Help me get it out of my head ... please

Lance & Jess

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    Black Opal
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    Jessica Veronica Whitemore
    Black Opal | 17 anni | II anno
    Erano passati forse un paio di giorni da quell'insolita lezione di rune, dove il professore aveva praticamente messo alla prova i loro nervi e le loro capacità di affrontare le più varie situazioni, ma era contenta, da un lato. Aveva preso una fantastica E che non macchiava così il suo curriculum scolastico. Più preoccupata lo era per le lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure. Insomma, Lancelot, era risaputo, come professore ci sapeva fare con gli studenti (spesso) e aveva dei modi più calmi e gentili. Brian invece... beh... avrà avuto pure lui i suoi pregi, anche se Jessica non avrebbe saputo dirne nemmeno uno.
    In quel momento la ragazza si trovava nella Sala Grande; era da poco finito il pranzo e ormai tutti gli studenti si stavano dirigendo verso le lezioni del pomeriggio o verso il proprio dormitorio o ancora la biblioteca, per chi avesse un'ora buca come lei. Solo che lei non si sarebbe diretta nel proprio dormitorio, bensì allo studio del professor Olwen. Non sapeva nemmeno lei perché aveva preso quella decisione, ma ne aveva approfittato dal momento che il biondo, a fine lezione, si era dimostrato disponibile, in caso qualcuno avesse voluto parlare. La corvina non era solita parlare coi prof, ma quello di Rune le ispirava una particolare fiducia, quindi pensò che sarebbe potuto essere utile andare da lui.
    La visione che aveva avuto l'aveva abbastanza scombussolata. Okay, forse c'era chi aveva avuto un sogno più traumatico del suo, ma ognuno la prende a proprio modo, no? Lei pensava di essersi completamente cancellata dalla testa il suo ex, il tradimento dei suoi genitori... tutto. Ma a quanto pare, come aveva chiaramente dimostrato la sua visione, non era ancora riuscita a passarci sopra totalmente.
    Posò la penna sulla pergamena nella quale stava scrivendo il tema che il professor Olwen aveva chiesto loro in merito alla lezione. Aveva scritto poche righe, però non era molto ispirata quel momento. Arrotolò il foglio, ringraziando Merlino che non si fosse macchiato di cibo durante il pranzo. Sì perché se lo era portato proprio lì, in Sala Grande, per portarsi un po' avanti con i compiti. Si alzò dalla panca e con passo pigro si diresse, lungo le scalinate, fino al terzo piano dove si trovava il dormitorio dei Black Opal: doveva mettere via il lavoro che aveva fatto finora; non voleva correre il rischio che si perdesse o si rovinasse, dopo tutto il tempo che ci aveva messo per farlo! Anche se non era arrivata neppure a metà lavoro.
    Le scale, quel giorno, sembravano non finire più e la corvina si trascinò a passo lento gradino dopo gradino. C'era da dire che quelle notti non aveva dormito molto. Aveva sognato per due notti di seguito quella visione, svegliandosi di soprassalto proprio nel momento in cui apriva la porta e si trovava il suo ex davanti. Doveva smetterla di sognare quella visione! Insomma, lui l'aveva scaricata e i suoi genitori l'avevano abbandonata come se niente fosse proprio quando aveva più bisogno di loro. Entrò sospirando nella sala comune e si diresse verso il dormitorio, dove si concesse cinque minuti per stendersi nel letto. E si sarebbe anche addormentata là, senza mantenere il suo proposito di fare un salto da Olwen in quell'ora buca che sembrava capitare a fagiolo. Avrebbe voluto solo dormire e riposarsi in vista della lezione successiva, ma dei versetti le fecero aprire gli occhi e alzare. Alex era seduto -appoggiato alle sbarre- nella culla e la guardava, gli occhietti ancora non del tutto aperti. Probabilmente si era appena svegliato. Da quando era iniziata la scuola, non aveva passato mai molto tempo col bimbo. Doveva ancora abituarsi a quella situazione che le era capitata tra capo e collo senza che lei potesse farci nulla e doveva ancora imparare a gestire il suo tempo tra lezioni, uscite con gli amici e tempo per se stessa. Quindi stava seriamente ponderando l'idea di portare il piccolo con lei da Lancelot; almeno avrebbero passato insieme qualche altro minuto. Prese tra le braccia il piccolo e, non appena strinse i suoi braccini goffamente attorno al collo della ragazza e posò la testolina sulla sua spalla, Jess si rese conto di quanto veramente il pargolo l'avesse cambiata e di quanto desiderasse che fosse felice e, soprattutto, di quanta poca voglia aveva in quel momento di lasciarlo in stanza ancora una volta in balia degli elfi. Già doveva farlo per tutte le lezioni e durante i pasti, almeno nella sua ora buca voleva stare con lui. Sperò che al prof non dispiacesse, ma in cuor suo era certa che non avrebbe avuto nulla in contrario. Quindi, dopo queste considerazioni, prese la borsa con le materie che avrebbe avuto dopo, e partì alla volta dello Studio del professore di Rune.
    Per arrivarci, doveva scendere di un paio di piani. Le scale in discesa erano tutta un'altra cosa. Strinse il figlio ed iniziò a scenderle, finché non si trovò davanti all'aula. Si chiese se fosse ancora incantata come due giorni prima, ovvero se -in caso qualcuno si fosse avvicinato- si aprisse cadendo in un tappeto di magnifiche foglie autunnali. Però non si addentrò a scoprirlo, non avendo più tempo da perdere, anche se forse ad Alexander sarebbe piaciuto lo spettacolo. Si spostò a sinistra dove vi era un'altra porta all'apparenza normalissima e Jess si chiese se il docente vi avesse applicato qualche magia. Beh, lo avrebbe scoperto presto. Strinse meglio Alex con un braccio mentre con l'altro, portò il pugno alla porta e bussò un paio di volte, sperando che il docente fosse dentro e non da qualsiasi altra parte del castello.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    "Ok ok ok, mi arrendo, mi arrendo: giuro, mi arrendo! Non capisco, giuro che non capisco niente!"
    Nel silenzio del corridoi di Hidenstone non era facilmente udibile, ma, avvicinandosi alla porta dell'ufficio del professor Olwen, Jessica, come chiunque altro, si sarebbe convinta che il biondino fosse con qualcuno, una voce femminile, molto probabilmente, decisamente petulante, si sarebbe detto, il che poi era anche vero, solo che quella donna (o ragazza) era a diverse centinaia di chilometri, in un altro stato, addirittura.
    "Sempre detto di non essere tagliato per l'aritmanzia" ridacchiò lui nel mentre la voce, in sottofondo, lo rimproverava affermando che fosse tutta questione di impegno. Forse era vero, ma al docente non interessava poi così tanto, soprattutto per disquisirne con l'altro capo di quella conversazione "E quindi, come stai, eh? Ti manco?"
    La voce del ragazzo si fece gentile, dolce, in una maniera che forse la corvina non aveva mai sentito da lui, ad indicare quanto fosse stato tenero, data la sua bontà di fondo media "E soprattutto: ce l'hai un ragazzo?"
    La reazione fu metallica e squittente e ben presto si associò alle risate del biondo, incapace di contenersi dopo cotanta reazione "Eddai scherzavo!" rideva a crepapelle nel mentre l'altra iniziava a bollare il ragazzo con ogni genere di epiteto, alcuni davvero poco adatti ad una ragazza "Suvvia, Elaine, più garbata: se la mamma ti sentisse prima perderebbe i sensi e poi ti laverebbe la lingua con un bel Gratta e Netta!"
    Forse una neo-mamma non avrebbe dovuto sentire ove la misteriosa Elaine avrebbe praticato il Gratta e Netta a Lancelot e forse fu un bene, a quel punto si udirono i colpi del suo bussare, ponendo fine a quel trash gratuito nonché involontario.
    "Mh?" il biondino si era spanciato da ridere e all'udire i rumori riassunse una posizione composta "Scusami, devo andare" affermò lui, nel mentre una voce che si poteva intuire fosse imbronciata gli diceva di non aspettare così tanto per farsi risentire "Promesso, sorella mia" disse con dolcezza premendo un tasto sul computer.
    Osservò lo schermo alcuni istanti con un sorriso beato e un po' sciocchino, poi si volse alla porta "Avanti!" disse lui, facendo sì che la porta si aprisse da sola, anche se in maniera tradizionale.
    "Oh, Jessica!" esclamò lui alzandosi in piedi, notando immediatamente anche come non fosse sola "E c'è anche il piccolo Alex: ma che bello che sei, ogni giorno diventi sempre più grande!"
    Lance era quel tipo di uomo che faceva le vocine ai bambini e, in effetti, aveva un certo debole per Alex, al punto che lo avvicinò ed immediatamente iniziò a parlargli e far le boccacce. Insomma, forse la opalina avrebbe potuto pensare di sfruttare il docente come babysitter, al posto degli elfi!
    Il docente di Antiche Rune si perse un poco in moine per il pupo, ma, pian piano, si ricordò verso chi avesse dei doveri e chi fosse solo accessorio, sicché alzò gli occhi azzurri e fissò la giovane "Ciao Veronica, posso esserti di aiuto in qualcosa?" chiese lui, un po' retorico come sempre, del resto era improbabile che ella fosse incappata per errore davanti alla sua porta, finendo per bussare magari per uccidere una mosca.
    Indossava una camicia bordeaux, cui aveva associato dei pantaloni neri, eleganti, di classe, un po' come amava essere ed apparire lui. Si voltò e tornò a sedersi alla scrivania invitando a giovane a prendere posto "Ti stai trovando bene in dormitorio? Riesci a conciliare scuola e genitorialità? Sai che per qualsiasi cosa ci siamo, vero?"
    Il ragazzo tentò di trattenere le proprie attenzioni solo sulla corvina, ma purtroppo non era mai stato uno deciso, sicché con un colpo di bacchetta fece apparire un sonaglio ad uso e consumo di Alex "I giocattoli non sono mai troppi alla loro età" sghignazzò posando la guancia sulla mano "Ti posso offrire un té o una tisana?"
    Lancelot non era mai stato tra i docenti più silenziosi della scuola, ma era innegabile che quel giorno fosse particolarmente su di giri. Batté due volte sulla scrivania oltre la quale si era piazzato, portando alla chiusura della porta, che si serrò con un piccolo tlak quindi, finalmente si placò, concedendo all'altra forse il vero primo momento di quiete.
     
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    Jessica Veronica Whitemore
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    Si diceva che non ci fossero persone buone e persone cattive... poi c'era il professor Olwen, un concentrato di assurda bontà.
    La corvina aveva intenzione di parlargli...? Non sapeva nemmeno cosa dire in realtà, non sapeva perché si era diretta all'ufficio dell'uomo, nonostante fosse stato lui ad invitare espressamente gli studenti a farci un salto in caso avessero avuto bisogno. Non aveva pensato a cosa dire nel caso il biondo fosse stato presente nel suo ufficio e le avesse aperto; non si era preparata un discorso, niente di niente. Comunque non avrebbe potuto fare dietro front e tornarsene in dormitorio a studiare o fare qualsiasi altra cosa che non fosse stare là; ormai aveva bussato. Anche se avrebbe volentieri fatto retromarcia. Insomma, Lancelot sembrava pazzo.
    Sia perché sentiva una voce femminile (e non era chiaramente quella della Welsh) sia perché... beh era l'unico motivo che in quel momento le veniva in mente. Non sapeva esattamente di che cosa stessero parlando, ma la donna non sembrava essere troppo felice, almeno verso la fine della conversazione. Se fosse stata una mamma più esperta ed Alex fosse stato un po' più grandicello, gli avrebbe tappato le orecchie e se ne sarebbe davvero andata, tuttavia non fece nulla di tutto ciò, aspettando il permesso per entrare.
    Quando sentì la voce del professore consentirle l'accesso, fece per cercare -o impugnare la maniglia- ma non fu necessario. Se si aspettava grandi cose come l'incantamento della porta durante la lezione di Rune, beh ne fu piuttosto delusa. La porta si aprì come si apriva ogni porta del mondo, con l'unica eccezione che lo faceva da sola, senza che nessuno dovesse spingerla o tirarla. Dopo pochi secondi, si trovò di fronte l'ufficio e il professore. La stanza era lunga e stretta e a Jessica un po' di claustrofobia la metteva. Vi era una grande finestra che le fece tornare alla mente la lezione non esattamente piacevole di Antiche Rune e su di essere vi erano delle graziose tende. Graziose? Lo aveva pensato davvero? Si stava proprio rammollendo. A destra vi erano una miriade di volumi probabilmente sulle rune e cose così, sistemati ordinatamente o meno all'interno delle librerie, mentre a sinistra vi erano delle vetrine con pergamene, alcuni spartiti, un violino ed altre... cose. In tutto il tempo -non molto, a dire la verità- che Jess aveva trascorso ad Hidenstone, probabilmente era la prima volta che entrava nello studio del docente. Osservò per un secondo la scrivania su cui era posato il notebook, per poi distrarsi alle parole del biondo. Un sorriso fece capolino sul volto della ragazza e, se solo il figlio ne fosse stato capace, avrebbe potuto fare un'espressione del tipo "chi è questo e cosa vuole da me?", invece si limitò ad osservarlo, sempre curioso del mondo circostante.
    Non si scostò quando Olwen iniziò a parlare con il bimbo con quelle tipiche vocine ed espressioni ridicole che quasi tutti, genitori o meno, fanno. Ho pensato che non passo abbastanza tempo con lui, tra lezioni ed impegni vari... quindi volevo sfruttare questa occasione, sempre non le dispiaccia rispose lei, sapendo che Lance non le avrebbe mai detto che sì, gli dispiaceva. Anche perché sembrava quasi più contento lui di lei. Chissà se ha figli si chiese la corvina. Magari aveva davvero dei figli che andavano in qualche altra scuola o persino nella stessa Hidenstone. In effetti, non sapeva quanti anni potesse avere l'uomo.
    Ciao Veronica, posso esserti di aiuto in qualcosa?
    Beh, per esempio poteva non chiamarla Veronica, avrebbe detto stizzita, se a chiamarla così fosse stata un suo compagno, o compagna. Ma era un docente, quindi non commentò sulla scelta dell'appellativo, si limitò ad annuire. Sì, ha detto, dopo la lezione, che se avevamo bisogno potevamo fare un salto... rispose, quasi impanicata perché non sapeva assolutamente come iniziare il discorso. Non sapeva esattamente cosa dire, come spiegare quello che aveva in testa.
    Ti stai trovando bene in dormitorio? Riesci a conciliare scuola e genitorialità? Sai che per qualsiasi cosa ci siamo, vero?
    A quella domanda lo fissò con la sua classica aria di sfida e si preparò a ponderare le parole per non rischiare di prendere una punizione, non eccessiva, almeno.
    Sì, mi sto trovando molto bene disse solo, omettendo i piccoli contrasti con Elisabeth. Insomma, non erano mica delle bambine di cinque anni che mettevano in mezzo gli adulti ad ogni loro litigio. Conciliare non sempre è facile, anche perché non posso -giustamente- portarlo a lezione né tenerlo quando studio, quindi mi devo affidare agli elfi e non è che ne sia molto contenta... preferirei lo tenesse... ecco... un umano... concluse, per poi concentrare tutta la sua attenzione sulla terza domanda dell'uomo. Se con "ci" intende una preside pazza e dei professori competenti come lo sarebbe Alex e con la laurea magica trovata all'interno delle cioccorane... Beh, non sono esattamente sicura di volerlo sapere. Okay, missione "no-punizione" fallita miseramente ma oh, gliel'aveva servita. Non poteva certo non dirglielo. Non stava tirando in causa il biondo perché sembrava leggermente più equilibrato di certi suoi colleghi, però...
    Lo osservò muovere la bacchetta finché tra le mani del figlio non comparve un piccolo sonaglio che lo fece incredibilmente felice. Beati i bambini che si accontentano di poco! Ad ogni modo Alex iniziò a studiare il nuovo giocattolo scuotendolo e ridendo ogni volta che esso produceva rumore. Era abbastanza sicura che avrebbe ringraziato Lancelot se solo avesse avuto il dono della parola, quindi lo fece lei. La ringrazio disse sincera e con un sorriso, mentre il bimbo tendeva le braccia e le piccole manine, armate di sonaglio, verso il docente. E sì, un tè sarebbe fantastico, grazie. Non capiva tutte quelle persone che rifiutavano le offerte dei professori solo perché erano... beh professori. Se le andava qualcosa, lo chiedeva e basta.
    Dopo che l'uomo battè sulla scrivania, la porta si richiuse con un suono leggero dividendo finalmente loro dal mondo, così Jessica avrebbe avuto privacy senza il rischio che qualcuno origliasse passando per il corridoio. Ad ogni modo sono venuta qui perché... era seriamente in difficoltà, quel giorno. Non mi è piaciuto sentirmi vulnerabile durante il sogno... concluse, leggermente incerta. Non riesco a togliermi dalla testa ciò che ho visto. A quelle parole, strinse leggermente Alex, memore dell'ex che aveva militato pretese sul figlio.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Jessica in un momento o due si chiese quanti anni avesse Lancelot, e la cosa divertente era che neanche Lance se lo ricordasse: il docente era una figura che affossava sé stesso nei secoli di storia e tradizione, costretto ad interagire con adulti vetusti e trattando i ragazzi come altro, distaccandosi nettamente dalle proprie dinamiche, cosa che li costringeva, almeno nel caso del runista, ad espellere la propria componente fanciullesca. Ciò detto, il biondino aveva comunque 25 anni e per sua natura appariva ingenuo e dolce quanto un ragazzino alle prime armi, aspetto di lui difficile da sopprimere e che comunque emergeva prepotentemente ogni qualvolta svestiva i propri panni di docente, soprattutto per indossare quelli di cugino o, come in quel caso, di fratello gemello.
    Dover congedare Elaine per poi accogliere con tutta l'autorità cordiale che gli era richiesta Jessica diede quasi le vertigini al ragazzo, che comunque incassò il colpo, anche grazie alla presenza del piccolo Alex, un concentrato di tenerezza e fragilità che non poteva non stregarlo "Hai fatto benissimo" le confermò lui con un ampio sorriso, annuendo anche col capo, riportando poi le proprie attenzioni al cucciolo di uomo "E' giusto che massimizzi il tempo con lui. Per te, ma soprattutto per lui"
    Sicuramente integrare la maternità con le rigide regole della Burke non era facile 'E Jessica non ha mai spiccato per ubbidienza...' rifletteva lui nel mentre la chiamava Veronica senza che gli fosse tagliata la testa e apprendeva come lei avesse fatto un salto in risposta al suo invito. Non disse nulla a quelle parole, si limitò ad annuire ed invitarla a parlare un po' di sé e della sua esperienza accademica, per metterla a suo agio e creare il giusto clima per parlare di magari qualcosa di intimo: era stato presente al parto di lei, ma ciò non voleva dire che un certo tatto fosse comunque necessario.
    La ragazza iniziò a parlare a ruota libera, ma progressivamente irrigidì il biondo, il quale, alla fine, fu costretto a sbottare "Jessica." la richiamò infatti, serio, senza alcun tono scherzoso o conciliatorio "Ti ricordo che stai parlando della nostra preside, dei miei colleghi e, in ultima analisi, persino di me. Ti invito a portare a noi tutti, così come ai tuoi compagni, il giusto rispetto. Spero di non dovertelo ripetere."
    Avesse insultato solo lui, il biondo sarebbe stato più conciliatorio, ma avendo rivolto la proprio critica, per nulla moderata, sia alla preside sia ai suoi colleghi, egli si sentì in obbligo di difenderli 'Siamo le vostre figure di riferimento. Devono portarci rispetto!' pensava infatti lui; aveva un animo anarchico, ma aveva imparato quanto fosse importante il giusto timore dell'autorità, specialmente quando eri un quindicenne ormonato.
    Non le diede punizioni, ne le tolse punti casata, comunque, ed anzi offrì al piccolo Alex un sonaglio, creato appositamente con la magia, celebrando con quel gesto come non ce l'avesse con la ragazza, e destando in cambio la gratitudine della neo-mamma.
    'Ha un bellissimo sorriso quando parla di Alex' pensò per un istante, ricambiando il sorriso di lei senza però dir molto, limitandosi a lasciar la giovane introdurre il tema di quella giornata, ovvero il suo non riuscire a distaccarsi dal sogno.
    Lancelot la lasciò parlare, ma istintivamente incrociò le braccia, non per chiusura verso di lei, ma, in un certo senso, verso sé stesso: odiava mettere in difficoltà i suoi studenti ed era innegabile che una parte di lui si sentisse in colpa per quanto stava accadendo nella corvina, del quale si reputava unico responsabile.
    "A nessuno piace essere vulnerabile" propose lui con un sorriso mesto quando ella ebbe finito "E purtroppo gli incubi della runa nominale vanno spesso a battere su questioni irrisolte, riportando alla luce ferite credute sepolte... è anche per questo che ve l'ho proposto e vi ho detto di venire a parlarmene: vi ha messo di fronte a questioni anche grandi ed è giusto che voi le affrontiate... ma non da soli"
    E magari neanche a stomaco vuoto. Lancelot appellò con la magia un contenitore di acqua che poi versò in due tazze: rossa per Jessica e verde per lui. Le riempì quasi fino all'orlo e le riscaldò con la magia, andando poi ad immergere in tutti e due una bustina di té verde.
    "Zucchero o miele?" per quanto doloroso, sapeva che quel rito aveva dato occasione a tutti loro di diventare persone migliori, ma sapeva anche come avesse potuto renderli più fragili, e lui era lì proprio per provare a metterci una pezza, ma, per quanto odioso, lui aveva bisogno di informazioni per poterlo fare "Vuoi parlarmi del sogno e di cosa ti assilla? Alcuni sacerdoti hanno il potere di vedere cosa succede ai propri assistiti, ma io non sono ancora a quei livelli..."
     
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    Jessica Veronica Whitemore
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    Ogni minuto che passava, la corvina non faceva che chiedersi perché effettivamente fosse là, insomma... cosa avrebbe potuto fare Olwen per cancellare quello che aveva visto? Niente, assolutamente niente. Ma non era forse quello che la ragazza voleva? Che il suo ex tornasse da lei e le dicesse che si sarebbero presi cura del bambino insieme, come una famiglia. No. No. No. Non doveva volere quello; doveva togliersi quell'immagine dalla testa a tutti i costi. Avrebbe dovuto costruirsi una nuova vita, smetterla di pensare a quel ragazzo che era stato solo uno stupido sbaglio. Non il figlio, no. Lui lo considerava un imprevisto. Un imprevisto che le aveva stravolto la vita ma che aveva imparato ad amare. Gli scompigliò i leggeri ciuffetti, distrattamente. In quel momento sentiva un affetto immenso verso quel batuffolo. Era ignara che di lì a qualche settimana, il suo amore si sarebbe intensificato minimo tre volte tanto.
    Fortunatamente l'uomo, sul quale la ragazza tornò a concentrarsi, prese bene la sua intrusione con figlio appresso. Era sempre stato così Lance. Anche quando si arrabbiava, gli si voleva bene. Era una di quelle persone che, indipendentemente dal rapporto che si aveva con lui -in quel caso alunna e professore- non si poteva far altro che affezionarcisi. Ma in fondo, moooolto in fondo, la ragazza nutriva un profondo rispetto per ogni singolo docente (fintantoché non tentava di ammazzare lei e i suoi compagni). Annuì alle parole del biondo. Sì, infatti lo sto facendo perché non voglio che cresca con una madre assente, anche se non rinuncio ai piccoli piaceri della mia età -no, non intendo il sesso- cerco di non trascurare lui. Okay, si era capito che Jessica non era una ragazza con troppi peli sulla lingua e quell'ultima frase lo aveva ampiamente dimostrato. No, non era arrossita né era in imbarazzo per la sua frase, le era uscita naturale e basta.
    Ridacchiò alle successive parole del docente. Era vero, non avrebbe mai vinto il premio di Miss ubbidienza 2019. Era una tipa a cui spesso e volentieri le regole stavano strette, anche se quando riusciva, cercava di rispettarle per il suo bene. Del tipo che sarebbe andata anche in quel momento ad esplorare la foresta, ma chissà quali creature si celavano al suo interno. Ha perfettamente ragione, ma non tutti siamo tagliati per l'ubbidienza. E poi... le regole sono fatte per essere infrante. No, decisamente non aveva peli sulla lingua. La verità era che la corvina sentiva con Olwen un legame che andava oltre il rapporto alunna-professore. Che detto così suona piuttosto male ed è fraintendibile ma no, Jess non si è presa una sbandata per il prof. (Che se lo sarebbe comunque fatto volentieri, quello era un altro discorso). Niente di simile. Era più come l'affetto che provava per Anne. Insomma, non puoi partorire davanti ad un docente e fingere che non sia mai successo.
    Ecco che poi la cazziata era arrivata, per nulla inaspettata. Jessica non si scompose e non abbassò lo sguardo di sfida da quello di lui. Mi scusi rispose senza realmente provare dispiacere. Ma non può negare che la Burke sia, insomma... una figura fantasma. Credo di non averla mai vista e ci sono state parecchie occasioni per cui avrebbe potuto presentarsi... non ultimo il campo di luglio... Ah sì, l'ho vista solo una volta quando è venuta nella tenda. sbuffò lei alla fine. E non può negare che alcuni suoi colleghi siano... ehm un po' particolari. Il professor Black per esempio, quest'estate ha origliato una conversazione privata tra me e Blake trasformato in Taccola. Okay, era meglio cambiare discorso o la punizione che per ora si era schivata, non gliel'avrebbe tolta nessuno.
    Fortunatamente l'argomento si spostò, in senso lato, su Alex con il sonaglio che Olwen gli donò. Sarebbe un ottimo padre, sa? Sono sicura che lo pensa anche Anne. Eh, le voci girano. concluse. Era ora di farseli crescere, questi peli sulla lingua cara Jessica.
    Ma ora Jessica doveva parlare solo ed esclusivamente del vero motivo per cui era passata di là o avrebbe perso la prossima lezione, non che le dispiacesse, beninteso. Così fece, anche se non andò nei dettagli. Parlò mentre lo osservava preparare magicamente del the.
    Alla sua domanda, sorrise e rispose lo zucchero va bene, grazie! Non aveva idea che potesse essere così ospitale, ma avrebbe dovuto arrivarci. Si avvicinò alla scrivania e al professore, per poi annuire alla sua frase. Aveva ragione, senza dettagli non poteva aiutarla nemmeno volendo. Non aveva il dono di leggere le menti altrui. Sì, scusi... allora... beh mi trovavo a casa di mio zio, nel mio letto... credo che le lancette fossero avanti nel tempo... in casa c'erano i miei genitori e Lucas, il mio ex. Disse, stringendo i pugni con talmente forza da farsi sanguinare i palmi per averci infilzato le unghie. Oh, non quel Lucas. Non Jones aggiunse, memore dell'equivoco in cabina con Elisabeth. Insomma, il padre di Alex... e... mi chiedevano di ricominciare, di perdonarli... ma io non posso, capisce? Avanti Jessica, dov'è finita la tua spavalderia? Non dopo che i miei sono scappati senza dirmi nulla. Non...Dopo come lui mi ha trattata quando gli ho detto di essere incinta, dopo quello che mi ha detto... Strizzò gli occhi per evitare di cedere all'emotività e cercò di afferrare la tazza senza far tremare le mani. Poteva sembrare stupido, ma quella cosa l'aveva segnata.
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    Scusa il super ritardo, ti amiamo ♥
     
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Cosa poteva fare Lancelot per Jessica Veronica Whitemore?
    Era un docente, un runista, un adulto, quindi potenzialmente molto, ma nel concreto, forse, Jessica aveva in ultima analisi bisogno di parlare, magari addirittura di fare il punto con qualcuno su quella nuova esperienza che era Hidenstone da madre, in fondo non era forse lei una pioniera? Sicuramente era un'esperienza particolare, a tratti spaventosa, ma la Black Opal non era tipo da abbattersi facilmente, o, in generale, aver timore e rispetto per il prossimo in senso lato e assoluto del termine, anzi, aveva dato ampia prova della sua sfrontatezza più e più volte. Del resto solo con quel carattere ne sarebbe potuta uscire viva, in fondo, per quanto ogni tanto facesse saltare sulla sedia Lancelot.
    'Direi che col sesso abbiamo dato, non credi?' con sorriso un po' tirato uscì dalle labbra del biondino nel sentir parlare di divertimento, nel mentre il suo occhio, nonostante tutto, cadeva su Alex, quasi inevitabile prova del fatto che forse la corvina dovesse darsi a divertimenti più sicuri "E' importante... per te e per lui... e se io e i miei colleghi possiamo fare qualcosa a riguardo... non esitare a chiedere: vedremo cosa possiamo fare" propose lui, concentrandosi sulla relazione madre-figlio a discapito dei divertimenti di quest'ultima, che forse lui, un po' moralisticamente, trovava specialmente in quel contesto meno importanti 'Tu hai scelto di avere e tenere Alex, lui non ha potuto scegliere la madre: sta a te garantirgli le cure e l'affetto che merita.'
    Ma Jessica era oltre le regole e la morale, era quella, in fondo, la sua forza, quindi eccola a ridacchiare del rimprovero del docente, nel mentre questi si chiedeva se prepararle un té o una ramanzina. O entrambe le cose "Interessante. Lo comunicherò al professor Ensor... o alla clessidra dei punti..." propose lui, ricordandole come, in ultima analisi, stesse giocando col fuoco, giacché quello era un Istituto con delle regole cui non poteva, neanche volendo, sottrarsi.
    Non insistette comunque, perché, in ultima analisi, il ragazzo aveva molto a cuore Jessica 'Ha fatto una scelta coraggiosa che avrebbe mandato nel panico tante persone. E lei, da minorenne, affronta tutto questo, da sola.' lui aveva sempre avuto a cuore i bastian contrari e gli emarginati e forse anche per questo aveva accettato di badare ai Black Opal quando nessuno se ne era più interessato. Poteva non condividere quasi nessuna scelta della corvina, ma ciò non toglieva che lui si sarebbe sempre schierato dalla sua parte, almeno finché l'altra non glielo avesse reso francamente impossibile, per esempio contrapponendo il suo affetto al suo senso del dovere, andando di fatto a minare con le sue parole le istituzioni che lui aveva scelto e rappresentava.
    "Il professor Black cosa era?" esclamò lui, anzi, squittì, osservando la ragazza e offrendole il tè con lo zucchero come da lei richiesto (lui scelse miele, che girò con calma prima di agitarsi alle parole di lei) "Jessica! Mi rendo conto che questo possa stupirti, ma noi siamo esseri umani, proprio come te. Abbiamo pregi, difetti, modi nostri e un tempo limitato: vorremmo tutti essere perfetti" tranne Brian, lui avrebbe voluto ammazzarli tutti e basta (?) "Ma alla fine, è come con te con Alex: alcune volte puoi solo fare del tuo meglio" propose lui con un sospiro. Non aveva idea di cosa facesse la Burke nel suo tempo libero o del perché Samuel origliasse - a detta di una studentessa abbastanza paranoica, in vero - una coppia di studenti Black Opal, ma restava il fatto che minare la fiducia nell'Istituzione non li avrebbe aiutati, soprattutto quando lui, in ultima analisi, una certa fiducia in loro la riponeva.
    Era un discorso complesso, forse senza soluzione, del resto anche Jessica aveva le sue ragioni per essere diffidenze, mentre Lancelot chiedeva più un atto di fede, ma in fondo erano lì per ascoltarsi, non discutere, e questo fu evidente anche tramite la gentilezza di Lancelot di affidare un sonaglio al piccolo Alex, mostrando il fianco ad una battuta tanto scontata quanto pungente che lo fece squittire, e molto "P-padre, io? Sono decisamente tr-troppo giovane!"
    No, non avete sentito male. Aveva appena detto ad una sedicenne con un bambino in braccio che era troppo giovane per avere un figlio. Roba che neanche Jesse ci sarebbe mai riuscito, per dire eh, ma per fortuna la corvina non aveva davanti il Lighthouse ed infatti il docente immediatamente sbiancò e si ravvide 'Che figuraccia!' pensò schiarendosi la voce, alla ricerca di una calma che non provava ma di cui necessitava.
    "Quello che voglio dire è che con la dottoressa Welsh è tutto molto recente, come avrai avuto anche tu modo di leggere e capire... sarebbe oltremodo prematuro parlare di certe cose, ecco" propose lui, trattenendo a fatica un sospiro, ponderando le parole e cercando di essere onesto con l'altra, senza però suonar troppo biasimevole nei suoi confronti: non condivideva le scelte fatte dalla giovane e non poteva fingere il contrario, ma restava il fatto che ciò non volesse dire che la rispettasse 'E ha già fin troppe persone, tutti i giorni, che le dicono che è stata stupida, un'irresponsabile e cose così... non voglio aggiungermi alla massa'
    In vero non erano lì proprio per parlare di Alex o di maternità, erano lì per la prova della Runa Nominale e degli incubi che aveva lasciato alla corvina 'Povera ragazza...' Lancelot si fece serio, iniziando a sorseggiare, biasimando la propria decisione, ma, al contempo, rendendosi anche conto di come fosse stato comunque opportuno 'In fondo... ho rimandato la prova anche per darle tempo...' si era aspettata che potesse scuotere la neo-mamma, e così era stato, ma, ancora una volta, la giovane aveva dimostrato la propria forza scegliendo di non piangerci su ed invece affrontare la cosa vis-a-vis, come lui aveva suggerito a tutti.
    La giovane aveva sognato le persone che l'avevano abbandonata, che a quel punto erano tornate cercando il suo perdono, ma lei non aveva potuto farlo e non poteva farlo tutt'ora.
    'Jessica...' il biondo dovette posare la sua tazza di tè, osservando la ragazza con occhi molto tristi, tentando poi di allungare una mano, per carezzarla "E infatti... non l'hai fatto nel sogno, no? Non li hai perdonati." non era da lui stabilire un contatto fisico, lo avrebbe normalmente trovato inopportuno, ma in quel momento, con quella ragazza, sentiva di non poter essere solo un docente, ma anche qualcosa di più: una persona.
    "La runa che hai scelto... che ti ha scelta... è Wunjo, la runa della fortuna, dell'orgoglio e del lavoro per porta risultati. E tu, piccola Jessica, sei una Black Opal, non una Ametrin e non una Dioptase" fissandola con affetto, le piantò le proprie iridi addosso, cercando di trasmettere quel rispetto che provava per lei e che molto spesso celava per varie ragioni (non ultimo il carattere della ragazza) "Non credo che la runa volesse da te che perdonassi, altrimenti non ti avrebbe accettata, per inverso, credo ti abbia voluto mettere davanti a chi sei davvero" una ragazza-madre con problemi con l'autorità e un caratterino pepato? "Una donna forte, indipendente, che sa cosa vuole e non ha bisogno di altri per essere felice. Se non ciò che scelto, come suo figlio"
    Si tirò indietro sulla sedia, interrompendo il contatto con lei (lo avesse permesso), poi intrecciò le dita osservandola pensoso "Però... forse tu questo già lo sapevi" azzardò lui "Forse... quello che ti tormenta non è perché sono apparsi e tu te ne sei andata... ma il perché continui a sognarli..." schiuse le labbra. Esitò, poi accennò qualche parola "Hai detto... che non puoi perdonarli, e lo posso capire... ma... forse desideri che tornino?" enunciò con un soffio di voce, sentendo un brivido lungo la schiena, di paura, ma anche derivante dal senso di colpa.
    'Una ragazzina non dovrebbe parlare di queste cose' pensò lui con un moto di affetto, quasi di ribrezzo verso ciò che aveva detto 'Ma... del resto... se non ne parla con me... con chi lo farà?'
     
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    Jessica Veronica Whitemore
    Black Opal | 17 anni | II anno
    Nonostante il docente avesse un'espressione tutt'altro che severa -andiamo, non ci sarebbe riuscito nemmeno impegnandosi- la ragazza si sentiva piccola sotto il suo sguardo, quasi come se la stesse indagando. Cosa che, si augurava Jessica, non era vera.
    Si sentiva costantemente giudicata per la sua scelta, qualsiasi cosa facesse. Era consapevole del fatto che non avrebbe più potuto avere una vita cosiddetta normale per un'adolescente nel 2019. Ma lei ci provava, ci provava giorno dopo giorno a rimettere in moto la sua vita, con scarsi risultati. Sembrava come lottare contro i mulini a vento, soprattutto quando incrociava per i corridoi un ragazzino del primo anno o qualcuno del terzo, quarto o quinto. Aveva smesso ormai da diverso tempo di dilungarsi in spiegazioni inutili che tanto il suo occasionale interlocutore non avrebbe capito. Non capivano come una ragazzina potesse sobbarcarsi il compito di badare ad un'altra vita, la cosa più preziosa che ci fosse. Ma non una semplice vita, bensì quella di un neonato che dipendeva dalla donna che lo aveva messo al mondo. Questa volta ascoltò le sue parole senza replicare, non subito almeno. Era consapevole che suo figlio avesse bisogno di lei, era consapevole che lei doveva prendersi cura di quell'esserino indifeso... e lo avrebbe fatto. Avrebbe lottato contro tutti i giudizi più pesanti dei macigni, lo avrebbe fatto per lei, per dimostrare che era più forte, ma soprattutto per Alex che non aveva deciso di venire al mondo, non aveva nessuna colpa. Sì, lo avrebbe fatto con orgoglio. D'accordo, grazie. Fu l'unica risposta che seppe dare al docente. Era consapevole di poter contare su qualcuno di loro, in caso fosse servito, quindi non aveva nessun senso prolungare quel botta e risposta nel quale solo Olwen avrebbe potuto avere la meglio, in quanto docente e, di conseguenza, suo superiore.
    No, no mi scusi... sbuffò Ensor è pure nostro direttore di casata, grazie alla geniale idea di qualcuno. Sì, provava astio per chiunque avesse preso quella decisione, probabilmente la preside. Sia mai che prenda noi Black Opal ancora più di mira. E con quella frase, volle mettere fine alla discussione. Non aveva senso continuare ad insultare un docente che, impossibile negarlo, gli insulti se li attirava come se non ci fosse un domani. Non era affatto contenta di quello, ma avrebbe avuto modo di perpetrare la sua causa con altre persone che non si sentivano in dovere di sgridarla. Lo capiva, Lancelot, di sicuro non poteva assecondare comportamenti come quelli, non in qualità di professore dell'Accademia. Decise di non metterlo ulteriormente in difficoltà, almeno per ora.
    Prese il tè ed osservò la sua espressione stupefatta. Mescolò lo zucchero finché non si sciolse completamente, prima di rispondere. Roteò gli occhi al cielo.
    Una Taccola. Tac-co-la scandì, spazientita. Oh sì, mai detto il contrario. Anche se certi difetti possono anche essere tenuti per sé concluse, abbastanza enigmatica. Insomma, anche lei aveva il difetto di parlare a ruota libera e di dire le cose apertamente in faccia, anche a costo di sembrare sgarbata, ma ciò non voleva dire che lo facesse nei momenti meno opportun... ah no, lo faceva eccome.
    Quando il discorso si spostò sul tema bambini, Jessica non poté far altro che farsi sfuggire una risata più o meno divertita. Era abbastanza sicura che quella frase gli fosse sfuggita involontariamente, ma non poté trattenere quella risata a metà tra l'amaro e il divertito.
    Non deve giustificarsi scrollò le spalle con indifferenza Capisco quello che intende concluse, distogliendo lo sguardo e bevendo il té a piccoli sorsi.
    Posso dirle una cosa? Aggiunse, dopo lunghi minuti di silenzio. Con o senza il consenso di Lancelot, avrebbe proseguito. Quel giorno nella tenda... dove lei c'era, avrebbe dovuto esserci mio padre... le sfuggì un sospiro addolorato. Avrebbe dovuto esserci lui a rassicurarmi, ad aiutarmi... invece c'era lei. Non voleva essere un'accusa, ma tutto il contrario. Non sapeva, tuttavia, come proseguire la frase. Il suo orgoglio glielo rendeva assai difficoltoso. Beh... so che sono passati alcuni mesi, ma vorrei ringraziarla per... tutto. A dispetto di ciò che ho detto poco fa, io la rispetto molto e sento di essere legata a lei più di quanto il mio orgoglio mi permetta di ammettere. Concluse così la frase. Come in precedenza, non aveva alcun secondo fine, era un suo professore, ma voleva essere sincera con lui.
    Però il motivo della sua visita era un altro ed entrambi lo sapevano bene.
    No, non li ho perdonati esclamò, quasi il docente l'avesse offesa. Scusi... no, ho detto loro che non potevo perdonarli.
    Ascoltò poi con molta attenzione le parole di Lance, prima di replicare. Ha perfettamente ragione in tutto, lo so bene che lo scopo della runa era anche quello, metterci davanti al nostro vero io, farci affrontare una sorta di prova. La mano del docente si spostò dalla propria, facendole quasi male. Quel contatto le era sembrato estremamente caldo e rassicurante, come non si sentiva da un bel po'.
    Ecco, il docente concludendo il discorso aveva centrato perfettamente il punto. Quasi come se avesse davvero avuto la capacità di leggerle la mente. La giovane rabbrividì, sentendosi punta sul vivo. Non è facile crescere con dei genitori che ti abituano alla sua presenza, che ti donano tutto l'amore di cui sono capaci e poi... scompaiono come se non fossero mai esistiti! Avrei preferito non conoscere i miei genitori, avrei sofferto di meno. Non credeva fosse un giudizio universale, lei parlava per se stessa e per il suo carattere. Il fatto è che ora non riesco ad odiarli, per quanto ci provi. Vorrei solo che tornassero, che mi dessero una spiegazione capace di lenire ogni ferita, capace di essere convincente. Ma non sono una stupida, so che non accadrà mai. Nemmeno mio zio, fratello di mia madre, sa darmi una spiegazione. Lo so che mi dimostro tanto forte, ma in cuor mio vorrei solo qualcuno che mi abbracciasse come faceva lui e che mi dicesse che andrà tutto bene. Prese un grosso respiro. Non permetterò che accada anche ad Alex. Anche se crescerà senza un padre, sarà sempre circondato da persone che gli vogliono bene ed io non gli farò mai mancare il mio amore, non lo abbandonerò come hanno fatto quei codardi sputò l'ultima parola con disprezzo. Per quanto riguarda Lucas... sono stata una stupida. Lui non accetterà mai di essere un padre presente nella vita di suo figlio. E poi... quale uomo darebbe della puttana alla madre di suo figlio? Ripeté le parole che aveva detto a Blake il precedente giugno, sulla riva del lago. I figli si fanno in due... sussurrò, risentita. Certo, lei era stata stupida a non controllare che il ragazzo fosse protetto, ma lui non era stata da meno. Dopo quello sfogo, tacque a lungo, prima di aggiungere un'ultima cosa. So che tanti mi giudicano male sia per l'essere rimasta incinta sia per il fatto che io abbia deciso di tenere il bambino, sa? Ma nessuno potrà mai capirlo finché non sarà il suo turno, finché non sarà il suo ventre ad ospitare una nuova vita. Concluse, stavolta per davvero. Stava stringendo con tale forza la tazzina che le nocche le si erano sbiancate
    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato" | Scheda | Stat.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Lancelot amava i Black Opal. Erano stati la sua prima casata, quella che aveva deciso di seguire per non lasciarli completamente in balia del destino, ma non era stata solo fortuna o destino, era stata una scelta consapevole: aveva molte affinità con gli Ametrin, e lui stesso si reputava ametrin, in una certa misura, tuttavia i Black Opal instillavano in lui spontaneamente simpatia. Erano i diversi, quelli soli, quelli che costantemente si sentivano lontani da tutto e da tutti, e per lui, che in fondo aveva sempre apprezzato gli alternativi, era stato impossibile rimanere indifferente 'E poi è la casata di Blake... e di Lighthouse, e, perché no... anche di Jessica'
    Aveva una forte simpatia per Jesse e la sua innocenza, nonché quel quel puro affetto che manifestava nei suoi amici, mentre per Blake aveva una preferenza quasi scandalosa, ma anche Jessica si era ritagliata con fatica, sudore, sangue e urla un posto speciale nel suo cuore: non aveva mai visto una ragazza partorire, tanto meno con quel coraggio, quella determinazione, e lui, come detto sopra, non poteva che amare i coraggiosi sfrontati. Perché era cugino di Alexander, certo, ma anche perché era parte di lui.
    E se il biondo stava cercando sfrontatezza, Jessica gliene avrebbe data, fin troppa, mettendo anche in discussione (per essere gentili) il suo capocasata e la preside della scuola, posizioni che, nonostante tutto, Lancelot non poteva tollerare oltre un certo limite "Il professor Ensor è certamente un uomo molto rigido, ma lo fa per il vostro bene" il che poteva essere anche vero, visto che l'alternativa era ardemoniarli tutti (?) "E ha preso molto a cuore la vostra casata, fin dal primo giorno: è intervenuto in aiuto di Barnes alla cerimonia di inagurazione e si è assicurato che lui fosse al sicuro, e sono certo farebbe lo stesso per te e tutti gli altri"
    Poi Lancelot poteva anche essere un po' d'accordo con la corvina, ovviamente, ma era un membro del corpo docenti ed era suo compito instillare fiducia nel resto del gruppo di lavoro, affinché si potesse lavorare armonicamente, anche a costo di estremizzare certe verità rispetto ad altre 'E comunque non lo sto coprendo: sto dicendo tutte cose vere' per quanto lui stesso si sentisse un po' falso nell'enunciarle.
    Ci furono strane accuse anche nei confronti di Samuel, un altro stimato docente, tuttavia ben presto (con gran sollievo dell'Olwen minore), il discorso tornò su ciò che aveva condotto in quel luogo Jessica, ovvero la prova di rune, che tanto l'aveva turbata.
    A turbarla non era stato tanto l'incubo in sé, né i fantasmi del suo passato riemersi, quanto la paura che ciò potesse sottendere il suo bisogno di un ritorno di quelle persone, che lei, nonostante tutto, non poteva perdonare "Jessica... ho solo fatto quello che potevo per te: lo rifarei mille volte, e per mille e una volta non vorrei sentirmi dire grazie" le concesse con un sorriso, ben comprendendo lo scisma che stava avvenendo nel suo cuore 'Anche io... un po' li odio...'
    Era stato emozionante veder Jessica mettere al mondo una vita; lo era stato ancora di più perché aveva diviso quel momento con la sua Annie, certo, ma lo era stato anche a prescindere, e davvero non riusciva a capacitarsi di come un uomo - o una donna - potessero precludersi un simile momento, senza neanche lasciare una spiegazione, se non una ragazzina con un vuoto incolmabile proprio al centro del suo cuore.
    Lance osservò la corvina aprirsi e con dolcezza accettò la sua sofferenza, il suo racconto, annuendo con comprensione quando ella ammetteva di non poterli perdonare, per quanto avrebbe potuto dare tutto sé stessa per avere una dannatissima vera risposta, o per dimenticarli 'Ti hanno comunque insegnato cos'è l'amore, Jessica: non conoscerli significherebbe anche non conoscere ciò... e magari ora saresti più felice, ma renderesti infelici molte più persone...'
    Non verbalizzò quel pensiero, decisamente troppo duro per poter essere d'aiuto all'altra, così come non rispose alla provocazione su Lucas, limitandosi al controbattere "Quale uomo degno di questo nome non vorrebbe conoscere suo figlio ed essere presente al parto?" decretò infatti, sostenendo lo sguardo della secondina e chiarendole come in effetti ci fossero tantissime cose da recriminare in quel Lucas, cose che andavano per oltre la sua eleganza nel rivolgersi alla donna che aveva, forse, un tempo, amato, anche perché andava detto che di complimenti Jessica ne aveva di recente ricevuti molto pochi, a discapito dei biasimi, che erano fioccati da ogni luogo, per talmente tante ragioni da far venire al musicista il mal di testa al solo pensarci su.
    "Jessica, un poeta italiano una volta disse non ti curar di loro, ma guarda e passa" affermò lui, piuttosto compiaciuto del proprio citare "Intendo dire che ci sarà sempre qualcuno pronto a criticarti, come hai visto, hai avuto brutte parole su un sacco di persone che hanno fatto delle scelte... o non le hanno fatte. Tu pensa cosa possa riversarsi su di noi ad ogni piè sospinto: vale per noi, e vale anche per te. Il segreto, alla fine, è non dar loro peso, soprattutto se dicono cose non vere: come hai detto tu, nessuno ci è passato, e per quanto ciascuno in cuor suo possa avere un'idea su cosa farebbe, è anche vero che poi ognuno di noi ha diritto a fare la propria scelta, al netto di quello che può fare... e che sente di fare... Quindi, Jessica: ignorali tutti. Pensa ad Alex, pensa di essere una madre migliore degli esempi che hai ricevuto; per lui, ma anche per te..."
    Un discorso motivazionale prolisso e sdolcinato, decisamente nelle corde del violinista, accompagnato da un sorriso raggiante, per quanto teso "E penso... che sia normale desiderare che tornino... anche solo... anche solo per poter chiudere con loro una volta per tutte: nulla è più atroce del restar sospesi, senza una risposta... senza una conclusione..." pigolò lui, chinando lievemente la testa e perdendosi nei propri ricordi 'In fondo... con Alexander abbiamo fatto questo, quel maledetto terzo anno: siamo spariti in Francia senza quasi neanche un gufo...' ricordava bene, e con dolore, cosa ne fosse stato del cuore di Annie, conservato nel ghiaccio per dieci anni, per poi tornare davvero a battere solo al suo ritorno, questo sicuramente per un suo lato caratteriale, ma forse anche per la natura assurda e fulminante di quella separazione.
    "Hai... mai provato a trovarli... hai indizi su dove possano essere... per.... concludere ecco... o magari far ripartire qualcosa?" glielo augurava di trovarli? In vero Lancelot non lo sapeva, ma era un suo docente e trovava giusto esplorare anche quella possibilità, per capire, magari, che margine ci fosse per colmare la voragine che la corvina aveva in centro al petto.
     
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    Jessica Veronica Whitemore
    Black Opal | 17 anni | II anno
    Jessica si chiedeva dall'inizio dell'anno, che poi non erano passate che un paio di settimane, come avessero potuto cambiare il loro direttore di Casata da Lancelot a Brian. E malediva aspramente quella scelta, visto che avrebbe davvero voluto che restasse il biondino con loro. Aveva un metodo del tutto diverso dal suo collega di Difesa Contro le Arti Oscure; un metodo decisamente migliore, almeno secondo Jessica e secondo il suo istinto di sopravvivenza. Insomma, Olwen non aveva mai cercato di ucciderli, non appositamente almeno... che poi le sue buone intenzioni si fossero trasformate in qualcosa di non proprio ottimo, quella era un'altra storia. Eppure la corvina era seriamente affezionata a quell'uomo, quasi non fosse solo un professore ma un membro della sua famiglia. Famiglia che ormai, a dire il vero, era quasi inesistente. Sì, aveva suo zio, ma non era la stessa cosa che avere suo padre e sua madre a casa ogni estate, non era lo stesso nemmeno in minima parte e la ragazza provava un enorme rancore nei confronti di coloro che l'avevano messa al mondo per poi abbandonarla miseramente, quasi fosse stata spazzatura e non una figlia con dei sentimenti che entrambi avevano ferito e che non si sarebbero più sanati, non da quel lato almeno. Nonostante tutto, la ragazza avrebbe davvero voluto riabbracciarli e se ne stava rendendo conto solo parlando con il docente di Rune. Anche se il suo orgoglio non le permetteva di perdonare neanche un po' quelle che sarebbero dovute essere le persone più importanti della sua vita e che invece erano scappate in Scozia come due adolescenti in preda agli ormoni.
    Ad ogni modo, le faceva quasi ridere come fosse costretto, un po' per dovere e perché era un suo collega, a parlar bene di Ensor enunciando anche cavolate. Non poteva biasimarlo, comunque, perché certo non era conveniente parlare male di un collega, oltre al fatto che era fermamente convinta che Lancelot credesse a ciò che stava dicendo, in una certa misura, ed era troppo buono per ammettere il contrario.
    Sono certa che se ci vedesse in pericolo, accorrerebbe in nostro soccorso senza perdere tempo commentò, ironica, per poi fare un sorrisetto che voleva essere conciliatorio. Il professor Olwen stava cercando di aiutarla e probabilmente si stava sforzando di non darle una punizione, quindi non le pareva giusto continuare a sfidare la sua pazienza; sarebbe stata una cosa un po' cattiva da fare e Jess aveva rispetto dell'uomo che aveva contribuito a mettere al mondo suo figlio.
    Ad ogni modo mi scusi, non volevo metterla in difficoltà tagliò corto la corvina, sperando quindi di chiudere qui il discorso Ensor, preside e novanta percento del corpo docenti incompetente.
    Le sue successive parole, dopo che l'argomento fu cambiato, la colpirono molto. Si rese conto, quindi, che quello che aveva davanti era un uomo anche molto umile, oltre a tutti gli altri pregi che avrebbe potuto elencare, a rischio di rimanere là tutta la notte. Lo so, ed è davvero bello quello che mi sta dicendo, perché alla fin fine non rientrava certo nei suoi compiti da professore, poteva lasciar fare ad Annie -che comunque è una dottoressa straordinaria- eppure lei c'era... sussurrò, ricordandosi quella serata non senza un filo di imbarazzo. Insomma, non poteva evitarlo, l'uomo l'aveva pur sempre vista mezza nuda e mentre cercava un coniglio che non esisteva. Si scrollò, comunque, il ricordo di dosso e proseguì nel suo discorso. Quello che sto cercando di dire è che di certo non può aiutarmi a partorire e pretendere che io non inizi a provare qualcosa di più profondo per lei ridacchiò, prima di aggiungere una precisazione alla frase, in modo tale che non pensasse male. Voglio dire, non mi sto innamorando di lei scherzò, abbozzando un sorriso. Ma non saprei come spiegarmi altrimenti, forse una sorta di... fece una pausa. Forse "padre" non era la parola giusta, visto che in fin dei conti aveva solo dieci anni -circa- in più di lei e nemmeno impegnandosi avrebbe potuto essere suo padre. Fratello maggiore? ecco, forse era più azzeccato. Oh non mi fraintenda, non per questo non la rispetterò e la tratterò davvero come fosse mio fratello, davvero. Era per quantificare l'affetto che provo era decisamente imbarazzata ad aprirsi così, ma le stava venendo piuttosto naturale, anche se forse aveva iniziato a straparlare pure lei. Forse la compagnia di Jesse le stava facendo male, in quel senso!
    Parlare con Lancelot, però, la stava facendo riflettere su molte cose alle quali prima non aveva assolutamente pensato, stava guardando con occhio esterno e critico tutta quella situazione e forse avrebbe dovuto farlo anche lei, senza lasciarsi condizionare dai sentimenti.
    Alzò le spalle alla sua domanda-affermazione. Di sicuro un uomo che non merita nulla sputò, acida, chiudendo per un secondo gli occhi, intenta a riflettere. Ma fu distratta dal suo citar un poeta italiano, citazione che non aveva mai sentito, e del suo dilungarsi in una spiegazione che, in un modo o nell'altro, parve far breccia nel cuore della giovane Opalina.
    Lo so, ma è difficile ignorare tutte quelle critiche che mi piovono addosso di continuo, sentirsi fermare spesso in corridoio e, invece di trovarvi un viso amico e qualche parola di conforto, trovarci un muro, incomprensione, parole scoraggianti e, alle volte, persino insulti. Nonostante tutto, mi sento davvero fortunata ad avere amici che non badano alla superficialità, che si sono sforzati di conoscermi un po' più nel profondo. Prenda Jesse, per esempio, credo di non aver mai sentito una parola cattiva nei miei confronti da lui, si è sempre comportato in modo perfetto con me, voglio dire, sì sappiamo tutti quanto sia un ragazzo un po' strano... però è sempre stato gentile. Fece una pausa, sperando di non star divagando. O anche Blake, okay, forse ha il suo modo di dimostrare affetto e mi è sempre stato vicino. Non so se gliel'ho detto ma lui è stato il primo a cui ho detto di essere incinta, ma non mi ha criticata, anzi mi ha sempre trattata come un'amica. Quindi sì, farò del mio meglio per ignorare chi parla senza conoscere, anche grazie ai miei amici che sono un po' la mia forza. E cercherò di essere la madre migliore possibile per Alex affermò, sicura, osservando il piccolo che si stava ancora intrattenendo con il gioco fatto apparire da Lance. Disse quella cosa perché ancora non sapeva che ad Halloween si sarebbe buttata alla cieca nel bosco e avrebbe rischiato di morire malissimo.
    Ricambiò comunque il suo sorriso cercando di essere il più sincera possibile, mentre ascoltava cos'altro aveva da dire.
    Forse sì, vorrei che si facessero vivi e mi dicessero perché cazzo se ne sono andati senza nemmeno una maledetta spiegazione. Disse quelle parole senza pensare, per poi accorgersi di non aver tenuto un linguaggio troppo consono davanti ad un professore. Mi scusi rettificò quindi, sperando che in quell'occasione particolare, lui decidesse di passar sopra al suo linguaggio un po' colorito.
    So solo che sono fuggiti in Scozia perché me lo disse mio zio, ma non ho assolutamente nessun indizio. Strinse forte il pugno per la rabbia e decise di posare la tazza sulla scrivania del docente, onde evitare di farla cadere. E non so se voglio realmente trovarli, non per il momento almeno... sospirò pesantemente, guardando quell'uomo al quale si sentiva così legata. Si alzò in piedi per sgranchirsi le gambe dopo tutto quel tempo seduta e con un peso, seppur minimo, addosso. Guardando il professor Olwen, le venne l'istinto di fare una cosa che forse non avrebbe fatto con nessun altro o, comunque, con pochi eletti al quale concedeva del contatto fisico così dolce e casto. Insomma si avvicinò a lui e, se glielo avesse permesso, lo avrebbe abbracciato. Forse nemmeno quello era consono, ma nessuno l'avrebbe vista e in ogni caso non aveva doppi fini o intenzioni non proprio adatte ad un contesto scolastico, anzi.
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    Lancelot OlwenDocente di Rune
    Lancelot fu costretto a parlar bene di Brian? Un po': il biondo aveva una certa stima nel collega, ma ne trovava i modi troppo rigidi per i suoi standard, tuttavia era esagerato dire che si stesse sforzando, in quanto comunque credeva davvero perseguisse il bene dei suoi studenti. Lo sforzo, nel caso, era nel non accettare pienamente le parole della corvina, cercando al contempo di non offenderla o assumere una posizione eccessivamente rigida: faceva parte del corpo docenti e non poteva star lì ad ascoltare insulti, non solo eticamente, ma anche professionalmente, in quanto voci del genere, pensieri del genere, minavano l'autorità dello staff accademico, portando a disastri che ben presto tutti loro avrebbero ammirato.
    "Non scusarti con me, Jessica, cerca solo di ricordarti che tutti qui stiamo cercando di fare del nostro meglio" affermò lui, per quanto cosa fosse "il meglio" per Victoria e Brian sfuggiva un po' a tutti.
    Essere insegnanti era difficile, ed era anche un lavoro sottopagato, tuttavia non erano lì per lamentarsi o raccontare la dura vita del docente, quanto per rimettere a posto alcuni tasselli forse scompaginati nella vita di Jessica, a causa del suo rito 'Anche questo ti servirà, Jessica...' si disse lui, tristemente, rendendosi conto che fosse un dolore necessario, come quello del parto: certe cose andavano vissute, anche nel dolore e nello sforzo, al fine di apprezzarle davvero. O forse perché erano così importanti da valere il sacrificio, perché esso stesso rendeva persone migliori. Jessica, infatti, era una persona migliore, una persona più completa dell'anno prima, per quanto la sua vita si fosse incredibilmente complicata, e lui, a differenza di Lucas (il primo, quello che se l'era fatta solo una volta (?)), c'era stato in quell'importante momento, vivendolo con lei, per lei, cercando di alleviarle il dolore e fornirle tutto il sostegno di questo mondo, e lei non poteva dimentircarlo, come non poteva essergli grata e provare per lui affetto.
    Sgranò lievemente gli occhi ai complimenti di lei, ma man mano il suo sorriso si fece dolce via via che ella si spiegava, iniziando alla fine ad annuire "Ho capito cosa vuoi dire, Jessica, tranquilla... e sappi che potrai sempre venire alla mia porta, lo faccio con piacere"
    Con piacere, e per dovere: Lucas era una persona orribile per averla lasciata sola con suo figlio, ma cosa si poteva dire dei due esuli in Scozia? Erano davvero commentabili senza impiegare insulti?
    Lancelot non lo credeva, del resto lui per non lasciare soli suo cugino e la sua gemella si era sdradicato dalla sua scuola e aveva abbandonato gli amici per loro. Se lui lo aveva fatto per due persone che non dipendevano da lui, era ben chiaro cosa lui pretendesse da un genitore, provando anche una certa compassione per la corvina 'E' davvero sola...' lui non lo era mai stato, ma aveva visto in altri cosa provocasse il non avere nessuno, tanto che alla luce di tutto ciò non gli pareva così strano essere considerato un fratello maggiore 'E' chiaro che non ne ha mai avuto uno... ma è anche vero che... che altro ha?'
    Aveva solo persone che la biasimavano o compativano, e poi aveva Jesse e Blake. Al sentirli nominare, Lancelot sobbalzò, ma subito si addolcì, del resto erano due nomi che lo colpirono, anche se con ragioni diverse: in Jesse riponeva grandi speranze, proprio per quella purezza che lo contraddistingueva, mentre Blake... beh Blake era Blake e lui sapeva bene quanto potesse essere generoso il ragazzo "Sono contento che i ragazzi ti stiano vicini: ricordo come si sono impegnati durante il tuo parto, ognuno a modo suo" affermò lui annuendo col capo, ascoltandola poi dichiarare come dai suoi presunti genitori volesse più spiegazioni che un loro ritorno, forse non ancora pronta al perdono 'Si può davvero perdonarli?' si chiese brevemente lui, posando i gomiti sul tavolo ed ascoltando le riflessioni di lei in silenzio.
    Non parlò neanche quando la vide alzarsi: i ragazzi erano da sempre molto attivi ed era comprensibile che avesse bisogno di sgranchirsi le gambe. Iniziò ad impensierirsi solo quando la vide avvicinarsi, ma, alla fine, non poté dire niente se non accogliere le braccia di lei e, un po' imbarazzato, ricambiare 'Oh... cavolo!'
    Un fratello maggiore, aveva detto, per spiegare cosa sentisse, aveva detto. Nessuno aveva mai parlato di contatto fisico, ma ora che l'aveva tra le braccia, quella povera ragazza destinata a condurre una vita da madre quando era ancora bisognosa di essere figlia, cosa poteva fare?
    Sollevò le braccia e la cinse con dolcezza, carezzandole anche un poco la schiena, con garbo e rispetto "Non sei sola, Jessica, ricordalo sempre" mormorò lui con dolcezza, spaventato da quel legame che si stava andando ad instaurare, allorché lusingato 'Alla fine... è una brava ragazza'
    Lui era stato molto fortunato, se lo era sempre detto, e proprio per questo poteva davvero essere sempre giusto, senza mai offrire di più, magari andando a compensare le sfortune altrui? Jessica aveva bisogno di tante cose nella vita, di un genitore, un fratello, una baby sitter e forse anche di un fidanzato o due; a lui aveva chiesto di farle un po' da fratello maggiore, e a lui, in fondo, cosa costava davvero, a patto di mettere i ruoli ben in chiaro?
    Poco e nulla, quindi eccolo lì, a mormorare parole dolci alla bella, rendendosi conto che in fondo non era importante cosa lei pensasse e volesse 'Anche io ti ho vista al parto Jessica... e che lo voglia o no, io correrò sempre da te e Alex'
    Stava esagerando? Certamente sì, forse anche perché mosso a commozione, tuttavia lo stava pensando davvero e, in una certa misura, rifletteva anche la verità dei fatti.
    La strinse quanto fu necessario, poi le annuì "Sei una ragazza forte Jessica, ma lo sai da sola: ora vai, e ricordatelo, la mia porta, per te e Alex, è sempre aperta. Sempre"
    C'era solo da sperare di non trovarci oltre Annie nuda, sennò sai il trauma? Ma in fondo quella era un'altra storia, fortunatamente!
     
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9 replies since 15/10/2019, 17:19   143 views
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