Provino Licantropia - Cade Barker

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    Gli Snasi
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    Provino di Licantropia
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    Per molti i GUFO erano un momento di emancipazione, che spesso e volentieri sfociavano in una vera e propria rivoluzione della propria vita. Indipendenza, autonomia, o anche solo specializzazione in vista di un definito percorso lavorativo erano realtà consolidate in chiunque riuscisse ad ottenere un numero sufficiente di certificazione da non doversi sentire una capra, tuttavia, come ogni fase della vita, la sua percezione era ovviamente fortemente soggettiva.
    E in questo, il giovane Cade si sarebbe rivelato una rara perla: tornato a casa con l'intenzione di smettere gli studi e lanciarsi nel mare di opportunità che era la vita adulta, aveva trovato nei suoi genitori una coriacea (nonché denrisiana) resistenza che aveva finito collo spingerlo ad una scelta estrema: la fuga di casa.
    Per rabbia o per ripicca; per esasperazione o per sottolineare la sua convinzione, ciò era poco imporntante in vero, e forse neanche a lui era così chiaro, come forse non lo era neanche la meta, ma come spesso si dice ciò che conta, a volte è il viaggio. E in quella notte di luna piena si sarebbe potuto tranquillamente dire che per Cade il viaggio sarebbe stato esso stesso un fatale punto di inizio.
    Che lui fosse pronto, o meno.

    NOTE OFF

    Ed eccoci infine a questo provino di licantropia.
    Questo provino sarà diviso in due parti e man mano ti guiderò io nella sua realizzazione, quindi non preoccuparti.
    Per questo primo post insieme, è necessario che tu descriva come Cade sia stato morso: hai ampia libertà sulla dinamica (in fondo è la tua storia), inclusa l'identità del licantropo, che puoi anche non specificare.
    Ah, ovviamente Cade potrebbe anche non essere semplicemente scappato tra i monti di denrise, ma anche fuori dall'isola. Anzi, mi sento quasi di suggerirtelo, ma vedi tu xD
    In bocca al lupo (lol) e, mi raccomando, divertiti ;)
    RevelioGDR
     
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    Cade Barker
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    40 y.o. 15 y.o.


    "Incredibile."
    L'ultima parola ringhiata a denti stretti, il corpo tremante dalla rabbia e un tonfo sonoro ad accompagnare la sua uscita di scena. La porta si chiuse sotto la forza del suo braccio, appositamente sbattuta con violenza per rimarcare un concetto che aveva appena urlato ai genitori, condito da un numero indecifrabile di imprecazioni che avevano fatto adirare suo padre e impallidire sua madre: non sarebbe tornato tra le claustrofobiche mura di Hogwarts.
    Aveva pensato che fare bene nei G.U.F.O. - o almeno provarci e dimostrare l'impegno impiegato - sarebbe servito per guadagnare un minimo di comprensione. Non chiedeva molto, sarebbe bastato un minimo.
    Invece no.
    Quello stesso giorno aveva sventolato l'esito degli esami sotto al naso dei genitori, convinto di poter ottenere che almeno lo ascoltassero. Che cercassero di capire le sue motivazioni a non voler continuare. Eppure niente.
    La lite che era esplosa non si era mai vista tra le mura di casa Barker, non di quelle dimensioni almeno. Talmente grande che nemmeno sua madre, paciera tra lui e il padre di professione, aveva osato una mediazione e si era schierata senza se e senza ma dalla parte del coniuge.
    Nessuno aveva cercato di fermarlo, così Cade aveva iniziato a camminare a grosse falcate per le vie vicino a casa, il corpo talmente pervaso dall'ira da non riuscire a smettere di tremare. Gli occhi aperti non osservavano davvero ciò che lo circondavano, uno sfondo di nessuna importanza per lui. Eppure erano quelle stesse vie che avrebbe voluto vedere per il resto dei suoi giorni, intervallate unicamente da lunghe navigate che l'avrebbero condotto lontano per poi riportarlo sempre lì, a casa. Denrise, non un umido castello da qualche parte in Scozia in cui un gruppo di adulti aveva fatto propria la missione di inculcare in giovani menti come la sua nozioni varie di magia. Le nozioni che aveva intenzione di apprendere Cade erano ben diverse da quelle che aveva imparato o che avrebbe imparato ad Hogwarts.
    La città era silenziosa a quell'ora della notte, illuminata principalmente da una chiarissima luna piena a cui Cade non prestò la minima attenzione: nemmeno lo spettacolo più bello del mondo avrebbe avuto un qualche effetto su di lui in quel momento.
    Camminò talmente tanto da fermarsi solo quando percepì la stanchezza. Non si era nemmeno accorto di aver fatto così tanta strada, preso com'era da se stesso e dai suoi problemi. Al perfetto stereotipo dell'adolescente incompreso mancava unicamente una sigaretta tra le labbra. Avrebbe dato qualsiasi cosa per averne una in quel momento, ma purtroppo se n'era dovuto liberare prima di scendere dall'Hogwarts Express a fine giugno: la scenata che sarebbe derivata dalla scoperta delle sigarette sarebbe stata uguale o addirittura maggiore a quella che aveva appena scosso la famiglia Barker, con l'unica differenza che per una sigaretta non ne sarebbe valsa minimamente la pena.
    Per la sua vita, invece, riteneva di sì.
    Quando il terreno in pietra lasciò posto alla ghiaia, Cade alzò lo sguardo e scoprì di trovarsi al limitare della foresta. L'albero che si trovava tre file oltre il confine pareva troppo invitante per poterlo ignorare e lui aveva bisogno di sfogare la rabbia, di buttarla fuori per evitare che lo deteriorasse dall'interno.
    Caricò il braccio e scontrò le nocche contro la corteccia.
    "Maledizione" nient'altro che un sussurro mentre si guardava la mano che iniziava a sanguinare all'altezza della nocca corrispondente al dito indice.
    Si diede dello stupido, o almeno ci provò.
    Un ringhio soffuso, ma incredibilmente chiaro, giunse alle sue orecchie. La rabbia cedette il posto alla paura, che si impossessò del suo corpo senza chiedere permesso e senza lasciargli il lusso di controllarla.
    Non riusciva a muoversi; non perché qualcosa lo bloccasse fisicamente, ma era preda di un sentimento talmente irrazionale da non averlo mai provato prima. Laddove la fuga avrebbe potuto significare salvezza, il suo corpo decise per l'immobilità.
    Alzò il volto nell'istante in cui le immagini si mischiarono tra loro, sfocandosi e facendogli perdere completamente la percezione dello spazio. Il sapore amaro del terreno sulle labbra gli fece intendere di essere caduto, o meglio, di essere stato spinto a terra, travolto da un essere incredibilmente più forte di lui.
    Poi un dolore lancinante al fianco destro lo fece urlare. I denti squarciarono la pelle senza pietà, mentre le narici vennero pervase dall'odore ferroso del sangue. Si contorse su se stesso per quanto concesso dalla bestia che, probabilmente in conseguenza al suo movimento, lo graffiò all'altezza del torace.
    Un altro urlo lasciò le sue labbra, acuto e doloroso.
    Se solo avesse usato la testa, non avrebbe ignorato la luna piena poco prima; se solo fosse stato lucido, non si sarebbe avvicinato ad una foresta.
    Le scelte sbagliate, nella notte sbagliata.
    Una al mese, quella nefasta.
    Non seppe mai se suo padre l'avesse seguito fin dall'inizio o si fosse incamminato poco dopo di lui. Non lo vide arrivare, percepì a malapena il mostro che veniva allontanato prima di chiudere gli occhi sotto la forza dei sensi che lo abbandonavano, mille volte più forte della sua volontà.

    Si svegliò cullato dal mare.
    Avrebbe riconosciuto quella sensazione anche nel più folle momento di perdizione. Il danzare leggiadro delle onde, l'odore di salsedine, il rumore dell'acqua che si scontrava con il legno resistente della nave.
    Casa.
    Pace.
    Dolore.
    Alzò la schiena d'istinto, sentendo però una mano spingerlo di nuovo a distendersi.
    "Va tutto bene, Cade."
    La voce spezzata di sua madre e la mano tremante che gli sfiorò la fronte non solo non lo tranquillizzarono, ma ebbero l'effetto opposto.
    "Non..." ma si sentiva debole.
    Troppo debole per parlare e troppo debole per tenere gli occhi aperti. Avrebbe voluto chiedere tante cose, a partire da cosa l'avesse attaccato nella foresta, ma di nuovo il corpo ebbe la meglio sullo spirito e le palpebre tornarono a coprirgli gli occhi.
    Si sarebbe risvegliato ore dopo in una triste e spoglia stanza di un ospedale, per scoprire di trovarsi a Londra, al San Mungo.

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    Provino di Licantropia
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    Il mare per ogni buon denrisiano era una seconda casa, ma il dolce rollio delle onde, quella notte, non poteva essere poi molto consolante, non con tutti quei dubbi che attanagliavano il giovane Cade: perché era andato in un bosco pericoloso come quello attorno a Denrise senza protezione? Perché suo padre lo aveva seguito? Perché lo stava portando in un posto quasi nemico come Londra? E poi la principessa delle domande: cosa lo aveva aggredito quella notte?
    Per molti dei misteri sarebbe stato sufficiente interrogare sé stesso e il proprio genitore, ma per alcune di essi la risposta appariva più complessa, richiedendo l'intervento di esperti, i quali comunque si sarebbero rivelati a loro volta elusivi: le ferite vennero brillantemente curate dai medimaghi del Sanmungo in una maniera certamente degna dei migliori druidi di Denrise, ma per quanto riguardava la prognosi da lì ad un mese, essi risultavano, in ultima analisi, molto simili all'approccio al COVID: vigile attesa.
    Era difficile immaginare un licantropo nella foresta di Denrise, del resto in mezzo a tante creature pericolose i Denrisiani si erano sempre dimostrati efficienti nell'eliminare quelle più oscure o predanti gli essere umani, o contagianti, tuttavia nulla poteva mai escludere un infiltrato, un turista o anche solo che dai dungeon sotterranei dell'isola, insieme a tanti incubi, ne fosse uscito anche un licantropo. Le ferite risultavano compatibili con quelle di un lupo mannaro, ma purtroppo certi tipi di certezze esulavano dai Figli della Luna: l'unica vera prova del nove sarebbe avvenuta 28 giorni dopo, al successivo plenilunio.
    Dopo alcuni giorni di riservatissima degenza, i medici dimisero il ragazzo con due consigli: il primo era di procurarsi con grande discrezione catene d'argento e portarsi in un'area isolata e sicura. Il secondo era, in caso si fosse rivelato davvero un licantropo, di tenere tanto segreto il tutto a Denrise quanto di iscriversi al ministero nell'apposito registro.
    Il resto, dipendeva solo da lui: quello che potevano fare (oltre al rispetto del segreto professionale), ormai lo avevano fatto.
    NOTE OFF

    Proseguiamo con la seconda e ultima parte.
    Londra, San Mungo, sospetto di licantropia.
    Come affronterà Cade la sua prima luna e la sua prima trasformazione?
    A te il compito di descrivere tutto ciò, fisicamente, emotivamente e anche socialmente (tenendo anche conto della complicata situazione del nostro lupacchiotto).
    In bocca al lupo (lol) e, mi raccomando, divertiti ;)
    RevelioGDR
     
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    Cade Barker
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    40 15 y.o.


    Per quanto qualcuno potesse apprezzare il silenzio, gradirne così tanto era indubbiamente impossibile. Era l'effetto degli ospedali, delle pareti tristemente spoglie e della profonda incertezza di risposte che non arrivavano.
    Tuttavia, Cade stesso non aveva chiesto nulla di più rispetto a quello che gli era stato comunicato. Nemmeno a suo padre, che sembrava essere sprofondato in un silenzio fin troppo assordante alle orecchie del figlio, gli occhi persi o sulla figura di Cade oppure nel vuoto, oltre una finestra dalla quale non osservava davvero l'esterno.
    Cade, dal canto suo, aveva assunto un atteggiamento simile. Silenzioso, arrabbiato con se stesso per non aver prestato attenzione e, tipico di un adolescente, anche con la sua famiglia, a cui attribuiva la colpa della discussione, della fuga e quindi dell'incidente.
    Si domandava il motivo per cui l'avessero portato lontano da Denrise, anche se nel profondo pensava già di avere una risposta, che nessuno aveva ancora intenzione di dire ad alta voce.
    Il punto in cui era stato morso si faceva sentire ogni volta che svanivano gli effetti degli antidolorifici e pareva essere un monito alla sua disattenzione; nemmeno sapeva quanto fosse terribilmente vero o che avrebbe dovuto convivere per sempre con le conseguenze di un errore compiuto per pura stupidità.
    Al momento delle dimissioni, Cade si ritrovò al fianco dei genitori ad ascoltare consigli che non avrebbe voluto sentire, probabilmente la prima vera conferma di ciò che frullava nella sua testa ormai da giorni: catene d'argento e una zona isolata per la notte in cui la luna avrebbe mostrato al mondo la sua forma completa. Impallidì visibilmente e di certo non aveva bisogno che fosse il Guaritore a specificare quanto dovesse restare segreta la questione.
    Uscì dal San Mungo con ancora meno voglia di parlare rispetto a quella che aveva avuto nella stanza dell'ospedale.

    "Questo non sarà mai un luogo sicuro."
    Il suo commento quando rimisero piede sulla nave del padre, riferito all'immediato futuro e anche a tutti gli anni successivi. Se davvero sarebbero servite le catene d'argento, Cade non avrebbe più potuto fare ritorno a Denrise. Di questo era convinto.
    In più, continuava ad osservare il padre con sguardo circospetto: Denrisiano di nascita, predone nella vita, Cade sospettava che il silenzio a cui si stava dedicando fosse in realtà uno strumento per trovare una soluzione alla sua battaglia interiore: un figlio potenzialmente lupo mannaro.
    Un dilemma a cui giunse ad una soluzione solo dieci giorni più tardi, quando Cade crollò sotto il peso della tensione, della paura e del senso di colpa; quest'ultimo ormai rivolto solo a se stesso e non più alla sua famiglia. Vederlo piangere era cosa rara, non si era mai trovato di fronte a situazioni che lo richiedessero: in fondo, affrontava la scuola con leggerezza e la rabbia preferiva sfogarla in altri modi, come aveva purtroppo dimostrato.
    Non seppe se fu quello a sbloccare anche il padre, 'che in fondo un figlio è sempre un figlio.
    Tutto bene, le parole che uscirono dalla bocca dell'uomo, una mano ben ferma sulla spalla di Cade.
    Fu la prima volta in cui Cade pensò di crederci, eppure durò così poco. Il tempo di un altro paio di settimane.

    Mancavano tre giorni alla luna piena e, non appena aprì gli occhi, sentì le palpebre talmente pesanti da rigirarsi nel letto e pensare di dormire per altre quindici ore, minimo. Un capogiro non appena si fu alzato dal letto e lo sguardo preoccupato della madre a trafiggerlo gli diedero il colpo di grazia. Si lasciò cadere nuovamente sul letto, arrendendosi alla situazione di malessere che lo stava pervadendo, tremando non tanto per il malanno ma per ciò che significava. Il calendario appeso accanto al letto era stato utilizzato per scandire lo scorrere dei giorni fino alla prossima notte di luna piena e la notte tormentata che aveva appena trascorso, unita al risveglio difficile, ormai lasciavano davvero poco spazio a dubbi e speranze.
    "Dobbiamo trovare un posto in cui..." fece una pausa, chiedendosi per un attimo quale nome dargli. "... accadrà."
    La trasformazione in una bestia, in ogni senso possibile.
    La sua resa totale alla luna, la prima manifestazione del legame indissolubile che li avrebbe legati per sempre. Unito ad una maledizione che gli avrebbe certamente rovinato la vita a Denrise. La vita sul mare.
    Strinse i pugni, afferrando le coperte sotto di lui. Avrebbe di nuovo preso a pugni la parete della barca, ma era certo che sua madre non avrebbe apprezzato.
    "Dimmi che papà l'ha trovato."
    Vide sua madre annuire e per lui fu sufficiente. Almeno avrebbe avuto un posto in cui arrendersi all'inevitabile senza fare del male a nessuno.
    Tornò a distendersi a letto, osservando il soffitto in legno sopra di lui e chiedendosi se mai avrebbe potuto nuovamente salpare i mari.
    Come avrebbe fatto per il resto della sua vita? Come avrebbe potuto tornare a Denrise.
    Hogwarts non sembrava più un'opzione così terribile, rispetto ai rischi di casa sua. Questa consapevolezza bruciava talmente tanto da far passare in secondo piano la spossatezza generale. Infilò la testa sotto al cuscino con l'intenzione di restare lì, accartocciato nella sua disperazione, per i successivi tre giorni.

    Negli ultimi giorni, la tonalità giallognola sul suo viso non aveva fatto altro che peggiorare. Le forze sembravano sempre venir meno e Cade si trovò a domandarsi quanto sarebbe stato forte l'impatto. Sapeva che i lupi avevano forze in abbondanza e si immaginò che il mostro stesse risucchiando le sue energie per poterle sfogare durante quella notte.
    Guardò suo padre, quello stesso viso che non sorrideva da quasi un mese. Afferrò il suo braccio, pronto allo strattone e alla nausea che ne sarebbe conseguita: non amava la smaterializzazione ma era il modo più veloce per raggiungere il luogo che avevano individuato.
    Quando i suoi piedi toccarono nuovamente il terreno, Cade aprì gli occhi per scoprire di trovarsi su un terreno in pendenza, circondato da alberi.
    "Qui non viene mai nessuno. E' troppo in alto rispetto al primo centro abitato."
    Non erano frequenti i casi in cui la voce di suo padre era tremante, suonava talmente strana da convincere Cade ad alzare il volto verso di lui.
    Cade tese una mano per prendere le catene e lasciò trascorrere ancora qualche istante di silenzio.
    "Vai pure."
    Ma suo padre non mosse un muscolo, lo sguardo fisso al terreno.
    "Papà. Tanto non puoi restare in ogni caso."
    Un sospiro riempì il silenzio della natura attorno a loro.
    "Fai attenzione. Ci rivediamo qui all'alba?"
    Cade non sapeva cosa rispondere. Quanto controllo avrebbe avuto? Le catene avrebbero retto? Se si fossero spezzate, avrebbe ritrovato la strada?
    "Sì, certo."
    Certo.

    Cade aveva avvolto le catene attorno all'albero più robusto che aveva trovato e poi aveva legato se stesso. Appoggiato al tronco, aveva trascorso le due ore che mancavano al sorgere della luna ad osservare il movimento del sole nel cielo, consapevole che ogni spostamento impercettibile era un passo in più verso la condanna definitiva. Aveva sentito il cambiamento nel suo corpo in modo troppo evidente e concreto per poter avere ancora un barlume di speranza che nulla sarebbe accaduto.
    Quanto male avrebbe fatto? Sarebbe sembrato durare un eternità, oppure solo un fugace attimo? Sarebbe mai potuto tornare a casa?
    Così tante domande che si affollavano nella sua mente, offuscate da una cieca paura, che raramente aveva provato in vita sua. Era solo, così come sarebbe stato solo nei mesi successivi.
    Sarebbe sempre stata una questione tra lui e la luna.
    E pensare che era sempre stata uno dei suoi astri preferiti, con la sua bianca luce che si infrangeva tra le onde del mare creando effetti spettacolari. L'avrebbe odiata.
    La stava già odiando.
    La rabbia che iniziava a crescere dentro di lui venne interrotta bruscamente da un dolore mai provato prima, che lo fece urlare. Era il corpo che cambiava, che mutava per lasciare spazio alla bestia.
    Poteva sentire le ossa del suo corpo contorcersi e pulsare, il suo fisico cambiare sotto il volere di una forza letale, più grande di lui e incontrollabile.
    Il morso non aveva fatto così tanto male.
    Nell'ultimo momento di lucidità, si trovò a contemplare l'evidenza che quelle catene non avrebbero mai retto.

    Così fu.
    Bruciavano attorno ai polsi e alle caviglie del lupo, troppo strette e troppo opprimenti per accettarle e basta. Iniziò a tirare lasciandosi andare a ringhi profondi, facendosi male ma questa volta per poter conquistare la libertà. Non era più Cade, era solo il lupo che aveva preso possesso del suo corpo e della sua mente.
    Uno strattone, poi un altro.
    La luce della luna rischiarava un pelo marrone scuro e lucente, zampe possenti e zanne che avrebbero potuto ferire con estrema semplicità.
    Un ultimo colpo e la catena si ruppe, concedendo al lupo la libertà che si meritava. Rimase fermo il tempo necessario per un lungo ululato, poi iniziò a correre in direzione della cima, sfogando nella corsa tutte le energie che l'animale aveva in corpo e che aveva necessità di sfogare.

    La prima cosa che Cade percepì quando riaprì gli occhi e recuperò le proprie facoltà fu un freddo pungente. La parte del suo corpo che non era a contatto con il terreno gelido era colpita dalla fredda aria mattutina. Aprì piano gli occhi, dolorante, e si rese conto di non trovarsi affatto nel luogo in cui sarebbe dovuto essere. Per un attimo, pensò semplicemente di restare lì ad aspettare: suo padre avrebbe certamente visto le catene spezzate e sarebbe andato a cercarlo.
    Ma faceva così freddo.
    Provò a trascinarsi per qualche metro, intervallando momenti misti tra sconforto e debolezza che non potevano far altro che farlo accasciare nuovamente al terreno.
    Non seppe quanto tempo passò prima che sentì la voce di suo padre chiamarlo. Sicuramente troppo.
    Solo a quel punto riuscì a rilassarsi e a rispondere alla domanda di suo padre, che percepì lontana.
    "Come stai?"
    "Come all'inferno."
    Chiuse gli occhi e si lasciò andare.

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