Turno di guardia

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    Wyatt Wolf | Auror


    [Sabato mattina ore 10.30 Diagon Alley]


    Una parte della vita dell'auror oltre a fare missioni pericolose, allenarsi e stare a fare scartoffie sulla propria scrivania era dedita a cercare possibili crimini nella varie vie del mondo magico. Di fatto quella mattina era stato mandato a perlustrare e controllare a Diagon Alley e la cosa non gli dispiaceva dato che era una delle mansioni forse più tranquille di quel lavoro che spesso rischiava di portarli a un passo dalla morte. Era accaduto spesso di trovare dei piccoli crimini nella via e mettere a tacere subito le loro attività era fondamentale prima che diventasse un problema ancora più grosso, tra ragazzi che provavano a sballarsi in maniera assurda e con modo impossibili da capire, tra criminali di basso rango e tutto il resto poteva accadere di tutto anche se spesso erano perlopiù giornate del tutto tranquille, sperava sinceramente fosse una di quelle e che potesse tornare rapidamente al Ministero della Magia. Arrivato nella via si mise a girare tra quelle insenature che erano covi di criminali, ma almeno la prima ispezione fu del tutto tranquilla, sembrava essere effettivamente una mattinata tranquilla. Dopo diversi minuti si rese conto che tutto taceva e in quel caso poteva andare su due lati, o una mattinata senza alcun problema da risolvere oppure tutti i problemi sarebbero arrivati insieme, sperava chiaramente nella prima opzione ma non poteva sapere cosa succedeva. Tornò a camminare nella via stando attendo a cosa sentivano di rumori fuori dal normale i suoi orecchi e cosa vedevano i suoi occhi, era stato addestrato a fare ciò e sfruttava il suo allenamento in ogni modo possibile, anche in un semplice pattugliamento in una via nota e importante come quella. In ogni caso era pronto a intervenire e mettere tutto in ordine.

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    Adrien Beauvais
     
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  2. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    L'aveva trovata sotto al cuscino di un suo compagno di stanza, troppo sbadato e distratto per pensare a un nascondiglio più sicuro: l'aveva raccolta dopo essersi sincerato che nessuno lo vedesse e se la ficcò in tasca, contento che non si sarebbe mai vista dall'esterno perché sottile. Si era lavato le mani con cura e vigore, in modo tale che nessuno potesse sentire l'odore di quella che il Regno Unito considerava la più pericolosa droga: una canna. Una semplice canna. Eppure, doveva stare attento.
    Pensò che avrebbe dovuto tenerla al sicuro fino a quando non avrebbe trovato il momento giusto per fumarsela. Era sabato mattina e tutti gli studenti sarebbero stati in giro per il castello: non poteva essere tranquillo, perché non c'era alcuna lezione ad inchiodarli tra i banchi in legno delle aule. In più, non poteva rischiare che qualcuno lo scoprisse, né i prefetti, né i professori, ma, soprattutto, i suoi fratelli. Doveva trovare un luogo perfetto, dove nessuno conosceva il suo volto, pieno di gente, dove si sarebbe perso tra la folla: Diagon Alley.
    Senza assumere aria sospetta, lasciò il dormitorio, con una borsa sulle spalle, quasi a voler denotare che stesse andando a studiare - e tutti ci sarebbero cascati, ne era sicuro. Fortunatamente, non incontrò né James né Marlee. Regina non era un problema, lo avrebbe evitato lei stessa visto il recente stupido litigio.
    Raggiunse il cancello d'ingresso all'Accademia e si smaterializzò, unico modo per raggiungere il vicolo.
    La strada era davvero affollata: c'era gente che andava a lavorare, genitori con bambini che scorazzavano di qua e si là.
    Percorse il selciato, guardandosi a destra e a sinistra alla ricerca di un'alcova: sembrava un passante qualunque, forse diretto al Ghirogoro. Finalmente, la trovò: si accoccolò sotto un sottoscala di una palazzina, dove nessuno avrebbe potuto vederlo. Con un accendino, accese la canna tra le sue dita e se la portò alla bocca. Prese una grossa boccata. Tossì amaramente subito dopo. L'effetto che cominciava a prendere sul suo corpo, però, gli piaceva. Continuò e si sentì terribilmente rilassato, come non mai.
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    Wyatt Wolf | Auror


    Una camminata che sembrò essere molto tranquilla fino a che non trovò qualcosa che sembrava essere fuori dal normale per una semplice mattinata di sabato. In un sottoscala di una vecchia casa vicino al Ghirigoro sentì un odore che era del tutto fuori dal normale, era chiaramente legato a qualcosa che era illegale come una droga babbana, si portò verso la zona dove sentiva maggiormente l'odore e a quel punto vide un ragazzo che aveva chiaramente l'età di uno studente che aveva tra le mani quello che si sarebbe considerato una "canna" nel mondo babbano. Era una piccola violazione, non una cosa seria, ma doveva intervenire, era quello il suo lavoro e il suo compito. Si avvicinò a lui con dei passi non troppo rumorosi, poi quando fu a un passo toccò la spalla al ragazzo.

    Ehm, scusami ragazzo. Sono Wolf, auror del Ministero della Magia.

    Si fermò un attimo dopo essersi identificato, era il primo passo per una cosa del genere. Doveva mettere paura al ragazzo, chiaramente non lo avrebbe mai portato al Ministero per una cosa del genere, la considerava una ragazzata.

    Devo dedurre che sei uno studente di Hiddenstone giusto? Come ti chiami?

    Fece una nuova pausa poi riprese.

    Dall'odore direi che stai fumando della Cannabis, correggimi se sbaglio.

    Guardò il ragazzo per vedere se faceva dei movimenti che confermassero o meno le sue parole.

    Lo sai vero che questo è un reato anche qui nel mondo magico? Si tratta di una droga.

    Era il momento che il ragazzo poteva dire la sua in merito, poteva essere la prima volta che la usava come poteva essere un assiduo fumatore della stessa, tutto era ancora da scoprire. Cercava di essere si invasivo ma non troppo, spesso a quell'età una ramanzina faceva la parte buona e cattiva del suo lavoro.

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  4. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Era ancora all'inizio di quella piacevole scoperta, ma fu subito interrotta da una mano pesante che si posò sulla sua spalla, che lo fece sobbalzare violentemente, mentre il cuore gli martellava il petto così forte che sembrava volesse uscire da esso. Si voltò, mentre tentava di nascondere la canna, senza troppo successo, portandola vicino alla sua coscia. Sapeva che, molto probabilmente, il suo colorito aveva perso diversi toni di colore fino a raggiungere un certo pallore e questo lo imbarazzava. Quello era uno dei momenti in cui la sua perfezione era messa in discussione: non era stato in grado nemmeno di fumarsi una canna senza farsi scoprire, "porca puttana!".
    Spalancò gli occhi illuminati da un leggero terrore quando vide che colui che l'aveva interrotto fosse un auror.
    "Oh cazzo!" pensò. Fumare una canna era un reato a tutti gli effetti: a quel pensiero, il suo viso, generalmente inespressivo, era corrucciato dalla rabbia, ma mezzo spaventato. Mostrava come fosse uno specchio ogni emozione che gli passava per il petto.
    Gli aveva appena chiesto come si chiamasse e non era davvero contento di dover rispondere. Si alzò in piedi e tentò di spolverare i suoi pantaloni dalla polvere. Non tentò di nascondere la canna perché sarebbe stato tempo sprecato. Ormai il danno era stato fatto. Si schiarì la gola, per evitare che questa fosse tremolante: Adrien non era tipo da reato e mai ne aveva compiuti. In quel momento, avrebbe voluto prendersi a ceffoni da solo.
    - Adrien Beauvais, signore. E sì, sono uno studente di Hidestone... - affermò, controvoglia.
    Abbassò il volto e puntò lo sguardo verso le sue scarpe, in atteggiamento contrito.
    - Mi dispiace, non è mia... -
    "Bravo, Adrien, davvero ottimo lavoro! Ma che cazzo dici?"
    Sapeva di aver detto una cazzata, visto che affermare "non è mia" non l'avrebbe salvato da guai imminenti.
    Non rispose all'ultima domanda dell'Auror, ma si strinse nelle spalle, come un codardo. Ma che poteva farci? Non voleva finire in carcere o robe simili. E non voleva che fossero contattati i suoi genitori. Aveva ancora tra le dita la canna accesa. Che cosa doveva farci? Non poteva buttarla a terra.
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    Wyatt Wolf | Auror


    Si vedeva che era un bravo ragazzo, altri avrebbero reagito in maniera più disinvolta usando una scusa decisamente più plausibile o ben formata, sembrava quasi come aver trovato un ragazzo a rubare delle caramelle, un lavoro semplice da gestire tutto sommato. Fece un mezzo sorriso sul volto a quelle parole poi gli rispose.

    Allora Adrien Beauvais, studente di Hidenstone. Dal cognome non sembri inglese, mi sembra forse più della terra francese.

    Fece una piccola pausa mentre lo osservò abbassare il volto e guardare a terra, atteggiamento che usava chi sapeva di essere colpevole e non era abituato a essere in quelle situazioni. Quindi riprese.

    Non è tua? E perchè la staresti fumando allora? Non mi sembra una scusa molto valevole, perchè nel caso dovresti farmi il nome di chi è il proprietario.

    Guardò il ragazzo poi riprese.

    Quanta altra ne hai con te?

    Sperava che non avesse dei pacchetti molto grandi e di dimensioni superiori al limite del reato. Se si trattava di qualche grammo poteva chiudere un occhio senza problema, se era di più il problema si ingigantiva enormemente e doveva portarlo con se verso il Ministero della Magia, anche se sarebbe stato una cosa da poco conto.

    Mi sembra che sei un bravo ragazzo e non ti metti spesso nei guai vero? Il tuo tenere la testa bassa è un sintomo di questa cosa.

    Una piccola pausa.

    I veri criminali incalliti ti guardano negli occhi come a sfidarti e farti capire che non hanno paura e ciò mi dice che non sei come loro.

    Si fermò nuovamente.

    Perché la stai fumando? Per problemi personali? Per piacere tuo? Oppure per provare e sei stato così sfortunato da farti beccare? Dimmi la verità e ti posso ampiamente aiutare, se mi dici bugie sarà difficile darti una mano e venirti incontro. Non vorrai venire con me al Ministero vero?

    Attese una risposta dal ragazzo.

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  6. Adrien Beauvais
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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Non era proprio nelle condizioni di rispondere impulsivamente, ma non riuscì proprio a trattenersi dal correggere l'Auror sulla propria provenienza.
    - Franco-americano, di origini francesi -.
    Forse avrebbe fatto meglio a starsi zitto, visto che stava sfidando la sorte al peggio delle sue capacità.
    Bene. Ora si che si sarebbe messo nei guai. Non gli avrebbe mai detto a chi appartenesse quella canna. Non era una spia. Beh, se l'avesse sentito qualcun altro, sicuramente avrebbe pensato che fosse una mezza spia, visto che aveva usato la scusa, seppur vera, che quella droga fosse di un'altra persona. Ma non si sarebbe mai permesso di fare una cosa simile. Perciò, mantenne la posizione colpevole assunta inizialmente: volto verso il pavimento, sguardo basso, occhi che non rivolgevano attenzioni a nessuno se non ai suoi propri piedi. E, in più, decise di optare per una sorta di mutismo selettivo.
    - Non ne ho. -
    Era vero, aveva solo una canna con sé che, ormai, era andata a farsi fottere.
    Ora aveva iniziato pure a far leva sul suo cuore. Si, era un bravo ragazzo. Ma questo non voleva dire fosse un pappamolle. Si sentì punto nell'orgoglio, perciò, puntò i suoi occhi sul volto dell'Auror, alzando il mento in aria di sfida. E non poteva negare di essersi cercato l'interrogatorio che seguì.
    - Non che siano cazzi tuoi! -
    Ops. Troppo grave. Era stato troppo grave.
    "Impulsività di sto cazzo!" pensò.
    Era sicuro che l'avrebbe portato al Ministero. Cazzo, e se fosse stato espulso? Non poteva accadere davvero. Tutta la sua vita stava per andare a puttane per una cazzo di canna. Per una fottuta canna! Merda! E cosa avrebbero detto i suoi genitori una volta scoperta la sua dipendenza?

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    Wyatt Wolf | Auror


    La provenienza stava diventando l'ultimo dei problemi di quel ragazzo che aveva di fronte, aveva cercato fino a quel momento di essere comprensivo e ben aperto a far evitare problemi al ragazzo ma stava decisamente cambiando idea, forse avere un po' di seria paura poteva rimetterlo in riga.

    Bene, grazie mille per la precisazione.

    Vedere quello sguardo basso era come un segno di colpevolezza, aveva imparato a osservare con il tempo i criminali che poteva aver davanti, spesso erano di un livello decisamente superiore al ragazzo, ma doveva fargli capire che con il Ministero della Magia non si scherzava, non gli piaceva chi si prendeva gioco di lui.

    Voglio crederti su questa cosa, che non ne ne hai altra addosso.

    Per il momento la bontà proseguiva, seppur non credesse del tutto a quelle parole, ma era pur sempre un reato minore nel caso, un qualcosa di basso livello. Quello sguardo fisso su di lui dell'auror era come se fosse un modo per sfidarlo, per fargli capire che poteva tenergli testa, ma non voleva imporre nulla tutto sommato.

    Adrien Beauvais, direi che hai usufruito un po' troppo della mia pazienza, se volevi dei guai adesso sei riuscito a trovarli. Direi che hai superato troppo il limite.

    Guardò il ragazzo con uno sguardo che era cambiato, ma faceva tutto parte del modo di essere e fare di un auror.

    Allunga le mani verso di me, sei in stato di fermo.

    Appena il ragazzo avrebbe allungato le mani verso di lui avrebbe fatto apparire le manette magiche che si sarebbero messe ai polsi dello studente.

    Devi venire con me al Ministero, ma ahimè non sarà una visita di piacere.

    Era pronto a quel punto per smaterializzarsi con quel giovane al Ministero, doveva capire meglio cosa poteva nascondere e perchè lo faceva. Forse stare un po' nella stanza riservata agli interrogatori poteva fare la sua parte nella paura, quella era una stanza riservata ai veri criminali.

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    Adrien Beauvais
    Black Opal | 17 anni
    Se non fosse stato lui il soggetto di quella sorta di interrogatorio e al suo posto ci fosse stato un altro, era sicuro che si sarebbe immensamente divertito nell’ascoltare la risposta di precisazione delle origini, ma, ancor di più, quella dell’Auror, il cui timbro tutto sembrava tranne che confermare le parole che accompagnava. Gli pareva che quella sorta di poliziotto magico lo stesse prendendo in giro, ironizzando sulle sue stesse frasi. Come detto prima, se fosse stato un mero spettatore, era sicuro che avrebbe ridacchiato con grande piacere, ma non era quello il caso. Era lui il colpevole e quella situazione lo rendeva sempre più nervoso, impanicato e quasi affranto.
    Quando disse di credergli, non era sicuro delle vere intenzioni: le sue parole erano bonarie, ma il movimento del suo corpo, in un linguaggio tutto suo, comunicava una certa diffidenza. Però quella era la verità e nessuno poteva cambiarla.
    Ma come cazzo mi è venuto in mente di venire in sto buco di mondo per farmi una stramaledetta canna?!” pensò, rimproverandosi amaramente per quella scelta. Ma non aveva ancora ricevuto una lezione da quell’esperienza, perché, effettivamente, si ritrovò a fare ciò che avrebbe proprio dovuto evitare di fare: sfidare l’Auror. Non aveva ancora capito che l’impulsività e la testardaggine non giovavano a nulla? Da quanto stava accadendo, direi di no.
    E i termini “guai” e “limite”, come il verbo “superato”, non erano proprio conosciuti per stare bene insieme, perché preannunciavano solo caos. E lui ci era dentro fino al collo.
    Merda!” pensò, ancora una volta. Cosa avrebbe dovuto fare? Inginocchiarsi? Supplicarlo? No, quella era resistenza a un pubblico ufficiale. Ma sentiva quasi il bisogno di comportarsi come un bambino piagnucolante, pur di evitare di essere messo “alla gogna” in famiglia, a scuola, in società. Ora sarebbe stato per tutti un drogato. Da quanto si interessava del giudizio altrui? Non lo avrebbe mai ammesso, ma, in qualche modo, era sempre dipeso dagli altri, in quella mania di perfezione.
    Non voleva assolutamente allungare le mani, quindi, provò a cercare un compromesso.
    - Vi prego, non mi portate al Ministero! Vi giuro, non mi troverete più in questa situazio- -
    Si zittì di colpo, resosi conto che aveva appena insinuato, senza volerlo e ingenuamente, che l’avrebbe rifatto, ma senza farsi scovare. In realtà, lui voleva solo dire che non avrebbe più fumato una canna in vita sua.
    Vista l’insistenza, allungò le braccia tremanti e subito comparvero delle manette ai polsi. Ora sì che aveva paura. Doveva fare qualcosa. Assolutamente qualcosa. Non poteva permettere che i suoi genitori scoprissero qualcosa. E poi c’era il fatto che avrebbero contattato la scuola per avvisare dove fosse finito.


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