Ma non mi dire!?!

Andrew&Erikir

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    Denrise
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    La nebbia che gli abbracciava il cervello non si era ancora dissipata del tutto, eppure gli stavano permettendo almeno di respirare e ragionare con un filo di lucidità in più, Le attenzioni di Andrew, dall'altra parte, minacciavano di oscurare tutto il resto, era molto più difficile pensare e ragionare con le narici piene dell'odore di pancakes e gli occhi dell'altro addosso, tutti i suoi sensi proiettati verso Eirikr, che si sentiva improvvisamente troppo piccolo e fragile per quel genere di analisi.
    Le cose tra loro erano sempre state così, Andrew era quello che si preoccupava per ogni volta, che esprimere il suo affetto con gesti plateali, mentre Eirikr si chiudeva nel suo scorbutico silenzio e ricambiava in modi ben più subdoli e meno evidenti, per quanto avesse sempre provato per l'altro un legame profondo, quasi indescrivibile. Anche dopo quel che aveva passato la forza del loro legame non sembrava sfumata, e con essa nemmeno il senso di colpa che lo aveva sempre contraddistinto: ogni volta non poteva fare a meno di sentire di non fare abbastanza per l'altro, che invece non si tirava mai indietro quando si trattava di prendersi cura di lui o viziarlo.
    Dopotutto come poteva evitare di sentirsi così? Solo la sera prima si era trascinato lì senza nemmeno ricordarsi di lui,e ora che le scene del suo arrivo cominciavano a ritornargli alla mente non poteva non provare una profonda vergogna. Riconosceva di non averlo mai davvero dimenticato, di essere stato solo troppo stanco e provato per essere presente a sè stesso, ma Andrew meritrava comunque molto di meglio.
    Sospirò piano, abbassando lo sguardo sul proprio piatto abbondante, cercando poi di posarlo su qualsiasi altro dettaglio della stanza, un po' per riprenderci famigliarità, un po' per distrarsi da un gesto che gli continuava a sembrare fin troppo, rivolto a lui sopratutto. Provò quindi a concentrarsi su qualcosa di più neutro, finendo comunque per posare lo sguardo sulla figura dell'altro, il bordo della placchetta di metallo che portava sempre al collo che brillava appena alla luce che filtrava dalla finestra. Gli sembrò che la propria, identica, all'improvviso pesasse un po' di più sul petto, costringendolo a cercare di riempire quel silenzio in qualche modo, proprio lui che nel silenzio ci viveva più che volentieri.
    " In effetti credo di aver già notato qualcosa di nuovo..." rispose, forse più per cortesia che per altro: una parte di lui ancora dubitava delle proprie percezioni e della sua memoria, e al contempo non riusciva davvero a concentrarsi su qualcosa come l'arredamento al momento. D'altra parte non poteva ignorare il sottinteso di quelle parole: era lui ad averlo fatto attendere, ad averlo costretto a riempire il suo tempo per non farsi dilaniare dal dispiacere. Ecco, in quel momento ricordava fin troppo bene come diventasse Andrew quando era preoccupato e forse avrebbe preferito non pensarci.
    Il suggerimento dell'altro riuscì a sollevarlo almeno un minimo, togliendolo dall'obbligo di affrontare subito qualcosa che non aveva ancora elaborato del tutto, ma non riuscì a fare molto di più che accennare un flebile sorriso e annuire piano, comunque non molto convinto di riuscire a non pensarci.
    Come se Andrew sapesse bene dove stessero andando a parare i suoi pensieri, come se conoscesse già bene quel vuoto e i nuovi demoni che si portava dietro, pensò bene di sganciare una bomba dall'impatto abbastanza importante da catturare del tutto la su attenzione, portandolo ad alzare la testa e incrociare il suo sguardo. Non gli serviva tutta la sua lucidità per sapere quanto per Andrew le sue radici sconosciute fossero state, in passato, fonte di dubbi e di incertezze, e sapere che aveva trovato una risposta proprio adesso lo caricò di entusiasmo e preoccupazione. In un istante tornò il ragazzino burbero di sedici anni che consigliava al suo migliore amico di "tenersi lontano da certe verità di merda, che sono sempre una delusione": il sapore dolceamaro del rimorso lo invase come la prima volta, insieme alla consapevolezza -arrivata col tempo- di aver sempre e solo cercato di proteggerlo. "E cosa hai scoperto quindi?" domandò con tatto, cercando di tastare il terreno.
    Eirikr J. Donneville

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    Andre Barber
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    La situazione era dubbiosa, era brutta ed era sicuramente devastante per Andrew, ma Eirikr si ricordava di
    lui, stavano parlando ed ancora non aveva del tutto perso il suo sesto senso con il predone. Era qualcosa
    che lo faceva sentire a casa. Sapeva che lui non era del tutto ben disposto a parlare in maniera totale. Era li,
    era in piedi a fare la colazione da lui preparata e quella era una cosa importantissima. Stava parlando e
    quello decisamente era un passo avanti ed ancora era sicuro che tutto quello che aveva in mente lo
    avrebbe detto, piano piano, con i suoi tempi, con delle bombe allucinanti, ma non si sarebbe mai sottratto
    da quello che era il raccontargli le cose. Avevano un rapporto strano, bello e soprattutto intenso. Era
    tornato solamente per lui, per la sua presenza e per il fatto che gli mancava, dio solo sapeva quanto gli
    mancava, dio solo sapeva quanto lo aveva sognato e pensato ogni giorno di lontananza. Ed adesso ritornare
    in quell’incubo non aveva aiutato nessuno dei due. Ne era certo. Comunque era a casa e non avrebbe
    salpato per un bel po', glielo avrebbe impedito a qualsiasi costo. Sorrise amaramente. Ho
    incontrato per sbaglio una ragazzina, aveva una medaglietta, uguale a quella che avevo io fio a quando non
    ci siamo regalati questa
    La strinse neanche fosse la cosa più importante del mondo. Sorrise ancora
    amareggiato. Ho sentito a storia di questa ragazza, Louise De Maris, credo che suo zio o
    qualcuno a lei imparentato possa sapere chi sono i miei veri genitori. Mi ha detto che quella collanina è di
    alcune casate nobili francesi e di conseguenza è esclusiva
    Aggiunse poi sospirando. Ancora non
    sapeva veramente tutto, non riusciva ad avere il coraggio di andare in fondo a quella storia.
    E se io trovassi mio padre e mia madre e scoprissi che non mi volevano prima e non mi vogliono neanche
    adesso? Come faccio a sapere che sono davvero loro?Io… non so neanche se voglio davvero saperlo
    arrivato a questo punto…
    Era una situazione devastante, stava succedendo tutto troppo in fretta ed
    Andrew non sapeva, se effettivamente, fosse pronto. Cercò lo sguardo dell’unica persona che riusciva ad
    essere la sua ancora di salvezza.


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    Quella stanza stava rilassando i suoi nervi più di quanto gli piacesse ammettere. Aveva passato l'ultimo periodo della sua vita teso, sempre con la guardia alzata, e ora gli sembrava innaturale lasciarsi andare, abbassare la guardia, permettersi di prendere una pausa. Era difficile rimanere teso e attento con quel profumo, quel calore e la presenza così confortante del ragazzo che aveva di fronte. Avrebbe preferito chiudersi nel suo mutismo forse, godersi il momento per qualche istante in più, aggrapparsi a quella situazione con le unghie e con i denti prima che qualcuno gliela strappasse di dosso. Aveva ancora paura che tutto quello fosse un sogno, pronto a dissolversi da un secondo all'altro, ma forse preferiva non pensarci troppo.
    Non era sicuro di essere nella condizione migliore per supportare Andrew e i suoi dubbi esistenziali ma quando si trattava del suo migliore amico Eirikr non avrebbe ammesso eccezioni: poco importava quello che stava passando, era disposto a ignorare i suoi problemi e le sue preoccupazioni pur di aiutarlo. Lo avevano sempre fatto, si erano sempre sacrificati l'uno per l'altro, anche se Eirikr era meno altruista del biondo, non avrebbe mai messo da parte i propri bisogni per qualcuno che non fosse lui.
    Andrew era sempre stata la sua eccezione: era l'unico ragazzino a cui si fosse mai legato negli anni di scuola, aveva avuto altri amici ma nessuno di davvero rilevante, nessuno per cui si fosse sforzato più del minimo indispensabile. Non per niente non aveva mantenuto quasi nessun rapporto, dopo il diploma, e anche quando viveva a Londra non aveva coltivato mai nuovi legami.
    Ecco, Eirikr era particolarmente bravo ad annullarsi per le persone che amava, avevo fatto così con la sua ex e non era andata a finire bene. Non si soffermò comunque ad analizzare quella realizzazione, troppo concentrato nel cercare di arginare quella cascata di dubbi e domande.
    Sospirò piano, mantenendo la sua proverbiale compostezza, scuotendo la testa con naturalezza e convinzione. "Nessuno può davvero rifiutarti Andrew, se lo pensi davvero sei un'idiota." disse come prima cosa, e se anche la sua mente era nebbiosa quella rimaneva una sicurezza. "Se vuoi conoscerli o no questa è una tua decisione, nessuno può obbligarti. I dubbi... sono legittimi, ma prima di uscire da quella porta e andare a cercarti sappi che non smetterò magicamente di considerarli stronzi. Se sono là fuori e non ti hanno mai trovato non ti prometto di perdonarli." aggiunse subito dopo, accennando un mezzo sorriso che non sapeva nemmeno lui a che cosa potesse servire.
    Eirikr J. Donneville

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    Andre Barber
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    Era la sua parte competitiva, era la sua parte guerriera. Eirikr era una persona bella, era uno di quelli che non si riusciva veramente mai a domare, anche quando sembrava essere fin troppo calmo. Forse erano amici per le loro diversità, eppure conosceva bene l'amico e sapeva che non c'entrava niente l'essere diverso, centrava solamente il bene che l'uno voleva all'altro e che pian piano avevano semplicemente costruito. Era qualcosa di incredibilmente bello, era qualcosa di puro e lecito. Si rendeva conto, adesso che lo aveva davanti, che gli era mancato tantissimo e che, soprattutto, aveva temuto di perderlo per sempre. Aveva temuto che alla fine della fiera lui sarebbe andato via per sempre e per davvero. A quanto pareva non era così, perchè nonostante tutto loro due sapevano tornare dall'altro. Sorrise al ragazzo e sospirò per quelle sue parole. Direi che tu sei di parte! Disse più per sdramatizzare la cosa che altro. Alla fine si imbarazzava o comunque non sapeva mai come prendere quella situazione visto e considerto che non sapeva esattamente definire davvero il sentimento che provava per lui. Sorrise al ragazzo e scosse il capo. Non ho detto che voglio perdonarli e forse ho fatto semplicemente un altro buco nell'acqua. Ma se tu non avessi conosciuto i tuoi genitori, li avresti cercati? Anche solo per rompergli la faccia, insomma! No, l'ultima frase non era farina del suo sacco e lo aveva detto solamente per compiacere l'amico e soprattutto per cercare un punto d'incontro. Non aveva orgine. Lui poteva essere un densiriano, un londinese, o anche un americano o un asiatico! Ecco no, forse l'ultimo no, ma il senso era che non era niente in quel momento, solamente una persona senza origini! Non sapeva neanche se quello fosse il suo vero cognome. No, doveva assolutamente sapere la verità, gli bastava quello. Si avvicinò di nuovo all'amico e gli strinse un braccio. Non andartene più. Oppure conoscerei un Andrew che non ti piacerà! E quella era un'ammonizione bella e buona. Gli era mancato e glielo dimostro abbracciandolo. Era una persona fisica, non ne poteva fare ammeno!

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    Se anche la sua mente era rimasta offuscata per un po', più guardava l'altro e più riusciva a ritenersi fortunato. Non era ancora capace di dire se quel genere di realizzazione fosse qualcosa che provava spesso, o una novità, ma di sicuro non era da tutti avere un amico simile, e ora riusciva ad apprezzare la profondità del loro rapporto forse ancora più di prima. Poco importava che la sua capacità di concentrazione gli sembrasse ancora limitata, sentiva sotto pelle quanto il loro legame fosse solido e sicuro, non aveva nemmeno più bisogno di porsi troppe domande in merito, dopo aver dormito sotto quel tetto ed essersi sentito così protetto di fronte alle attenzioni dell'altro, c'era ben poco altro rimasto da mettere in dubbio.
    Il fatto era che tra loro le cose erano sempre state così, o nero o bianco, e Andrew era una parte così importante della sua vita che anche in condizioni estreme come quelle della sera prima era rimasto il primo pensiero, l'unica dal quale potesse pensare di chiedere aiuto.
    In quel momento avrebbe comunque voluto sentirsi molto più utile, cercare di confortarlo in modo più consistente di fronte a qualcosa che, senza ombra di dubbio, lo stava facendo vacillare. Non aveva ancora tutti gli strumenti necessari per supportarlo a dovere, ma gli bastava guardarlo negli occhi per sapere che chiunque avesse osato ferirlo ne avrebbe pagato le conseguenze con gli interessi. E non gli serviva nemmeno chissà quanta lucidità per sapere che non era "di parte" ma aveva ragione e basta. Alzò gli occhi al cielo, scuotendo piano la testa. "Stronzate. Chiunque abbia intenzione di farti soffrire o non ti cerca per anni è un coglione." mugugnò senza giri di parole, faticando a trattenersi di fronte all'ipotesi che qualcuno potesse davvero pensare di ferire una persona come Andrew.
    Non potè evitare di sentire un'ondata di calore partire dallo stomaco e invadergli tutto il petto, arrivando fino alla punta delle orecchie, abbastanza intensa da convincerlo ad abbassare il viso e mangiare un pezzo di pancake per non guardare l'altro negli occhi. Era indubbiamente piacevole sentirsi così importanti, ma non era solo quello: non aveva intenzione di andarsene, aveva sentito la mancanza dell'altro con ogni sua cellula anche se ancora faticava a quantificare certe emozioni. "Non intendo scoprirlo." borbottò alla fine, alzando appena la testa per lanciargli un mezzo sorrisetto carico però di tutte quelle emozioni che non era mai stato bravo ad esprimere.
    Eirikr J. Donneville

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19 replies since 2/8/2022, 18:26   265 views
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