-
.ZuleykaBlack OpalI annoDi tutti gli strumenti che suonava, il violoncello era quello che preferiva. L'ultimo a cui aveva iniziato ad applicarsi, era anche quello in grado di trasmetterle il maggior numero di emozioni. Non sapeva se fosse a causa della tecnica necessaria o del suono che emetteva, ma chiudere gli occhi ed ascoltare unicamente la melodia che sprigionava era per Zuleyka il più efficace dei tranquillanti.
Per questo motivo, non era raro vederla aggirarsi per i corridoi di Hidenstone con la custodia che ricopriva lo strumento sospesa a mezz'aria, grazie ad un elementare incantesimo di levitazione che le risparmiava la fatica di trasportarlo sulle spalle.
Erano già passati due mesi abbondanti dal suo arrivo ad Hidenstone, tuttavia non aveva ancora memorizzato alla perfezione corridoi e luoghi. Le persone, invece, le aveva già inquadrate, o almeno così credeva: era solita affidarsi alla prima impressione, quella che secondo lei contava maggiormente, ed era difficile - se non impossibile - che cambiasse idea.
Ogni tanto, le capitava di provare nostalgia per Durmstrang e per l'estremo nord, dove i climi rigidi che lei apprezzava immensamente erano di casa e dove l'attitudine della maggior parte delle persone ben si adeguava all'ambiente.
Hidenstone aveva significato un grande cambiamento per lei, per quanto l'avesse desiderato e ben accolto, ma adattarsi era tutto un altro discorso.
Quando aveva bisogno di evadere, aveva scoperto la terrazza. Un luogo che offriva una vista niente affatto male, di cui Zuleyka godeva piuttosto frequentemente in compagnia del suo violoncello. A lezioni terminate e prima della cena, si era allontanata dal gruppo che usciva dall'aula per fare una veloce tappa nel suo dormitorio e raggiungere infine la terrazza, occupando uno dei posti accanto agli archi e iniziando a suonare.
Non le era mai importato molto di chi potesse vederla o ascoltarla; al contrario, più gente lo faceva più lei si sentiva bene. Sperava di poterne fare un lavoro. Sapeva di poterne fare un lavoro, un obiettivo che giorno dopo giorno coltivava con dedizione.
Chiuse gli occhi per qualche minuto, riaprendoli unicamente quando finì di suonare una canzone. Appoggiò la bacchetta sul muretto in pietra e il mento al violoncello, concedendosi uno sguardo all'orizzonte e lasciandosi andare ad un sospiro.
Percepiva la presenza degli altri come se fosse lontana anni luce da lei, un beneficio che solo la musica le concedeva. Non abbastanza, comunque, da non avvertirla quando qualcuno si faceva più vicino.
"Un'altra splendida giornata" mentre lasciava che il sarcasmo fluisse libero nell'inflessione della voce, gli occhi si puntarono in quelli di Adrien, uno dei suoi soliti gelidi sorrisi ad incurvarle le labbra.code ©#fishbone. -
.ZuleykaBlack OpalI annoIl subbuglio adolescenziale era una piaga che nessuno di loro sarebbe mai riuscito ad evitare, nemmeno Zuleyka. La differenza era che alcuni possedevano una certa dose di autocontrollo, altri invece ne erano del tutto privi. Per altri ancora dipendeva dai momenti.
Forse era proprio questo il motivo fondamentale per cui si ritagliava brevi istanti da dedicare alla sua musica, in fondo mantenere il controllo era importante.
A dimostrarlo, puntualissimo in linea con i suoi pensieri, un concasato che aveva un paio di anni in più rispetto a lei e che evidentemente aveva avuto una giornata storta.
Dire che le dispiaceva per lui sarebbe stato mentire spudoratamente.
Zuleyka non era una persona tollerante; al contrario, farle perdere la pazienza era impresa piuttosto semplice, tuttavia difficilmente avrebbe urlato. Era più ragazza da insulti sottovoce, maledizioni borbottate dritte in faccia al malcapitato. Mai di spalle, che sarebbe stato sinonimo di codardia.
Voltò lentamente il viso, gli occhi strabuzzati in due enormi palle che andarono a posarsi sul malcapitato, ponderando per qualche istante se avere pietà di lui o semplicemente ignorarlo.
"Ti sta per esplodere una vena" il commento apatico, seguito da un movimento della mano con il quale Zuleyka andò a sfiorare la propria tempia. "Proprio qui."
Informarlo era doveroso, ignorare la sua sfuriata lo era altrettanto.
Avrebbe persino potuto lasciar correre, ma c'era qualcosa di fisiologicamente opprimente in lei da impedirglielo. L'istinto di tappargli la bocca facendogli sparire la lingua, quello sì che sembrava un ottimo istinto da assecondare. Oppure, segnarsi il suo nome per i suoi primi esperimenti sul vudù, anche questo non suonava male.
Infine, gli rivolse semplicemente un sorriso disteso.
"Dovresti rilassarti, non giova alla tua pelle."
Roteò la bacchetta del violoncello nella mano destra, preannunciando ciò che stava per fare; un istante più tardi tornò a sfiorare le corde dello strumento, assaporando il meraviglioso suono di un metaforico schiaffo in faccia.
Non stava infrangendo alcuna regola. Se i suoi nervi non erano abbastanza saldi da resistere, avrebbe potuto tranquillamente visitare un qualunque altro luogo del castello che, per loro fortuna, era piuttosto grande.code ©#fishbone.