Requiem for a dream

J.H. - Post vacanze di Natale

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    Lilith Clarke
    Dioptase - Caposcuola | Metamorphomagus
    Rientrare non era stato facile. Dopo l'arrivo di quel terremoto che aveva davvero poco di naturale, Lilith non aveva fatto altro che fare le valige e partire per tornare a casa e ritrovare la stabilità che quel ballo le aveva tolto.
    Non voleva andarci e da un lato era ancora convinta di aver fatto la cosa più sbagliata che potesse fare, ritrovandosi ad affrontare quell'evento da sola; dall'altro, se non fosse stata lì, non avrebbe potuto aiutare i feriti e sarebbe venuta meno al suo ruolo di Caposcuola, cosa che non si sarebbe mai perdonata.
    Quando aveva messo piede in casa, aveva volutamente evitato di fare il conto delle cose che erano andate storte a quel ballo, preferendo fingere che non fosse mai esistito, fino al rientro a scuola.
    Rientro che lei sperava arrivasse davvero nel più tardo tempo possibile, ma che si ritrovò a dover affrontare non troppo in là, dopo che il Natale salutò anche quell'anno, insieme al Capodanno.
    Era poco meno di una settimana che era tornata a scuola e tra i mille oneri che quel terremoto aveva aggiunto alla lista delle cose da fare, non era riuscita a trovare un attimo di pace, peggio del solito. Tuttavia, dopo la lezione di Alchimia, aveva chiesto a Jesse ed Erik se poteva assentarsi per un paio d'ore, per preparare il test del suo tirocinio. Era una scusa, certo, ma nessuno dei due avrebbe potuto verificare la veridicità della cosa, quindi si cullò su quest'idea, scivolando nei corridoi e tentando di evitare qualsiasi sguardo così da non sentirsi costretta a doversi fermare per parlare.
    La direzione, quando aveva necessità di trovare uno spazio in cui riordinare le idee, non troppo distante dalla scuola, ma lontano da occhi indiscreti e possibili visite inaspettate, era proprio la Torre dell'Orologio. Lì si sarebbe potuta sentire lontano da tutti quanti, guardare dall'alto l'orizzonte e sentirsi, per qualche istante in più, libera da ogni costrizione. Aveva allentato - addirittura - il nodo alla cravatta, sbottonando qualche bottone della camicia così da aprire più aria alla gola, come se in quel momento la stesse soffocando.
    La salita alla Torre non fu facile, quella volta. C'era quella costante sensazione di fastidio che le stringeva la bocca dello stomaco. Era come se ci fosse qualcosa che stesse tentando di ricacciare indietro, qualcosa che stava volontariamente evitando di affrontare. Forse era più di una, e salendo stava prendendo consapevolezza di questo, come se ogni scalino le stesse facendo riconoscere gli ostacoli che il ballo le aveva messo davanti.
    Mesi addietro aveva percorso quelle stesse scalinate con uno stato d'animo diverso e - fino ad oggi - non era tornata lì a vedere che effetto facesse risalire. Ma anche il ricordo di quella ronda notturna dove aveva svegliato quell'opale che le stava martellando il cervello, era qualcosa che voleva scansare.
    Arrivata in cima, guardò verso l'esterno e non potè fare a meno di tirare un respiro profondo, riempirsi i polmoni e poi sputare via l'aria che aveva rapito dall'esterno, mescolata a quella tossica che aveva dentro.
    Doveva fare i conti con la realtà, doveva smetterla di evitare per i corridoi gli sguardi di tutti e soprattutto, doveva ammettere cosa l'aveva disturbata di quell'evento di cui era ben consapevole come sarebbe andato.
    Quello era il posto giusto e non c'era modo migliore di iniziare, se non analizzando la rabbia e lo schifo che aveva provato vedendo Blake giungere al ballo con Mia. Lì, probabilmente, aveva quasi ringraziato il terremoto, arrivato a pennello ad evitare un incontro spiacevole tra i tre, che si sarebbe ridotto solo ad un suo esporre quanto avesse ragione dell'interesse del Barnes per quella gatta morta di Freeman, che fingeva di essere cucciola e innocente, ma aveva ben chiaro in testa come comportarsi.
    Strinse i pugni lungo i fianchi, sentendo quel fastidio tornarle a scavare dentro e, rapido come un fulmine a ciel sereno, un altro volto si fece strada a calci nella sua mente, per riaffiorare nei ricordi di quel resoconto che si stava costringendo a fare, per poter ricominciare a combattere nei corridoi, giorno dopo giorno: Joo-Hyuk Kwon.
    L'orientale era stata la seccatura primaria di quell'evento, dall'inizio alla fine. Se Blake aveva tardato a giungere, diventando solo la ciliegina sulla torta, J.H. non aveva avuto questa delicatezza, mostrandosi quasi subito in quella sala con Miguel, prima di affiancare quella rossa del primo anno che pareva una Freeman che fingeva un po' meno. Ma la verità non era tanto che lui fosse lì con una primina, quanto il fatto che lei provasse un fastidio talmente forte da non riuscire nemmeno a sopportare di vedere quel loro essere vicini. Era una cosa talmente irrazionale che Lilith la odiava; così come non sopportava l'idea di non aver ricevuto nemmeno un suo invito, o un ballo? Non lo sapeva nemmeno lei, ma le aveva irritato talmente tanto la serata, che - da quando era tornata - non aveva fatto altro che evitarlo peggio di come aveva pensato di fare. Ogni volta che il suo sguardo incrociava quello dell'orientale, cambiava direzione quasi rapidamente, così come il suo corpo, volgendo spesso le spalle e variando la strada, proprio per non trovare possibilità di ritrovarsi faccia a faccia. Principalmente non sapeva come giustificare quell'irritazione che provava, poi non aveva ancora voglia di affrontare l'argomento e quindi tentava di scapparne quanto più potesse.
    Sì, quella Torre stava risultando un ottimo scioglinodi.
    RevelioGDR
     
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0 replies since 5/1/2023, 18:58   54 views
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