Oscurità

Joanne&Edwards

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    Dopo che Mayra la ebbe riaccompagnata al porto per tornare a casa, Joanne si era sentita ancora più sola, più confusa e tremendamente nel terrore più assurdo e profondo. Era qualcosa di strano, qualcosa che non riusciva seriamente a razionalizzare. Come era possibile che con quella ragazza ci fosse quel feeleng, come era anche solo pensabile che in quel momento della sua vita, nonostante stesse conoscendo tutte persone molto gentili e disposte a conoscerla, capirla ed integrarla in qualcosa, le stessero succedendo tutte quelle cose brutte? Il fatto di non essere stata mai una vera adolescente stava sicuramente influendo in tutto quel marasma, ma non poteva farci assolutamente niente. Come si poteva pensare che a 24 anni non si era mai usciti davvero di casa? Perchè ogni volta che andava a Londra doveva succedere sempre qualcosa di brutto? Era rinetrata a casa con le lacrime agli occhi e correndo. L'ultima volta che era stata nel buio qualcuno aveva cercato di stuprarla ed adesso lei aveva una paura fottuta anche solo di rimanere da sola in casa di notte. Si era chiusa dentro, la finestra completamente sbarrata. Ancora non si levava il giubetto che si era accasciata dietro la porta, con la schiena che scivolva lentamente lungo la porta di legno. Prese il telefono e mandò un messaggio all'unica persona che, in quel momento aveva veramente a cuore e che la faceva sentire davvero importante. Ti prego, vieni a casa mia. Adesso.Poteva anche sembrare un messaggio birichino, di quelli che ti scrivono le donnacce a notte fonda, ma per Joanne era l'unica ancora di salvezza prima di risprofondare in un abisso uscuro. Era come se la sua mente si fosse sbloccata da qualcosa, come se quella ragazza gli avesse fatto una diavoleria. Era confusa, ma sapeva di stare bene, le sensazioni che gli aveva lasciato Mayra addosso erano di famiglia e la cosa la spaventava ancora di più Attese in un angolo che Ed arrivasse, o meglio sperava davvero che arrivasse. Ma perchè sarebbe dovuto correre da loro? Attese. I minuti sembravano essere ore!
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  2. Edward Heart
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    Corteggiatore impenitente di donne, audace e fortunato, talvolta millantatore.
    Non si sarebbe mai aspettato di ricevere un messaggio di Joanne in piena notte. Era nella stanza che aveva affittato per un po' di tempo in una locanda, fino alla prossima partenza, steso sul letto con gli scarponi ancora ai piedi. Sua nonna, la balia che lo aveva cresciuto, l’avrebbe rimproverato severamente se l’avesse visto, ma, ormai, Edward aveva introiettato i comportamenti rozzi tipici dei predoni e non se ne sarebbe sbarazzato così facilmente, neanche se avesse voluto.
    Con le mani dietro la testa, sul cuscino bianco, era intento a guardare il soffitto mentre pensava alla sua vita, alla verità per cui lui non avesse mai avuto una casa a cui tornare, una madre ad aspettarlo o un padre. Lui non aveva avuto nessuno nella sua vita, se non persone del tutto effimere, utili solo per una bevuta o qualche scopata. Solo suo fratello Black si salvava… e Joanne. Non sapeva come o perché, ma le era entrata nel cuore: la reputava una figura così importante che, non appena lesse il messaggio sullo schermo del telefono, le inviò un digitato “Arrivo subito. Aspettami”, si infilò la camicia bianca sul suo busto completamente nudo e si fiondò verso l’esterno del locale, dimenticandosi di chiudere la porta della sua stanza a chiave. Per sua fortuna e intelligenza, tutto quello che più considerava di valore l’aveva riposto nelle tasche degli abiti che indossava, quindi, nel caso in cui qualche ladro fosse entrato, non avrebbe trovato nulla di valore.
    A passo svelto, si incamminò per le strade illuminato dal chiarore di luna. Non sapeva perché ma il suo sesto senso gli diceva che quel messaggio non era un invito di letto. Preoccupato, in pochi minuti fu davanti alla porta di casa di Joanne. Bussò forte, sperando che lo sentisse e che non si fosse addormentata. Poi, per non spaventarla, perché capiva che bussar ad una porta di notte potesse far nascere brutti pensieri, disse: - Sono io, Edward! -




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    Il pubblico si è sempre aspettato che io fossi un playboy, e un bravo ragazzo non delude mai il suo pubblico.
     
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    Il tempo effettivo che il ragazzo ci mise ad arrivare in quella stanza non fu molto, ma a Joanne le sembrò un'etenerità. Più il buio l'avvolgeva più i suoi pensieri erano confusi, distorti. Sentiva urla, maledizioni, sentiva il sapore della terra nella bocca, sentiva bambini urlare, sentiva addirritura qualcuno prenderle la mano e dirle che sarebbe andato tutto bene. Stava impazzendo? Poi il volto di quelle ragazze che l'avevano picchiata, lei che voleva difendersi ma era troppo piccola per riuscire a tenere testa a 4 persone che la picchiavano, la donna anziana che guardva la scena in un angolo con il sangue che le sgorgava dalla bocca. Si sentiva completamente inutile e più il tempo passava più tutto quello era assurdo. Si morse il labbro ancora ed ancora, ma gli faceva male, per fortuna che l'unguento di Mayra era sicuramente buono ed efficace. Mayra. Dio solo sapeva quanto stava odiando quella ragazza in quel momento. Come si era permessa di entrare nella sua vita in quel modo così educato e cortese, quasi come se la conoscesse da una vita. Poi il rumore della porta la fece sobbalzare, si alzò dal suo angoletto buio ed andò ad aprire non appena sentì la sua voce. Aveva lo sguardo basso e la luce era ancora spenta. lei era ancora vestita con vestiti che si vedeva non erano i suoi. Non appena Ed si chiuse la porta alle spalle, lei non fece altro che buttarsi tra le sue braccia, stringersi a lui e scoppiare di nuovo a piangere. Si vergognava da morire per tutto quello, ma non aveva nessuno al mondo ed in quel momento lui era l'unica cosa che la faceva stare davvero bene. Mi... mi dispiace. Io... non sapevo... e non sapevo neanche se fossi venuto... e mi dispiace... forse ti ho disturbato... scusa.. forse non avrei neanche dovuto... ma ... Certo si era che le parole e le frasi erano completamente disconnesse ed erano completamente contraddittorie. Era un casino tutto quello e Joanne non sapeva da dove iniziare. Se Ed avesse acceso la luce, avrebbe visto il livido in faccia ed ancora sul braccio e tutto il resto. Ovviamente era stato tutto opportunamente medicato, ma certe cose non guarivano istantaneamente neanche con la magia.
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  4. Edward Heart
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    Nessuno spiraglio di luce fece capolino dalla porta d’ingresso quando questa fu aperta: era così buio che Edward non riuscì nemmeno a notare la figura di Joanne. Tuttavia, era sicuro l’avesse spalancata lei. Varcò l’ingresso e, aiutandosi con la luce riflessa della luna e con i suoi occhi ormai abituatisi al buio, riuscì a intravedere l’interruttore della luce, che spinse, mentre, nel frattempo, spintonava con un piede la porta di ingresso per farla chiudere. Il fascio d’illuminazione gli colpì violentemente la vista, che si ritrovò a bloccare all’improvviso, per il dolore, mentre il suo corpo era avvolto da una sorta di “fiume in piena”: Joanne… stava piangendo?
    La guardò e la cinse con le sue braccia, strettamente, mentre le accarezzava la schiena con una mano e posava delicatamente l’altra sui suoi capelli morbidi e profumati di shampoo.
    - Jo… - la chiamò e il suo tono esprimeva grande preoccupazione, come il suo volto.
    - Ehi ehi ehi… tranquilla… - disse gentile
    Continuò ad accarezzarle il capo.
    - …non mi hai disturbato. E ora sono qui… non sei sola… cosa è successo? Ne vuoi parlare? -
    Lei non avrebbe visto altro che conforto, ma dentro si sentiva morire: chi l’aveva ridotta in quello stato?! Chi avrebbe dovuto uccidere quella notte?!
    - Vieni, sediamoci sul divano… -
    Non la lasciò neanche per un attimo, ma la mantenne avvinghiata a lui. La condusse fino al morbido sofà, dove si accomodò al suo fianco. Non appena lei si fosse staccata, lui le avrebbe preso il volto tra le mani e i suoi occhi si sarebbero dati a una smorfia di pura apprensione non appena avesse notato il livido sul suo volto sempre pulito.
    - Chi ti ha ridotto così? -
    Ora la sua voce era allarmata e, nello stesso tempo, incazzata nera. Strinse le labbra fortemente in un’unica linea bianca. La presa sul viso di Joanne era saldo, ma non le avrebbe fatto alcun male.
    - Sei stata in ospedale? Ti ci porto io, subito, se non l’hai fatto. -
    Si alzò dal divano con un solo scatto e le mani serrate in pugni. Era pronto a fare quel che avrebbe dovuto.


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    Quando Ed accese la luce le non fece altro che avvinghiarsi ancora di più a lui e cercò in tutti i modi di nascondere il suo viso tra nel suo petto. Joanne era bassina, era minuta e facilmanete picchiabile da chiunque, maschi o femmine non era neanche qualcosa di troppo importante. Lei si era difesa, certamente, ma era ovvio che non fosse molto brava nelle brevi distanze. Era molto più brava con l'arco, nascosta, in maniera che nessuno la prendesse o vedesse. Joanne era una ragazzina che era sempre stata attenta a non essere vista ed in quel momento era come se tutto il mondo fosse pronta a scoprirla ma lei non era davvero pronta. Joanne era in preda ad un'altra crisi di pianto ma quando sentì le sue braccia intorno al suo corpo, almeno la confusione nella sua mente cominciò a placarsi, il pianto folle e disperato venne sostituito solamente dai singhiozzi. Joanne venne trascinata, ovviamente con consenso, da Ed vicino al divano e quando lui le disse di stare tranquilla lei fece un pò di mucchetto ed annuì. Non ci riusciva, era ovvio, ma adesso non era sola no? Poteva tranquillizzarsi e poteva davvero parlare. Ma cosa doveva dirgli? E se lui l'avrebbe presa per pazza? Non riuscì subito a dire niente, non riuscì neanche a guardarlo in faccia ma quando lui le alzò delicatamente il volto Joanne chiese appena gli occhi. Sono stata subito al San Mungo. Li una dottoressa mi ha curata e mi ha offerto la cena. Ma non avevo moltissima fame. Non ci voglio andare più in quel posto. Sussurrò cercando di non ricominciare a piangere. Cosa era successo? Doveva davvero rendersi ancora più ridicola? Si portò le ginocchia verso il petto, in quel momento Ed avrebbe potuto notare quanto fosse, effettivamente, esile e piccolina quella ragazza. Io volevo solamente aiutare una donna... ed invece... Era chiaro che l'avessero picchiata. Poi guardò Ed. Ti prego rimani qui stasera. Non voglio stare da sola. Ogni volta che rimango da sola succedono cose brutte.Avrebbe dovuto anche raccontagli di quello che la stava per violentare? Oddio, per lo sguardo che aveva in viso, forse era meglio di no. Se vuoi farmi del male anche tu... ti prego non farmi affezzionare ancora di più a te. Non reggerei un'altra cosa del genere. Posò la fronte sulle ginocchia. Si vergognava anche ad averlo detto, ma era esattamente così che si sentiva.
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  6. Edward Heart
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    Corteggiatore impenitente di donne, audace e fortunato, talvolta millantatore.
    L’espressione “far male al cuore” non era solo un eufemismo: per Edward era realtà. Vedere Joanne in quelle condizioni gli frantumò il cuore in tanti piccoli frammenti. In linea generale, lui non era per nulla una persona empatica, non gli importava un fico secco di ciò che poteva provar la gente, ma con lei era diverso. Non sapeva per esattamente quale motivo, ma la sentiva vicina alla propria persona, quasi fosse in linea retta continuativa rispetto a quella della sua vita, due strade che si erano intrecciate e che non si sarebbero più slegate. I suoi singhiozzi martellavano il cervello del biondino che si stava dando al massimo grado di pensiero pur di trovare una soluzione, ma non ce n’era. Semplicemente, poteva rimaner lì, a farle da supporto. Prese posto nuovamente sul divano e prese un respiro profondo. Doveva calmarsi: una persona irritata non le avrebbe fatto bene, anzi, tutt’altro. Le strofinò la schiena con il palmo della mano secondo movimenti circolari, delicatamente: era giusto che si sfogasse, anche se non avrebbe mai più voluto vederla in quello stato.
    Non fu difficile udire i suoi sussurri in quel silenzio di tomba mozzato solo dal respiro affannoso dell’arciera e dei singhiozzi che stava cercando di trattenere. Avrebbe voluto chiederle chi fosse quella dottoressa e se le avesse fatto del male, ma si cucì la bocca. Joanne non era pronta per parlargli, non in quello stato.
    - E non dovrai tornarci… te lo assicuro… - le disse, rassicurante.
    La osservò da capo a piedi: era magra, forse troppo, e molto minuta. Non si avvicinò a lei più di quanto lo era già, perché semplicemente non voleva essere invadente.
    - Hai la nausea? Qualche sintomo di indigestione? -
    Erano un porto sicuro quelle domande: se avesse risposto di sì, lui avrebbe saputo finalmente come muoversi.
    Lo guardò e lui guardò lei: era uno straccio. I lineamenti del volto del biondino assunsero tratti ancor più preoccupati.
    - Come cose brutte? C’è qualcuno che ti infastidisce o che ha provato o ti ha fatto del male…? -
    Aprì le dita della mano che aveva chiuso a pugno senza accorgersene. Non poteva comportarsi così… lei non si sarebbe fidata. Pensò che, forse, era meglio se l’accompagnava a letto: si vedeva da un miglio di distanza quanto fosse stanca.
    - No, Joanne… cosa dici… io non ti farei mai del male… su, vieni. Andiamo a dormire, che dici? Ti prometto che non ti lascio sola... -
    Si concesse di darle un casto bacio sui capelli. La guidò ad alzarsi con una leggera pressione della mano sulla sua spalla.
    - Dov’è la camera da letto? -


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    Forse stava delirando, forse aveva semplicemente un crollo emotivo dettato da tantissime situazioni, ma in quel momento si sentiva sicura insieme a lui, le sue braccia, i suoi baci, le sue carezze, ed anche solo la sua presenza facevano di quel posto un posto sicuro. Lui era il suo posto sicuro. rimase accoccolata a se stessa e tra le braccia di Ed fino a quando ci riuscì. Si strinse ancora di più nelle spalle. Lei è stata gentile con me, era come se mi capisse e non so neanche perchè... io sono... confusa. Ovviamente si riferiva a Mayra ma il povero Ed non poteva saperlo. Il fatto era che stava dicendo così tante cose al minuto che il predone poteva solo che avere un grandissimo interrogativo in faccia, eppure si stava preoccupando di lei, per lei. Quando gli fece quella domanda, Joanne alzò lo sguardo tumefatto e stanco ed annuì. Si, un pò mi viene da vomitare, ma forse perchè non sono riuscita a mangiare quasi niente... Doveva trovare una spiegazione razionale. Lo guardò alzarsi, stringere pugni e un pò le fece piacere, insomma qualcuno che si preoccupava per lei e non faceva semplicemente finta che andasse tutto quanto bene così com'era. Spesso Joanne si era sentita veramente, ma veramente sola ed aveva provato a tagliarsi pur di avere una qualche reazione, ma niente. Il niente più totale, messa qualche benda, chiamati i druidi di zona e via di nuovo a lavoro. Come se lei fosse solamente un mulo da soma. Io...Ed a quel punto doveva dire la verità oppure no? Ma venne salvata dalla sua domanda ed affermazione successiva: si, era meglio andare a letto e dormire un pò, forse tra le sue braccia sarebbe riuscita a farlo, a trovare un pò di pace. In fondo si sentiva seriamente protetta ed al sicuro e sapeva che nonostante fosse, delle volte, uno stronzo farfallone, lui non le avrebbe fatto niente. Promettimelo. Disse seriamente, non voleva che se ne andasse. Non voleva che la lasciasse da sola. Solo a quel punto si alzò da quel divano e prendendogli la mano lo portò in camera da letto. Era piccola, con un letto matrimoniale al centro, aveva un armadio bianco lateralmente ed un piccolo comò con sopra una piccola televisione, aveva anche un sacco di foto sparse per la stanza ed ancora dei pupazzi che si era riportata da casa sua. La stanza era ancora un pò vuota, ma piano piano se la stava arrendando come meglio credeva. si levò la maglietta, ed il reggiseno e si infilò la sua festaglia da notte. Solo allora fece scendere i pantaloni. Ovviamente si assicurò che Ed non guardasse o che comunque non si vedesse niente, sia perchè aveva lividi da per tutto sia perchè si vergognava del suo corpo. Non pensava di essere bella, era troppo magra, non aveva seno ed aveva un sedere piccolo e, per lei, piatto. Lui sicuramente aveva dormito con altri tipi di donne. Si stese al letto sotto le coperte e lo attese. Voleva che stesse li con lei. Lo voleva veramente. I singhiozzi si stavano cominciando a calmare, le idee quasi si facevano più lucide.
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    Se avesse saputo cosa ci fosse in casa, avrebbe potuto valutare meglio la situazione e come procedere: conosceva una ricetta che serviva per calmare gli stomaci in subbuglio, ma non era sicuro che la ragazza avesse in frigo e negli scomparti degli armadi in cucina ciò che a lui sarebbe servito. Aveva pensato, infatti, a un bell’infuso caldo di tiglio, melissa e camomilla: avrebbe potuto raggiungere la sua nave e prenderne un po’ di li, ma con Joanne così non sarebbe stata la mossa più saggia.
    - Va bene, allora ora ci mettiamo sul letto. Aspettiamo un po' e vediamo come va! Se tra un’oretta – e pure meno – non è ancora passato, allora vorrà dire che è fame. Nel caso, cucino io qualcosa… -
    Poi, aggiunse, per farla ridere un po': - Ma ti giuro che non ti avveleno! Il massimo che puoi beccarti è una pietanza in brodo scolata… un po' secca, ma niente male… -. Era una esperienza che aveva vissuto in prima persone e, non appena se n’era reso conto, era scoppiato a ridere, appellandosi internamente come “stupido” e “cretino”. Tutto sommato, però, era un bravo cuoco e le sue pietanze non avevano disdegnato alcun palato.
    Prima che potesse guidarla in camera da letto, si trovò costretto a promettere: le promesse non erano proprie delle sue corde, perché lui non l’aveva mai fatto con nessuno, ma per Joanne trovò la forza di fare uno strappo alla regola.
    - Va bene. Te lo prometto – disse, con voce sicura, sperando che bastasse per tranquillizzarla. Non sapeva se sarebbe stato in grado di mantenerla ma, in quel momento, pensò che avrebbe fatto di tutto pur di proteggere intatta quella promessa. Si lasciò prendere la mano e condurre fino alla camera da letto: era molto semplice, ma personale. Si notava che ci fosse il suo tocco. Non era, comunque, il momento di analizzare le stanze della casa. Sciolse la presa sulle sue dita e le disse: - Io vado in corridoio, così puoi cambiarti serenamente… vuoi che chiuda la porta? -
    Non l’avrebbe guardata, non in quel momento e non con Jo in quello stato.
    Qualsiasi fossero state le sue direttive, lui le ebbe rispettate. Poi, si sedette sul letto, slacciò le scarpe e le sfilò via dai piedi, come le sue calze, e ripose il tutto ordinatamente ai piedi del letto. Sganciò la cintura di cuoio per togliersi i pantaloni, ma, prima che potesse farli scivolare lungo le gambe, le domandò: - Ti dà fastidio se mi tolgo i pantaloni e la camicia...? Non voglio metterti a disagio, quindi, se non vuoi... -


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    Non si era mai fidata di nessuno. NOn aveva mai fatto entrare dentro casa nessuno se non Jason. Era qualcosa che non riusciva ancora a fare, eppure con lui le era venuto così spontaneo che cominciava a pensare che tutta quella confidenza le avrebbe portato non pochi guai. Si morse appena il labbro e annuì più volte. Si erano conosciuti in circostanze veramente, ma veramente assurde e doveva ammettere che l'impatto non era stato dei migliori, ma più passava del tempo con lui, più lui diventava parte di lei. Certo, in quel momento non stava pensando proprio a quello, ma stranamente si fidava e quando lui si preoccupò in quel modo per lei, le strappò una piccola risata per il cibo. Se dici così, potrebbe venirmi davvero fame! sussurrò appena prima di ridacchiare e stringersi nelle spalle. Poi lo portò in camera. Ecco, si quella era per davvero completamente immacolata. Nessuno mai aveva dormito con lei ed al suo fianco. Nessuno mai era riuscito a sbaragliare quella sua corazza di assoluta pudicità. Scosse il capo ferocemente quando disse che sarebbe andato via. No! Lo fermò. Non voleva ne che la guardasse ma sentirlo nella stessa stanza la faceva stare decisamente bene. Si morse ancora il labbro e poi si infilò immediatamente e velocemente un pigiama con degli orsacchotti. Il piagiama aveva un pantaloncino corto e una canotta un pò scollata, ma lei aveva un seno inesistente e di conseguenza non c'erano problemi, lo vide spogliarsi e divenne rossissima, ma non riuscì, in nessun modo, a distogliere lo sguardo. Era così bello, così scolpito, così perfetto. Si morse il labbro forte e si infilò sotto le coperte, cercando di non ascoltare quella sua strana attrazione. Non andava fatto. Era un dato di fatto! Scosse il capo. No, non mi da fastidio... io... non ho mai visto un ragazzo spogliarsi davanti a me! E cosa voleva dire esattamente? Che doveva farlo così lei recuperava? Ah signora Joanne e gli ormoni impazziti!
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    La risata di Joanne era un balsamo per il cuore di Edward, soprattutto perché la vedeva così fragile, rotta, vulnerabile. Sapeva bene, però, che non avrebbe potuto ridere ancora a lungo. Non era tanto l’allegria di cui aveva bisogno, quanto della presenza di qualcuno… non sapeva spiegarsi il motivo per il quale la capiva così tanto, visto che a lui, generalmente, non importava di nessuno tranne che di sé stesso, ma, con quella ragazza, il predone era diverso. Riusciva a comprendere le sue necessità molto meglio rispetto alle sue proprie.
    - Ma se hai fame, davvero, basta dirmelo! Ti preparo una cenetta veloce e te la porto a letto – le disse. Avrebbe fatto questo e molto altro per lei. Come si era ficcato in quella situazione? A volte, gli sfuggiva il movente.
    La seguì in camera da letto e, non appena lei si rifiutò di lasciarlo uscire, Edward le sorrise e affermò: - Va bene, bambolina, non me ne vado -. Era ritornato ai suoi soliti nomignoli, con lo scopo di distrarla da tutto quello che sembrava mangiarla dall’interno.
    Si girò di spalle a Joanne, per darle un po' di privacy. Il rumore dei tessuti che sfrigolava sulla pelle morbida della ragazza gli faceva venir voglia di voltarsi, prendere la ragazza e baciarla, dovunque, procurandole un piacere che, forse, non aveva mai provato. Tuttavia, si trattenne, incrociando le braccia al petto. Non appena la stanza si zittì, le chiese: - Posso girarmi? -. Se gli avesse dato il consenso, si sarebbe voltato e l’avrebbe guardata, con occhi attenti, riflessivi e profondi. Cazzo se era bella! Era così bella da togliergli il fiato… Così come l’aveva fissata, si diede al togliersi i suoi indumenti di dosso con la stessa non-chalance. Sentiva la pelle “bruciare” sotto lo sguardo immobile dell’arciera e sorrise.
    Si infilò sotto le coperte con occhi maliziosi. Poggiò il capo sulla mano sostenuta dal braccio piegato, mentre con l’altra cominciò ad accarezzare l’interno del polso della ragazza, delicatamente.



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    Era una situazione veramente, ma veramente paradossale. Era qualcosa che non riusciva a comprendere fino alla fine. Non sapeva esattamente da dove arrivasse tutta quella confidenza, quella comprensione, quel modo di fare così famigliare che aveva con quel ragazzo. Era la prima volta che le capitava una cosa di quel genere e non sapeva neanche lei come gestirlo. Era come se Ed fosse sempre stato nella sua vita, con lui riusciva a ridere, ed addirittura a parlare, mentre con gli altri uomini a stento ci riusciva. Solo con Jason ci riusciva davvero ma neanche troppo. Si morse il labbro sentendo le sue parole e scosse il capo. Davvero non aveva nessun tipo di stimolo per la fame, sicuramente il giorno seguente si sarebbe finita tutto quello che aveva nel frigo, ma in quel momento, voleva solamente sentirsi al sicuro tra le braccia di qualcuno e stare bene. Bene davvero, sapere che sarebbe andato tutto come doveva senza che qualcuno la prendesse in giro o di mira. Puoi girarti! Disse poi infilandosi frettolosamente sotto le coperte, poi lo osservò. Aveva un corpo veramente, ma veramente perfetto, era perfetto ed era veramente bellissimo. Distolse lo sguardo sentendo le guancie arrossarsi, poi si strinse nelle spalle non riuscendo a fare a meno di guardarlo. Quando anche lui si infilò nel letto, Joanne si mise di fronte a lui nella sua stesse posizione, solamente che la mano era sul cuscino e lei ci aveva posato la faccia sopra, guardandolo ancora. grazie di essere venuto. Sussurrò poi avvicinandosi leggermente a lui. Con la mia famiglia, ultimamente, siamo un pò.. distanti. Ecco, penso che non abbiano preso benissimo il fatto che io sono voluta andare via di casa e che i soldi che guadagno li spendo per...me. Sussurrò anche questo, non aveva mai parlato a nessuno della sua famiglia e della sua condizione, lui, invece, già sapeva un saco di cose. Era normale con lui, era qualcosa di assurdo. Non sapeva davvero come riuscire ad essere una persona distaccata.
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  12. Edward Heart
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    Per qualche strano motivo, essere lì, con lei, in quel letto, gli procurava una sensazione davvero paradossale nel petto: da un lato, Edward era preoccupato per la ragazza; dall’altro, invece, era felice che avessero modo di conoscersi meglio e, forse, di avvicinarsi un po' di più, in tutti i sensi. Sfiorarle la pelle e i capelli con tale delicatezza era e, nello stesso tempo, non era da Edward: il predone era un tipo gentile, ma del tutto passionale e focoso e, generalmente, non prestava alcuna attenzione morale alle donne che frequentava. Con Joanne era tutto molto diverso, forse perché nutriva un vero interesse nei suoi confronti: in qualche modo, lui l’aveva presa a cuore, anche se lo spaventava non poco tutto quello che sembrava donargli l’arciera. Gli voleva bene…? Lui… beh, Edward non pensava al bene, all’amore, a qualunque forma di amore esistesse… non aveva mai nemmeno sentito da suo fratello che gli volesse bene. Solo la vecchina che lo aveva cresciuto per i primi anni di vita si era permessa di amarlo, ma, dopo di lei, il nulla. Non sapeva esattamente cosa fosse l’amore. Non pensava nemmeno di poterselo permettere… si domandava se ne fosse degno, non sapendo effettivamente che l’amore non era qualcosa di cui bisognava essere degni, in quanto questo era, in realtà, necessario per sopravvivere in un mondo a dir poco crudele.
    - Non c’è bisogno di ringraziarmi, Jo… - le rispose in un sussurro. Non sapeva se lei avrebbe fatto lo stesso per lui se fosse stato Edward ad averne bisogno, ma, alla fine, lui se l’era sempre cavata da solo.
    Avvicinò una mano ai suoi capelli e cominciò ad accarezzarle il capo con gentilezza. Voleva che si rilassasse e il predone non conosceva altro metodo se non quello. Dopotutto, aveva funzionato con tante.
    Non poteva capire molto della situazione famigliare della ragazza, ma cercò di immaginare la sua delusione, nonostante tutto.
    - Se fa male a me non avere mai avuto una famiglia, non immagino quanto possa far soffrire te averne una ed esserne allontanata… mi dispiace, Jo. Pensa, però, che tu, ormai, sei una donna adulta e hai tutti i diritti per volerti costruire un futuro e avere i tuoi soldi! Loro il loro lavoro ce l’hanno e tu non puoi darli tutto il tuo denaro… l’hai guadagnato con il sudore della tua fronte, non loro. E’ un tuo diritto farne l’uso che ritieni più giusto! -




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    Tutto quel contatto umano, poteva essere qualcosa di estremamente sconvolgente per lei. nesusno l'aveva mai sfiorata davvero, nessuno aveva mai tentato neanche di farlo. Prima di Rebecca lei era completamente un mostriciattolo, con i peli da per tutto, un corpo fin troppo secco e sempre troppo nascosto. Era qualcosa di incredibilmente assurdo e la cosa che più la sconvolgeva era che nessuno, della sua famiglia, gli avesse mai detto, davvero, che le cose potevano cambiare, che tutto poteva essere diverso. Joanne era sempre stata una persona fin troppo sola, e forse, tutta quella solitudine, l'avevano resa semplicemente strana, l'avevano resa semplicemente ed assurdamente insicura, e l'avevano fatta avvicinare il quel modo malato ed ossessivo agli dei, alla spiritualità. Era pazzesco come riuscisse davvero ad essere una persona del genere e la presenza di Ed non faceva altro che mandare in confusione tutto quello che aveva costruito, o comunque pensava di aver costruito nella sua vita. Si morse il labbro, si mise vicino a lui, stretta, sentendo le sue mani accarezzarle prima la pelle e poi il capo, poi si nascose con il suo viso nell'incavo del collo del ragazzo e si accoccolò in quelle braccia che sembravano essere l'unica cosa che poteva veramente salvarla. Certo che c'è bisogno di ringraziarti, sei stato gentile e sei qui con me. Per lei era veramente qualcosa di incredibile, qualcosa di mai provato. Sorrise al ragazzo per quello che disse e poi si strinse nelle spalle facendosi ancora più vicina a lui, annullando completamente le distanze tra loro. Pochissio tempo ci aveva messo a diventare così essensiale, ad essere considerato da Joanne quasi una famiglia, l'unica che davvero avesse. Alzò appena lo sguardo sul ragazzo e senza dire niente posò le sue labbra su quelle di lui. Aveva un bisogno fisico di farlo. Non c'era niente da fare. Con lui si sentiva seriamente al sicuro.
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    Corteggiatore impenitente di donne, audace e fortunato, talvolta millantatore.
    Non appena lei si fosse avvicinata a lui, Edward non potè che perdersi in quelle pozze profondissime che erano i suoi occhi. Allungò una mano verso il suo volto, che aderì delicatamente alla guancia della giovane donna. E lei lo baciò, in un atto di grande audacia, su cui Edward avrebbe scommesso anche l’anima. Non appena le loro labbra si toccarono, il biondino non poté che ricambiarla con un bacio appassionato, mentre la sua mano sinistra si spostava dalla guancia femminile all’attaccatura dei capelli di lei e quella destra, invece, si poggiava sulla sua spalla, risalendo lentamente e sensualmente verso il suo collo. La pelle della ragazza era fresca al tatto, morbida… un piacere per i sensi. Se solo immaginava cosa avrebbe voluto farle… avrebbe voluto farle provare l’estasi del tutto… non sapeva però se lei avrebbe voluto.
    Si staccò leggermente per prendere fiato e le sorrise. Ansimante, affermò, in un sussurro: - Non puoi farmi questo… -.
    Si tuffò sull’incavo del suo collo, sparpagliando su di esso baci gentili e casti.
    - …mi fai impazzire, Jo… -
    Le dita della mano sinistra percorsero la pelle nuda e il tessuto della sua canotta fino all’estremità, all’interno della quale ve la infilò, se lei glielo avesse permesso, massaggiandole il ventre e, a risalire, il seno. Non interruppe mai quell’intervallarsi di baci e tocchi, ma lasciò che la inebriassero.
    Ascese con le labbra dall’incavo del collo verso il mento e, poi, sulle sue labbra nettarine, percorrendo con la mano destra la silhouette di lei, per trovare riposo sul suo fianco.
    D’un tratto, però, in un momento di lucidità, pensando che lei avrebbe potuto non volerlo fare, si fermò, senza comunque lasciarla andare. Rivolse il proprio sguardo dentro al suo. Avrebbe voluto domandarle se avesse voluto fare l'amore con lui, ma, per la prima volta nella sua vita, Edward non riuscì a dir nulla.
    Non l’aveva mai chiesto a nessuna ragazza, perché erano sempre state loro a proporsi, effettivamente. Edward aveva solo spalancato le braccia e ci aveva goduto. Ma Joanne era diversa: con lei era necessaria delicatezza, gentilezza, attenzione, previdenza...





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