Directly from the future

Amelia&TJ

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    Non era nemmeno finita lì per un motivo, era passata davanti a quella zona quasi per caso mentre tornava dalla biblioteca e cercava di svagarsi prima di rientrare nel dormitorio. Sapeva bene che a quell’ora la sala comune sarebbe stata piena di ragazzini urlanti e lei aveva ben poca voglia di scambiare due chiacchiere, come al solito. Aveva anche scritto a Nathan chiedendogli di vedersi più tardi ma il ragazzo non le aveva risposto immediatamente e tanto era bastato a indisporla e convincerla a silenziare il telefono anche solo per farsi desiderare almeno un po’.
    Aveva passato l’intero pomeriggio in biblioteca, come era solita fare anche relativamente spesso, fosse anche solo per isolarsi dagli altri. Aveva comunque studiato meno del previsto, perdendosi nei suoi pensieri e anche in ricerche completamente inutili che avrebbe potuto risparmiarsi: aveva ancora la voce di sua madre nella testa che le ripeteva di impegnarsi, di superare i suoi compagni, di tenere alto l’onore della famiglia ma la verità era che nell’ultimo periodo aveva la testa altrove e non sapeva nemmeno lei perché.
    O forse lo sapeva fin troppo bene ma detestava l’idea di ammetterlo e preferiva non pensarci troppo. Non le era mai capitato di distrarsi così facilmente se non durante i periodi di Luna Piena, quando la sua maledizione tornava a farsi sentire e la sua concentrazione andava a farsi fottere, lasciandola ancora più indispettita e irritata.
    Era da sola nella sala dei trofei, cosa alquanto prevedibile visto che non si trattava di una meta così popolare, tantomeno quando si avvicinava l’ora di cena e i suoi compagni chiassosi sembravano ancora più scalmanati del solito. Oh no, per posti come quelli era necessario essere calmi, rispettosi e fare silenzio: tutte cose che scorrevano nelle sue vene e che sentiva appartenerle da sempre. Si beò del ticchettare cadenzato e leggero dei suoi passi delicati sul pavimento di pietra della sala, che in quel momento le sembrava ancora più maestosa e grande del solito. Non che fosse davvero possibile, ma forse lo sembrava dagli occhi di qualcuno che si sentiva sempre più lontano dal momento in cui avrebbe messo piede in quella stanza come vincitore e non come semplice spettatore.
    Inutile dire che era stata lì parecchie volte dal suo arrivo a Hidenstone, e ogni volta si era lasciata avvolgere più che volentieri da quella sensazione di orgoglio e di prestigio che aleggiava nell’aria. Quello era il posto dove finivano i vincitori e venivano omaggiati, dove solo chi riusciva a distinguersi meritava un po’ di spazio, e lei aveva tutte le intenzioni di guadagnarsi qualcosa e vederlo esposto lì, un giorno, in tutto il suo splendore.
    Ogni angolo di quell’enorme stanza le ricordava tutti i successi che si era prefissa, tutti i traguardi che prima o poi avrebbe raggiunto e di cui non vedeva l’ora di vantarsi. Certo, ogni volta che metteva posto in quel luogo la assaliva anche il senso di colpa, la paura di non potercela mai fare a diventare qualcuno perché era già in ritardo, perché non era abbastanza, perché il suo cognome era troppo pesante per le sue fragili spalle e non avrebbe mai ottenuto niente. Considerato che nell’ultimo periodo, poi, le sembrava di essere sempre distratta da qualsiasi cosa la circondasse, non poteva fare altro che sentirsi ancora più colpevole. Che poteva farci? Aveva finito per dare tutta la colpa alla licantropia, e per ora la rabbia che provava per quella maledizione bastava per alleviare quel fastidio e quella spiacevole sensazione, almeno un po’.
    Era masochista forse? Andava lì proprio per stare male? Non ne aveva idea, i suoi piedi l’avevano guidata fino alla Porta della Gloria senza che avesse alcun bisogno di dargli ordini, come se quello fosse l’unico percorso possibile, e ora la stava osservando con attenzione, studiandola attentamente e inclinando appena la testa, nel farlo, osservando la sé stessa con in mano la spilla da Caposcuola e una statuina come migliore Cercatrice di Quidditch. Inutile dire che si perse a studiare i propri lineamenti e la propria espressione soddisfatta, chiunque l’avesse osservata da fuori non avrebbe visto granchè dalla sua espressione però, come se stesse studiando un quadro qualunque, ben eseguito e affascinante ma solo un quadro, anche se ad una più attenta analisi sarebbe parso evidente che nessuno avrebbe osservato sé stesso in quel modo se non avesse davvero bramato raggiungere quel momento specifico, proiettato dalla Porta, arrivato direttamente dal futuro.



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    Di gloria nella sua vita ce n'era ben poca, d'altro canto non aveva mai avuto tempo per chi trovava soddisfazione nello specchiarsi in un riconoscimento di poco conto che avrebbe potuto attirare unicamente le allodole. No, lui aveva avuto ben altro a cui pensare, come tentare di non finire vittima della pazzia di suo padre e di non lasciarsi traviare dalla debolezza della madre.
    Una vita piena di tutto meno che di gloria, e forse era questo il motivo che non lo aveva mai spinto a soffermarsi troppo sulla Sala Trofei. Probabilmente, se qualcuno gli avesse chiesto dove la suddetta stanza si trovasse, non avrebbe saputo neppure rispondere... e dire che il castello se l'era ormai girato da cima a fondo in meno di un anno.
    Ma se per ogni cosa c'è una prima volta, perché in quell'occasione avrebbe dovuto essere diverso? Nella corsa intrapresa per scamparsela da una tirata d'orecchi a cui aveva abbandonato Kjell -in barba alla lealtà- il giovane opale aveva trovato riposo all'interno di una sala riccamente adornata che trasudava ciò che probabilmente non aveva mai pensato potesse riguardarlo: l'onore.
    Non che si sottovalutasse, ma l'ambizione rientrava solo in parte nel suo modo di vivere e svettare tra i nomi incisi sulle targhe lì presenti non rappresentava una vera e propria priorità per lui.
    Le labbra si schiusero per lasciar uscire un soffio d'aria che andò ad appannare il vetro disposto a pochi centimetri dal suo viso, le iridi si focalizzarono sul proprio riflesso e la mano sinistra si sollevò con l'intenzione di rimettere ordine tra i ricci indomabili. Intento mal riuscito per altro, poiché sembrava che mai, neppure per sbaglio un pettine si fosse districato tra le ciocche della capigliatura corvina.
    Lo zaino gli scivolò dalla spalla e l'attenzione si focalizzò finalmente su ciò che lo circondava, in primis su un busto posto al centro della sala che Thomas trovò decisamente di dubbio gusto.
    Non impiegò che qualche secondo a recuperare un pacchetto di sigarette dalla tasca interna della borsa, lasciandone scivolare distrattamente una tra le dita e riconducendosela alle labbra.
    Nonostante quella stanza non l'avesse mai attirato, pur avendone sentito parlare, doveva ammettere che in essa vi fosse una regalità di fronte alla quale restare indifferenti diventava praticamente impossibile.
    Non che gli stesse passando per la mente di impegnarsi più di quanto stesse già facendo per finire a brillare tra quelle teche, ma la quiete che vi dimorava era un qualcosa che il ragazzo cercava continuamente nella propria esistenza. Questo bastava a convincerlo che non fosse un posto da scartare.
    Non fece in tempo ad accendersi la sigaretta che il rumore di passi delicati lo costrinsero ad arretrare, cercando rifugio in un anfratto che gli avrebbe comunque permesso di assicurarsi che il nuovo arrivato fosse solo di passaggio.
    Quando una chioma color platino attirò la sua attenzione, però, dovette trattenere un sospiro. Non si trattava di un docente, men che meno di un Prefetto, ma ciò che lo fece sorridere fu la reazione avuta all'arrivo di lei: non stava facendo nulla di male, o non lo avrebbe fatto laddove fosse stato rapido a far sparire la sigaretta che teneva morbida fra le labbra. Fu un gesto rapido quello di portarsela dietro un orecchio, mentre usciva dal suo nascondiglio per poggiare il gomito contro la parete alla propria sinistra.
    Rimase in silenzio a contemplare la figura della ragazza, non potendo fare a meno di osservarla inclinando il capo lateralmente, abbastanza da riuscire a sfiorare il sopracciglio con l'indice e rammentarsi della presenza della cicatrice. Non che simili dettagli potessero sfuggire facilmente dalla memoria.
    «Qualunque cosa tu stia guardando con tanta concentrazione, deve essere davvero interessante.»
    Non poteva avere idea di cosa fosse in grado quella porta, così come il resto degli artefatti presenti in quella sala e probabilmente in tutta Hidenstone, ma non se ne faceva un cruccio.
    Ammiccò in direzione di Amelia e si lasciò andare a un sorriso mentre la invitava a farsi avanti con un cenno della mano.
    Thomas J.
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    Si era chiesta più volte quanta di quella brama di celebrità e di riconoscimento fosse sua, e quanta invece derivasse dal tipo di istruzione che aveva ricevuto e da come era stata cresciuta. Era ovvio che non potesse reputarsi totalmente immune a quel che i suoi genitori le avevano insegnato, in quanto figlia di persone ricche e influenti era stata tirata su come la migliore maga borghese che si potesse immaginare, con l’idea che lei avrebbe dovuto spiccare sempre sugli altri, non importava come o perché.
    Era facile quindi intuire quanto avesse sofferto per quell’anno sabbatico involontario, per essersi persa qualche passaggio, per essere diversa dai suoi compagni non solo per età ma anche per ben altro. C’erano parecchie parti di lei che reputava pesanti, un ostacolo per i suoi obbiettivi, e forse anche per quello si sentiva ancora più in dovere di brillare, accecando chiunque altro: non era perfetta e per questo aveva bisogno di impegnarsi ancora di più per raggiungere i suoi scopi, e radere al suolo qualunque concorrente le volasse troppo vicino.
    Un bagno di umiltà forse non le avrebbe fatto troppo male, anche se aveva più insicurezze di quante amasse mostrarne e la sua vita non era così tutta rose e fiori come le piaceva dipingerla. Infondo chiunque fosse riuscito ad entrare a fare parte dell’esposizione che si trovava in quella stanza doveva aver faticato ben più del previsto per ottenere i suoi meriti, la fatica e anche il dolore per lei facevano parte del processo, erano qualcosa di necessario per riuscire ad avere ancora più gloria ed onore. Poco importava che non fosse davvero così, che alle volte si potesse anche prendere in considerazione l’idea di rompere col proprio passato e prendere una strada del tutto nuova, se quella iniziale sembrava troppo dolorosa o inadatta, lei ormai sembrava aver sposato quella causa e non aveva intenzione di cambiare idea.
    Non sarebbe stato difficile notarla nel bel mezzo della stanza, mentre osservava il proprio riflesso con l’interesse e l’attenzione di qualcuno che stava studiando un quadro complesso e voleva coglierne ogni dettaglio e simbolismo. Non era narcisista quanto qualcuno avrebbe potuto pensare, era più che altro intenta a cercare di capire come raggiungere quel traguardo più in fretta possibile, per capire come la sua sé stessa realizzata e piena di onori si sentisse, quanto fosse realizzata e meno vuota rispetto a lei in quel momento.
    Di certo non pensava che qualcuno sarebbe riuscito ad andare a disturbarla anche lì, in un posto così poco frequentato e di certo non così tanto divertente in cui passare il tempo. Aveva scelto la Stanza dei Trofei anche per questo, sicura che nessuno sarebbe mai potuto passare di lì per caso ed entrare un posto simile senza volerlo, e chi poteva mai avere voglia di passare il tempo prima della cena lì dentro?! Ma avrebbe dovuto smetterla di farsi delle aspettative, dal momento che puntualmente il destino si divertiva ad infrangerle.
    Avrebbe distaccato gli occhi dal suo riflesso con una certa fatica, rivolgendosi pigramente al suo inaspettato interlocutore, riservandogli un’occhiata dall’alto verso il basso giusto per studiarlo con attenzione. Non le sembrava di aver avuto a che fare con quel ragazzo granchè prima di quel momento, anche se doveva averlo incrociato a lezione o nei corridoi: nessuno che avesse mai attirato la sua attenzione prima di quel momento, però, o con cui avesse scambiato più di qualche saluto molto rapido. Alzò un sopracciglio, puntando le iridi chiare sulla sua sigaretta e solo dopo nei suoi occhi. “Era sicuramente più interessante di te.” avrebbe replicato, acida come suo solito, per poi inclinare appena la testa. “E anche più sveglia. Non si fuma in posti come questo.” gli avrebbe ricordato quindi, con il suo fare da perfettina intransigente quale era, almeno quando si trovava tra le mura di Hidenstone e aveva appena finito di guardare alla sé stessa del futuro che ricopriva il ruolo di Caposcuola.


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    Il capo si inclinò appena verso la parete, godendo del fresco contatto della pietra contro la tempia. Il velo di sudore che gli aveva imperlato la fronte fino a un attimo prima a causa della fuga era ormai un ricordo lontano e questa si distese prima che l'espressione del giovane si accigliasse di fronte alla risposta della ragazza.
    Thomas aveva avuto di che riflettere in quegli ultimi mesi ed era arrivato alla conclusione secondo cui le ragazze ritenessero di essere più attraenti mostrandosi sgarbate.
    Era proprio sciocco da parte sua ritenere altro fonte di interesse... avrebbe dovuto aggiornarsi, eppure, se ben ricordava, a Durmstrang erano tutte molto più disponibili, forse desiderose di essere scaldate dato il clima rigido dei Paesi scandinavi.
    Si lasciò squadrare dall'altra leggendovi quasi ribrezzo e per una volta non associò quel sentimento al marchio che gli deturpava il volto.
    «Ci siamo svegliati male stamattina?»
    Si passò una mano tra i capelli e si diede una spinta con i reni per allontanarsi da quel punto, dirigendosi verso il centro della stanza e prendendo posto sul pavimento con la schiena poggiata contro una delle teche.
    «Guarda meglio, Prefetta mancata. E' spenta.»
    Sospirò con occhi chiusi mentre si metteva comodo e poggiava entrambe le braccia sulle ginocchia piegate. Rimase in silenzio per qualche attimo prima di sollevare la palpebra sinistra e sbirciare cosa stesse facendo la bionda e ovviamente assicurarsi che ci fosse ancora. Non che avesse problemi restare da solo o a condividere la solitudine con qualcuno, ma a quel punto tanto valeva rendere quel tempo utile a fare qualcosa di costruttivo.
    «Hai intenzione di restare lì a fare l'acida o vieni a sedere qui accanto a me per raccontarmi cosa c'è che non va?»
    In quel frangente? Nella sua vita in generale? Poco importava, l'unica cosa degna di nota era riuscire a distrarlo dal solito flusso di pensieri che riempivano le giornate vuote come quella. Faticava a restare al passo con il buon umore che si imponeva di mostrare a chiunque, motivo per cui avere altro da fare glielo rendeva di tanto in tanto più semplice. Era curioso di capire se Amelia avrebbe potuto rispecchiare le sue aspettative al riguardo.
    A quel punto le rivolse un sorriso sghembo facendo spallucce.
    «Ho tutto il giorno libero.»
    Thomas J.
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    Lei non era proprio una persona alla mano, non si mostrava gentile quasi con nessuno salvo pochissime eccezioni –così rare che lei stessa non le ricordava e, in caso anche le ricordasse, tendeva comunque a negarle- e di certo non le veniva naturale mostrarsi ben disposta con qualcuno che aveva interrotto il suo personale momento di autocelebrazione.
    Forse avrebbe preferito che anche il ragazzo vedesse quel che aveva visto lei, anche solo per rendersi conto di chi aveva di fronte e della persona che stava stuzzicando con così tanta leggerezza. Non doveva sapere proprio niente di lei, non doveva conoscere la sua fama e il suo cognome o sospettava che non avrebbe osato comportarsi così… o forse sì, e in tal caso non poteva fare a meno di trovarlo interessante. L’ultima volta che era accaduto qualcosa di simile era stato con Blake Barnes, ma in quell’occasione avere a che fare con il figlio di una famiglia miliardaria aveva reso tutto meno eccitante.
    No, era abbastanza sicura di non aver mai avuto a che fare con lui prima di quel momento, quindi con ogni probabilità non valeva nemmeno così tanto la sua attenzione ma chi era lei per non rispondere a qualche battutina ben assestata?! “No, oggi sono anche di buon umore. Dovresti vedermi quando mi sveglio davvero male.” replicò con un sorriso candido, che di innocente però aveva ben poco.
    Seguì poi i suoi movimenti, alzando un sopracciglio quando si sedette al centro della stanza, la schiena appoggiata ad una delle teche come se fosse in giardino o, peggio, nel salotto di casa sua. “Lo vedo che è spenta, e ne capisco ancora meno il senso: hai bisogno di una sigaretta tra le labbra per sentirti meglio?! Potresti evitarlo, non aiuta a renderti più figo.” replicò prontamente, e qualcuno avrebbe potuto chiedersi se Amelia aveva qualche abilità divinatoria e si preparasse le battute prima, o se fosse così spocchiosa di natura, sempre pronta ad essere fastidiosa e impertinente.
    Era vero, aveva sempre quell’aria da perfettina, ma non era davvero: una parte di lei detestava certe regole, le piaceva fare la ribelle –o fingere di esserlo- per provare a dimostrare a sé stessa di avere valore anche aldilà di quel che la sua famiglia le aveva insegnato e forse anche per quello non se ne andò indignata, ma incrociò le braccia al petto e continuò ad osservarla dall’alto.
    Il ragazzo non stava replicando alle sue battutine con il tono che si sarebbe aspettata, non si stava arrabbiando ma le aveva appena offerto aiuto: ecco, quello non se l’aspettava. Non era solita parlare dei suoi problemi con sconosciuti e non lo avrebbe fatto in quel momento, ma non mancò di essere incuriosita da quella proposta.
    “E sentiamo, perché mai dovrei parlarne proprio con te, ammesso che abbia problemi di cui parlare?” domandò quindi, questa volta in attesa della sua risposta, anche solo per sapere che cosa si sarebbe inventato.



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    Thomas del mondo magico sapeva poco e niente. Sua madre era, o era stata, una strega che probabilmente un tempo aveva addirittura frequentato una scuola di magia, ma l'odio di cui suo padre non aveva mai fatto segreto in riferimento a quella sua natura aveva fatto sì che la strega smettesse di esistere in una donna che diede la luce a un diretto discendente di quel mondo.
    Forse per questo suo padre non lo aveva mai tollerato, ma c'era da dire anche che il ragazzo aveva smesso di cercare una risposta a quelle botte senza senso che avevano colorato la sua esistenza.
    Sarebbe dunque stato sufficiente questo a capire il motivo che spingeva Thomas a non interessarsi minimamente a chi avesse davanti: un barbone? La regina Elisabetta? Aveva avuto dalla vita ciò che di peggio si possa ricevere, che altro aveva da perdere?
    Molti lo avrebbero compatito, lui invece prendeva quel che di meglio una simile situazione gli forniva: l'indifferenza e l'inadeguatezza in un mondo che probabilmente teneva al sangue e al nome più di quanto facesse lui, probabilmente considerato al pari di un mero reietto.
    «Mi stai proponendo di dormire con te?»
    Le si rivolse senza guardarla né preoccupandosi che potesse scorgere il sorriso impertinente che incurvò gli angoli della bocca verso l'alto, ben noto che la compagna non intendesse affatto quello.
    Dopo essersi seduto al centro della stanza e aver richiamata a sé Amelia, Thomas afferrò la sigaretta che aveva dietro l'orecchio e se la portò fra le labbra. Il sorriso si allargò nel sentire le parole della ragazza, che tuttavia lo portarono a rispondere alle sue domande con un'ulteriore domanda retorica.
    «Perché lo sono già abbastanza?»
    Infilò la mano in tasca e afferrò l'accendino che, con rapidi e brevi movimenti di polso, si rigirò tra le dita in un gesto che lo rassicurava.
    «Scherzo, rilassati e non azzannarmi.»
    Ecco, quello avrebbe fatto bene a entrambi, ma difficilmente c'era bisogno che qualcuno lo dicesse a lui.
    Con le ginocchia piegate e gli avambracci posti su di esse, il ragazzo sollevò il capo per guardare la compagna.
    «Non devi, nessuno ti costringe. Ma se mi racconti un tuo segreto, io potrei raccontartene uno dei miei...»
    Lasciò la frase in sospeso mentre il pollice della mano destra scattava per lasciar sfrigolare la fiamma dell'accendino. Lo sguardo ancora puntato sulla ragazza che aveva di fronte senza smettere di sorridere, seppur l'espressione si fosse fatta via via sempre più impertinente. Era quasi certo che l'altra gli avrebbe risposto di non essere interessata a un suo segreto, così rincarò la dose.
    «O potremmo crearne uno insieme.» Le propose risuonando più interessato di prima a quell'interazione. «Puoi accenderla tu se ti va. Non lo dico a nessuno.»
    E le porse la sigaretta con la mano sinistra, certo di aver appena dichiarato il vero. La vera sfida sarebbe stata vedere Amelia accettare l'offerta.
    Thomas J.
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    Di certo Amelia non aveva idea di chi fosse il ragazzo che aveva di fronte, aldilà del fatto che sapeva essere uno studente di Hidenstone, e tanto avrebbe dovuto bastarle per andarsene altrove e cambiare rotta. Aveva sicuramente molto altro da fare nella sua vita che non fosse perdere tempo con un ragazzino che si atteggiava da ribelle –e poco importava che lei alle volte finisse per fare lo stesso, di certo avrebbe detto di farlo con molta più classe.
    Lei d’altro canto continuava a sentirsi superiore, e forse rimaneva proprio per dimostrarlo, perché non le dispiaceva mai fino infondo avere modo di farsi valere e lisciarsi per bene le sue piume. Dopotutto che divertimento c’era nel stare in un’Accademia se non poteva perdere un po’ di tempo a fare sentire inferiore qualcuno, almeno ogni tanto?!
    Di certo non pensava che il ragazzo avrebbe avuto così tanto fegato o che si sarebbe trovata davanti qualcuno in grado di tenerle minimamente testa: nell’ultimo periodo doveva essere fortunata in quel senso, prima Barnes e ora quel ragazzo, tutti sembravano in grado di farsi valere nonostante tutto.
    Scoppiò a ridere alle sue parole, una risata naturale e solo vagamente sprezzante –un record, per lei-, che la riportò poi a guardarlo e scuotere piano la testa. “Per la barba di Merlino, spero che fosse una battuta.” concluse, ancora un sorriso ilare dipinto sulle labbra, assecondando il suo invito anche perché ora le sembrava abbastanza strano da risultare quasi un passatempo divertente.
    Non comprendeva comunque il suo invito, lei non sarebbe mai andata in giro a offrire supporto a chiunque passasse e non capiva nemmeno perché qualcuno avrebbe dovuto farlo, ancora meno con lei. Sapeva bene di non essere una persona alla mano, era la prima che si vantava del suo essere scostante e distaccata, infondo era parte del suo marchio.
    Il ragazzo non doveva averlo fatto apposta, ma la sua battuta la colpì in pieno petto: avrebbe potuto davvero azzannarlo in effetti, sottoforma di licantropo se non altro, e non le piacque quel riferimento insieme a tutte quelle chiacchiere sui segreti. Lo avrebbe osservato attentamente, cercando forse di carpire i suoi pensieri guardandolo dritto negli occhi per più di qualche istante. Che cosa voleva esattamente da lei? Era tutta una coincidenza o si stava riferendo a qualcosa in particolare? Non le sembrava niente fatto di proposito ma di certo non le piacevano tutti quei riferimenti, anche casuali.
    In quel momento era tesa: nonostante stesse cercando di mantenere la sua corazza con una certa cupidigia, era difficile mantenere la calma quando si toccavano argomenti per lei così al limite, così delicati. Avrebbe comunque rubato la sigaretta dalle sue mani con rapidità, fosse anche solo per cambiare argomento, per avere qualcosa da fare o per chissà quale altra ragione. Recuperando anche l’accendino se la sarebbe accesa, prendendo qualche rapida boccata di fumo e guardandolo con aria di sfida. “Non è così difficile, sai?!” avrebbe quindi replicato, acida, per poi inclinare la testa.
    “Perché devo parlare per prima? Parla tu se proprio ci tieni.” replicò quindi con aria di sfida, visto che sembrava essere così tanto assetato di segreti ma non troppo disposto a farsi avanti.


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    La sentì ridere e con la coda dell'occhio la guardò ancora, individuando cosa ci fosse di tanto strano nella ragazza che all'apparenza non avrebbe mai definito tanto scostante. Era evidente che fosse cresciuta in un mondo che Thomas non poteva neppure lontanamente immaginare, ma più la guardava, meno il giovane sperava di averci a che fare. Tuttavia non poteva fare a meno di domandarsi cosa fosse ad incuriosirlo tanto in lei: era una ragazza come tante altre, bella e acida come se tali caratteristiche fossero le due facce della stessa medaglia, dunque perché perderci più tempo di quanto ne avesse preventivato? Quell'imprevisto poteva portarlo a due risultati: trovare quella ragazza talmente noiosa da non degnarla più di uno sguardo o riscoprirsi talmente incuriosito da quell'odiosa facciata da non poter fare a meno di cercarla ancora.
    E Thomas era un tipo decisamente masochista, dunque la risposta sembrava essere a portata di mano... per il momento.
    «Immagino avremo modo di scoprirlo.»
    Rispose alla sua domanda lasciando che ridesse fino a quando lo avesse ritenuto opportuno. Era sicuramente più carina con un sorriso che non con il broncio di poco prima e che subito dopo riacquisì.
    La vide avvicinarsi e, a dispetto di quel che aveva supposto, prendere la sigaretta e l'accendino. Le sopracciglia del ragazzo raggiunsero alte vette nel vederla accendersela coma nulla fosse e una risata bassa e roca fuoriuscì dalle sue labbra mentre la mano destra scivolava tra i capelli.
    «Contraddittoria. Mi piaci.»
    Non aveva dimenticato il modo con cui solo pochi minuti prima lo aveva ripreso e vederla fare esattamente quello per cui lo aveva quasi denunciato lo divertì moltissimo. Quella ragazza era strana, ma non tutte le stranezze finivano per nuocere.
    A quel punto accolse la sua proposta - pur sapendo che probabilmente sarebbe stato l'unico a svelare un proprio segreto. Sospirò e annuì mentre poggiava la nuca contro la teca alle proprie spalle.
    «Mi pare onesto, va bene.»
    Allungò la mano sinistra verso la ragazza in attesa della sigaretta, dubitava infatti che l'altra se la sarebbe fumata da sola. Poi indicò con l'indice destro la cicatrice che gli attraversava metà viso.
    «Questa me l'hanno fatta in famiglia. Mio padre non è esattamente il tipo d'uomo che compra macchinine telecomandate o gioca a baseball con il figlio... preferisce lanciare bottiglie di birra o di whisky, quando si trova nel mood giusto.»
    Solo allora si sarebbe voltato verso di lei, mettendo in mostra la ferita che ormai risaliva a parecchi anni prima. Non era mai stata un segreto, né lo era il modo in cui gli era stata inferta, semplicemente nessuno glielo aveva mai chiesto, probabilmente troppo spaventato all'idea di ferirlo.
    Ma Thomas non credeva affatto che le parole potessero ferire.
    «Quanta pena provi per me in questo momento, miss Farley?»
    E nel porle quella domanda il suo viso assunse un'espressione talmente seria da meritare una risposta che lo fosse altrettanto.
    Thomas J.
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    Era abituata ad essere al centro delle attenzioni degli altri, si poteva quasi dire che Amelia vivesse per momenti come quello, o almeno questo credeva la maggior parte della gente. Pochi riuscivano a intuire quanti sforzi ci volessero per riuscire ad apparire sempre belli, sicuri di sé, con la situazione sotto controllo e pronti a reagire a qualsiasi evenienza. Era bello ricoprire il ruolo della principessa, ma per farlo aveva forgiato il suo cuore per non essere troppo sentimentale e anche il suo viso per non trasmettere troppe emozioni. Doveva sempre stare attenta ad ogni movimento, ogni risposta, ogni occhiata e alle volte era così stancante che non poteva fare a meno di gettare la maschera e buttarsi nella vita “vera”. Non che sapesse come funzionava, infondo era cresciuta in una bolla e cercava sempre di non annaspare al di fuori di essa, fingendo al meglio delle sue possibilità di sapere che cosa stava facendo.
    Inclinò la testa, studiando il ragazzo a sua volta senza indugio. “ E che cosa ti fa dire con tanta certezza che ci saranno altre occasioni?” domandò affettata, senza mezzi termini, avvicinandosi poi per prendere la sigaretta. Quella rientrava nei suoi sprazzi di ribellione, quando cercava di andare contro quelle regole che le erano sempre state imposte e lasciava che fosse l’istinto a guidarla. Non si scompose nemmeno di fronte a quel “mi piaci”, che forse avrebbe fatto sfarfallare il cuore di qualsiasi sua coetanea, soprattutto se pronunciato da un tipo come Thomas, ma che non sembrò suscitare grandi effetti. “Posso darti il numero del titolare del mio fanclub.” avrebbe risposto con un sorriso divertito, sfrontata, prendendo poi una boccata di fumo con non chalance, aspettando il suo famigerato segreto.
    Thomas aveva forse scelto la persona sbagliata con cui confidarsi o almeno di certo era una scelta errata se voleva conforto, ma forse avrebbe potuto comunque trarre qualche vantaggio da quello scambio. Amelia non si sarebbe mostrata colpita dalle sue parole o spinta a compassione, avrebbe osservato la cicatrice impassibile, senza disgusto o commozione. Le dispiaceva? Non lo conosceva abbastanza per provare alcuna empatia, proprio lei che aveva reso il suo cuore di ghiaccio nel corso degli anni per proteggersi da qualsiasi cosa. Gli avrebbe concesso la sigaretta, sospirando appena prima di aprire bocca senza ragionare nemmeno troppo. ” Abbiamo tutti le nostre cicatrici, che sia visibili o meno. La famiglia te la ritrovi, non te la scegli, e ci sono anche gli stronzi là fuori. Sta a te decidere come reagire.” avrebbe replicato con franchezza, e non sarebbe stato chiaro se il suo suonasse come un “ci sono passata anche io” o più come un “non fare la parte del codardo e datti da fare”, con lei non si capiva mai bene.
    Non aveva tempo per sentimenti come la pena, pensava che le persone si dividessero in soggetti vagamente interessanti e altri che meritavano solo di essere ignorati. Se era lì era perché Thomas non era così male, per quanto non gli importasse davvero di lui, forse banalmente in quel momento era una buona scusa per non rincorrere troppo i propri pensieri. “Pena?! Non avrei ragione di provarne. Piuttosto penso che dovresti trovare modi più intelligenti per fare il trasgressivo, che non siano fumare nella Stanza dei Trofei, se proprio ci tieni.” replicò schietta, quasi con sufficienza.

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    Cosa lo spingeva a credere che ci sarebbe stata un'altra occasione? Probabilmente niente, forse persino tutto ciò che stava accadendo in quel frangente. La risposta poteva variare a seconda della sostanza che avesse voluto trasmettere, ma in pratica Thomas pensava sempre molto poco a ciò che intendeva dire, non riflettendo affatto sulle conseguenze delle proprie parole e ancor meno su quelle delle proprie azioni.
    Era passato in mezzo a tanti guai proprio per quel motivo e, per quanto si stesse costringendo a darsi una regolata -per il bene suo più che per quello di qualunque altro- gli risultava difficile frenarsi di tanto in tanto.
    «Il fatto che tu sia ancora qui.»
    Rispose francamente alla domanda della ragazza prima di vederla prendere un'altra boccata di fumo e riappropriarsi della sigaretta a cui anelava da qualche ora a quella parte ormai. Con lo sguardo rivolto in un punto che non fosse quello in cui albergava l'anima di Amelia, a detta dei più colti, Thomas rispose con leggerezza.
    «Non ho tempo per le celebrità e francamente dubito che con questo caratterino tu abbia molti fan.»
    Non aveva fatto alcuno sforzo per essere gentile con lei, al contrario era riuscito a trattenerla lì per un periodo di tempo che non aveva ritenuto possibile nel ricevere la sua prima risposta. Continuava a pensare che non si guadagnasse granché nell'essere così fugaci e scostanti, ma chi era lui per giudicare? Fino a che Amelia non gli avesse procurato problemi, non c'era motivo per essere sgarbato o scacciarla in malo modo.
    Il fatto che fosse carina non era dunque ciò che lo tratteneva dal mandarla al diavolo.
    «Ma potrei anche sbagliarmi.»
    Aggiunse rivolgendole un'occhiata di sottecchi mentre, con un sorriso spezzato da un sospiro alla nicotina, si soffermava a studiarla. La lasciò parlare, le permise di mettere bocca sul suo "segreto" che tale in verità non era, ma non disse una parola per interromperla. Al contrario provò a immaginare cosa significasse essere lei, non avere alcun problema al mondo almeno all'apparenza. Non sapeva nulla di quella ragazza, men che meno era a conoscenza della sua vita o della famiglia che aveva alle spalle, ma persino uno come Thomas era in grado di comprendere che ci fosse dell'altro dietro quella facciata esageratamente scostante dal mondo che la circondava.
    Se avesse fatto più attenzione a lei, probabilmente avrebbe notato quanto fosse circondata da chi la osservava semplicemente palesando la propria presenza, senza comprenderla davvero.
    Ma questo non faceva parte di lui, pertanto non avrebbe potuto cogliere nulla di tutto ciò... non ancora.
    «Io non fumo per essere trasgressivo. Fumo perché mi rilassa, indipendentemente da dove mi trovi.»
    Ammise facendo spallucce, mentre le restituiva la sigaretta con un lamento: il fianco sinistro gli faceva ancora male per il pugno ricevuto il pomeriggio precedente, ma era dell'idea che fosse meglio non svelare anche quel segreto alla donna di ghiaccio.
    «Per altro è una cosa davvero stupida: il fumo ti uccide.»
    Quando non lo fa qualcos'altro.
    Sospirò e si chiese quanto ancora la ragazza avrebbe impiegato ad abbandonarlo lì. Abituato a scommettere principalmente con se stesso, Thomas tentò di fare trentuno e, nel passarsi una mano sul volto stanco, osò.
    «Quindi problemi in famiglia, eh? Fammi indovinare: il paparino non ti ha comprato un pony quando gliel'hai chiesto?»
    A quel punto il dado era tratto e, come già anticipato, a lui il rischio piaceva.
    Thomas J.
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    Amelia Farley
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    Non era una che perdeva tempo con le persone a caso, ancora meno era solito farlo più di una volta di seguito: non solo centellinava sempre il tempo da spendere con gli altri piuttosto che usarli per i propri scopi, ma di certo ci teneva a selezionare sempre bene chiunque avesse al proprio fianco. Il fatto che Thomas fosse così sicuro di rivederla l’aveva incuriosita, di certo non sempre lasciarsi toccare dalla sua verve e dal suo carisma, e se anche lei avesse toccato un qualche nervo scoperto era evidente che non era uno che gliel’avrebbe data vinta facilmente.
    Eppure non era prevedibile e testardo come Blake Barnes, aveva una cocciutaggine e una sicurezza diverse, che se non altro non minacciavano di annoiarla troppo in fretta e che avrebbe addirittura potuto tollerare, se si fossero incrociati di nuovo. Inclinò la testa, come a lanciargli un’altra silenziosa sfida, l’ennesima, come se non potesse farne a meno.
    “O forse non ho altro di meglio da fare.” gli fece notare, angelica, e infondo non stava nemmeno mentendo troppo. Thomas stava tenendo impegnata la sua mente, avrebbe potuto definire quell’incontro una sorta di palestra, un modo per tenersi attiva senza perdersi in pensieri “pericolosi.” Più parlavano, e più alla bionda sembrava palese che il ragazzo che aveva di fronte non sapesse proprio con chi aveva a che fare, un dettaglio di certo curioso, quello era poco ma sicuro.
    “Dove hai vissuto fino ad oggi?! Sotto una pietra? Ho ben più di fan di quanti riusciresti ad immaginarne.” osservò, questa volta leggermente più seria, perché l’orgoglio Farley era sempre difficile da zittire in frangenti come quello. D’altro canto lei non avrebbe mai potuto mettere in dubbio il proprio atteggiamento, quando era stata cresciuta con la convinzione che essere forti e scostanti fosse l’unico vero modo per farcela nella vita, senza venire schiacciati da persone più forti e abili. Anche se avesse voluto cambiare non conosceva un altro modo di essere ed era sicura che quella fosse la sua natura, ormai.
    “Direi proprio che ti sbagli, dovresti fare qualche ricerca.” gli fece notare, il mento leggermente più alto di prima in un tacito “e faresti bene anche a scusarti per la tua ignoranza, dopo”.
    Non era da lei prestrarsi a confidenze come quelle e, se solo l’altro l’avesse conosciuta un pizzico in più, avrebbe capito quanto quella risposta fosse in realtà già un’enorme concessione, per una come lei. Non si poteva dire che lo avesse giudicato, non aveva provato niente di fronte alla sua confessione e non aveva pensato nemmeno per un secondo che quelle parole cambiassero il ragazzo, ai suoi occhi: era solo un tizio vagamente curioso prima, e tanto era anche adesso. Si strinse nelle spalle alla sua osservazione sul fumo.
    “Appunto. E’ bello sapere di avere tra le dita la propria morte eppure essere in grado di governarla.” buttò lì con estrema leggerezza, per poi irrigidirsi alla sua battuta. Ed ecco che anche lui cadeva nel tranello, ecco che anche lui finiva per credere che la sua vita fosse semplice e senza problemi solo perché aveva un cognome appariscente. Dopotutto anche lei si comportava come se fosse così no?! Perché qualcun altro non avrebbe dovuto pensarlo? Eppure venire definita sempre come superficiale e sciocca non era sempre facile. Eppure, ancora una volta, lei tornava al suo posto, quello che le spettava, e lo stesso che fingeva di ricoprire ogni volta, ancora una volta la persona di fronte a lei non si era distinta da chi lo aveva preceduto poi così tanto.
    Non gli diede comunque corda, sfoderò un mezzo sorriso. “Non un pony, un drago.” lo corresse, distaccata forse un po’ più di prima ma senza sbilanciarsi ulteriormente. Si sarebbe alzata ancora, poco dopo, stiracchiandosi. “Direi che ho perso tempo a sufficienza.” annunciò quindi, rapidamente.


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    Non aveva granché voglia di pensare, per quanto la maggior parte della gente che lo aveva conosciuto all'interno di quelle mura potesse osare credere che non lo facesse spesso.
    Amelia era una ragazza impegnativa con cui avere a che fare, che quasi stonava all'interno di un contesto in cui il ragazzo aveva avuto a che fare unicamente con gente semplice, adolescenti che sapevano esattamente cosa volevano dalle persone con cui si rapportavano, in un basilare scambio dare-avere senza pretesa alcuna.
    Thomas non sapeva nulla della famiglia Farley e non avrebbe mentito per compiacere la giovane erede che aveva di fronte. Non gli servì chissà quale ondata di genio per comprendere quanto strano risuonasse alle orecchie di lei il fatto che non il ragazzo non sapesse chi fosse, con chi avesse a che fare o semplicemente quanto la sua famiglia fosse influente in un mondo che il moro aveva iniziato a conoscere da pochi anni a quella parte. Così come Thomas non capiva e non sapeva nulla di quella personalità tanto complessa che aveva davanti, lo stesso si poteva forse dire della ragazza, seppur l'opale fosse, a detta dello stesso, molto meno complicato di quanto in verità non volesse apparire.
    «Vorrei prenderlo come un complimento, ma se lo facessi mi contraddiresti per il semplice gusto di farlo, perciò...»
    Si strinse nelle spalle e lasciò cadere l'argomento, senza tuttavia fare lo stesso con ciò che accadde di seguito. Era evidente che quella ragazza fosse qualcuno all'interno di quella scuola - o nella vita- tuttavia Thomas, come già detto, aveva ben poco tempo per i personaggi famosi e l'unico motivo per cui aveva notato la ragazza prima di quel pomeriggio era stata la folta chioma platinata che non passava affatto inosservata. Il bel visino faceva il suo lavoro, doveva ammetterlo, ma fu la personalità a spiazzarlo completamente.
    «Ah ma davvero? E, dimmi, questo fan club ha anche dei tesserini?»
    La provocò ancora, certo che sarebbe presto arrivato al punto di non ritorno. La stava esaminando, in un certo senso, per capire fin dove potesse spingersi e soprattutto per sapere fin dove lui stesso volesse arrivare.
    «In una roulotte, comunque.» Specificò subito dopo, aggiungendo dettagli del suo passato tra cui si annoverava solo una parte di verità. «Non sotto una pietra. Avevo persino un letto tutto mio.»
    Aggiunse poggiando la testa contro la teca e chiudendo gli occhi, impossibilitato a trattenere oltre una mezza risata. Se quella ragazza amava essere tanto seria, avrebbe potuto pensare lui a divertirsi per entrambi.
    Fu però la sua ultima affermazione a colpirlo. Era certo che l'altra avrebbe risposto piccata alla sua battuta e la tranquillità con cui invece gli si rivolse lo costrinse a sollevare il capo e riaprire gli occhi, puntandoli sul suo viso. Si era infastidita tanto quando Thomas aveva ammesso di non essere un suo fan e dubitato che ne avesse, come minimo avrebbe dovuto fare di peggio nel momento in cui lui l'aveva considerata infantile, viziata e superficiale.
    E invece... il nulla.
    Il ragazzo rimase ad osservarla in silenzio con uno sguardo talmente serio da risultare difficile individuare in lui l'ilarità e la schiettezza di poco prima, e fu solo quando la vide alzarsi stiracchiandosi che riacquisì un contatto con la realtà.
    Era stato fregato.
    «Se avrai voglia di perderne ancora, sai chi cercare.»
    Le rispose annuendo prima di rimettersi comodo.
    Una parte di lui avrebbe voluto dirle di restare, di lasciargli esplorare ancora chi lei fosse poiché aveva capito da un pezzo quanto poco fosse scontata una come lei. Ma un'altra parte, quella più esposta e abituata a mostrarsi, lo convinse a lasciar perdere... per il momento.
    Chiuse gli occhi e prese un'ultima boccata di fumo, prima di risentire nella propria mente le parole di lei sul fatto di tenere tra le dita il proprio destino e al contempo la morte, e quella sigaretta venne raccolta dalla mano destra per poi finire a scontrarsi col pavimento di pietra, lasciando che si spegnesse in un ultimo respiro di nicotina.
    «Ci si vede, Amelia Farley.»
    Molto presto, sperò.
    Thomas J.
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