Einar Tryggvisson | Predone
La luna, quell'astro aveva significato sempre qualcosa per il Predone. Come figlio di Denrise Einar sapeva bene che fosse quell'astro a determinare le maree e, per questo, aveva imparato a tributargli il giusto rispetto. Da trentacinque anni a questa parte, tuttavia, aveva significato molto di più per lui e, volente o nolente, Einar avrebbe dovuto subire l'influsso della luna ogni ventinove giorni. Sentiva già i primi effetti, tra due giorni ci sarebbe stata la luna piena e il suo corpo ne risentiva, la pelle si faceva più pallida e il pallore e i sudori freddi che lo accompagnavano in quelle prime avvisaglie lo rendevano più debole che mai. Si era inoltrato nella Foresta Eterea insieme a Fenrir, il proprio lupo bianco, per poter andare alla ricerca di funghi commestibili ed erbe e radici utili per poter creare dei medicamenti per la furia che la Bestia avrebbe inflitto su sé stessa durante il plenilunio. Il Predone si era portato dietro la cornamusa per poter poi sistemarsi con la schiena contro un albero e suonare durante una pausa. La mattinata era stata fruttuosa, si era alzato presto e aveva camminato tutta la mattina all'interno della foresta raccogliendo un buon bottino. Il suo ringraziamento andò agli Dèi, ringraziandolo per l'abbondanza del raccolto, con il cestino pieno di funghi, erbe e radici Einar si sarebbe appoggiato al tronco di un albero sempreverde, quando il rumore di rami spezzati gli fece alzare lo sguardo, agì distinto e, con la bacchetta, Materializzò una gabbia che si chiuse attorno alla propria preda. Con la magia dalla sua la lepre non ebbe scampo, una volta catturata la uccise e diede la sua carne a Fenrir che, finito di mangiare, si sdraiò docilmente accanto a lui. Prese la propria cornamusa e, poste le dita sui buchi nelle canne, iniziò a suonare una melodia tipica di Denrise. Gli occhi chiusi, si sarebbe lasciato andare completamente alla melodia, tappando con mani esperte i buchi per poter comporre la musica. I capelli e la barba sarebbero stati lasciati volare al vento e il piede accolto in stivali pesanti avrebbe battuto a terra il ritmo. Si sarebbe fermato di colpo, riportando la mano dominante sulla bacchetta, non appena sentì Fenrir iniziare un basso e sordo ringhio.