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.SPOILER (clicca per visualizzare).
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.Se c'era qualcosa che Eva aveva ormai capito da anni, era quella di non lasciare la porta della sua stanza aperta, quando ne usciva, altrimenti avrebbe passato le ore a girare alla ricerca del suo gattaccio. Il suo era un gatto un po' strano. Se lo si vedeva da dietro era nero come la notte, la pece, insomma tutto quello che di più nero c'è al mondo. Ma il suo faccino era perfettamente diviso tra il nero e il grigio. E anche gli occhi erano di due colori diversi, uno verde e l'altro color ghiaccio. Insomma, era come se avesse due facce.
«Dragos! Dove ti sei cacciato, dai!» quel gatto era sempre un imprevisto. Era sicuramente la compagnia migliore che Eva potesse avere, ma scappava spesso. Soprattutto nei momenti peggiori, come le giornate di maggio con il tifone. Maddai...
La donna era alla ricerca del gatto da ore, in giro per tutto il castello, ma niente, non l'aveva assolutamente trovato. Lo cercava disperatamente, sotto ogni mobile ed era rimasta solo un'unica parte dove cercare l'amico peloso.
Era uscita e aveva fatto a due a due le scale della guferia, per poter giungere a destinazione il prima possibile. Ma mentre saliva, tante erano le parole affettuose che la rumena diceva al suo tenero amichetto «Pisică, se scopro che hai spennato qualche uccellaccio giuro che ti chiudo in gabbia questa volta.» sapeva di parlare ad alta voce e da sola, tuttavia, questa cosa non la preoccupava più di tanto, e si lasciava andare anche a qualche parola in rumeno, che spesso mandava giù durante il resto della giornata.
Il suo abbigliamento, poi, non era dei migliori: oggi era la sua giornata libera, quindi aveva passato l'intero giorno in pigiama, proprio come piaceva a lei e quindi lo indossava ancora, quel due pezzi di seta nera, con dei bordini chiari [x] che risalvano il candore della sua pelle porcellana, oltre che il biondo dei suoi corti capelli spettinati e il verde dei suoi occhi. Ai piedi aveva delle ciabattine chiuse, anch'esse nere. Insomma, era in tenuta da stanza. E quando avrebbe trovato Dragos, sarebbe tornata felice nelle sue dimore. Era già pronta. Il capo era chino, a cercare in ogni dove il peloso «Avanti, pucci, pucci vieni fuori e torniamo in camera. Dai...» il suo tono era amorevole, seppur con un certo volume alto, così che - sperava - il gatto potesse sentirla. Non badava se passasse qualcuno di lì o ci fossero già persone, che magari volevano scrivere in santa pace una lettera ai propri cari. «Draaaaaaaaagooooooos, dai cucciolino, vieni fuori...». -
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.Ovunque si fosse cacciato Dragos, non era dato saperlo alla povera insegnante di Incantesimi, che lo cercava disperatamente, prima di poter rimettersi chiusa tra le quattro mura della sua stanza a leggere qualsivoglia tipologia di libro. Quel gatto gliene aveva combinate sempre tante, fin da quando si erano incontrati, sotto l'albero di mele. Eva pensa che Dragos l'abbia scelta, proprio per farle dispetti. Effettivamente il loro modo di conoscersi non fu così tanto amichevole, da parte del gattaccio, però da quel giorno la biondina non era riuscita a toglierselo di torno. Dragos, quella volta, ci aveva tenuto a far cadere quante più mele potesse in testa alla streghetta, allora bambina, nascondendosi tra la folta chioma dell'albero di mele. Quando decise di palesarsi, lo fece graffiando il braccio della ragazzina, che stava cercando di capire cosa diavolo ci fosse tra i rami di quell'albero, muovendolo dopo essersi arrampicata. Morale della favola? Caddero tutti e due di sedere a terra, diventando una coppia inseparabile.
Purtroppo, però, non tutti i mali vengono da soli. Insomma, lei era una docente e in quella scuola aveva un certo polso, farsi trovare in giro con il pigiama a cercare un gatto, sarebbe stata una cosa spiacevole se qualche studente l'avesse vista. Tuttavia, proprio arrivata a destinazione (?), Eva fu costretta ad alzare lo sguardo per cercare di non scontrarsi contro un... uomo?
Altra parentesti. Eva, oltre ad un grande problema con il suo gatto, aveva anche un pessimo rapporto con le conoscenze di uomini. Soprattutto se adulti. Questo perché, spesso, accadeva che la biondina si trovasse in situazioni fuori dagli schemi, proprio nel momento in cui un possibile essere umano di sesso opposto al suo, potesse fare l'apparizione, facendola sembrare una perfetta idiota.
E... quello era esattamente una di quelle volte.
«Oh.» le labbra della donna si disegnarono in forma di O, mentre rimase per qualche attimo a guardare l'uomo davanti a lei. Aggrottò poi la fronte, cercando di capire se quel volto fosse a lei conosciuto o meno.
E nel scoprire che era un perfetto sconosciuto, Eva non potè notare che Dean (di cui ancora il nome alla donna era ignoto), stava osservando il suo pigiama e poi le sue ciabatte. E lei... beh, fece lo stesso. Quando lui guardò il suo pigiama, lei guardo il proprio pigiama. E quando Dean guardò le sue ciabatte, lei abbasso la testa sui propri piedi. In contemporanea, poi, al suo parlare, ecco che «Posso spiegarle.» come se lui glielo avesse chiesto. Riusciì, per fortuna a non coprire totalmente la frase dell'uomo, quindi le ultime parole divennero di senso compiuto quasi subito «Su questo ha più che ragione, e vorrei essere esattamente dove dovrei essere» eh? Vabbé, era certa che gli altri avessero capito. Fatto sta, che nel momento in cui si fece da parte, Eva fece qualche passo in avanti, rimanendo a cavallo dell'entrata, proprio quando l'uomo le rivolse nuovamente la parola, interrompendosi.
E ad interromperlo fu proprio... l'Apocalisse. Eva non capì esattamente cosa stesse succedendo, sentì solo molta confusione e le gabbie piene agitarsi ancora di più, mentre un tonfo sordo cadde proprio poco più avanti dei due adulti. La confusione era stata scatenata e a farlo erano stati due animali. E no, non parliamo di Dean ed Eva, ma di Dragos e Kali. I due, evidentemente non si erano poi così tanto piaciuti e ora cercavano di dirselo in maniera veramente poco gentile, uno dall'alto, l'altro dal basso.
«Non ci credo...» Eva strinse i pugni lungo i fianchi e poi guardò la civetta «Credo che tu stia cercando lei.» la indicò, parlando a Dean, al quale rivolse uno sguardo quasi esasperato dall'idea che quei due avrebbero potuto continuare così per ore. Quasi nello stesso istante in cui Dean si mosse a richiamare il suo animaletto, Eva fece lo stesso, afferrando rapida e felina, dalla coda, il proprio gattaccio «Destul, Dragos!» lo ammonì in lingua madre, dicendogli basta e facendolo dondolare per la coda. Il gatto cercò di dimenarsi, si agitava tantissimo, ma Eva sembrava abituata a quella forza felina che imprimeva. Guardò Dean, sperando che la sua civetta fosse sana e salva «Sono davvero mortificata, mi creda... non so come chiederle scusa. Posso fare qualcosa per lei e la sua civetta?» sorrise imbarazzata, grattandosi con la mano libera dalla coda del gatto, dietro la nuca. Doveva sempre rimediare a quei fattacci. «Sono Eva Ivanova, insegnante di Incantesimi, qui in accademia.» si presentò, sperando che questo, condito dal suo dolce sorriso, potesse zuccherare la pillola dell'aggressione alla civetta.. -
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.Eva aveva la capacità di risultare veramente svampita, a volte, soprattutto quando si trattava di vita di tutti i giorni. Inoltre riusciva a cacciarsi nelle situazioni più strane, in ambienti molto particolari e in condizioni che nessun essere umano poteva immaginarsi. E questo era esattamente quello che stava accadendo in quell'istante. Non aveva bene la capacità di regolare la sua parlantina, e credeva che spesso le persone con cui parlava, potessero capirla al volo. Cosa che accadeva raramente.
Per fortuna l'attimo di imbarazzo fu praticamente dimenticato quasi rapidamente nel momento in cui l'Apocalisse animale s'era scagliata in quella guferia, che nemmeno Noè avrebbe voluto assistere a cotanta confusione. Ormai gli animali in gabbia erano praticamente schierati dalla parte della cosetta nana.
Eva aveva ancora la coda del suo gatto in mano, quando il collega parlò nuovamente. Scrollò la testa a destra e sinistra «Non ci giurerei, Dragos è capace di far perdere la pazienza anche al più paziente al mondo. Si fidi, è un gatto veramente fastidioso...» e a dimostrarlo fu il soffio che fece il quadrupede in direzione della civettina. «Spero che non si siano fatti male, comunque.» sorrise cordiale, mentre una ciocca dei suoi capelli biondi iniziò a prendere colorazioni magenta. Solitamente controllava quasi tutte le emozioni, seppur in maniera difficoltosa, ma l'imbarazzo non sapeva trattenerlo e quello era proprio il colore di quell'emozione che non stava dentro.
Chissà se Dean se ne sarebbe accorto in tutta quella confusione. Eva sperava di no, seppur ci aveva fatto l'abitudine, non sempre amava dare spiegazioni per quel che accadeva al suo corpo. Soprattutto ai suoi cambiamenti d'umore.
Intanto, il colore si faceva più insistente. Fino a quando... «Per Morgana!» sobbalzò, diventando improvvisamente rossa di capelli, proprio nell'istante in cui la guferia si mise a tacere dopo lo sbotto di Guymoore. Si mise una mano al cuore, mentre l'altra aveva lasciato andare la coda del gatto d'istinto. Gatto che si rifugiò dietro le sue gambe, passando solo la testina bicolore in mezzo, a guardare impaurito l'uomo. Rise di circostanza «Stava per venirmi un infarto... però... che bel silenzio. Ci voleva proprio, non si preoccupi.» e tirò fuori tutta l'aria che aveva recuperato dallo spavento, mentre pian piano i suoi capelli si sbiadirono di nuovo nel biondo platino con cui si era palesata davanti all'uomo.
Con la coda dell'occhio seguì la civetta poggiarsi e aggrottò la fronte quando sentì le parole di Dean, quindi azzardò un passo verso di loro «Oh, Santo Cielo. Dragos le ha fatto male! Mi dispiace, davvero. E' tanto grave? » e con la coda dell'occhio fulminò il suo gatto al quale rivolse un tono a dir poco amorevole «Dispari!» un sibilo leggero, un fischio aspro, prima di tornare a guardare l'uomo che stava provvedendo a presentarsi, mentre il gatto indietreggiava verso l'uscita.
Sgranò gli occhi a sentire la sua carica e ... i capelli scoppiarono di un magenta così acceso che quasi avrebbe potuto illuminare la guferia. «Per Silente, Merlino e Morgana! Ora mi ricorderà sempre in pigiama, con un gatto antipatico e con delle ciabattine orribili! Che figuraccia!» si portò le mani alle guance, quasi per nascondersi «Io sono Evangeline Ivanova, docente di Incantesimi e giuro che non sono quasi mai così.» gli strinse la mano, sorridendogli amorevolmente «Va bene, Dean... tu puoi chiamarmi Eva. Sei qui da tanto?» chiese con curiosità cercando di placare il suo imbarazzo.. -
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.Pelliccia dura o meno, Eva non aveva la convinzione che il suo gatto avesse fatto pochi danni. Forse per questo tirò un respiro di sollievo quando se ne tornò quatto quatto sui suoi passi. Sicuramente non lo avrebbe trovato in stanza, ma era certa che lungo la strada del ritorno, dopo essersi fermato a rubare qualcosa dagli elfi della mensa, sarebbe tornato davanti alla porta della sua padrona con un cupcake tra le fauci, da smezzare insieme. Era sempre così: ogni volta che faceva un qualcosa di sbagliato e la Ivanova lo riprendeva, lui faceva di tutto per farsi perdonare. E farsi perdonare da Eva, per quel gattino, era veramente facile. Probabilmente era l'unico che realmente riceveva il suo perdono, oltre gli studenti. «Sarà. Ma Dragos, per almeno tre giorni non uscirà dalla mia stanza, nemmeno se miagola in rumeno.» come se un gatto potesse realmente miagolare in una lingua diversa dal "Miao!".
Provò a non pensare al fatto che il suo gatto avesse graffiato Kali, e guardava i due sistemarsi le penne. Cioé, non che Dean si stesse sistemando le penne, ma insomma, stava sistemando quelle di Kali e sorrise con tenerezza.
Tuttavia, quello che la mise più in imbarazzo fu il fatto che Dean si accorse che il biondo dei capelli di Eva, avesse cambiato colore nel momento stesso in cui non era riuscita a contenere l'imbarazzo.
Sgranò gli occhi smeraldo, quindi, portandosi le mani a coprire la testa alla meno peggio, cosa che aumentò solamente il suo magenta tra quei fili dorati, che stava invadendo sempre di più la sua testa «Blestem! » il colore delle sue guance cambiò, diventando rosso, come tutti i comuni mortali «Lo sapevo! Sempre colpa di quel gattaccio! Io non---» muoveva i suoi capelli come a voler cancellare dalla testa il fucsia che stava accendendosi sempre di più. Ormai non aveva più il controllo delle sue emozioni, era un uragano di sensazioni che stavano venendo fuori con un arcobaleno in quel taglio sbarazzino «Giuro che solitamente riesco a controllarmi, lo giuro! Argh... adesso penserai che io sia pazza, giuro che non lo sono!» certo, è proprio quello che un pazzo direbbe.
Era ormai finita, nella sua testa Dean l'avrebbe etichettata sicuramente come la docente pazza di Incantesimi che cambia colore dei capelli ed esce in pigiama.
A tal proposito, Eva tirò un respiro pronfodissimo, esasperata, ascoltando le parole del collega. «Effettivamente sarebbe opportuno rientrare prima che inizi un bel temporale... sono scesa di corsa alla ricerca del gatto e...vabbè, il resto lo sai.» scrollò le spalle, allargando le braccia, inerme davanti a tutto quello che in pochi attimi era successo. Tuttavia, il discorso vertì facilmente su altre lande, facendo passare di mente alla ragazza la questione pigiama. Eva sorrise cordiale e dolce, com'era solita fare «Sì, è un posto tranquillo qui. E... non ho mai visto la riserva, nonostante sia qui da un po'.» strinse un occhio e si grattò dietro la nuca, i capelli che ancora una volta si accesero di magenta. Probabilmente se avesse continuato così non avrebbe mai fatto in modo che tornassero al loro colore naturale. Alla domanda di Guymoore, Eva si portò un indice a sfiorare il labbro inferiore, quindi iniziò a pensare «Mmm... » strinse gli occhi alla ricerca di qualcosa di importante «... allora qui gli elfi fanno dei dolci favolosi, i ragazzini tenteranno di fregarti come possono e il tempo fa veramente schifo...» insomma tutte cose che dovrebbe già sapere, ma che lei ci ha tenuto a precisare «... in pratica niente di importante. Però posso farti da guida per il castello, un giorno di questi, così almeno inizi a scoprire tutti i posti e le aule.» sorrise, inclinando il capo a destra. La cordialità di Eva era simbolo di quell'Accademia. Probabilmente a volte superava i livelli del collega Olwen, tuttavia aveva una vena autoritaria che non era solita cacciare, né tantomeno le piaceva utilizzare.
Annuì alla sua domanda «Certamente, Skyler Mave è il nostro infer--- AAAH!» Eva non finì la frase, sentì un frastuono assurdo, un lampo, poi un rumore assordante e di scatto balzò in avanti, cercando di afferrare il braccio del collega, stringendolo e nascondendoci la faccia dentro, mentre i capelli magenta iniziarono a sfumarsi di rosso fuoco. Le dita che avevano provato ad afferrare il braccio di Dean, se ci fossero riuscite, avrebbero stretto ancora un po'. Eva riaprì gli occhi e quando si accorse di quello che era successo... voleva seppellirsi.
Nessuno lì dentro sapeva della sua paura per i temporali. Ed ora, davanti a quel povero malcapitato di Dean Guymoore, docente di Cura delle Creature Magiche, che era appena arrivato, aveva fatto i conti con Dragos e i suoi capelli cambia colore, doveva avere a che fare anche con la sua fobia per i temporali.
Eva cercò di fare qualche passo indietro, sprofondando in un imbarazzo che aveva reso i suoi capelli totalmente magenta, con qualche sfumatura rossa, dovuta alla paura che si era presa. Rise nervosa, scuotendo le mani davanti a sé «Non è niente, non è nient--- AAAH!» un altro tuono, un altro urlo. La docente si strinse nelle spalle, stringendo gli occhi.
«Uffi, perché tutte a me!». -
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.Dire a qualcuno di calmarsi, non fa in modo di calmare realmente l'altro. Anzi, la maggior parte delle volte tende a far innervosire ancora di più il nostro interlocutore. Per fortuna, il caso di Eva non era questo. Insomma, lei doveva calmare il suo imbarazzo, così i suoi capelli sarebbero tornati al suo colore naturale.
E fu complicato, dopo tutto quello che era successo fino a quel momento.
Sorrise cordiale, seppur sapeva che l'affermazione di Dean era solo di circostanza, probabilmente il giro del castello non lo avrebbero mai fatto, ma questo non importava. Eva lo aveva proposto per gentilezza, lei si era persa facilmente i primi tempi lì dentro, se ci fosse stato qualcuno a indicarle le vie, probabilmente sarebbe stato tutto più facile.
Riguardo alla riserva, la donna sgranò gli occhi, quasi come se fosse confusa da quella frase «Uhm? Oh... non mi spaventano, anzi... anche se non so bene come trattarle, mi affascinano. Sai, magari potrei passarci qualche giorno di questi.»
Quello che avvenne dopo fu davvero incontrollato da parte della bionda, che si aggrappò al braccio del docente come se ci si volesse infilare dentro. Sentì i muscoli dell'uomo irrigidirsi e questo, forse, la fece rinvenire momentaneamente da lasciare la presa. Quando aveva paura era sempre incontrollata e ingestibile, riusciva a ficcarsi nelle peggiori situazioni, tanto da non riuscire nemmeno lei a capire come ci si fosse infilata.
Il temporale non voleva far in modo di smetterla, anche perchè era appena iniziato, quindi la situazione andava gestita al meglio.
E non da Eva.
La donna si era stretta al muro, non voleva guardare fuori, stringeva gli occhi nascosti tra le sue mani, i capelli divampavano di quella tinta che mostrava la sua paura più recondita.
Poi arrivò ovattata la voce di Dean "qui dentro siamo al sicuro, Eva scosse la testa, come se quella frase non l'avesse assolutamente convinta. Lei non era al sicuro, lei non si sentiva al sicuro. I gufi iniziavano a svolazzare da una parte all'altra. Non riusciva a dire nulla, solo dei mugugni.
L'interno delle labbra veniva morso dai denti della donna, così come anche il labbro inferiore, ad intervarlo. Quest'ultimo ne stava risentendo di più.
Sentì ancora la voce di Dean e questa volta decise di aprire un occhio e voltarsi in sua direzione, quasi più per assicurarsi che ci fosse abbastanza spazio per respirare.
Strinse i denti, ancora di più. Per lei era davvero terribile. Lei era terrorizzata dai temporali. Ancora un tuono, seguito da un lampo e un fulmine. La donna si morse stretta, tanto da farsi sanguinare il labbro, mentre strinse ancora di più gli occhi.
Annuii alle parole del collega, quindi, mentre con la mano tremante, allungò le dita affusolate verso la tasca del pantalone del pigiama. Toccò il legno della stecchetta, lo afferrò non saldamente, la forza era concentrata tutta sul tremore.
Ancora annuii.
Riusciva a camminare, ma aveva completamente smesso di parlare.
E là fuori la pioggia scendeva a dirotto, quindi si sarebbe anche presa un bell'accidenti.
Si avvicinò al docente di Cura, quindi, per poi mettersi dietro di lui, quasi come se fosse un animaletto spaventato dal mondo nuovo che stava osservando.
Avrebbe iniziato a camminare solo se Dean lo avesse fatto.
Il tragitto era breve, questo lo sapeva, ma con le condizioni atmosferiche che c'erano fuori e lo stato impanicato di Eva, alla donna sembravano chilometri e chilometri da percorrere.
I primi passi erano incerti, spaventati. Sentiva la pioggia scenderle addosso e non era quello che la intimoriva di più. Era l'imprevedibilità di un possibile fulmine, quello la terrorizzava.
Si era attaccata a distanza ravvicinata a Dean, cercando di non toccarlo per evitare di infastidirlo. In quel momento non riusciva a pensare ad altro se non che quel povero uomo aveva trovato una pessima collega ad accoglierlo, quella sera.
O probabilmente sarebbe stata l'unica di cui si sarebbe ricordato, magari... forse non era andata poi così male, probabilmente dentro il castello si sarebbero messi a ridere e ... un fulmine cadde.
Esattamente non molto lontano dalla torre, senza colpire niente di pericoloso.
Eva si raggomitolò sulla scalinata che avevano intrapreso, con un suono strozzato di paura che si fermo in gola.
Era troppo. Non poteva farcela ad arrivare al castello. Non avrebbe potuto farcela di nessuna ragione. Non c'era un modo. Sentiva sulle guance delle gocce.
Acqua? No, il panico era aumentato, dopo quel frastuono immenso che era stato il fulmine di poco prima. La donna stava piangendo, raggomitolata su uno scalino, le braccia stringevano le ginocchia e la testa era nascosta tra queste, mentre il sapore del sangue del labbro diventava ferroso e asciugava il palato.
Avrebbe voluto fermare Dean, dirgli che non ce la faceva, che per lei era troppo... ma la voce non le venne fuori. Non volle alzare nemmeno la testa.
Voleva tornare in camera sua, mettersi sotto le coperte e terminare quella giornata.. -
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.Tutto quello che stava accadendo, aveva una punta estrema di imbarazzo che andava via via crescendo ad ogni fulmine o tuono che veniva emesso dal cielo.
Eva non aveva mai pensato di potersi trovare nel bel mezzo di un temporale con un suo nuovo collega, facendo la figura della frignona impaurita.
Ma oramai tutto quello che poteva fare, lo aveva fatto, quindi continuare a crogiolarsi nell'imbarazzo non serviva a nulla.
Apprezzava tantissimo quello che stava facendo Dean per lei e la cosa la metteva un tantino a disagio.
Provò davvero a fare quei passi verso il docente, per uscire da quel posto, ma era più forte di lei. Le gambe non volevano ricevere alcun comando di quel tipo e la bloccavano a terra.
Ascoltò le parole di Dean e annuii lentamente. Il fatto di poter rimanere al coperto, probabilmente aiutava moltissimo la docente a rimanere vigile, nonostante il panico crescente.
Quando le suggerì la posizione delle mani, era quasi perplessa, ma lo fece comunque, seguendo ogni singolo dettame del docente. Forse lui ne sapeva di più di lei.
Lo fece e guardò le proprie mani e poi... il bruciore, lo schioppo delle mani di Dean sui suoi dorsi e gli occhi sgranati di Eva.
Si stava vendicando? Voleva farle male per ripicca? Le mani adesso bruciavano e lei per lo schianto sussultò di colpo «Merlino! Ma che diamine...» poi scoppiò a ridere, calando la testa su se stessa. Scrollò il capo alle sue parole, ridendo leggermente «Ti- ti chiedo scusa, davvero... è che il temporale.. cioé penso che tu l'abbia capito.» afferrò quindi la sua mano e si guardò intorno, ancora un tantino destabilizzata da quello che stava accadendo.
«A-aspetta...» guardò la scalinata che portava fin giù, quindi prese la bacchetta e la sollevò sulle loro teste, quindi cercò di tenere a mente il suo intento, provò a canalizzare la sua energia facendola scorrere per il proprio corpo e provando a farla arrivare fino alla punta del catalizzatore e poi... «Erecto!» puntò in basso e lentamente si spostò verso l'alto, avendo in mente la struttura che voleva. Un telo sostenuto da quattro stecche, du avanti e due dietro, leggere, in modo che mettendosi insieme avrebbero sollevare la struttura «Che ne dici?» non era chissà quanto stabile, però probabilmente avrebbe aiutato a scendere e non bloccare il povero professore con lei in guferia.. -
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