corse verso la sedia e ci si piazzò a sedere, iniziando a pigiare tasti sulla tastiera e muovendo il mouse. Avrebbe potuto fare una partita a Brawlhalla, era un po' che non giocava ed era certo che farlo gli avrebbe permesso di non pensare a ciò che lo rendeva nervoso.
    Anche perché, a dirla tutta, non avrebbe saputo dare una risposta a un tale quesito.
    Non si era reso conto di aver lasciato la porta aperta, cosa alquanto insignificante se non si aveva alcun problema a essere disturbati. Chiunque avrebbe potuto avere accesso alla sua personalissima Stanza delle Necessità, ma non gli importava; il massimo che avrebbe potuto fare sarebbe stato condividere il computer e magari fare una partita in coppia.
    Nel peggiore dei casi, invece, sarebbe potuta entrare una ragazza e rimproverarlo del fatto che gli uomini sapessero solo giocare ai videogame, quando invece sarebbe stato necessario parlare, parlare e parlare ancora.
    Tiriamo un dado?

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    lilith clarke
    Il primo anno non lo faceva così complicato, la piccola Clarke, che era alle prese con un biscotto gigante in una mano e un libro nell’altra, con la copertina piegata all’indietro per facilitarne la lettura e la stretta con la mano.
    Il sabato pomeriggio era uno dei suoi giorni preferiti: niente divisa, niente lezioni, tempo libero da dedicare a qualsivoglia attività. E lei era riuscita a liberarsi facilmente dalle sue compagne di stanza che cercavano sempre di coinvolgerla per poter dedicarsi del tempo per sé.
    Tuttavia, quello che le mancava era un posto giusto per le sue esigenze, che soddisfacesse i suoi desideri quando voleva: e quale posto migliore se non la stanza delle necessità?
    Con quella camicetta bianca, ficcata per solo un lembo nella gonna a quadri che sfiorava metà coscia, e quella sacca che conteneva una busta di biscotti e un succo di frutta, Lilith si stava recando proprio lì, dando una sbriciatina alla strada di tanto in tanto, ma continuando spedita, ben consapevole che non ci fosse chissà chi in quel giorno della settimana.
    Tutti amavano andare fuori, lei invece, adorava stare da sola, in silenzio a leggere un po’ e mangiare biscotti al cioccolato che quasi erano grandi quanto il suo viso.
    Quando arrivò nei pressi della porta, Lil abbassò il braccio che portava il libro e notò la porta aperta «Hm?» aggrottò la fronte, domandando tra sé e sé chi potesse aver avuto la sua medesima idea, quindi ricacciò il biscotto tra le labbra e si fece spazio in quella stanza.

    Alle spalle di Joshua, entrò Lilith.
    Il lancio del dado era andato male per il giovane ametrino, no?
    La Dioptase si tolse dalle labbra il biscotto e incrociò le braccia sotto i seni e si schiarì la voce «Non dovresti stare così attaccato allo schermo, potresti rovinarti gli occhi, Evans.» fece qualche passo in sua direzione, spostandosi alla sua sinistra, dopo aver richiuso la porta alle sue spalle.
    Non si avvicinò di molto, come se non volesse invadere il suo territorio «Avevi lasciato la porta aperta, lo sai?» domandò curiosa, mentre la sua testa disegnava l’immagine di un pouffe di quelli dove ci si può sprofondare dentro.
    «Chissà se anche Joshua…» accanto alla scrivania, apparvero due pouffe giganti, uno lilla e uno azzurro. Lilith li guardò e nascose un sorriso divertito.
    Lasciò la borsa a terra e vi ci si tuffò sopra «A quanto pare ti tocca dividere con me questo spazio, sai?» si guardò attorno, curiosa di quello che vedeva «E’ la tua camera?» domandò aggrottando la fronte, mentre il libro passava in secondo piano adesso che c’era l’Ametrino nella sala.

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  3. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Studente | 17 anni
    A Josh non piaceva il caldo, era più un tipo da clima temperato o, se proprio doveva scegliere, freddo. Quel giorno non poté lamentarsi: la camicia sopra una maglietta dalle maniche corte pareva essere l'ideale, la giornata era fresca e il clima primaverile si stava sollo affacciando alle lunghe giornate di studio.
    Giocò una partita, per nulla interessato al fatto che qualcun altro potesse invadere il suo spazio vitale. Josh non era il tipo di ragazzo a cui piaceva stare da solo, al contrario cercava di frequente la compagnia altrui e, differentemente da ciò che si può pensare, gradiva in egual maniera sia la presenza di una bella ragazza che di un amico. Era semplicemente un tipo molto socievole.
    Fu per quel motivo che, dopo aver appurato che giocare da solo e non in collegamento con gli amici non fosse così divertente, si volse non appena sentì la voce di una ragazza richiamare la sua attenzione, lieto dell'interruzione. E quando vide la Dioptase che più gli piaceva tra le ragazze di quella Casa, non poté fare a meno di rivolgersi a lei con il più vasto degli interessi.
    Accavallò la gamba sinistra sulla destra, poggiò sulla prima il gomito e si sostenne il mento. Osservò Lilith al di sopra delle lenti rettangolari e le rivolse un cenno col capo e un sorriso.
    «Mh... dici che guardare te potrebbe darmi un po' di sollievo?»
    Il Josh di pochi mesi fa era, in effetti, molto più strafottente di quello attuale, dunque godetevelo finché potete. Abbordare le ragazze era uno dei suoi passatempi preferiti, ma spesso e volentieri lo faceva solo per conversare, non aveva per forza un secondo fine. Tuttavia, Lilith era una delle studentesse da lui notate da qualche settimana a quella parte, era una sua compagna di corso e lui ed Erik avevano pensato di organizzare un appuntamento a quattro con lei che, ovviamente, sarebbe dovuta toccare a lui.
    Quell'incontro nella Stanza delle Necessità fu fortuito, ma non per questo sgradito, al contrario.
    La guardò muoversi all'interno della stanza, chiudersi la porta alle spalle e restare in attesa, senza avvicinarsi troppo. Lui, ciondolante sulla sedie girevole, la guardava incuriosito, non potendo fare a meno di soffermare lo sguardo sulla camicetta da lei indossata e le gambe lasciate scoperte da una gonna fin troppo corta, per i suoi gusti.
    Gesù Cristo, aiutami.
    Si schiarì la voce e spostò nuovamente le iridi di ghiaccio sul viso della ragazza.
    «Come scusa? Oh, la porta... beh, non mi dispiaceva l'idea di avere compagnia.»
    La sua attenzione venne attirata da un pouff azzurro e, praticamente di fianco, uno color lilla. Lilith non fu l'unica a sorridere e Josh, portando giù la gamba e scostando il peso davanti, parlò di nuovo.
    «Interessante.»
    La ragazza si accomodò, mentre lui si prendeva qualche altro minuto sulla comoda sedia. Non voleva avvicinarsi troppo, aveva notato il tentativo dell'altra di mantenere una certa distanza fra loro e non voleva risultare invadente. Si guardò intorno e si rese conto di come avesse messo parte della propria vita in bella mostra, una fetta del suo passato di fronte agli occhi di una ragazza che non lo conosceva per nulla.
    Non gli diede fastidio, anzi, in quel modo Lilith avrebbe potuto capire molto di lui e in breve tempo.
    «Sì, più o meno. Ho un letto un po' più grande e sta proprio sotto la finestra, che qui manca per ovvi motivi. Lì c'è una locandina di Star Wars, della trilogia originale intendo, è una delle mie saghe preferite... di fianco al letto c'è un comodino e lì un armadio. Sullo scaffale più alto nascondo cose che vorrei evitare che i miei genitori scovino per caso e che non mi pare saggio citare davanti a una signorina per bene come te.»
    La stava prendendo in giro.
    Le sorrise di sbieco e si sistemò gli occhiali sulla radice del naso, rivolgendole uno sguardo curioso, evitando accuratamente di far cadere gli occhi su quel paio di gambe messe bene in evidenza.
    Il giovane si morse il labbro e la mano destra volò a sbottonare un paio di bottoni della camicia a quadri, per poi incrociare la sinistra proprio di fronte alla bocca.
    Si sentì di dover rettificare: quel giorno faceva davvero molto, molto caldo.

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    lilith clarke
    La sua irruzione nella Stanza delle Necessità, era stata quanto più possibile invasiva, nonostante cercasse di rimanere nei limiti dei giusti spazi vitai di entrambi. Aveva messo il naso in un qualcosa di personale di Evans e questo non sapeva se all’Ametrino desse fastidio, ma lei, cosa voete, era così. Senza togliere il fatto che oggi era sabato e lei, per quanto avesse da leggere quel suo bel libro che – dov’era finito? – aveva portato con sé, odiava annoiarsi e se doveva scegliere tra un Joshua Evans e un bel libro, la scelta sarebbe ricaduta sicuramente in una vita di mezzo tra il socio-culturale: insomma, una versione soft di un libro che spiega ai ragazzini come approcciare qualcuno, o un fotoromanzo fatto di immagini di limoni belli colorati. No?
    Vabbè, questo per dire, che alla Dioptase, poco incline alla socializzazione, non dispiaceva affatto la presenza di Joshua Evans nello stesso spazio di sopravvivenza. L’Ametrino aveva attirato l’attenzione di Lilith fin dal primo momento, con quel suo modo di fare molto particolare, addirittura per essere un violetto. Aveva chiesto qualche informazione su di lui ad Erik, ma era finita per avere un pugno di mosche, in quanto la solidarietà maschile andava ben oltre ogni codice d’onore. Era chiaro che per sapere qualcosa in più sul ragazzo, avrebbe dovuto chiedere direttamente a lui. E caso volle che quel sabato avevano avuto entrambi l’idea di entrare nella stessa stanza, una di quelle che la Dioptase preferiva, insieme alla stanza in disuso.
    Non appena Joshua si voltò verso di lei, Lilith lo osservò un attimino, fingendo aria di sufficienza, con quegli occhiali con cui spesso lo aveva visto a lezione. Non sapeva ancora se lo preferiva con o senza, era come se acquisisse un aspetto diverso ogni volta, in base alla loro presenza o meno. Dovette ammettere a se stessa, però che aveva un grande stile, almeno oggi, in come aveva abbinato il suo abbigliamento.
    Le sue parole le fecero alzare un sopracciglio, vi rispose con un’alzata di spalle, dapprima e poi schiuse le labbra, tirando un respiro profondo, prima di iniziare a parlare «Beh, potresti provare, sai? A volte qualcosa non la si sa, se non la si prova…» era un modo per dirgli di stare lì a guardarla? Davvero voleva i suoi occhi addosso? Che strano modo di chiedere attenzioni, aveva quella piccola Dioptase.
    «Ah, io l’ho chiusa. Ti dispiace? Se vuoi posso riaprirla.» rispose cercando di tastare il terreno per una sua reazione.
    Accavallò la gamba, con leggerezza, come se non lo facesse in maniera tale che attirasse ancora di più l’attenzione di Joshua, quindi lo osservò con un modo di fare tranquillo e che pareva quasi disinteressato, la Stanza delle Necessità aveva messo su due pouff e Lilith era certa di non averne chiesti così tanti, ver? O forse la sua testa aveva iniziato a giocare brutti scherzi? Beh, non le sarebbe mica dispiaciuto se Joshua scendesse dal suo trono girevole per avvicinarsi a lei, ma ogni cosa a suo tempo «Già, divertente.» era un po’ perplessa della cosa, ma nascose il tutto in un sorriso divertito.
    Quando Joshua iniziò a descrivere la sua stanza, che era un tantino diversa da quella che le Necessità aveva riprodotto, Lilith fece leva in avanti per alzarsi e seguire quello che lui diceva, orientandosi nella stanza delle Necessità. Guardò il letto, un angolo delle labbra si sollevò «E cosa ci farai con un letto più grande di questo, Evans?» cercò di stuzzicarlo un pochino, mentre continuava il tour in base alla descrizione che lui dava « Non ho mai visto Star Wars, ma i miei fratelli ne vanno pazzi. Ho promesso loro che un giorno lo vedrò con loro. Sai, si divertono tanto ad interpretare Luke e Darth Vader.» rise, questa volta un po’ malinconica, come se quella parte della sua vita le mancasse davvero.
    Si voltò a guardare lo scaffale che gli stava indicando, quindi tornò con il ghiaccio sul volto del ragazzo, incrociando le braccia sotto i seni, mostrando come non tutti i bottoni erano allacciati tra loro, soprattutto quelli che mostravano la scollatura adesso che stava sollevando con le braccia le sue forme « Ah sì? Del tipo? Non mi starai confidando che hai giornalini per adulti, su quello scaffale lì? » lo canzonò un tantino « Sono quasi curiosa di sapere che genere sono, sai? » in maniera molto velata, e nemmeno troppo, gli stava chiedendo i suoi gusti sessuali? No, sbagliato, lo stava solo cercando di punzecchiare, com’era nel suo stile, rispondendo a quel sorriso che sembrava dire lo stesso di lui.
    Lilith, si sedette sul letto di Joshua, o sulla sua riproduzione «E’ così comodo anche il tuo? » lo guardò dapprima alzando un sopracciglio, poi con quel sorriso che sembrava un invito involontario a provarlo.
    «Sai, il letto della mia stanza, invece, è a due piazze, e si trova esattamente lì. In perfetto stile orientale… » indicò col dito il lato opposto a dov’era la scrivania e la Stanza delle Necessità rispose a qeul gesto, mostrando esattamente il letto a due piazze, riproducendolo nei particolari che erano ben impressi nella testa di Lilith x quando lo vide sorrise, incrociando la gamba destra, sulla sinistra, con le mani sotto le cosce e rimanendo seduta sul letto di Joshua.

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  5. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
    Studente | 17 anni
    In quel momento Josh avrebbe voluto provare tante cose, ma evitò di dar voce a quel pensiero, conscio che non fosse un gran bel bigliettino da visita. Dire che avesse una fissa per le forme della ragazza era poco, la considerava sexy oltre qualunque prospettiva e non poteva fare a meno di maledirsi per essere tanto rispettoso. Nonostante le buone maniere, però, quando la ragazza non lo ricambiava, il suo sguardo sfidava la sorte ammirando e godendo di quella splendida visuale: le gambe di Lilith erano in bella mostra, la pelle chiara e lucida a mettere in risalto le cosce sode, e a complicare la situazione c’era il fatto che quella fosse la parte del corpo che Josh preferiva in assoluto in una ragazza.
    Deglutì ancora.
    Quando la ragazza prese posto su uno dei pouf, lui la seguì con lo sguardo ma rimase al suo posto. Non voleva rischiare. La sentì porre una domanda che gli fece sorgere un dubbio: Lilith stava forse giocando con lui? Decise tuttavia di non giungere a conclusioni affrettate, lasciando che la partita scorresse senza alcun intoppo, proprio sotto i suoi occhi.
    «Ho detto che mi piace la compagnia, non la confusione. Inizieremmo ad essere stretti in tre.»
    E francamente in quel momento desiderò unicamente che la serratura e la maniglia della porta svanissero nel nulla. La vide alzarsi e percorrere la sua “stanza” con estrema lentezza, a osservare con attenzione ogni dettaglio da lui descritto. Josh la lasciò fare, potendo ammirare il panorama mentre raccontava indirettamente qualcosa di sè.
    «Non essere maliziosa. Per certe cose non serve neanche un letto, volendo. »
    Si passò le dita della mano destra sul mento e continuò a darle informazioni, fino a quando non la vide prendere posto sul materasso e accavallare le gambe.
    Ma allora lo faceva a posta.
    Non riuscì neppure a rispondere al commento su Star Wars, e forse neppure lo sentì, impegnato com’era a risistemarsi sulla sedia, dove la temperatura pareva alzarsi di qualche grado secondo dopo secondo. La ragazza poco prima aveva incrociato le braccia sotto il seno e quel gesto aveva reso evidente l’abbondante scollatura fornita dalla camicia sbottonata fin dove lo sguardo di Josh potesse cadere, ma a quell’ennesimo e implicito invito, il ragazzo si passò le dita sugli occhi, scostando di poco gli occhiali, ridacchiando.
    «Giochi col fuoco, Clarke. Sta’ attenta.»
    La riteneva troppo intelligente per spiegarle a cosa si riferiva.
    «Ho giornalini di vario tipo e quanto al genere... beh, cosa vuoi sapere di preciso? Cosa mi piace?»
    Naturalmente non pensava che la ragazza volesse sapere se preferisse gli uomini o le donne, in fondo neppure lui aveva mai avuto quel dubbio, non ancora. Si sollevò dalla sedia, decidendo che il calore che aveva cominciato a percepire a livello lombare iniziasse a divenire fastidioso. Si portò le mani in tasca e lentamente si avviò verso la ragazza, senza però sedersi al suo fianco.
    Sorrise sbuffando aria dalle narici quando la sentì porre un’ulteriore domanda, realizzando come non vi fosse più alcun dubbio: lo stava provocando e lui non chiedeva di meglio. Aveva diciassette anni, una ragazza che lo attraeva da impazzire gli si stava offrendo su un piatto d’argento, che altro avrebbe dovuto fare?
    Lo sguardo si spostò sul letto che la Dioptase aveva appena fatto comparire. La stanza non lo stava aiutando affatto: avevano davvero bisogno di tutti quei letti? Si decise dunque di sedere al fianco della ragazza, abbassando il materasso sotto il suo peso e costringendola dunque a cedere verso di lui, in modo che la propria coscia entrasse a contatto con quella sinistra di lei.
    «Carino, nulla da dire.»
    Si schiarì la voce e, lasciando fuoriuscire dalle labbra un sospiro, si volse a guardarla. Le iridi di ghiaccio scivolarono sul suo corpo in modo lascivo, permettendole di afferrare senza più alcun dubbio le sue intenzioni. Josh amava essere chiaro, non apprezzava affatto l’idea che una ragazza si sentisse a disagio per le sue attenzioni, pertanto tendeva sempre ad assecondare le di lei intenzioni... era una delle sue fasi preferite in quel processo di caccia.
    «Ma...»
    Avvicinò il viso al suo orecchio, sfiorando con la punta del naso i capelli scuri, percependone il profumo che lo mandò su di giri, più di quanto già non fosse. La mano destra dietro entrambi, per permettersi di reggersi a quell’altezza; la mancina a sfiorare inavvertitamente il bordo della gonna, entrando inevitabilmente in contatto con una piccola porzione di pelle.
    Era calda.
    «A me tutto quello spazio non serve.»
    Soffiò quelle parole sul suo orecchio, sfiorandone il lobo con il labbro superiore. Inspirò un’altra ondata di profumo e rimase in attesa, allontanandosi di qualche centimetro per permetterle di fermarlo, finchè ne avesse avuto il tempo.

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    lilith clarke
    Quando Lilith si annoiava, cercava mille modi per cacciare quella sensazione di fastidio che aveva addosso, che la faceva sbuffare ogni pochi minuti. Quel sabato era andata praticamente così, allo stesso modo di come era andato quello precedente. Solo che, cercando di giocare d'anticipo, il venerdì pomeriggio era andata in biblioteca a scegliere il libro che le avrebbe tenuto compagnia per l'intero finesettimana.
    Tuttavia, questo sabato, la colse di sopresa, quasi impreparata: reduce da quelli precedenti, Lilith si aspettava di essere una delle poche anime in pena dentro l'Accademia. Ed invece, eccola a ritrovarsi nella stanza delle necessità con un interessante Joshua Benjamin Evans.
    Chi l'avrebbe mai detto, no? Era chiaro anche a Lilith di non essere indifferente all'occhio del ragazzo, soprattutto quando quest'ultimo non faceva che sistemarsi sempre meglio per poterne saggiare ogni angolo della pelle, soprattutto quelli scoperti.
    Lilith ne giocava un po' di questo, come se avere gli occhi addosso dell'Ametrino, era un bel paio di maniche, tanto da sentirsi lusingata dalla cosa. Ma non era solo quello. Non era un segreto che a Lilith, Joshua interessava: dai, ammettiamolo era un bel ragazzo, con uno stile fuori dal comune, che attirava l'attenzione delle più. Perché non avrebbe dovuto attirare la sua? Eppure, lei era diversa, a lei piaceva giocare, sfidare, spingersi fino al culmine per poi esplodere come una bomba ad orologeria. E lo stava facendo, esattamente in quel momento, con Joshua. Lo stava provocando, lanciando sguardi che porgevano un guanto di sfida, per poi celarli dietro a sorrisi nascosti che lasciavano intendere tutto o niente.

    Il sopracciglio si sollevò a quelle parole, insieme ad un angolo delle labbra, con la malizia che le disegnava quel sorrisetto sbieco. «Non potrei che essere d'accordo. In tre ci sarebbe da dividere troppe... attenzioni...» rise sotto i baffi, quindi mentre iniziava il tour nella sua stanza. Si stava appropriando del suo spazio, stava avanzando indiscreta nella riproduzione di quella stanza, senza chiedere il permesso, quasi come se stesse spargendo il suo profumo per farne proprio il territorio.
    Si voltò appena, solo col viso, dandogli ancora le spalle, ma lasciando che la coda dell'occhio osservasse il ragazzo «Se è per questo, nemmeno una sedia, servirebbe...» il tono era sempre basso, come se avesse impostato le corde vocali su "modalità stronzetta", quindi si sedette sul suo materasso, posizionandosi al meglio, di fronte a lui, con quel movimento di gamba per far si che si accavallasse sull'altra.
    Stuzzicare Joshua, aveva un qualcosa di divertente. Non rispondeva diretto, ma per metafora o continuando a celare nell'incerto la risposta reale.
    Lilith poggio i palmi delle mani dietro di sé, lasciandosi scivolare con la schiena in dietro, di poco, rimanendo comunque a vista, ma facendo in modo che quella gonnella salisse ancora un pochino, rise a quell'avvertimento «E se è proprio questo quello che volessi? Giocare... col fuoco?» era consapevole che stava mettendo a dura prova entrambi, eppure...
    La Lilith di quel periodo era strafottente, nessuno era riuscita ancora a capire cosa volesse davvero, ma allo stesso tempo tutti avevano individuato in lei una persona molto antipatica. Tirò un respiro profondo, mettendosi nuovamente dritta «Beh, potrebbe essere interessante sapere cosa sia di tuo gusto, sai?» ed entrambi sapevano che forse quel discorso non sarebbe andato molto per le lunghe vie teoriche. Tuttavia, Lil sembrò non preoccuparsene, cercando di rimanere a suo agio ancora.
    Quando lui si alzò, Lilith sobbalzò leggermente, non aspettandosi che accorciasse le distanze così improvvisamente, quindi quando lui si sedette, sentì mancare il materasso sotto di lei, lo guardò di sottecchi, alterando l'attenzione dai suoi occhi al letto, per poi soffermarsi sui primi. La sua pelle sfiorò i suoi pantaloni, sentendoli più ruvidi del tessuto cutaneo della ragazza. Guardò le sue labbra proferire quel commento sul letto, «Sì. Carino, nulla da dire.» ripetè, mordendosi il labbro inferiore per un breve istante. Incertezza volle che non era ben chiaro se si riferisse al letto o al ragazzo che aveva di fronte. Le gote si fecero leggermente colorate, appena rosate. Mandò giù la saliva a vuoto, quindi, mentre quel sorriso di sfida non si spegneva, perché adesso non avrebbe mollato la presa, non si sarebbe tirata indietro. I suoi occhi addosso l'accarezzarono e lei lo lasciò fare. Quando il viso accorciò le distanze, sfiorando i capelli con il naso, Lilith scostò le iridi di lato, a guardarlo furtivamente. Sentì il suo respiro rapire il suo profumo, un ghigno di soddisfazione venne celato al di lui sguardo che era impegnato ad altre attenzioni.
    Anche la pelle della gamba rispose al calore di quel tocco. Lilith non si spostò, non sarebbe scappata.
    Non lo avrebbe fermato.
    «E chi ha detto che invece a me serva?» rispose, cercando di intercettare il suo volto mentre di poco si allontanava, tentando di arrivare col capo chino, a parlare a pochi centimetri dalle sue labbra, tentando di sfiorarle solo per un breve istante, il giusto che bastava per far sentire all'ametrino il sapore dolciastro del suo profumo, la morbidezza e il calore di quelle labbra. La mano opposta alla sua, si spostò dietro, a sfiorarne le dita, quasi involontariamente, forse. Gli occhi dapprima si concentrarono sulle labbra di Joshua, per poi puntare il cristallo delle sue iridi glaciali, in quelli di lui, come se gli stesse dando il via alla caccia. Ma... chi era la preda? E chi era il predatore?

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  7. Joshua B. Evans
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    Joshua Benjamin Evans
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    Non staremo a ripetere cose già dette, a concentrarci su dettagli superflui che palesavano quanto quella situazione stesse rendendo a Josh le cose molto, molto difficili. Ciò che di più pericoloso vi era al mondo, secondo il saggio Daniel, fratello maggiore dell'Ametrin, erano le donne, soprattutto quelle che sapevano di scatenare certi istinti animali in un uomo.
    Josh in genere era in grado di contenersi: non faceva mai la prima mossa, poiché solitamente non aveva intenzioni serie né intendeva illudere o far soffrire nessuno. Si limitava a chiedere di uscire solo alle ragazze che gli piacevano realmente, a quelle con cui avrebbe provato a intessere un legame meno superficiale del solito e Lilith era una di queste, non per nulla aveva voglia da tempo di chiederle un appuntamento, peccato che quel giorno la ragazza avesse deciso di passare al dunque. Josh, quindi, non faceva mai la prima mossa in quel contesto, ma non si tirava certo indietro se una ragazza che trovava estremamente sexy lo faceva al suo posto.
    «No, neanche una sedia. Sei il tipo da scrivania?»
    A quel punto restava poco da lasciare all'immaginazione, soprattutto quando la Dioptase gli rispose per le rime ammettendo di voler giocare col fuoco. L'Ametrin si lasciò andare a una roca risata e la raggiunse sul letto.
    E allora giochiamo.
    Prese posto al suo fianco e si inebriò del suo profumo, divenuto familiare in quegli ultimi giorni dati i numerosi tentativi di avvicinarla con le scuse più sciocche. Le dita della mano sinistra sorvolarono sull'orlo della gonna, sfiorando la pelle della ragazza che in quell'ultimo periodo desiderava più di chiunque altra. Nell'avvicinare la punta del naso al suo orecchio, gli parve di sentirla rabbrividire, ma poteva essersi sbagliato.
    Anche se ne dubitava parecchio. Non era un gran latin lover, ma sapeva il fatto suo e riconosceva determinate reazioni nelle ragazze.
    Lilith non si scostò da lui, ottimo segno che lo fece sorridere, un ghigno celato allo sguardo di lei mentre le labbra del giovane, non più tanto intimorito dal proseguire, le sfioravano il lobo dell'orecchio.
    La sentì parlare e una risata bassa e roca si indirizzò direttamente sul collo di lei, mentre le sue labbra si schiudevano per permettere alla punta della lingua di inumidire una ristretta porzione di collo.
    Sentì Lilith staccarsi da lui e questo lo fece tentennare, domandandosi se non avesse esagerato, ma quando la ragazza iniziò a far scorrere lo sguardo dalla sua bocca alle iridi di ghiaccio, Josh si rilassò e l'angolo destro delle labbra si curvò verso l'alto, mentre il respiro andava a farsi più irregolare.
    «Potremmo farcelo andar bene, allora.»
    Le disse in un sussurro, mentre resisteva alla tentazione di mordere quelle labbra e assaporarle, farle sue. Si sollevò quel poco che gli bastò a poggiare un ginocchio sul materasso, inclinando il busto verso di lei. Con la mano sinistra le sfiorò la coscia, lasciando che il tocco divenisse via via più deciso, fino al suo interno... poi si fermò e cambiò direzione, conducendo le dita sul suo collo e, seguendo ogni proprio gesto con lo sguardo, lasciava che i sospiri divenissero più pressanti, ritmici. L'indice sinistro scese lungo il collo, soffermandosi sulla clavicola di Lilith, dove disegnò simboli astratti. Poco più tardi, il dorso di quelle dita scivolò più in basso, seguendo il bordo della camicetta e soffermandosi sul primo bottone, fingendo si non trovare estremamente eccitante sfiorare il rigonfiamento della scollatura.
    Attese un attimo, senza mai distogliere lo sguardo da quella visione, mentre la lingua sostava fra i denti, in attesa di assaggiare dell'altro.
    Le dita sfilarono quel primo bottone e sarebbero scese a sfilarne un secondo, se Lilith glielo avesse permesso, mentre col viso si avvicinava al suo collo, lasciandole percepire il proprio respiro e il desiderio che lo faceva ardere.
    Le lasciò un bacio su quella pelle dal sapore dolce, e, se lei glielo avesse concesso, Josh avrebbe sbottonato uno dopo l'altro i bottoni di quella camicia, fino a poggiare il palmo della mano interamente sul fianco nudo di lei, mentre il pollice avrebbe stuzzicato la parte inferiore del seno.
    «Hai un buon sapore...»
    Ammise in un ansimo, quasi arrendevole. Si sporse con il busto verso di lei, nel caso in cui avesse desiderato sdraiarsi e lui, ovviamente, l'avrebbe seguita senza neanche chiederlo. Si staccò dalla studentessa solo per un momento, con il fiato spezzato, lo sguardo languido a cercare il suo e le labbra rosse, bramose di riprendere da dove avevano interrotto.
    «Sei ancora sicura di voler giocare?»
    Ultima possibilità, Lilith.

    «Parlato» - Pensato - Ascoltato | Scheda PG - Stat.

    RevelioGDR
     
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    lilith clarke
    Era ben chiaro che i progetti di lettura, che aveva Lilith, erano sfumati da un bel po' di minuti, da quando avevano iniziato a scambiarsi frecciatine quei due ragazzini in piena fase ormonale.
    Lilith non aveva mai capito perché non si fosse fatto avanti, Joshua, in tempi di pace. Soprattutto, sperava che non avesse aspettato l'eternità, ma a quanto pareva il destino aveva sbattutto loro in faccia la situazione e li aveva, praticamenti, chiusi allo stretto per far in modo che riuscissero a comprendere esattamente dove volessero arrivare.
    Ma la domanda era proprio questa: dove sarebbero arrivati?
    Era chiaro che Lilith stesse cercando di stuzzicare in tutti i modi possibili, l'Ametrino. Lei era fatta così, la noia la portava a sconfinare oltre le regole che si era imposta, se poi alla noia, ci si aggiungeva l'interesse e l'attrazione, allora questo era il caso di dire che le sbarre oltre cui non andare, avessero ben poco da arginare.
    E con Joshua, stava accadendo proprio questo.
    Rise alle sue parole, quindi, notando che Joshua non si lasciava scappare l'occasione per cercare di riprendere in mano le redini di quello strano battibecco «Non saprei... e tu? Che tipo sei?» lasciò quel detto-non detto all'immaginazione di Joshua, mentre lentamente si bagnò l'angolo sinistro delle labbra, mentre le glaciali erano postate sul volto del ragazzo.

    Era chiaro che quel gioco stava portando i due ragazzini, verso una sola strada e una sola soluzione, ma non sapevano - nessuno dei due - quali sarebbero state le conseguenze per il loro rapporto. Fatto sta, che non sembrava interessare né a lei, né a lui. Quando Joshua si fece accanto, Lilith non si scompose e lo lasciò avvicinarsi senza nemmeno tentare di mettervi delle distanze, seppur minime. Lo lasciò affogare in quell'aria di profumo che portava con sé, come se gli stesse dando solo un assaggio di ciò che realmente era Lilith Clarke. Respirava piano, guardando di sottecchi e con un ghigno soddisfatto, le dita di lui sull'orlo della gonna.
    Il fiato di Joshua addosso era pericoloso, lo avvertiva. Ma non per lei, lei sapeva perfettamente di non aver il timore di proseguire quell'avvicinamento, ma lui? Era davvero certo di tentare ad avanzare ancora verso la tela del ragno?
    Sentì il calore delle sue labbra sul lobo. Socchiuse gli occhi «Attento... Evans...» un sussurro, ad occhi socchiusi, mentre lo lasciava saggiare la sua pelle con la punta della lingua. La sua poteva risuonare come una minaccia, e tale era, con quello sguardo vispo che avrebbe ritrovato, se solo si fosse spostato. Stava sfidando il ragazzino, con quel suo dire, come se lo stesse mettendo in guardia a non esagerare se poi non avesse potuto reggere quel loro scontro fisico.

    L'alternanza occhi-bocca era lenta, come se ogni singolo centimetro di quella pelle venisse studiato dall'occhio di Lilith.
    Sbuffò una risata, calda e bassa «Già... perché no...» lo vide farsi vicino. Non si spostò fin quando le distanze non furono tali da sentire quasi il suono dell'aria che il suo respiro muoveva. Si spinse col busto indietro, notando solo in quel momento come, quel movimento di Joshua aveva fatto in modo che le sue gambe si trovassero in mezzo a quelle di lui.
    Sentì le sue dita serpeggiare sulla pelle, facendo sentire sempre più il loro calore. Lilith socchiuse gli occhi, interrompendo il contatto visivo con il ragazzo, godendone di quel passeggio della sua mano, poi li riaprì quando queste cambiarono direzione, di scatto «Non avrai mica paura, Joshua...» il tono sulla sua voce si fece più suadente, quasi come se lo stesse provocando a non fermarsi.
    La stava esplorando e questo provocava in Lilith una crescente eccitazione, come se la stesse preparando a quello che sarebbe venuto dopo. Lo lasciava fare, mentre una delle sue mani, la destra, andò a cercare la sua gamba, quella piegata accanto a lei, accarezzando la coscia fino a sfiorarne l'inguine, soffermandosi un attimo e osservando il suo volto... prima di scendere verso il ginocchio, nuovamente.

    Quando Joshua iniziò a sfilarle i bottoni dalle asole, Lilith sorrise quasi soddisfatta. Lo vide esitare al primo bottone «Se non è di tuo gradimento... puoi lasciar stare...» glielo soffiò quasi nell'orecchio, quel sussurro.
    Ancora un bottone, andò via e Lilith non lo fermò, anzi cercò di aiutarlo, senza intralciarlo nella sua opera. Ancora il respiro sul suo collo, Lilith cercò di trattenere il suo, per sentire il più silente suono di quello del ragazzo. Lo percepiva, avvertiva quel calore che li aveva spinti fino a quel punto, poi le labbra timbrarono quella sensazione di caldo che prima era solo un'ipotesi. Lilith cercò con ma mano di sfiorare i suoi capelli, incastrandoci le dita.
    Una volta andati via tutti i bottoni, la mano di Joshua era finalmente arrivata sulla sua pelle. Lilith lo guardò, un sorriso tenue sul suo volto arrossato.
    Si spinse indietro, cercando di afferrare i lembi della sua camicia per tirarlo con sé.
    Poi Joshua si ritrasse un attimo e Lilith lo guardò alzando un sopracciglio, quasi a chiedergli se stesse facendo sul serio. Alla sua frase, tirò in aria gli occhi, roteandoli, fingendo di pensarci.
    Sollevò di poco il busto, mentre le mani cercarono di sfilare quella camicia che il ragazzo aveva già sbottonato, lentamente, per poi far scivolare entrambi i dorsi delle mani, sulle braccia, come una piuma leggera. Non aveva ancora risposto alla sua domanda. Scese con le dita sul petto, disegnandone le forme su quel tessuto appartenente alla sua maglietta, quindi arrivò al lembo di questa e - se glielo avesse permesso - avrebbe tentato di sfilargliela. S
    Quindi, se Joshua non l'avesse fermata, si sarebbe avvicinata al suo volto, mentre le dita cercarono di toccargli le labbra, gli occhi erano stai puntati nei suoi «...Ti stai forse tirando indietro, Evans?» un sussurro che avrebbe fatto se l'avesse lasciata avvicinare, facendo sfiorare le sue labbra a quelle del ragazzo, per poi ritrarsi indietro e stendersi sul materasso alle sue spalle «Mai stata così sicura... e tu?»
    Il gioco avrebbe avuto inizio, adesso.

    code made by @zacharys
     
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  9. Joshua B. Evans
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    Continua qui.
     
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8 replies since 5/11/2019, 22:03   122 views
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