Una piccola combinaguai

Mayra&Vincent

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  1. Mayra Ellis
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    (/pàu·ṣa/) Interruzione temporanea, intervallo.
    Aveva promesso a Edith che l’avrebbe portata con sé a Diagon Alley, per comprarle il libro che aveva tanto desiderato e che ogni giorno stava chiedendo alla povera giovane mamma di comprarle. Alla fine, sfinita dalle incessanti richieste, quella mattina del suo giorno di riposo (!), si era alzata alle 7:30 per svolgere tutte le faccende domestiche che le spettavano, tra cui mettere in ordine i giocattoli che sua figlia non metteva mai al loro posto nel cesto assegnato, nonostante le ripetute ammonizioni di Mayra. Aveva lavato le stoviglie, messi i panni sporchi in lavatrice e steso le robe pulite e profumate sullo stendibiancheria in giardino. Alle 8:45 spaccate, salì le scale per raggiungere la cameretta di Edith.
    - Dormigliona, è ora di alzarsi! – le disse, dopo averle fatto una carezza di routine sulla testolina e averle dato un bacio sulla fronte. Aprì le tende e spalancò la finestra, dopo aver alzato la tapparella, in modo tale che la luce splendesse raggiante tra i muri color lilla di quella stanza.
    - Mammaaa, spegni la lucee… -
    Edith si tirò le coperte sopra la testa, come ogni singola mattina. Mayra ridacchiò.
    - Non posso spegnere la luce perché non l’ho mai accesa! -
    - E tu spegnila comunque… Non voglio andare a scuola… -
    - E chi ha detto che andrai a scuola oggi? -
    A quelle parole, la bambina si alzò di scatto, guardando la madre con occhi sgranati e un volto abbastanza incredulo.
    - Non vado a scuola?! -
    Mayra sorrise.
    - No, non vai a scuola. Oggi ci attende un posto diverso! -
    La piccola di nove anni balzò in un istante fuori dal letto, saltellando e urlando dalla gioia. Si aggrappò alla vita della giovane, stringendola in un abbraccio.
    - Grazie, mamma! Dove andiamo? -
    Mayra la guardò e le solleticò il naso in un gesto affettuoso, al che Edith ridacchiò.
    - Non posso proprio dirtelo… è una sorpresa! -
    - Dai, mamma, dimmelo!! -
    - No – rispose la ventottenne, con una linguaccia, a cui la bambina corrispose prontamente.
    - Dai, scegliamo cosa mettere oggi, che ne dici? -
    Dopo che la piccola l’ebbe lasciata, aprì l’armadio e raccolse subito quello che aveva in mente: una maglietta bianca in cotone, dalle maniche di lunghezza media, decorata con merletti e forme geometriche e una gonna di jeans. Li mostrò agli occhi di Edith.
    - Questi? Li abbiamo comprati per un’occasione speciale e direi che oggi è proprio il giorno giusto! -
    Mayra era davvero brava a far incuriosire sua figlia, nascondendole la verità il più a lungo possibile. Dopo che ebbe avuto il suo consenso, l’aiutò a vestirsi. Fecero colazione insieme, si lavarono i denti e pettinarono i capelli e, una volta pronte a partire, si avvicinarono al caminetto, che avrebbe fatto da mezzo di trasporto. La donna tese la ciotola, contenente la polvere, alla bambina.
    - Prendine un pugno, entra nel camino e dì chiaramente “Diagon Alley”! -
    - Andiamo a Diagon Alley? – disse la piccola. Se avesse potuto disegnarla, sicuramente l’avrebbe rappresentata con occhi a cuoricino.
    - Si, quindi, sbrighiamoci! -
    Edith seguì alla lettera le istruzioni della mamma e fu presto raggiunta da Mayra.
    - Ora, Edith, ascoltami attentamente! – enunciò la giovane, prendendo la bambina dalle spalle e guardandola negli occhi.
    - Prendi la mia mano e non lasciarla per nessun motivo. Se mi fai arrabbiare, ti prometto che ce ne torniamo subito a casa, intesi? -
    Non voleva davvero minacciarla in quel modo, ma sapeva quanto sua figlia fosse vivace ed esuberante. Era capace di creare guai solo con lo sguardo. Prese la manina e si incamminarono per i vicoli del villaggio.
    - Allora, cosa facciamo per primo? Prendiamo un gelato? -
    - Siiii!! -
    Si fermarono dalla Gelateria Florian, dove Edith scelse per un bel gelato cioccolatoso e Mayra per un qualcosa di più sobrio, alla frutta. La giovane mamma pagò il conto e guidò la bambina verso i tavolini all’aperto.
    - Sediamoci qui! -
    La calma della piccola, però, durò davvero poco, perché si rianimò quando vide un negozio di giocattoli.
    - Mamma, posso andare a vedere i giocattoli? Ti preeeego!! -
    - Si, va bene, ma non entrare nel negozio e non allontanarti! E non correre!-
    Un sorriso allargò la boccuccia della piccola Edith, che trascinò indietro la sedia, facendo un rumore infernale, che le fece guadagnare un’occhiataccia da parte di Mayra, e si mise a correre verso la sua meta, che non raggiunse, perché sbatté, con tutto il suo gelato, contro un uomo alto, sporcando non solo i propri vestiti ma anche quelli dello sconosciuto e cadde di sedere per terra, facendosi male. Le lacrime non tardarono a sgorgare copiose: il suo gelato non c’era più, si era sporcata e fatta male e ora sua mamma l’avrebbe riportata a casa.
    A quella scena, Mayra socchiuse gli occhi dall’esasperazione.
    - Oh santo cielo! Edith… - sussurrò.
    Si alzò dal suo posto, poggiando il suo gelato su un tovagliolo posto sul tavolino e si avvicinò a gambe levate verso sua figlia.
    - Mi dispiace così tanto! – si rivolse all’uomo.
    Aiutò Edith ad alzarsi da terra.
    - Quante volte ti devo dire che non devi correre?! – la rimproverò.


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    Vincent C. Drake

    Quella mattina Vincent era a Diagon Alley. Non aveva vera necessità di andarci, ma la colazione lí era discreta, era una bella giornata e... boh, aveva preso e aveva fatto a piedi tutta la strada dalla sua dimora al centro della Londra magica.

    Aveva sorseggiato il suo caffè con una calma estrema, accompagnandolo con un semplice biscotto al burro, più per gustarselo che per effettiva fame. Una volta pagato si diresse nella via tirò fuori da una tasca del suo cappotto primaverile un libro di Astronomia tascabile. Era sempre un buon momento per studiare, ma la stessa cosa si sarebbe potuta dire sul guardare doge si va: una ragazzina corse diritto contro di lui, schiantandoglisi addosso e cadendo in terra. Osservò il vestito sporco, e il gelato. Estrasse la bacchetta, e iniziò a tracciare alcune rune.

    Ordine, inteso come la cautela nella manipolazione dello spazio tempo, rappresentato dalla runa Naudiz, rigenerazione, per impedire all'incantesimo di andare fuori controllo, rappresentata dalla runa Laguz, controllo, inteso come la capacità dell'incantatore di imporsi sulla progressione degli elementi, rovesciandola come preferiva lui, rappresentata da Berkana, e tempo, inteso come il soggetto su cui avrebbe operato la magia, rappresentato da Raido, furono i simboli utilizzati, legati da due rune rappresentanti insieme la musica, ovvero Thurisaz e Kenaz, sovrapposte. Il tetragramma ora luminoso scese sul palmo della mano del mago, che venne proiettata verso il cono. Come se qualcuno avesse riavvolto il tempo, esso venne avvolto da un aura azzurrina, mentre si ricomponeva e percorreva esattamente il suo percorso precedente ma a ritroso. Era sospeso in aria mentre Vins lo prese, porgendolo quindi alla bambina. Era lindo e perfetto, pulito e... beh, esattamente com'era prima di schiantarsi.

    Fece un occhiolino alla piccola.

    Temo ti sia caduto questo

    Avrebbe detto, porgendole il cono, mentre il tetragramma runico sulla mano libera si dissolveva in una polverina verde che si disperse nell'aria.
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    Edited by Vincent Drake - 1/6/2022, 22:54
     
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  3. Mayra Ellis
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    (/pàu·ṣa/) Interruzione temporanea, intervallo.
    Mayra aveva sempre saputo che Edith fosse una piccola peste e ne aveva avuto sentore sin da quando era poco più che un’infante: non ne combinava mai una giusta. Nel corso degli anni aveva visto essere distrutti parte di quelle mobilia a cui teneva, forse, più della sua vita, per il semplice fatto di averle comprate con il sudore della fronte, soldi che aveva racimolato con il passare degli anni. La giovane donna, infatti, non aveva avuto vita facile: dopo esser stata cacciata di casa dai suoi genitori, a seguito della scoperta della gravidanza, aveva dovuto costruirsi una vita da zero e aveva scelto proprio Londra come sua “dimora”, se così poteva chiamarsi, perché aveva dovuto alloggiare per un bel po' di mesi presso le strutture messe a disposizione dalla Caritas inglese. Si era fatta forza – perché, in determinate situazioni, non c’è altra via di scampo – e si era data da fare per cercare un lavoretto part-time. Alla fine, c’era riuscita: aveva messo da parte qualche somma e aveva affittato un monolocale, con cui vivere con sua figlia. Non era stato affatto facile: non erano mancati momenti di crisi, in cui avrebbe davvero farla finita con tutto, ma era stata fortunatamente sostenuta da una sua amica. Era grazie a questo che aveva compreso quale fosse il valore dell’amicizia, che lei non aveva mai conosciuto.
    Ma, ritornando a Edith, gliene aveva combinate di tutti i colori: all’età di tre anni si era arrampicata su una cristalliera, su cui era poggiato uno stereo nuovo, facendo cadere il tutto a terra. Fu davvero per un pelo che la bambina non si fece nulla. Ricordava anche tutte quelle volte che aveva provato a nasconderle i compiti di scuola, perché semplicemente non le andava di svolgerli… insomma, più volte la pazienza di Mayra era stata ridotta ad una pezza, però il lato positivo era che aveva imparato a tenere i nervi ben saldi.
    Sua figlia fece finta di non sentire il rimprovero della madre, seppur avesse pianto fino a qualche istante prima: si limitò a osservare l’adulto che aveva davanti: Era alto, molto, troppo alto, aveva i capelli lisci e scuri, una barba ben curata e sembrava abbastanza severo, ma con lei era stato così gentile. Con un semplice gesto, aveva fatto sparire ogni macchia dai loro vestiti e le aveva riconsegnato il gelato. Con occhi lucidi e qualche tiro di naso, prese il cono dalle mani di quell’uomo e gli rivolse un timido sorriso.
    La giovane donna, invece, non ci stava capendo più niente: cosa aveva appena… fatto? Era abbastanza sconcertata: non aveva mai visto nulla del genere e lo si poteva notare dl suo sguardo incredulo e in cerca di risposte. Si, aveva studiato, ma sembrava qualcosa di così avanzato da fare.
    - Qualsiasi cosa lei abbia fatto, la ringrazio! Se me lo permette, vorrei offrirle qualcosa, per ripagarla del suo gesto, signor…? -
    Gli porse una mano.
    - Mayra Ellis! -
    Edith era così abituata alle cose strane della magia che non pensò affatto a quanto accaduto. Si limitò a leccare il suo gelato con una faccia contenta: sua mamma non le aveva detto nulla sull’andar via, anzi, aveva invitato quell’uomo a prendere un gelato con loro, quindi, quello voleva dire che sarebbero rimaste.
    - Come ti chiami? – chiese la bambina, senza alcun giro di parole.
    - Edith, sii educata! – la rimproverò Mayra. Certo che non si sapeva contenere! E, poi, sapeva che non doveva dare del tu ad uno sconosciuto.

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    Vincent C. Drake

    Vincent amava il potere astrale tanto quanto quello runico. Era l'uomo più felice e realizzato del mondo quando poteva mettere in mostra le sue capacità, e quella mattina ebbe modo di farlo.
    Ricambiò il sorriso alla piccola: i bambini erano fantastici, vedevano il mondo con occhi che gli adulti non ricordano più. Vuoi dimostrare qualcosa di visivamente meraviglioso? Otterrai sicuramente davanti ad un pubblico di bambini, affascinati e volenterosi di carpire i segreti di ciò che non comprendono, ma che sembra meraviglioso, rispetto ad un manipolo di adulti troppo impegnati a paragonare le proprie capacità a quelle altrui, per concentrarsi bene sul susseguirsi degli eventi.

    Però è impagabile lo sguardo degli adulti, quando qualcosa li coglie di sorpresa, ricordandogli quanto poco sanno del mondo. Fu questo il suo pensiero, mentre accennò un saluto a Mayra.

    Salve

    Fu la prima cosa che disse. Ecco un altro motivo per cui non voleva figli: le loro azioni a volte ti fanno dimenticare le basi della comunicazione.

    Non si preoccupi, ho solo incatenato le realtà ad un tetragramma runico, ne ho isolato il fattore temporale relativo agli oggetti inanimati, ho inglobato questa zona e ne ho cancellato la storia recente, preservandone la memoria; cose che anche i miei studenti fanno con relativa facilità. Beh, ci provano. Piacere, sono il dottor Vincent Drake

    Non chiese il nome a sua volta: non gli interessava. Ma la ragazza si presentò lo stesso. Mentre riponeva la bacchetta, le strinse la mano, con una presa d'acciaio, solida, affidabile.
    Guardò la piccolina, che, a quanto pareva, aveva qualche problema di memoria.

    Mi chiamo Vincent Drake, e tu?

    Osservò la madre

    Stia tranquilla signora, so perfettamente come si comportano i bambini, è la loro natura. Perché mai imbrigliarla per così poco? Le cose si evolvono nel migliore dei modi solo quando non cerchiamo di influenzarle inutilmente.
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    La piccola Edith continuò a guardare l’uomo alto con il cappotto con i suoi occhioni color nocciola, mentre mangiava il suo gelato con una certa foga, quasi che da un momento all’altro lo avrebbe rivisto capovolto e spiaccicato per terra: sembrava che il suo sguardo volesse penetrare l’anima dello sconosciuto. Per lo meno, si era calmata e Mayra ne era grata; a sua testimonianza, c’era quel “Ringraziamo il cielo!” che pronunciò nella sua mente, senza dargli alcuna voce. Allungò la mano verso la piccoletta e affermò: - Su, Edith, prendi la mia mano -. Non se la sarebbe lasciata sfuggire una volta ancora. La bambina, obbediente, infilò la sua manina in quella della madre, la quale strinse la presa senza esagerare, ma per avere un certo controllo.
    Al “Salve” dell’uomo, Mayra non poté far altro che sorridere imbarazzata. Si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio con un movimento di mano e gli rivolse tutta la sua attenzione.
    - Oh, mi scusi, sono stata senza buone maniere! Buon pomeriggio – rispose, con un cenno del capo in riconoscimento della sua presenza, già attestata da qualche minuto.
    - Come può vedere, ero abbastanza distratta dal casino che mia figlia aveva combinato, ma lei… -. Fece una pausa. - Beh, lei ha risolto tutto in modo davvero impeccabile… -.
    Ascoltò attentamente la spiegazione di quel che era accaduto, ma non riuscì a cogliere molto di quanto detto. Mayra notò come fosse una persona umile e, per questo motivo, già le stava simpatico.
    - Beh, non direi che siano proprio cose semplici, almeno che non sia talmente asina io da non capire quasi nulla di quel che ha detto! -
    Si concesse una risatina. Non aveva mai avuto peli sulla lingua, nemmeno sulla sua istruzione o sulle sue conoscenze.
    - Siete dottore, quindi. Presumo in ambito accademico. Forse, docente universitario? – domandò, incuriosita.
    Edith non aveva ascoltato una singola parola di tutta quella conversazione, perdendosi il nome e cognome del salvatore del suo gelato, perciò si ritrovo a fare una domanda a cui avrebbe saputo già dover dare una risposta. Sua madre non si intromise, notando l’animo disponibile del dottor Drake nel rispondere agli interrogativi di sua figlia con pazienza.
    - Io sono Edith! – esclamò la bambina, contenta di ricevere finalmente un po' di attenzione. Non appena la mamma l’avesse rimproverata, avrebbe messo su un piccolo broncio, con un: - Ma io non l’ho fatto apposta, mamma! -. Mayra conosceva bene i teatrini di sua figlia, perciò decise di troncare lì il rimprovero, soprattutto perché c’era l’uomo ad osservare la scena. La medimaga, infatti, pensava che i rimproveri e le punizioni fossero da affrontare a porte chiuse, per evitare traumi ai piccoli.
    - Sì, certo, ha pienamente ragione, ma, purtroppo, Edith è abbastanza vivace e tende a far tutto di testa sua. Ma avviciniamoci al tavolo e, se mi permette, vorrei offrirle qualcosa per ricambiare il suo gesto -
    Prima che potesse pronunciare un sì o un “no”, la giovane aggiunse, con sguardo supplicante: - Non mi dica di no… -. Edith, dal canto suo, prese la mano di Vincent e cercò di tirar l’uomo verso il tavolo, con scarso successo.
    - Daii, vieni!! -
    - Edith, dove sono le tue buone maniere? Lascia stare subito il signore, forza. -



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    Vincent C. Drake

    L'insegnante osservò divertito lo sguardo della bambina, sembra che lei, nessuno, stesse cercando di carpire i segreti celati nell'animo del dottor Vincent Drake.
    Osservò quella semplice scenetta familiare fino a quando Mayra non ne richiamò nuovamente l'attenzione col suo imbarazzo.. e un'affermazione che gli fece guardare l'orologio. No, era decisamente mattina.

    Ma non si preoccupi signora, il corso degli eventi alle volte annebbia il corso dei nostri pensieri. Diciamo che sono cose che capitano

    Mise su il suo sorriso rassicurante, uno di quelli che faceva sperare ai suoi studenti di ottenere una sufficienza anche dopo l'aver lasciato il foglio completamente in bianco.

    No, davvero Tom, come puoi chiedermi se è andata bene dopo non aver scritto nulla. Al massimo potevi chiedere se poteva andare peggio, sinceramente

    Ai complimenti fece un gesto con la mano, a indicare che non aveva fatto chissà cosa.

    Beh, alla fine è anche una questione di basi ed insegnanti... insomma, non tutti insegnano il mio stesso programma o nello stesso modo in cui lo faccio io

    Era decisamente contrariato, almeno un minimo di base per capire avrebbe dovuto averla, no? Sospirò mentalmente. Era vero che forse gli insegnanti le avevano insegnato altro ed era riconosciuto che alcuni studenti dimenticavano tutto non appena avevano consegnato il test per cui hanno studiato.

    No, non ancora perlomeno. Attualmente insegno Aritmanzia ad Hogwarts

    Disse, con calma e senza perdere il leggero sorriso che increspava le sue labbra.

    Conoscerti è un piacere cara

    Rispose alla bambina

    Il famoso effetto farfalla, una serie concatenata di azioni ha portato agli eventi di ora. La bimba ha ragione , anche se noi siamo la causa di questi eventi, la colpa non appartiene a noi, in questo caso.

    Ovviamente stava per dire di no e continuare la sua passeggiata, sentiva il suo libro bruciare, da tanto che voleva leggerlo. Ma le due lo avevano preceduto.

    Ignorando gli sforzi della piccola, osservò il suo orologio.
    Direi che mi tocca? Va bene va bene... ma facciamo qualcosa di veloce, tra un'ora ho da fare una lezione di approfondimento che avevo promesso ad alcuni studenti...

    Finì sorridendo, vedendo le due battibeccare.
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