Cade Barker
Predone
40 15 y.o.
Per quanto qualcuno potesse apprezzare il silenzio, gradirne così tanto era indubbiamente impossibile. Era l'effetto degli ospedali, delle pareti tristemente spoglie e della profonda incertezza di risposte che non arrivavano.
Tuttavia, Cade stesso non aveva chiesto nulla di più rispetto a quello che gli era stato comunicato. Nemmeno a suo padre, che sembrava essere sprofondato in un silenzio fin troppo assordante alle orecchie del figlio, gli occhi persi o sulla figura di Cade oppure nel vuoto, oltre una finestra dalla quale non osservava davvero l'esterno.
Cade, dal canto suo, aveva assunto un atteggiamento simile. Silenzioso, arrabbiato con se stesso per non aver prestato attenzione e, tipico di un adolescente, anche con la sua famiglia, a cui attribuiva la colpa della discussione, della fuga e quindi dell'incidente.
Si domandava il motivo per cui l'avessero portato lontano da Denrise, anche se nel profondo pensava già di avere una risposta, che nessuno aveva ancora intenzione di dire ad alta voce.
Il punto in cui era stato morso si faceva sentire ogni volta che svanivano gli effetti degli antidolorifici e pareva essere un monito alla sua disattenzione; nemmeno sapeva quanto fosse terribilmente vero o che avrebbe dovuto convivere per sempre con le conseguenze di un errore compiuto per pura stupidità.
Al momento delle dimissioni, Cade si ritrovò al fianco dei genitori ad ascoltare consigli che non avrebbe voluto sentire, probabilmente la prima vera conferma di ciò che frullava nella sua testa ormai da giorni: catene d'argento e una zona isolata per la notte in cui la luna avrebbe mostrato al mondo la sua forma completa. Impallidì visibilmente e di certo non aveva bisogno che fosse il Guaritore a specificare quanto dovesse restare segreta la questione.
Uscì dal San Mungo con ancora meno voglia di parlare rispetto a quella che aveva avuto nella stanza dell'ospedale.
"Questo non sarà mai un luogo sicuro."
Il suo commento quando rimisero piede sulla nave del padre, riferito all'immediato futuro e anche a tutti gli anni successivi. Se davvero sarebbero servite le catene d'argento, Cade non avrebbe più potuto fare ritorno a Denrise. Di questo era convinto.
In più, continuava ad osservare il padre con sguardo circospetto: Denrisiano di nascita, predone nella vita, Cade sospettava che il silenzio a cui si stava dedicando fosse in realtà uno strumento per trovare una soluzione alla sua battaglia interiore: un figlio potenzialmente lupo mannaro.
Un dilemma a cui giunse ad una soluzione solo dieci giorni più tardi, quando Cade crollò sotto il peso della tensione, della paura e del senso di colpa; quest'ultimo ormai rivolto solo a se stesso e non più alla sua famiglia. Vederlo piangere era cosa rara, non si era mai trovato di fronte a situazioni che lo richiedessero: in fondo, affrontava la scuola con leggerezza e la rabbia preferiva sfogarla in altri modi, come aveva purtroppo dimostrato.
Non seppe se fu quello a sbloccare anche il padre, 'che in fondo un figlio è sempre un figlio.
Tutto bene, le parole che uscirono dalla bocca dell'uomo, una mano ben ferma sulla spalla di Cade.
Fu la prima volta in cui Cade pensò di crederci, eppure durò così poco. Il tempo di un altro paio di settimane.
Mancavano tre giorni alla luna piena e, non appena aprì gli occhi, sentì le palpebre talmente pesanti da rigirarsi nel letto e pensare di dormire per altre quindici ore, minimo. Un capogiro non appena si fu alzato dal letto e lo sguardo preoccupato della madre a trafiggerlo gli diedero il colpo di grazia. Si lasciò cadere nuovamente sul letto, arrendendosi alla situazione di malessere che lo stava pervadendo, tremando non tanto per il malanno ma per ciò che significava. Il calendario appeso accanto al letto era stato utilizzato per scandire lo scorrere dei giorni fino alla prossima notte di luna piena e la notte tormentata che aveva appena trascorso, unita al risveglio difficile, ormai lasciavano davvero poco spazio a dubbi e speranze.
"Dobbiamo trovare un posto in cui..." fece una pausa, chiedendosi per un attimo quale nome dargli. "... accadrà."
La trasformazione in una bestia, in ogni senso possibile.
La sua resa totale alla luna, la prima manifestazione del legame indissolubile che li avrebbe legati per sempre. Unito ad una maledizione che gli avrebbe certamente rovinato la vita a Denrise. La vita sul mare.
Strinse i pugni, afferrando le coperte sotto di lui. Avrebbe di nuovo preso a pugni la parete della barca, ma era certo che sua madre non avrebbe apprezzato.
"Dimmi che papà l'ha trovato."
Vide sua madre annuire e per lui fu sufficiente. Almeno avrebbe avuto un posto in cui arrendersi all'inevitabile senza fare del male a nessuno.
Tornò a distendersi a letto, osservando il soffitto in legno sopra di lui e chiedendosi se mai avrebbe potuto nuovamente salpare i mari.
Come avrebbe fatto per il resto della sua vita? Come avrebbe potuto tornare a Denrise.
Hogwarts non sembrava più un'opzione così terribile, rispetto ai rischi di casa sua. Questa consapevolezza bruciava talmente tanto da far passare in secondo piano la spossatezza generale. Infilò la testa sotto al cuscino con l'intenzione di restare lì, accartocciato nella sua disperazione, per i successivi tre giorni.
Negli ultimi giorni, la tonalità giallognola sul suo viso non aveva fatto altro che peggiorare. Le forze sembravano sempre venir meno e Cade si trovò a domandarsi quanto sarebbe stato forte l'impatto. Sapeva che i lupi avevano forze in abbondanza e si immaginò che il mostro stesse risucchiando le sue energie per poterle sfogare durante quella notte.
Guardò suo padre, quello stesso viso che non sorrideva da quasi un mese. Afferrò il suo braccio, pronto allo strattone e alla nausea che ne sarebbe conseguita: non amava la smaterializzazione ma era il modo più veloce per raggiungere il luogo che avevano individuato.
Quando i suoi piedi toccarono nuovamente il terreno, Cade aprì gli occhi per scoprire di trovarsi su un terreno in pendenza, circondato da alberi.
"Qui non viene mai nessuno. E' troppo in alto rispetto al primo centro abitato."
Non erano frequenti i casi in cui la voce di suo padre era tremante, suonava talmente strana da convincere Cade ad alzare il volto verso di lui.
Cade tese una mano per prendere le catene e lasciò trascorrere ancora qualche istante di silenzio.
"Vai pure."
Ma suo padre non mosse un muscolo, lo sguardo fisso al terreno.
"Papà. Tanto non puoi restare in ogni caso."
Un sospiro riempì il silenzio della natura attorno a loro.
"Fai attenzione. Ci rivediamo qui all'alba?"
Cade non sapeva cosa rispondere. Quanto controllo avrebbe avuto? Le catene avrebbero retto? Se si fossero spezzate, avrebbe ritrovato la strada?
"Sì, certo."
Certo.
Cade aveva avvolto le catene attorno all'albero più robusto che aveva trovato e poi aveva legato se stesso. Appoggiato al tronco, aveva trascorso le due ore che mancavano al sorgere della luna ad osservare il movimento del sole nel cielo, consapevole che ogni spostamento impercettibile era un passo in più verso la condanna definitiva. Aveva sentito il cambiamento nel suo corpo in modo troppo evidente e concreto per poter avere ancora un barlume di speranza che nulla sarebbe accaduto.
Quanto male avrebbe fatto? Sarebbe sembrato durare un eternità, oppure solo un fugace attimo? Sarebbe mai potuto tornare a casa?
Così tante domande che si affollavano nella sua mente, offuscate da una cieca paura, che raramente aveva provato in vita sua. Era solo, così come sarebbe stato solo nei mesi successivi.
Sarebbe sempre stata una questione tra lui e la luna.
E pensare che era sempre stata uno dei suoi astri preferiti, con la sua bianca luce che si infrangeva tra le onde del mare creando effetti spettacolari. L'avrebbe odiata.
La stava già odiando.
La rabbia che iniziava a crescere dentro di lui venne interrotta bruscamente da un dolore mai provato prima, che lo fece urlare. Era il corpo che cambiava, che mutava per lasciare spazio alla bestia.
Poteva sentire le ossa del suo corpo contorcersi e pulsare, il suo fisico cambiare sotto il volere di una forza letale, più grande di lui e incontrollabile.
Il morso non aveva fatto così tanto male.
Nell'ultimo momento di lucidità, si trovò a contemplare l'evidenza che quelle catene non avrebbero mai retto.
Così fu.
Bruciavano attorno ai polsi e alle caviglie del lupo, troppo strette e troppo opprimenti per accettarle e basta. Iniziò a tirare lasciandosi andare a ringhi profondi, facendosi male ma questa volta per poter conquistare la libertà. Non era più Cade, era solo il lupo che aveva preso possesso del suo corpo e della sua mente.
Uno strattone, poi un altro.
La luce della luna rischiarava un pelo marrone scuro e lucente, zampe possenti e zanne che avrebbero potuto ferire con estrema semplicità.
Un ultimo colpo e la catena si ruppe, concedendo al lupo la libertà che si meritava. Rimase fermo il tempo necessario per un lungo ululato, poi iniziò a correre in direzione della cima, sfogando nella corsa tutte le energie che l'animale aveva in corpo e che aveva necessità di sfogare.
La prima cosa che Cade percepì quando riaprì gli occhi e recuperò le proprie facoltà fu un freddo pungente. La parte del suo corpo che non era a contatto con il terreno gelido era colpita dalla fredda aria mattutina. Aprì piano gli occhi, dolorante, e si rese conto di non trovarsi affatto nel luogo in cui sarebbe dovuto essere. Per un attimo, pensò semplicemente di restare lì ad aspettare: suo padre avrebbe certamente visto le catene spezzate e sarebbe andato a cercarlo.
Ma faceva così freddo.
Provò a trascinarsi per qualche metro, intervallando momenti misti tra sconforto e debolezza che non potevano far altro che farlo accasciare nuovamente al terreno.
Non seppe quanto tempo passò prima che sentì la voce di suo padre chiamarlo. Sicuramente troppo.
Solo a quel punto riuscì a rilassarsi e a rispondere alla domanda di suo padre, che percepì lontana.
"Come stai?"
"Come all'inferno."
Chiuse gli occhi e si lasciò andare.