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    Theresa van Aalter ( ▲ Scheda |▼Stat ) - 16 anni - Ametrin - I Anno
    «Being brave means knowing that when you fail, you don't fail forever.» - Lana Del Rey
    Una doccia, per lavare via ogni stanchezza ed ogni sensazione di sudore, sporco ed inadeguatezza. L'acqua scorreva e il getto caldo investiva il corpo di Tess, risollevando un piacevole tepore ed una condensa che appannava il vetro della cabina. Disegnò un piccolo teschio e lo guardò compiaciuta. Non che avesse un senso particolare, ma le dava piacere di tanto in tanto fare delle cose per il puro gusto di farlo, assecondando un po' la sua creatività e la sua curiosità. Da quanto ormai non disegnava? Guardò la mano destra che era un fascio di calli lungo tutta la zona del palmo e che si diramavano anche sulle dita. Lavò per bene i capelli ed ogni schizzo di fango e di sangue rappreso. Si accorse di avere nuovi segni sul corpo, nuovi lividi fatti durante l'allenamento. Di solito dopo di quello il sonno e la stanchezza erano talmente tanto potenti che prevalevano su di lei, lasciandola svenire stordita sul letto almeno fino all'indomani. Eppure quella sera si sentiva particolarmente carica di una sensazione che non riusciva bene a definire a metà fra l'irritabile, l'inquietudine e l'euforia. Non che fosse mai stata particolarmente volubile, anzi. Forse era a causa dell'esser indisposta, quegli ormoni, ogni volta che facevano capolino mettevano a soqquadro il suo viso facendole spuntare nuovi foruncoli o rendendola più depressa o irascibile del solito. Stavolta però era passata ad uno stadio successivo. Smaniosa, si pettinò i capelli in tutta fretta e non li finì neppure di asciugare, lasciandoli in parte umidi, sulle punte. Avrebbe sofferto negli anni successivi di cefalee e sinusite se non avrebbe cambiato quel suo modo di fare approssimativo. Mise la T-shirt con il gatto di schrodinger, quella che si illuminava al buio e mostrava la versione scheletrica del micio e i pantaloncini di jeans corti, tutti strappati. Poi si infilò le converse larghe come un paio di pantofole e si avviò, passeggiando per le scale dell'Accademia. Non era ben chiaro nella sua mente dove volesse andare, preferiva la scoperta. Salì fino in cima le scale ed arrivò fino alla guferia dove si affacciò e rimase a guardare i volatili per un po', ma non vi rimase molto, giusto il tempo per far qualche schizzo degli animali sul taccuino che si era portata dietro e poi far dietrofront ed esplorare la zona più profonda di quel luogo così misterioso. Arrivò fin dove l'aria si era fatta più rarefatta e le mattonelle erano spezzate. Ragnatele un po' ovunque addobbavano quei corridoi, illuminati da torce magiche che continuavano ad ardere all'infinito. Avrebbe acceso una luce con Lumos se non fosse stata allergica all'uso della bacchetta, così prontamente tirò fuori la torcia del suo cellulare e si fece largo con quella seppur non ve ne fosse il reale bisogno "Atch! Qui sotto è pieno di buche." constatò non appena inciampò e quasi non finì con la faccia in terra.

    Però non è male questo posto... Potrei venire qui a fare le prove con il mio basso elettrico. Bussò ad una delle pareti, sembrava ben solida. Diverse porte sbarrate di legno sembravano esser rimaste chiuse da diversi anni a giudicare dalla polvere che non veniva smossa sul pavimento se non dai passi della ragazza. Però-... Ora che vi guardò meglio non c'erano solamente le sue. Inclinò la testa castana lateralmente e strinse gli occhi, mettendo a fuoco Ci dovrebbe essere l'aula di Pozioni da queste parti. Chissà cosa c'è dietro a queste porte... Forse fungono solo da magazzino e c'è robaccia unicamente rosicchiata dai topi. Però se trovassi una stanza altrettanto carina come quella delle necessità, sarebbe interessante. Intanto cercherò il mio posticino segreto dove studiare in santa pace e venirci quando ho bisogno di star per conto mio. Si, le pareva un'ottima idea iniziare cercando di trovare una stanza sgombera adatta all'occorrenza. Provò ad aprire una porta ma questi cigolò senza muoversi di un millimetro. "Chiusa." Provò poi con un'altra. "Chiusa anche questa." Mi servirebbe un grimal-... "Alohomora." Puntò la bacchetta sulla serratura ancor prima di rendersi conto di ciò che stava facendo. C-com'è possibile? Le era venuto così istintivo e naturale che non ci aveva minimamente pensato. Guardò male la sua stessa bacchetta come fosse un oggetto stregato e senziente (ma va!) e la rimise via nella tasca prima di esplorare la prima porta che intanto aveva fatto scattare la serratura e si era aperta, ritrovandosi di fronte uno spettacolo di cianfrusaglie accatastate fra banchi di scuola e libri impilati. Quella stanza era impraticabile. C'era persino un topolino che se ne stava bello ritto su due zampe non appena lei spostò l'anta cigolante "O-okey, tolgo il disturbo." fece ironicamente cercando di richiudere la porta prima che quello pensasse bene di svicolarle tra i piedi.
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    Edited by Theresa van Aalter - 14/9/2019, 15:34
     
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    Da sempre la luna piena veniva considerata dai maghi e le streghe come un'antichissima e inesauribile fonte di energia. Dicevano che le pozioni preparate sotto la luna piena avessero effetti più potenti, alcuni rituali astronomici non poteva essere effettuati senza di essa e anche le creature della notte godevano giovamento dalla sua presenza. Con essa era come se i propri istinti animaleschi si risvegliavano e se l'anno scorso Erik doveva star attento al calendario lunare, ora riusciva ad avvertire senza nessun aiuto in quale fase si sarebbe trovata la luna quella sera. Questo piccolo dettaglio era per lui estremamente utile, in tal modo sapeva quando doveva inventar stupide scuse per filarsela, oppure poteva recarsi presso le segrete del castello qualche mezz'ora prima della trasformazione, in questo modo poteva evitar di mettere in pericolo le persone a cui più teneva.
    Ciò nonostante i sotterranei non gli erano mai piaciuti. Erano luoghi estremamente bui e umidi, le uniche fonti di luce erano date da sporadiche torce poste ad una distanza tale da lasciar alcuni spazi nel buio più totale. Le ragazze non volevano metterci piede durante la notte, i ragazzi solitamente ci portavano le fanciulle per ottenere un po' di intimità, ma da qualche settimana girava la voce secondo cui ci vivesse una pericolosissima creatura con otto zampe e quattro teste. Paura, eh? Assolutamente no, chi ci avrebbe mai creduto? Eppure ciò avrebbe spiegato quel terrificante rumore metallico che proveniva dalle segrete, quell'incessante graffiare su una superficie non poi così resistente e lo struscio delle catene su un pavimento in pietra. Per orecchi indiscrete all'interno delle segrete poteva star accadendo il finimondo, tuttavia quella sera la luna era coperta da una fitta nube che ne attenuava l'effetto. Erik avrebbe dovuto trasformarsi oramai da più di venti minuti, eppure stava ancora in ginocchio, legato sia sui polsi che sulle caviglie, in preda ad uno strano stato di inquietudine. Si sentiva un po' come quando i comuni essere umani si sentivano di dover starnutire, eppure lo starnuto non usciva. Ecco, la sensazione era simile, solo che in aggiunta c'era un dolore lancinante che prendeva la testa e qualcosa che spingeva al livello dell'addome.
    Poi ecco che la nube scomparve e i raggi della luna vennero riflessi sul lago, mentre la sua magia filtrava anche le strutture solide, giungendo fino ad Erik. Si rannicchiò fino a mettersi in posizione fetale, poi la spina dorsale cominciò ad irrigidirsi e ad ingrandirsi, incrinando l'anatomia di un corpo troppo stretto per contenerla. I suoi tessuti muscolari ad un tratto divennero più malleabili, quasi come se fossero creta, ma giusto fino ad arrivare al momento in cui le fibre muscolari non cominciavano a raggrupparsi. Gli ormoni fece crescere i peli del suo corpo, i capelli ricoprirono il volto e poi si fusero al continuo estendersi della peluria, diventando così una vera e propria pelliccia. Lo spuntare della coda era doloroso, ma mai quanto l'ingrandirsi della mascella. Era in apnea e secondo dopo secondo sentiva la lucidità abbandonarlo, le proprie facoltà mentali sopirsi e la bestia venir fuori.
    Ululò alla luna con gran voce, godendo poi un aroma che non aspettava di trovarsi lì. Carne? Così vicina? Così succulenta. Gli occhi giallognoli parvero andar in estasi mentre la lingua carezzò i denti aguzzi. Se c'era una cosa che caratterizzava ogni lupo mannaro era una fame primordiale, un appetito insaziabile, un bisogno incessante di dover divorare tutto ciò che vi era di commestibile di fronte a lui. Balzò in avanti, ma le catene riuscirono a trattenerlo. Di più. Continuò, ma niente. La mente era inebriato dal desiderio di affondare le zanne sulla sua preda, il cuore batteva all'impazzata e l'adrenalina animale fece il resto. Uno strattono molto più forte degli altri spezzò via le catene, permettendo al licantropo di fuggire dalla propria prigione.
    In una situazione normale sarebbe corso nei boschi o nel labirinto, tuttavia si lasciò guidare dall'odore. Corse a quattro zampe a destra, poi a sinistra, ancora a sinistra, un breve corridoio ed ecco un aula. La vedeva in lontananza, ma per evitare di spaventare la preda tentò di avvicinarsi di soppiatto. Metro dopo metro l'odore di carne umana si faceva sempre più insistente, sempre più invitante, al punto tale da spingerlo ad ululare di nuovo, rivelando all'interno del corridoio la presenza di una creatura non proprio amichevole.
    Se la ragazza si fosse voltata sicuramente lo avrebbe visto e avrebbe avuto la possibilità di scappare chissà dove, altrimenti, se avesse aspettato, il licantropo si sarebbe posto frontalmente alla porta, negando qualunque via di fuga.


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    Avvertì un rumore particolare, era raspante sulla pavimentazione sconnessa delle mattonelle rovinate ma non poteva essere colpa di un topo, sembravano passi pesanti e molto più simili al ticchettio che produrrebbero le unghie di un cane a contatto col suolo. Si voltò e non appena lo fece, qualcosa di immensamente nero e grosso che dapprima ululò con gli occhi iniettati di sangue e la bava alla bocca, facendola tremare con quel suo richiamo arrochito ed assordante, per poi gettarsi alla carica, facendo vibrare ogni metro di mattonelle che li separava. "Ihhhh!" Sobbalzò sul posto, era la prima volta che il cuore le batteva così forte da sentirlo pompare fin nella gola per lo spavento Oppooooorca di quella troia! COSA cazzo è quel coso?! Un Gramo?

    Menomale che non l'aveva chiusa del tutto la porta, si fiondò dentro lo stanzino polveroso e pieno zeppo di ragnatele e robaccia accatastata dell'accademia e se la richiuse immediatamente alle spalle. Il topo squittì e scese immediatamente dal mobile, andandosi a nasconder chissà dove quando lei rapidamente si avvicinò per tentare di spostare il più velocemente possibile una cattedra per farla aderire contro la porta, era un'operazione difficoltosa, non sarebbe riuscita a porla in altri modi se non orizzontalmente, avrebbe fatto in modo che la parte di legno aderisse contro porta sostenendola in modo da fungere come barricata improvvisata, ma sarebbe bastata per fermare un Licantropo? Dopo diverse spinte e tanta fatica, si accorse di quanto si fosse appena fatta lercia, le salì immediatamente lo schifo per il sudore e la polvere che si stavano impastando sulla sua pelle ma decise di ignorar volutamente quelle sensazioni per dar priorità al voler sopravvivere anziché rotolare in terra urlando per liberarsi da eventuali aracnidi. Certo che la paura le faceva far strane cose. Cos'altro posso metterci per bloccare?... Si chiese, accorgendosi che il pomello della porta avrebbe potuto esser utilizzato qualora la creatura fosse stata intelligente. Così si guardò intorno, sempre con una certa celerità di reazione per afferrare un vecchio candeliere abbandonato, dall'aria piuttosto massiccia e tentare di staccare la manopola dalla base colpendola con dei colpi secchi e decisi. Si sarebbe preoccupata dopo di come uscire eventualmente da lì se fosse rimasta viva per raccontarlo. Che fosse riuscita o meno non le importava, anche danneggiarne l'apertura sarebbe bastato. Non vi era modo di incastrare la parte del collo del candeliere per far in modo di sprangare la porta, l'avrebbe tenuto come arma improvvisata (?) anche se era piuttosto consapevole che prima di utilizzarla sarebbe stata sbranata. Così l'istinto di mettersi al sicuro prevalse dato che non fu in grado di poter spostare null'altro visto che i mobili lì dentro erano tutti estremamente pesanti e ci sarebbero voluti minimo un paio di persone per farlo agevolmente, preferì aprire un'armadio e rovesciarne tutto il contenuto in terra con malagrazia. Avrebbe approfittato di quegli attimi in cui la belva avrebbe "combattuto" con la mobilia per farsi largo in quella stanzetta per togliere i ripiani e ricavarsi una nicchietta in cui nascondersi all'interno di esso in cui per il momento vi mise il candeliere dentro. Però prima le venne in mente un'idea Devo avvisare qualcuno! Potrei generare del rumore con un incantesimo di allarme, ma chi diamine potrebbe sentirmi qui sotto?... Meglio tentare che niente. e provò a tracciare un cerchio puntando in terra con la punta della bacchetta ma senza farla aderire, andando a ricoprire un'ampia area attorno all'entrata di modo che avrebbe avuto maggior successo di farlo scattare quando il predatore sarebbe passato in quella zona. "Anf anf! Cave Inimicum." Bisbigliò e portò la bacchetta alle labbra, sperando fortemente che la bacchetta non la tradisse prima di infilarsi e farsi piccina all'interno dell'armadio polveroso. Se riesce a fiutarmi è un casino. Si annusò, una volta rimasta al buio, nascosta dentro l'armadio. Puzzava di sudore e stava anche respirando affannosamente. Si tappò la bocca con entrambe le mani sporche e si impose di avere un respiro più lento e regolare, cercando di ridurne al minimo il rumore che avrebbe prodotto anche se gli scricchiolii del legno vecchio dei mobili si facevano sentire e comunque l'aveva vista nel corridoio che si infilava lì dentro, poi aveva colpito il pomello, non vi era alcun dubbio che la studentessa fosse ancora lì dentro. Rimase in silenzio, bacchetta alla mano sinistra, nell'altra prese il candeliere e lo portò al petto, rimanendo immobile e col fiato sospeso. Sentiva il cuore che martellava con la forza di un tamburo quasi assordante che quasi le sembrò che fosse più quello a far tutto quel rumore. Di li a poco ci sarebbe stato un gran bel casino da cui forse non ne sarebbe mai più uscita.
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    Non esistevano parole per descrivere la reazione del licantropo quando le proprie narici poterono riconoscere l'odore di carne umano. Dentro di sé stava avvenendo la lotta per la pace dei sensi, quel duro lavoro da dover eseguire prima di raggiungere il nirvana, il lauto compenso di una vita sacrificata sotto il chiaror di luna. Lasciò che fosse l'olfatto a guidarlo. Il rumore dei passi emessi dalle grosse zampe riecheggiava nei sotterranei nonostante la sua intenzione di voler far poco rumore, mettendo probabilmente in guardia la predo. Ciò nonostante non poteva esserne sicuro, ragion per cui anziché correre in direzione della grande porta che venne chiusa, si avvicinò ad essa molto lentamente. Enormi gocce di bava precipitavano dalla propria bocca inumidendo il terreno impolverato, gli artigli premevano dall'affondare sulla calda carne al punto tale da indurlo a sfregarli contro il muro roccioso manco fossero il coltello di chissà quale killer in un film horror. Aveva il cuore che batteva all'impazzata, riusciva a sentire quell'odore sempre più forte. Ecco, invece, farsi sempre più vicina la porta. Solo pochi centimetri li separavano. C'era quasi. Eccolo.
    Niente.
    Riprovò. La porta si smuoveva, tuttavia era come se dall'altra parte ci fosse una sorta di sostegno o di corpo massiccio che ostacolava la sua entrata. Provar semplicemente ad aprire la porta? Era impossibile, un licantropo era dominato dal puro istinto e la soluzione più semplice per loro spesso si rivelava la più complicata. Ragion per cui la serratura poteva anche non esistere, ma Erik non l'avrebbe minimamente calcolata. L'unico problema era dunque l'ostacolo fisico, ma poteva un mero oggetto o una stupida barriera fermare la fame di un licantropo? Assolutamente no. Ecco l'ennesimo ululato e poi artigliata dopo artigliata fece in modo di squartare la porta, ottenendo però solo un modesto risultato. Servivano le maniere forti. Fu così che si allontanò di pochi passi per prendere la rincorsa. L'obiettivo era quello di utilizzare il proprio corpo come arma da sfondamento e fu così che riuscì a spalancare la porta, facendo ribaltare la scrivania posta ad ostacolare il suo arrivo.
    Una volta entrato nella sala fece per guardarsi intorno con circospetto. Dov'era finita la preda? Scosse violentemente il muso quando al naso giunse un forte odore di polvere dovuto probabilmente agli oggetti che la ragazza aveva tolto dall'armadio, aiutandola in minima parte a celare la sua posizione. Tra i banchi non vi era nessuno, in alto sulle pareti neanche, dietro di sé era impossibile. Ringhiò appena per la rabbia, avanzando verso il fondo della stanza, in prossimità del fantomatico armadio. Nel farlo, purtroppo, si imbatté nel cerchio premeditato. Non appena lo oltrepassò e la ragazza pronunciò la formula si attivò l'allarme che cominciò a riecheggiare all'interno della stanza e buona parte del sotterraneo. Probabilmente col tempo sarebbe riuscito a svegliare qualcuno degli elfi che dormiva nelle cucine, ma se a ciò si sommava il tempo che avrebbe impiegato per raggiungere il dormitorio insegnanti, svegliare uno di loro, raccontare del fatto e tornare nei sotterranei, Erik avrebbe potuto divorare non uno, ma almeno cinque studenti.
    La studentessa probabilmente aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per salvarsi, tuttavia con l'ultimo incantesimo si era in qualche modo tradita. Di un licantropo l'olfatto non era l'unico dei cinque sensi ad essere estremamente sviluppato, infatti l'udito percepì benissimo la sua voce femminile e con fare minaccioso riprese ad avvicinarsi all'armadio. Forse a causa della frenesia del momento, probabilmente per il suo istinto primordiale o per la fame viscerale non pensò minimamente ad aprire la porte dell'armadio, ma si gettò contro di esso, sferrando artigliate col suo possente corpo dall'altezza del suo metro e novantaquattro da licantropo. Erano movimenti rigidi e precisi che si estendevano fino al metro e trenta. Ciò voleva dire che se la ragazza si fosse accucciata al suo interno probabilmente non sarebbe stata minimamente colpita dal licantropo, tuttavia l'armadio ne avrebbe risentito non poco. Infine, preso da un rapido schizzo di lucidità, tentò di spingere l'armadio in avanti, col mero tentativo di farlo cadere in avanti. Se la ragazza fosse stata davvero al suo interno e l'azione fosse riuscita, da terra non avrebbe avuto grandi possibilità di salvarsi.


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    I violenti colpi alla porta investirono le orecchie di Tess che già in tensione per via della situazione piuttosto delicata, si sentì morire nel cuore per via dello spavento. Si impose di non fare il minimo rumore, ma certamente non fu facile, ogni colpo, ogni rumore forte e raschiato sobbalzava e combatteva contro l’istinto di voler fuggire via o di gridare aiuto. Non ho paura… Nonhopauranonhopaura… AAAAAAAAH! E’ ENTRATO! NO! No nonono! Sentì la cattedra che volò via con quei colpi forti quanto quelli di un ariete pronto ad espugnare un castello, era incredibile il modo in cui l’aveva fatta schizzar via, quanta forza doveva averci impiegato? Le mani sbiancarono a forza di tappare così tanto la bocca e sussultava inevitabilmente ad ogni colpo, sentendo il cuore forte come un tamburo che le stava martellando nella gola, quasi le sembrò di doverlo vomitare da un momento all’altro. Chissà se i battiti l’avrebbero tradita, anche se era impossibile udirli per un orecchio umano. Ecco, umano per l’appunto! Quello era un mostro! Morirò qui, in questo armadio puzzolente e pieno di polvere dove prima conservavano gli oggetti immersi nella formaldeide. Si scontrò contro una realtà inconfutabile ora ben chiara nella sua mente su cui prima non aveva mai riflettuto perché troppo esuberante e sprezzante del pericolo, mentre adesso che si trovava in svantaggio vi si ritrovò a rifletterci attentamente: Non voleva morire. Chiuse gli occhi ed iniziò a tremare mentre che sentì il fiato della creatura soffiare sul fragile e vecchio armadio di legno. Le ante erano chiuse ma era come se il mostro potesse vederla dall’interno, e provò un brivido di disgusto frammisto a terrore quando lo sentì accarezzare il legno del mobile con le unghie per creare ancor più ansia in lei, la sua vittima, la sua preda di quella notte. Sapeva che stava giocando nell’attesa di poterla divorare e chissà in quali altri modi e maniere si sarebbe divertito prima che l’allarme avrebbe fatto accorrere qualcuno in suo soccorso, ignaro di un pericolo così grande all’interno di Hidenstone. Gli artigli di colpo iniziarono letteralmente a dilaniare l’armadio con una violenza ed una frenesia inaudita dopo attimi di fruscii ed immobilità, respiri ed attesa. Lo squarciarono da parte a parte e dalla spalla di Tess iniziò a sgorgare un quantitativo non indifferente di sangue, trafitta da frammenti e schegge ma anche dalle unghie della bestia che le avevano strappato via parte della carne del trapezio. Urlò senza fiato, non potendo contenere in alcun modo il dolore che esplodeva, diffondendosi come scariche elettriche lungo tutto il suo corpo e quando il Licantropo spintonò l’armadio con lei dentro, battè così forte la testa e tutto il resto del corpo da intorpidirle le gambe, si sentiva un giocattolo rinchiuso in una scatola, non ce la faceva più, le stava mancando anche l’aria. I frammenti di legno le si erano conficcati nella pelle, le avevano accecato gli occhi. Infilarsi in quell’armadio aveva appena decretato la sua sentenza di morte. Ti prego, finiscimi in fretta. Era tutto ciò che riuscì a formulare tra i dolori intercostali e i gemiti di sofferenza mentre provava a cercare di tenere lo strappo con le mani premute contro la carne viva a far in modo che non fuoriuscisse altro sangue che nel frattempo aveva allagato praticamente l’armadio ed era colato anche fuori, finendo sulla pavimentazione discontinua formata da vecchie mattonelle rotte. Con il braccio non ferito si mosse ma le costò una fitta dolorosa quanto l’averlo fatto con quello offeso, aveva aperto un’anta dell’armadio ma come si forzò a muoversi per cercare di uscire il più in fretta possibile si accorse che le sue gambe non le stavano dando retta, erano immobili, paralizzate dal terrore nel vedere finalmente che faccia avesse il suo carnefice: Si reggeva su due zampe come un bipede, ma era enorme, spelacchiato e ferale. Non aveva mai visto un Gramo così e probabilmente non era neppure uno di quelle bestie. Se qualcun altro lo trova succede un casino! Adesso con l’allarme è vero che si accorgeranno della situazione ma fuggisse e riuscisse a contagiare qualcuno? O peggio, se riuscisse ad uccidere qualcun’altro oltre me? Non posso permetterglielo. “Rrrrrhhaaaahhh!” Gli urlò contro tutta la frustrazione che aveva in corpo, impotente e nonostante fosse sul punto di morte era più forte il pensiero di dover proteggere qualcun altro anche se al momento non c’era fisicamente nessun’altro oltre lei in quel posto. Non aveva il pugnale con sé, era con lo pseudo-pigiama addosso adesso lacero e zuppo di sangue, si poteva dire che era praticamente nuda come un verme ed indifesa, vulnerabile da far schifo “Sfogati con me e basta! Non fare del male agli altri! Mi hai capita?!-…. MI SENTI?! NON FARE DEL MALE AGLI ALTRI!” Ringhiò e tossì, contorta su sé stessa per cercare di mettersi almeno in piedi col busto in quella bara di polvere e segatura, la mano sinistra cercò di toccarne il pelo del licantropo in modo deciso ma non ostile, tanto ormai non poteva fare nient’altro se non intrattenerlo con il resto del tempo che le rimaneva, prima che l’allerta dato dall’allarme desse i suoi frutti.
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    Edited by Theresa van Aalter - 25/9/2019, 08:44
     
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    Era ironico e a tratti assurdo pensare a quante spinose situazioni gli umani si ritrovavano a vivere per il semplice voler trasgredire le regole. Se esistevano c'era un motivo. Certo, nessuno aveva mai mai pensato alla possibilità di trovarsi faccia a faccia con un licantropo, tuttavia se Tess non fosse uscita dal suo letto nel cuore della notte, ora Erik sarebbe ancora incatenato nella sua triste e polverosa prigione. Il mannaro in lui era terribilmente grato alla ragazza per avergli concesso la possibilità di fuggire, purtroppo però non lo era abbastanza da lasciarla andare.
    L'aveva sentita, per un istante aveva assaporato il suo odore e poi gli occhi giallastri avevano provato ad intuire dove si trovasse. Con l'armadio ebbe un'ottima intuizione. Le orecchie udirono l'accelerazione del suo battito cardiaco, il respiro pesante e dopo aver dilaniato per la prima volta il pezzo d'arredamento percepì il suo dolore, ma solo dopo aver ricevuto una carica d'adrenalina dovuta all'odore del sangue. Ferroso, scarlatto, denso sangue insaporiva quella tenera carne che solo una ragazza giovane poteva possedere. Avvertiva la paura, ma non la disperazione. Perché non cercava di scappare? In natura era risaputo come i migliori predatori erano coloro che amavano giocare con le loro prede, tuttavia Tess parve piuttosto consapevole di come sarebbe finito quell'incontro e, chissà, forse aveva già espresso il suo ultimo desiderio.
    Le suppliche dell'ametrina furono recepite nelle grandi orecchie, ma non metabolizzate per il loro reale significato. Il proprio inconscio riusciva ad elaborarle, ma fu come il silenzioso sussurro nel bel mezzo di un concerto heavy metal, troppo debole, fioco e poco incisivo rispetto allo spuntino che gli stava offrendo.
    Le zampe avanzarono con cautela. Aveva già avuto un confronto con Dean e aveva imparato a non cantar vittoria troppo presto. Avvicinò prima le possenti zampe sulla ragazza, graffiando solo superficialmente con gli affilati artigli il morbido braccio della ragazza. La pelle umana a differenza della propria si tagliava come un grissino, ma vedendola non reagire decise di osare di più. Avanzò anche col muso, distruggendo così i centimetri che separavano il collo da quelle stesse fauci da cui cadde un flotto di bava in pieno petto. C'era chi bramava il bacio della morte, Erik poteva garantire solo un morso.
    Affondò così quelli che una volta erano denti, sperando di godersi a lungo la propria preda e dimenticando dell'allarme che poco prima era risuonato. Se avesse percepito il rumore di passi avrebbe certamente cercato di darsela a gambe, ma fino ad allora Tess era il suo spuntino.


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    A causa del morso mi vedo costretto a chiedere l'intervento del fato <3
     
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    Il dolore provocato dal morso di un mannaro, solitamente, passa in pochi istanti. La carne fresca ferita si atrofizza, quasi come se non fosse più parte del corpo della povera sfortunata vittima. Eppure, quella sera, qualcosa è diverso dal solito. Theresa il dolore dell'assalto di Erik lo sente tutto. Lo sente forte, le rimbomba nella testa, nelle viscere, la scuote dall'interno. Non le provoca la morte rapida ed istantanea che dovrebbe, non sente la propria coscienza sparire nell'etere, fino a dissolversi. Nonostante svenga quasi istantaneamente per il dolore, la ragazza continua a contorcersi, talmente tanto e così innaturalmente da lasciare interdetto perfino il suo carnefice, anche se solo per un istante. Nonostante ciò, Erik, forte del suo immenso potere, snuda nuovamente le zanne, pronto ad affondarle nel collo della sua vittima.

    Per fortuna, però, la lungimiranza di Theresa le salva la vita. Il suo allarme è stato udito, forte e chiaro ed una voce maschile risuona dall'alto, dai piani superiori. "Erik?!" lo chiama il professore di Cura delle Creature Magiche, ormai consapevole della patologia del suo studente, riaccendendo una scintilla nella memoria del mannaro. Combattere di nuovo, stavolta in un luogo pieno di possibili nemici, non sarebbe vantaggioso. Con grande rimorso è costretto quindi dal suo istinto di sopravvivenza a lasciare lì la sua cena, un'altra volta, per fuggire nella foresta, lontano da ulteriori fastidi. La giovane ametrina è viva, respira ancora e presto la ferita lasciata sul suo corpo dal morso del suo compagno sparirà, mentre quella inflittale prima dagli artigli si cicatrizzerà in pochi minuti.

    Resterà lì, come ricordo di quella notte, come monito che da allora nulla sarebbe stato più come prima. Il morso non l'ha uccisa, ma ha portato dentro di lei un lupo. Un lupo che, dalla prossima notte di luna piena in poi, la giovane dovrà imparare a controllare, per evitare che qualcun'altro possa incorrere nelle sue ire così come è già successo a lei, quella notte maledetta dalla luna piena.

    Le stelle brillano, i boschi tacciono, i mostri.. ululano.



    RevelioGDR
     
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6 replies since 8/9/2019, 22:44   197 views
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