No Rest For the Wicked

Evrard

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  1. Markus Sandström
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    cf1c8b630cb9f95757673b9b25dc9142
    Markus Sandström
    Ministry employee | XXVI
    Lo sguardo cadde forzato sull'orologio a cucù, i lineamenti del viso piegati in un'espressione giudiziosa e palesemente stizzita. Quel maledetto aggeggio, ormai pezzo d'antiquariato anche per Maghi e Streghe, come si poteva intuire dall'aspetto usurato, a breve avrebbe di sicuro suonato di nuovo, ammorbando ancora una volta le sue orecchie con quel fastidiosissimo suono a cui proprio non riusciva a trovare un senso: ma sarebbe stata l'ultima volta! Mano destra vicina alla bacchetta e un bicchiere di pessimo caffè a riempire la sinistra, Markus Sandström decise infatti su due piedi, guidato da una mente ancora lievemente annebbiata dall'alcool e dalla voglia di non ascoltare più quel dannato cucù, che non appena quella specie d'incrocio tra un Demiguise e un pappagallo avesse messo il becco fuori dalla propria tana: lo avrebbe fatto saltare in aria!
    Niente di troppo eclatante, solo un piccolo bombarda castato per di più in modo verbale, così da far pensare a un semplice malfunzionamento. Non aveva voglia - né bisogno - di fare sfoggio dei suoi poteri, ma non aveva voglia nemmeno di farsi martellare la testa, già profondamente provata, ogni tot minuti da quel fastidiosissimo rumore. I doverosi festeggiamenti - anche se fatti in ritardo - per l'uccisione dell'Auror Visil Romanoff e della sua sfortunata consorte si erano di fatti protratti fino all'alba e, dopo aver passato qualche ora in compagnia di una donna di cui non ricordava nemmeno più il nome, la testa di Markus aveva iniziato a essere presa di mira dal post sbornia, e quindi da un pungente mal di testa. Non c'era davvero alcun bisogno che l'orologio a cucù rincarasse la dose.
    A seguito di un sospiro quasi rassegnato, il mago di Kirkenes mandò giù l'ultimo sorso di quello che sperava si sarebbe trasformato in carburante per il suo corpo, necessario per smaterializzarsi e tornare finalmente a casa - e magari avvertire quelli del Ministero che avrebbe fatto leggermente tardi. Del resto, erano solo le otto di un normale venerdì mattina.
    Ma prima...
    Con nonchalance sfoderò la bacchetta sotto al tavolo e puntò l'estremità verso l'orologio appeso al muro, dall'altra parte della sala d'ingresso. Distava circa cinque metri dalla sua posizione e, tra il tavolo a cui era seduto e il suo bersaglio, vi era un fastidiosissimo corridoio improvvisato che gli altri clienti continuavano a usare - giustamente - per entrare o uscire dal locale. Questo però non sarebbe stato di certo un impedimento, per lui: Markus aveva una mira incredibile - quando era lucido, almeno. Inoltre, una parte di lui sperava davvero, totalmente a caso, che il mal di testa sarebbe andato via con lo scoppio dell'orologio. Ormai era quasi una questione di sopravvivenza.
    Le otto precise giunsero infine e, non appena la lancetta più lunga raggiunse il numero dodici, quell'orrenda creature sgusciò fuori dall'orologio. Avvolto in un mantello nero che copriva l'intera figura, eccezzione fatta per la testa, Markus mosse rapidamente solo il polso destro, prima di pensare: "Bomb... Dannazione!". La formula, sfortunatamente, gli si strozzò in gola; o meglio in testa, a causa di un uomo e di una donna che ebbero la brillante idea di passare davanti a lui proprio nel momento in cui stava per lanciare l'incantesimo.
    < Veloce! Non si fanno sfilate qui, c'è gente che aspetta!>
    Esordì, tirando una clamorosa balla per non rivelare i suoi piani, un ghigno infastidito sul volto mentre osservava la figura dell'uomo che gli aveva impedito, per il momento, di distruggere il fastidioso uccellaccio che, nel frattempo, aveva ricominciato a sbraitare.
    Le dita della mano sinistra iniziarono a tamburellare impazientemente sulla superficie lignea del tavolo, gli effetti miracolosi del caffè che iniziavano a fare effetto: chi sarebbe stato più veloce, il caffè o lo sconosciuto?
    Era proprio vero che i malvagi non riposavano mai!
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  2. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    - Chiama la ragazza e dille di venire subito! -
    Furono quelle le parole che Evrard rivolse ad uno degli elfi domestici della sua dimora. Non gli importava di sua nipote: qualunque cosa stesse facendo, per rispetto di colui che l'aveva accolta nella sua casa, avrebbe dovuto lasciar tutto quello che stava facendo e raggiungerlo, senza se e senza ma, perché un uomo che deteneva la sua custodia richiedeva la sua richiesta, immediatamente.
    Dopo poco, osservo Louise arrivare al suo cospetto abbastanza affannata, il che gli suggeriva che avesse corso. Seduto com'era sulla comoda poltrona in pelle, sorseggiò lentamente un bicchierino di Brandy, non prima di aver alzato il labbro in un sadico sorriso.
    - Mi voleva, signore? -
    Evrard si beò del titolo che gli era stato appena affibbiato: gliel'aveva comandato poco dopo che la ragazzina fu ospitata, cercando di stroncare la pessima abitudine di sentirsi chiamare "zio". Louise non era sangue del suo sangue, non avevano niente in comune: per lei, quindi, non era altro che un estraneo e, come tale, doveva portargli rispetto, anche perché uomo e adulto. Un pensiero, il suo, che rifletteva totalmente la sua misoginia e che non aveva paura di mostrare ad occhi esterni, soprattutto ad amici.
    - Preparati: tra dieci minuti andrò al Paiolo Magico e tu mi accompagnerai. -
    Evrard poggiò il bicchiere sul tavolino e si alzò in piedi. Louise sapeva bene che avrebbe dovuto evitare di fare domande, ma si lasciò sfuggire un curioso e impulsivo - Perché? -. Non tardò ad arrivare un forte ceffone e un ferreo scossone del braccio da parte dell'uomo. Il naso di Louise fu impregnato dall'odore di alcool derivante dalla bocca di Evrard, il che la fece insospettire che fosse leggermente brillo.
    - Cosa ti ho sempre detto io, eh?! Non devi fare domande. Io dico, tu fai. Io comando, tu obbedisci. -
    La presa le fu lasciata con uno strattone violento. Suo zio si ricompose, lisciandosi i capelli selvaggi con una mano.
    - Vai a prepararti. Non farmelo ripetere più. -
    Ma, mentre Louise si accingeva a percorrere il corridoio, Evrard la fermò nuovamente, dicendo: - Anzi, prendi solo il cappotto e andiamo! -
    Non era raro che Boyer cambiasse idea da un momento all'altro , soprattutto quando aveva bevuto un bicchierino di troppo.
    Una volta che la ragazza avesse raccolto il suo soprabito, i due si smaterializzarono direttamente al Paiolo Magico, non appena avessero messo piede oltre la soglia di casa.
    Evrard entrò all'interno del locale con passo determinato, consapevole che la ragazzina lo stesse seguendo. Louise, nel frattempo, ebbe modo di scorgere la sua figura molto rapidamente su una superficie specchiante: il suo aspetto sarebbe stato perfettamente in ordine, se non fosse stato per il livido che aveva annerito una sua guancia.
    Non passò inosservato agli occhi di Boyer la figura nera che si stagliava in mezzo ad un gruppo di gente, con gli occhi omicidi puntati verso un orologio a cucù. Poco prima che questi potesse lanciare un qualche incantesimo contro di esso, Evrard estrasse la sua bacchetta dalla fondina e la puntò velatamente verso l'obbiettivo, lanciando un silenzioso - Colloportus -, che chiuse ermeticamente il cucu, in modo tale che niente potesse più uscire.
    Si voltò verso l'uomo che gli aveva appena rivolto una stizzita domanda retorica e disse - Dicevate? Signor...? -
    Con un cenno della mano, indicò a Louise di avvicinarsi.
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  3. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Ministry employee | XXVI
    Fu piuttosto arduo, per Markus, ascoltare e metabolizzare quelle poche parole che lo sconosciuto gli rivolse. Vederlo sfoderare la bacchetta non lo sorprese più del dovuto, ma osservare l'uccellaccio del cucù fare ritorno nella sua tana totalmente integro gli fece storcere non poco il naso, e finì per focalizzare la sua attenzione solo su quel piccolo, e apparentemente insignificante, dettaglio. Una narice si inarcò quindi indispettita verso l'alto, nonostante le sue orecchie - e la sua testa - si sentissero adesso sollevate per via del cessato rumore; ma questo ovviamente non era abbastanza per farsi perdonare l'affronto che lo sconosciuto non sapeva neanche di avergli arrecato. Il tamburellare delle dita trovò quindi una fine, lo sguardo che saltellava dalla figura dell'uomo a quella della ragazza al suo seguito, marcata da un vistoso livido sul viso. Non si sarebbe definito un tipo possessivo, il moro, ma di sicuro non amava che gli venissero sottratte le proprie cose, e quell'orologio a cucù, dal momento in cui aveva deciso di distruggerlo, era diventato di sua proprietà. Che qualcuno oltre lui vi interagisse quindi, evitandogli addirittura di distruggerlo, era decisamente fuori discussione. < Sicuramente un bel nome! > Replicò sarcastico, continuando la frase dell'uomo che lo aveva palesemente invitato a presentarsi. < Ma che non vi è dato sapere, dal momento che avete interferito con ciò che avevo in mente! > Aggiunse in tono piccato, senza nascondere il fastidio provato dal non aver potuto polverizzare il cucù dell'orologio; la parte meno sobria di lui convinta che, distruggendo l'uccellaccio, gli effetti della sbornia sarebbero passati come per magia reclamava giustizia! < Adesso dovrò alzarmi, polverizzare quel fastidiosissimo orologio e probabilmente minacciare il barista. O magari te. E Tutto per colpa tua. > Il tono si trasformò in confidenziale, grave e privo di quella gentilezza che non aveva alcuna voglia di ricambiare, mentre lentamente si rimetteva in piedi. Al diavolo i convenevoli: lui poteva permettersi di tutto! < Dovresti giocare con i tuoi giocattoli. > Riprese, indicando la figura della donna - e implicitamente il livido che aveva sul volto - con un cenno del capo.
    < Non con quelli degli altri. > Non sapeva se fosse opera dell'uomo quel livido, e neanche gli interessava, voleva solo fargli capire di stare al proprio posto. Ognuno aveva i suoi hobby, del resto. < Bei gusti, comunque. > Concluse, mentre li osservava entrambi con la coda dell'occhio, la bacchetta nascosta nella manica del mantello con la punta indirizzata verso l'orologio.
    "Bombarda!" Pensò intensamente, senza che le sue labbra si muovessero, così da non destare sospetti, per poi osservare compiaciuto l'esplosione dell'orologio e l'espressione sorpresa del barista - al quale non venne minimamente in mente di cercare un colpevole.
    < Tsk, idiota! > Commentò in un mugugno il Ministeriale, mentre osservava il barista malediva la poca affidabilità delle diavolerie babbane. < Sandström! > Riprese, rivolgendosi di nuovo verso l'uomo. Lo sguardo che ancora saltellava da un viso a un altro, adesso più tranquillo. < E tu sei? > Qualcuno che avrebbe fatto bene a farsi gli affari suoi, la prossima volta, ma di cui gli sarebbe convenuto sapere il nome: aveva la faccia di qualcuno che gli sarebbe tornato utile!
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  4. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    Il sarcasmo dell'uomo non lo lasciò indifferente, ma Evrard fece in modo che il suo sorriso rimanesse al suo posto. Dopotutto, l'affermazione del proprio potere consisteva, in particolar modo, nei giochi di sguardi, nei sorrisi affilati, nelle gesta educate e pacate che, nella loro tranquillità, rendevano colui che ne era il possessore un degno avversario, se non addirittura superiore. Non conosceva l'uomo, ma poteva intuire da quel suo incessante tamburellare delle dita delle mani che non aveva apprezzato il suo gesto e, di certo, Evrard non aveva fatto fuori il cucu per empatia, pietà o gentilezza. Anche se, a dirla tutta, questo lo sapeva soltanto lui. Ogni sua mossa era quasi, si potrebbe dire, premeditata.
    Ogni suo presentimento fu confermato dalla voce stizzita dell'uomo che negò ogni sua richiesta implicita, alla quale Boyer decise di non prestar caso, continuando a mantenere un aspetto abbastanza "affabile" e, forse, tanto audace quando la situazione richiedesse, soprattutto nel caso della minaccia che gli era stata appena rivolta, una di quelle che l'uomo considerava priva di pericolo reale.
    - Mi chiedo in cosa consisterebbe la sua minaccia, signor con un bel nome che non mi è dato sapere! - disse, concentrando in ogni singola parola un'ironia fuori dal comune, mentre punteggiava l'uomo di una grossa risata che gli sfuggì dalle labbra.
    - Non sapevo che l'orologio fosse un vostro giocattolo. Essendo il Paiolo Magico, i giocattoli dovrebbero essere di chiunque, non credete? E poi, come potete ben vedere, questa vena di condivisione comunitaria è insita nelle mie vene, visto che il mio giocattolino l'ho portato con me, in un luogo che si addice solo alle puttane! -
    Continuò a fissare lo sconosciuto, senza dar peso allo sguardo inorridito che Louise gli aveva rivolto - e che avrebbe pagato caro in seguito. Eppure, si sentiva in vena di dar una spiegazione esaustiva sulla presenza della ragazza, a scanso di equivoci.
    - Non che questo mio giocattolino sia una puttanella, tanto meno mia, sia chiaro! -
    Una voce che non lasciava spazio a dubbi.
    "Ti piacerebbe che lo fossi, almeno ti frutterei soldi oltre ad alleanze!" pensò Louise, contenta che nessuno avesse il dono della Legilimanzia.
    La ragazza abbassò lo sguardo sull'anello, con cui cominciò a giochicchiare dall'ansia: in quel preciso istante, seppur stranamente, avrebbe preferito che ci fosse Alton a salvarla da quel postaccio, anche se non era così sicura che avrebbe potuto farlo.
    "Se solo avesse un po' di carattere..."
    Un pensiero avvilente, davvero, per una donna che doveva andare in sposa ad un uomo che considerava un brav'uomo, certo, ma poco audace in alcune situazioni. Bastava osservare la sua stessa vita per comprenderlo.
    Con un semplice - Mhh - annoiato, Evrard lasciò scivolar via quel complimento, che considerava del tutto inutile, per poi sciogliersi in una risata sadica quando notò che l'uomo avesse raggiunto il suo vero obiettivo.
    - Ebbene, ora che vi ho lasciato giocare con il vostro giocattolino, non vi aspetterete che ceda alla vostra richiesta di sapere chi sia io, senza che prima non rispondiate voi alla mia domanda -
    Nelle questioni di potere, anche l'autorevolezza aveva la sua importanza, soprattutto in un dialogo di tal calibro.
    Prese posto sulla panca libera di fronte all'uomo, per parlare faccia a faccia, altra tattica importante, e fece cenno alla ragazza di sedersi affianco a lui.
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  5. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Acromantula | XXVI
    Se gli avessero anticipato che, dopo una nottata passata a bere e festeggiare in compagnia di... Mary? Megan? No, Melanie! Ecco come si chiamava! < Melanie! > Pronunciò il nome quasi inconsciamente e con un filo di voce, l'espressione assorta che lasciava spazio ad una soddisfatta, per via del ricordo prodigo.
    Ad ogni modo, se gli avessero anticipato che sarebbe finito a disquisire con un individuo molto più sadico di quel che sembrava - il che era tutto dire - ma apparentemente utile, il giovane Mago avrebbe ordinato qualche caffè in più. Malgrado le buone intenzioni, infatti, la sua testa continuava a essere un parco giochi, distraendolo in continuazione.
    Forse avrebbe dovuto ordinare qualche caffè in più a prescindere.
    Riportò quindi lo sguardo sulla strana coppia, scrutandoli curiosamente senza alcun ritegno. Del resto, le parole dell'uomo erano state a dir poco interessanti. Chi diavolo era quella ragazza che sembrava letteralmente portarsi dietro, era forse un pappone? Eppure gli aveva assicurato che non fosse una puttanella, ma perché condividerla, allora? Non era proprio l'esclusiva a rendere intrigante il possedere un giocattolo? La pensavano molto diversamente: Markus era geloso di qualsiasi cosa reputasse sua! Che a onor del vero non erano neanche molte.
    La sua volpe, Niumue, né era un chiaro esempio. Malgrado il moro fosse il primo, infatti, a volerla punire severamente per via del comportamento ribelle della stessa, nessuno si sarebbe mai dovuto permettere anche solo di pensare una cosa del genere; per l'orologio era più o meno la stessa cosa ma, dato che era riuscito comunque nel intento di distruggerlo, avrebbe accantonato la questione, in favore di una conoscenza che sperava si sarebbe rivelata, un giorno, utile - la prima di una lunga serie.
    < Mi fa molto piacere per lei. > Riprese, ritornando ad assumere un tono forzatamente consono, ma quasi ironico. Sarebbe sicuramente durato poco. < Ma a me non piace condividere, non le mie cose, almeno. E, anche se ci troviamo in un luogo pubblico, faccio presto a impossessarmi di ciò che voglio: di fatto, quell'orologio è diventato mio nel momento esatto in cui il mio sguardo si è posato su di esso! Ma dato che ha fatto la fine che meritava, per questa volta la passerete liscia. >
    Rimarcò, sancendo una definitiva linea di confine, per poi concentrarsi unicamente sul volto della ragazza. Non sembrava per nulla felice della compagnia del suo cavaliere: non sembrava felice proprio per nulla, in effetti. Che fosse una specie di schiava? O magari qualcuno che aveva rapito? In tal caso, portarla in un luogo pubblico sarebbe stata una mossa decisamente poco furba; no, doveva esserci qualcosa di più complesso e interessante sotto. O almeno lo sperava - i cliché lo annoiavano, e non era di certo lì per salvare donzelle in difficoltà.
    Li osservò quindi prendere posto entrambi, al suo tavolo, la bacchetta ancora sfoderata e nascosta nella manica destra.
    < Markus Sandström! > Ripeté, in tono leggermente stizzito. L'aveva già detto una volta, del resto. < E voi siete...? Vi avverto che non mi piace ripetermi, e non ho molto tempo; non vorrei trovarmi costretto a far saltare in aria anche il vostro giocattolino. > > Aggiunse, un cenno del capo rivolto alla ragazza, verso la quale non riversava alcun tipo di preoccupazione. Non erano affari suoi, del resto.
    < Che da quel che mi dite non è neanche vostro. Rubare i giocattoli degli altri deduco sia quindi un vizio. Orologio o puttanelle che siano. >
    Un ghigno ironico spinse verso l'alto un angolo della bocca, le iridi che riflettevano la soddisfazione per il suo stesso acume.
    < Sembra molto servizievole, comunque. > Volse poi lo sguardo di nuovo sul volto della ragazza, un sopracciglio che pensieroso si inarcò verso l'alto. < Parli? O meglio, hai il permesso di parlare? > Le chiese, senza timore alcuno per le reazioni di entrambi. Quella era decisamente la mattina giusta per uccidere qualcuno, ma anche per divertirsi un po'. Verso quale lato sarebbe calato l'ago della bilancia?
    < No perché vorrei un caffè, ma non credo riuscirai a ordinarlo con la bocca chiusa. A meno che tu non sappia esprimerti a gesti. Si esprime a gesti? > Domandò poi all'uomo, ritornando con le iridi su di lui. Il tono quasi divertito, malgrado il mal di testa. Sarebbe andata?
    < Dunque, mi dica, nel frattempo: di cosa si occupa? È un Pappone o un ladro? >
    Nobili professioni entrambi.
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  6. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    Evrard era solito non rispondere alle minacce o, piuttosto, farlo con un sorriso ben tirato sulle sue labbra, uno di quelli forzati ma che apparivano come fossero genuini. E così fece anche quando l'uomo si sentì in dovere di minacciarli, la prima volta velatamente, la seconda senza darsi troppi pensieri: sapeva di poter essere snervante, ma non gli importava di meno di ciò che gli altri osservavano di lui o pensavano sul suo conto.
    - Buon per voi! - disse solennemente, come se fosse la questione più importante del mondo.
    "Più importante di me?! Pf, non c'è nessuno, assolutamente" pensò, autocompiacendosi, un po' come Narciso di fronte a uno specchio d'acqua.
    - Evrard Boyer - disse, mentre gli porgeva la mano, un gesto che avrebbe dovuto iniziare il suo interlocutore ma a cui, evidentemente, non aveva prestato abbastanza attenzione, sbagliando, poiché i giochi di potere passavano anche per i gesti più insignificanti. Probabilmente, l'uomo avrebbe saputo riconoscerlo vista la fama che si era portato dietro alla sua nomea. Non si preoccupò di presentare Louise.
    - Ah-ah - affermò, con ilarità, non potendo più sopportare che ci fossero minacce - Su questo devo contraddirvi: sarebbe un peccato se distruggeste il mio giocattolino, se così può essere chiamata - o, piuttosto, dovrei dire "pedina" - rivolse una breve occhiata di traverso a Louise, che aveva lo sguardo basso - visto che vi ho salvato da un mal di testa infernale -. L'uomo avrebbe potuto rendersi conto quanto Evrard fosse attento nell'osservare i dettagli più piccoli e che non avrebbe potuto facilmente essere preso in giro.
    - Come ho detto è più una pedina che un giocattolo, ma devo darvi ragione: è servizievole -.
    Gli occhi di Boyer avrebbero atterrito chiunque visto che avevano assunto un'aria oscura e perversa.
    Nel frattempo, Louise strinse i pugni più che poté, fino a quando, dopo che le nocche erano diventate più che bianche, non si lasciò sfuggire un impertinente - Credo che dobbiate chiudere la vostra bocca -, non riuscendo, però, a pronunciare uno sprezzante "signore", perché un lamento soffocato lasciò la sua bocca quando suo zio le strinse il braccio fino a farle così male che gli occhi della ragazza le si riempirono di lacrime.
    Suo zio si abbassò fino al suo orecchio, ma parlò abbastanza forte da farsi sentire dall'uomo: - Se non vuoi che ti prenda a cinghiate qui, davanti a tutti, vedi di chiedere scusa. Ora! -. Il suo tono era feroce.
    Louise non poté fare a meno di dire un disdegnoso - Scusa - per poi rettificarsi quando un rapido ceffone le colpì la guancia già martoriata, a cui si portò una mano.
    - S-scusatemi s-signore per i-il mio comp-comportamento atroce - disse, con la voce spezzata, balbettando.
    - Ora vai ad ordinare due caffe e alla svelta! -
    Poi, come se niente fosse accaduto, Evrard rispose alla domanda dell'uomo.
    - Non sono né un pappone, né un ladro: sono un pozionista affermato e quella ragazza è mia nipote. -
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  7. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Acromantula | XXVI
    Catturare l'interesse di Markus non era affatto facile. Era solito annoiarsi in poco tempo di qualsiasi cosa e, una volta raggiunto quel livello di precaria attenzione, si lasciava alle spalle ciò che lo aveva annoiato con la stessa facilità con cui un bambino cambia interesse per i giocattoli. Fu però proprio il modo in cui il suo interlocutore, che aveva un nome familiare, trattava il suo giocattolo che convinse Markus a rimanere ancora seduto, ad assecondare quell'intuizione che aveva avuto riguardo Evrard Boyer.
    Lo guardò perciò reagire alla sua minaccia, a un'ulteriore provocazione, gustandosi quasi quel sorriso palesemente forzato che l'uomo decise di stamparsi sul viso: trattenere i propri istinti era opprimente, e lui lo sapeva bene; tuttavia, quando si trattava di quella che si scoprì essere sua nipote -anzi, una pedina - Edvard sembrava non avere remora alcuna. < Boyer... Credo di aver sentito parlare di voi. >
    Riprese, i lineamenti del viso piegati in un'espressione assorta. Aveva di sicuro già sentito quel nome, ma non ricordava per nulla a cosa fosse legato, né dove l'avesse udito; ammesso che l'avesse ascoltato e non letto. I suoi ricordi sembravano ancora annebbiati dall'alcol: quando diavolo gli sarebbe passato quel post sbronza?
    Nel frattempo, lo sguardo scivolò distratto sulla mano dell'uomo, le iridi che tergiversarono per qualche secondo, prima che la mano di Markus andasse a stringere quella di Edvard: aveva sicuramente una buona attenzione per i dettagli, ma altrettanto velocemente sembra giungere a conclusioni troppo affrettate, per i gusti del nuovo membro dell'Acromantula. Almeno sembrava averci visto giusto.
    < Mi hai salvato da un mal di testa ma potresti ancora procurarmene un altro, è ancora presto per cantare vittoria. Ma risparmierò la tua pedina, tranquillo. >
    Per il momento, almeno. Non gli avrebbe di certo fatto passare un altro gesto come quello dell'orologio. Louise, forse, sembrò percepire la violenza latente che si nascondeva in Markus, o forse non le piaceva semplicemente il ruolo della cameriera; ad ogni modo, quando le parole della ragazza raggiunsero le orecchie del mago di Kirkenes, l'espressione di quest'ultimo si accigliò di colpo, una scintilla fiammante nei suoi occhi che non preannunciava nulla di positivo.
    < Cosa?!> Domandò retorico e con tono grave, pieno di disprezzo, mentre la guardava con la stessa espressione con cui si guarda una bambina impertinente. La punta della bacchetta che subito venne indirizzata verso di lei, all'altezza dello stomaco. Quella specie di schiava, come aveva osato? Anche questa volta, però, Edvard non mancò di mostrare quanto gli piacesse infliggere pene a sua nipote e, prima che Markus facesse qualcosa, la rimise al suo posto.
    < Così va meglio. > Riprese, appoggiando il busto alla schiena della sedia, che nello sgomento aveva portato in avanti. < E' servizievole ma è anche insolente. Adesso capisco il perché di quel livido. > Si rivolse poi verso la ragazza, prima che quest'ultima si alzasse per andare - finalmente - a prendere il suo caffè. < Dovresti davvero imparare a stare zitta. So che magari pensi che non sia così ma, c'è gente peggiore di tuo zio in giro. >
    Lo sguardo si fece di colpo serio e le iridi ombrose di Markus si ritrovarono a mostrare tutto il suo improvviso disprezzo. Non amava per nulla mancanze di rispetto come quella: lui era Markus Sandström!
    < Sembra invece che il tuo giocattolino voglia proprio che io la distrugga. >
    Riprese, rivolgendosi ad Evrard. < Ho apprezzato, comunque. > Un cenno ironico del capo, mentre la sua mente si dimostrava ancora restia all'idea che non fosse stato lui stesso a punire Louise.
    Quel briciolo di compassione provata all'inizio era rapidamente sparito.
    < Ah, ecco, un Pozionista. > La coda dell'occhio che seguiva la figura di Louise.
    < Ecco perché mi sembrava un nome familiare. Devo aver sentito parlare di te al Ministero. Lavoro lì. >
    Concluse, mentre la bacchetta sgusciava lentamente da sotto al tavolo, la punta indirizzata verso il sedere di Louise. Non poteva lasciare che la passasse liscia, e qualcosa gli diceva che suo zio non avrebbe protestato affatto.
    <Stupeficium! > Pronunciò a bassa voce, lasciando partire un effimero raggio rossastro dalla sua bacchetta. La potenza leggermente moderata per non schiantare la ragazza dall'altra parte del locale, e perdere così altro tempo per ricevere il suo caffè. Sarebbe di sicuro caduta a terra, ma delle ginocchia sbucciate erano nulla in confronto a quello che avrebbe potuto farle, del resto - o che le aveva di sicuro fatto suo zio.
    < Non mi piacciono le mancanze di rispetto! Adesso siamo pari, un giocattolo ciascuno. > Riprese verso Evrard, lo sguardo privo di qualsivoglia timore: non avrebbe esitato a colpire anche lui nel caso fosse stato necessario, e più pesantemente - ma sperava non sarebbe stato necessario.
    < Dimmi quindi, cosa ti porta qui, Evrard? Affari? >
    L'amicizia di un Pozionista affermato come Evrard gli sarebbe davvero potuta tornare utile, aveva fatto bene a fidarsi del suo istinto.
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  8. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    Quell'uomo gli piaceva infinitamente, questo era certo. Sicuramente, era uno con cui si poteva parlare, seppur Markus non ammettesse distrazioni di alcun tipo o chiacchiere blande: ma Evrard era molto simile in questo. Non gli piaceva il fiato sprecato e perderlo significava una amara sorte per chi l'aveva provocato.
    Un sorrisetto genuino, questa volta, gli si diffuse sul volto quando l'uomo accennò a un minimo riconoscimento della sua identità.
    Strinse la mano dell'altro con determinazione, non prima, però, di aver alzato la manica, a lasciar intravedere il tatuaggio dell'Acromantula. Se l'uomo fosse stato tale, avrebbe compreso immediatamente che fossero compagni. Quello era il modo più semplice e indiretto che gli affiliati avevano per riconoscersi tra loro. E se Markus avesse fatto parte della sua stessa organizzazione criminale, Evrard ne sarebbe stato felice, visto che era un potenziale alleato. Non dubitava che non appartenesse all'Escalibur, in quanto tutti gli appartenenti erano troppo disgustosamente "pucciosi", per utilizzare un termine giovanile in voga, che Evrard disprezzava e che usava solo tra sé e sé.
    Aveva apprezzato che l'uomo avesse estratto la bacchetta all'insolenza di Louise e avrebbe voluto assistere a quello spettacolino ma era suo dovere intervenire come parente della ragazza. E, poi, non poteva di certo avere una caduta di stile davanti a un tale colosso. Assolutamente no.
    - Avete compreso bene. Non ho, purtroppo, cresciuto io la ragazza, altrimenti non sarebbe cresciuta così "storta". E ora sto tentando di raddrizzarla e non mi risparmio. Ma, ahimè - disse, con voce triste che contrastava nettamente con lo sguardo sadico - devo utilizzare spesso maniere piuttosto forti e violente -. Markus avrebbe capito si trattasse di una macabra ironia o, forse, sarcasmo.
    Louise, nel frattempo, si fece ancora più piccola, mentre il suo volto impallidiva notevolmente. Era terrorizzata. Ma dove cazzo l'aveva portata suo zio?! Si alzò dalla panca, inciampando leggermente, ma era ancora abbastanza vicina da sentir suo zio dire: - Potete fare quello che volete, l'importante è che non la uccidiate e che sia in grado di guarire dopo -.
    La rabbia che infuocò Louise era tale che voleva girarsi e prendere a pugni i due uomini, ma fu costretta a trattenersi quando si sentì esser sbalzata in avanti da un colpo violento. Cadde a terra, con un tonfo, le sue ginocchia si sbucciarono a causa del trascinamento per terra, come le sue mani. Con il respiro corto, si alzò lentamente, con le gambe traballanti.
    Nessuno l'aveva aiutata e nessuno sembrava aver visto niente di niente. L'omertà regnava sovrana.
    Nel frattempo la conversazione tra i due continuò.
    - Devo ammettere di aver apprezzato! Esemplare davvero! Si spera solo che non si comporti più in modo indecente... - disse Evrard, scuotendo la testa.
    - Direi affari! - rispose, senza argomentare. Ognuno con i suoi pensieri e la propria privacy. Evrard era di poche parole. Fu salvato da una possibile richiesta di argomentazione quando vide Louise avvicinarsi con due tazze di caffe tra mani traballanti. Mentre cercava di posarle, una di essa le sfuggì di mano, lasciando cadere il suo contenuto, fortunatamente non troppo bollente, sulle vesti del signor Sandström.
    Louise, come Evrard, rimase pietrificata: la prima dalla paura, il secondo dall'audacia di quella mocciosa.
    Evrard si alzò in piedi, di scatto, furente. Se Markus si fosse alzato anche lui per punire la ragazzina, Evrard l'avrebbe fermato con le sole parole (poiché non era saggio toccarlo in quell'istante): - Ah, credo sia più opportuno un ambiente privato. Non credete? - mentre un sorriso crudele gli allargava le labbra.
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  9. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Acromantula | XXVI
    Che il destino potesse manifestarsi sotto forme inaspettate, per certi versi contorte, Markus l'aveva imparato ormai da tempo. Tuttavia, quando le sue iridi si posarono sul tatuaggio del suo interlocutore, non poté fare a meno di provare un senso di profondo compiacimento nel vedere che, oltre al suo intuito, anche le sue scelte si stavano rivelando tali. Anche Evrard, infatti, come testimoniava ciò che aveva appena mostrato, faceva parte dell'Acromantula Scarlatta. Ricordava bene il tatuaggio del Boss, di colui che gli aveva assegnato la sua prima missione sotto forma di test - e grazie alla quale si ritrovava lì, nel bel mezzo del post sbornia. Non avendo ancora un tatuaggio da mostrare, Markus si limitò a non sopprimere la soddisfazione che provava, esibendo un sorriso scaltro.
    < Sei un membro anche tu, duqnue? > Chiese, leggermente sorpreso, ma non quanto avrebbe dovuto esserlo e senza aspettare una vera risposta. Del resto, aveva già intuito che Evrard fosse un tipo particolare.
    < Curioso... > Continuò. < Se mi trovo qui, ancora leggermente sbronzo, è proprio a causa dei festeggiamenti avvenuti in seguito a... una richiesta. > Aggiunse, mantenendosi sul vago. Non era ancora il caso di spifferare tutto, anche se, adesso, il Pozionista aveva definitivamente catturato la sua attenzione.
    < Questo strano incontro sembra dettato dal destino. Oppure ti incontri spesso con altri membri dell'organizzazione? > Il tono di voce si fece improvvisamente sottile, quasi un sibilo, mantenendo quella riservatezza necessaria a entrambi.
    Se anche gli altri componenti erano interessanti come il suo attuale interlocutore e la testa del ragno in persona, far parte dell'Acromantula sarebbe davvero stata la svolta di cui aveva bisogno. O forse lo sarebbe stato l'incontro con Evrard?
    < Ma che diavolo FAI! > Si ritrovò a sbraitare il Mago di Kirkenes, mentre del caffè - fortunatamente non troppo bollente - gli colava addosso. Scattò in piedi con movimento repentino e istintivo, la voglia di uccidere quella stupida ragazza che di colpo sembrò quasi prendere il sopravvento: cos'era quello? Una meschina vendetta per l'incantesimo di prima? Non aveva davvero imparato nulla, allora. Forse suo zio ci andava troppo leggero. In favore di un proficuo rapporto proprio con quest'ultimo, però, Markus si trattenne, lasciando sfogare la sua rabbia solo attraverso un rapido quanto potente calcio, che avrebbe colpito la ragazza alla caviglia destra, in modo che nessuno lo notasse. I denti stretti che avrebbero voluto divorarla.
    < Sei davvero un'inutile troia! Ma che problemi hai?! > Riprese stizzito, la mano destra che andò a stringere intensamente la bacchetta, prima che la rinfoderasse, attirato dal consiglio di Evrard.
    < ... > Markus lo osservò per qualche secondo, senza dire nulla: come diavolo era finito in quella situazione? E quanto assecondare Evrard gli avrebbe fatto scoprire su quest'ultimo e sulla sua futura utilità? Valeva la pena?
    Assolutamente si, dal suo punto di vista: non poteva di certo rifiutare un invito così succulento a essere se stesso e, nel mentre, guadagnare - forse - un alleato.
    < Forse hai ragione. Il lavoro aspetterà. Fai pure strada, qualcuno dovrà pur asciugarmi, del resto. >
    Sempre se riuscirà a reggersi in piedi.
    < Pessima mossa! >
    Concluse, afferrando Louise per un braccio, per poi seguire la scia di Evrard.
    Come si sarebbe conclusa quella mattinata? Sicuramente in un modo interessante!
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  10. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    - Ovviamente! - rispose Evrard. Più chiaro di così non poteva dirglielo.
    - Sono... felice, se così si possa dire, di aver appena conosciuto il nuovo membro. Avevo sentito parlare di voi, ma non sapevo chi foste esattamente. E conoscervi in queste circostanze è un onore. Buon per voi a sapere che state festeggiando: vuol dire che è andato tutto come doveva andare. Sono sicuro vi ambienterete alla grande nella nostra famigliola. -
    Avrebbe fatto un brindisi, ma davanti a lui non c'era alcuna bevanda e, soprattutto, non poteva farlo con il caffè. Avrebbe probabilmente portato sventura.
    - Avete ben detto: è uno strano incontro del destino. Non sono solito dedicarmi a chiamate sociali, almeno che non si debba discutere di affari o procurarsi determinati... amici -. Con tale parola intendeva "alleanze" e Sandström avrebbe ben capito, ne era certo.
    Quando Louise verso il caffè addosso all'uomo, Evrard apprezzó il tentativo di contenere la rabbia, ma, soprattutto, fu percorso da un brivido di eccitazione da quel calcio brutale alla caviglia della ragazza che preannunciava ciò che stava per accadere nell'immediato futuro.
    Louise, dal canto suo, prese un fazzoletto e cercò di tamponarlo sull'abito dell'uomo. Non riusciva a pensare, era presa dal panico. Il dolore violento alla caviglia, la fece cadere a terra per la seconda volta, presa dal troppo dolore per rimanere in piedi.
    - Scusatemi, scusatemi. Non l'ho fatto apposta... Io- - ma fu alzata da terra dalla mano di quello che sarebbe diventato presto il suo assassino, che le strinse il braccio crudelmente.
    - Ahia, vi prego! Mi fate male! - disse, con voce strozzata. - Vi prego, non mi fate del male. Non era mia intenzione -. Le sue pupille mostravano solo cieco terrore, che si espanse a dismisura quando sentì suo zio azzardare quella proposta velata e il suo interlocutore accettare.
    - Prego, anticipatemi pure - disse suo zio, - mentre io chiedo una chiave per una stanza! -
    Evrard si avvicinò al bancone.
    - Scusatemi, vorrei affittare una stanza per qualche ora - affermó. Erano fortunati che i commessi non facevano domande, abituati dal viavai di uomini con le loro prostitute al seguito. Dopo che gli ebbe consegnata la chiave, raggiunse i due.
    Louise, nel frattempo, non faceva altro che mormorare - No! Vi prego, signore, vi scongiuro! Io pulirò il vostro abito, non è successo nulla! -.
    La porta fu aperta da suo zio, che si premurò di chiudere nuovamente e di silenziare, in modo tale che alcun rumore potesse essere udito all'esterno. Era l'unica stanza del Paiolo, quella, senza finestre. Evrard si girò verso i due e, mentre guardava Louise con un sorriso sulle labbra, disse: - Che si aprano le danze! -.
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  11. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Acromantula | XXVI
    Il tempo, per qualche secondo, fu scandito solo dalle fastidiose e, soprattutto, inutili preghiere della ragazza. Se solo avesse saputo che il moro aveva assassinato una coppia proprio il giorno prima, forse si sarebbe resa conto anche lei di quanto fiato stesse sprecando.
    La guardò perciò con un'espressione quasi irrisoria, i denti bianchi che facevano capolino tra le labbra grazie a un ghigno poco raccomandabile.
    < Troppo tardi, avresti dovuto pensarci prima! >
    Sentenziò, strattonandola con lo stesso braccio con cui la teneva ancorata a se, mentre ripensava alle parole dette da Evrard poco prima: aveva sentito parlare di lui? Parlavano già di lui, quindi? E cosa dicevano, esattamente? Il Pozionista non sembrava stranito dalla scoperta dell'identità di Markus, quindi probabilmente nulla di negativo era stato detto nei suoi confronti: ottima base per altri futuri alleati.
    In caso contrario, beh... Si sarebbe fatto bastare quelli che aveva.
    Nell'attesa che Evrard facesse ritorno, il moro continuò quindi a scortare brutalmente Louise fino al corridoio che li avrebbe condotti verso le stanze, l'idea che un colpo di fortuna lo avesse colto all'improvviso che ancora gli balenava nella mente. Proprio quello di qui aveva bisogno: alleati potenti e senza scrupoli! Perché da quel che aveva potuto osservare fino a quel momento, il Evrard non ne aveva di certo e la sua fama da Pozionista lo precedeva: sarebbe stato un ottimo alleato. Tra uno strattone e l'altro, la sua figura venne a contatto con qualcosa di duro, qualcosa che non si aspettava di trovare addosso alla ragazza, ma che al tatto riconobbe subito. Una bacchetta.
    Suo zio si sentiva così sicuro da lasciarle la bacchetta? Era davvero così convinto di averla in pugno? Lo avrebbe scoperto presto, ma non a sue spese. Senza esitazione alcuna, tastò rapidamente la parte del corpo in cui si sarebbe dovuta trovare la bacchetta, le dita che rudi perquisirono Louise in modo indiscreto, fino a strapparle il catalizzatore.
    < Tuo zio è davvero troppo buono. Questa la tengo io! >
    Le sussurrò all'orecchio, mentre Evrard faceva ritorno, il caldo provocato dalle labbra che sfioravano il lobo che non rispecchiava per nulla la freddezza che quelle parole nascondevano.
    < Molto bene, andiamo! >
    Aggiunse soddisfatto, vedendo le chiavi in mano al Pozionista.
    Una volta giunti in stanza, Markus avrebbe spinto via Louise in malo modo, nella stessa maniera in cui si butta uno straccio vecchio, rischiando di farla impattare contro una delle pareti della stanza. Poco male, dato che suo zio stava già provvedendo a isolare il tutto.
    Senza esitazione alcuna, il Mago di Kirkenes puntò la bacchetta che aveva sottratto alla ragazza proprio verso di lei, deciso a punirla con la sua stessa arma - che neanche avrebbe dovuto avere, secondo lui.
    < Crucio! > Avrebbe esclamato con rabbia, non appena la stanza fosse diventata totalmente sicura.
    < Credevi di cavartela così? Con qualche scusa e un paio di lacrime? Sei davvero stupida, fa bene tuo zio a trattarti come un giocattolo. Tsk. >
    Un ghigno compiaciuto gli incurvò le labbra, la voglia di ferirla ancora che mosse di sua sponte la bacchetta di Markus, ancora, fermandosi solo per un secondo, prima di prepararsi a lanciare un altro incantesimo. Punire quell'insolente di Louise sarebbe stato un bel passatempo per occupare la sua mattinata, ma doveva anche occuparsi di altro; doveva creare delle basi per una futura collaborazione.
    Con le iridi puntate sul corpo di Louise, le regalò parte della sua saliva, lanciandole uno sputo quasi disgustato in un punto a caso che non si premurò di scegliere, prima di rivolgersi di nuovo al Pozionista.
    < Non dovresti lasciarle la bacchetta, potrebbe montarsi la testa. > Riprese, il tono quasi giudizioso.
    < Ad ogni modo, hai detto che hai sentito parlare di me: cosa hai sentito, esattamente? E quanto è vasta l'organizzazione? >
    Quella mattina, avrebbe approfittato di tutto.
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  12. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    Louise era sballottata da una parte all’altra con quegli strattoni. Le sue preghiere non stavano avendo l’effetto desiderato, non che credesse che avrebbero smosso un sentimento di pietà nell’uomo. Se proprio doveva andare così, tanto valeva cercare di ribellarsi in qualche modo. Non voleva che suo zio salisse quelle scale maledette, forse, avrebbe fatto meglio a cadere e a spaccarsi il femore, così che la ragazzina avrebbe potuto scappare a gambe levate e non far più ritorno tra il mondo dei vivi.
    L’uomo cominciò a toccarla, probabilmente cercando la bacchetta. Non ebbe alcun remore a toccarla in posti dove non avrebbe dovuto, e Louise non era ormai più sicura di niente.
    - Lasciami andare, brutto bastardo! – urlò, furente e disperata allo stesso tempo. – Non mi toccare, lurido schifoso! -. Quando le prese la bacchetta era finalmente sicura che la sua sarebbe stata una fine inesorabilmente lenta, senza via di scampo. Sentì il suo aguzzino avvicinarsi al suo orecchio e l’alito caldo soffiarle sul lobo. In qualche modo, tirò la testa di lato e gli diede una forte testata.
    - Così ti viene di più quel cazzo di mal di testa! -
    Non le importava che non avesse allentato la presa e che probabilmente le avrebbe fatto di più del male. Non poteva rimanere a guardare la sua stessa tortura.
    Quando tentò di trascinarla dentro la stanza, una volta che suo zio gli aveva raggiunti, Louise aggrappò una delle sue mani allo stipite della porta e cercò di fare resistenza. Le sue sole forze non bastavano. Fu scaraventata contro un muro, prepotentemente: con lo sguardo annebbiato cercò di guardare se ci fosse una qualche finestra, ma non vedendola, tentò di avvicinarsi al letto per nascondersi sotto ad esso. Troppo presto, però, fu colpita da un dolore così lancinante che non poté fare a meno di urlare a squarciagola. Sentì qualcosa di bagnato scenderle lungo le sue guance, probabilmente lacrime. La sua mente non collaborava affatto, i suoi pensieri sembravano diradati. Tutto sembrava concentrato su quell’atroce dolore.
    Evrard, nel frattempo, rideva, rideva e rideva, come non mai. Era uno spettacolo particolarmente gradito quello che gli si parava davanti. Quando Markus sollevò la bacchetta, ponendo fine all’agonia della ragazza, e vedendo si stesse trattenendo dall’infierire nuovamente, si rivolse a lui con un sorriso, dicendo: - Ah, quello che tu non sai è che è stato applicato un incantesimo si quella bacchetta che riduce ogni suo potere in mia presenza! -
    Era furbo, davvero.
    - Cosa ho sentito dire? Solo ottime referenze. È per questo che sono onorato di fare la vostra conoscenza! L’organizzazione, comunque, è parecchio vasta, io stesso non conosco tutti i suoi membri, soprattutto chi è al capo. È difficile entrare in contatto con loro, soprattutto se sei appena entrato o se non hai ancora scalato alcuna gerarchia di potere. Al momento, ho incontrati i vertici soltanto due volte: la prima durante la recluta, la seconda durante la una missione di una certa importanza. Non so se avete sentito parlare della morte di Callaway. -
    Sorrise aspramente.
    Louise nel frattempo, aveva sentito qualcosa di gelatinoso cadere violentemente lungo il suo braccio, ma non si era resa conto fosse uno sputo. Si sentiva scivolare in una oscurità impetuosa, forse più sicura e invitante della luce che oscurava le sue palpebre.
    - Se mi permettete, direi che forse è il momento di darci del tu! – disse Evrard, rivolgendosi a Markus.
    - Comunque, ho visto che non hai ancora finito. Devo dirti la verità, ho goduto immensamente di questo spettacolo. Poi, la punisco così tante volte che, ormai, mi sono davvero stancato di starle dietro. Io preferisco vedere il sangue, un po' come i vampiri. Mi eccita particolarmente. E preferisco usare le mie stesse mani, è più liberatorio di una bacchetta. Non sai quante volte l’ho colpita. Sta puttanella se le merita tutte. -
    Era un consiglio velato che gli stava dando: sfogati, fa quello che vuoi. Ma non nella sfera sessuale. La ragazza doveva rimanere illibata.
    Ma prima di giocare ancora un po', avrebbe dovuto rianimarla, visto che era svenuta. Non gli disse nulla, voleva mettere alla prova il suo ragionamento.
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  13. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Acromantula | XXVI
    La mano libera andò a posarsi sulla testa, affondando nella chioma scura e raggiungendo il punto esatto in cui, poco prima, Louise gli aveva dato una testata.
    I polpastrelli toccarono in modo gentile la zona colpita, potendo constatare la presenza di una piccola montagnetta, un bernoccolo coperto dai capelli. " Quella cagna insolente!" Si ritrovò a pensare il moro, mentre ascoltava lo sproloquiare di Evrard, che di certo non doveva essere pregato per parlare - per sua fortuna.
    < Aspetta un attimo! >
    Lo sguardo si mosse rapido verso la figura di Louise, intenso come il caldo estivo, che altro non ti spinge a fare se non desiderare una boccata d'aria fresca; una boccata a cui la povera Louise non avrebbe potuto però abbandonarsi. Repentina, infatti, la mano armata di Markus eseguì un'altra stoccata, le parole che erano pronte sulle sue labbra già da prima, mente mentalmente malediceva Louise e quella sua testa di cazzo.
    < Crucio! >
    Proferì, l'espressione compiaciuta nel vedere la ragazza contorcersi a causa della sua stessa insolenza: le sarebbe bastato solo tenere la bocca chiusa sin dall'inizio, e invece...
    < Stupida sgualdrina, vediamo se hai ancora voglia di andare in giro a dare testate. Oggi vuoi proprio mettere alla prova la mia pazienza. >
    Stizzito, girò la figura di Louise con un piede e, dopo averle puntato la bacchetta al petto, gli puntò la pianta del piede sulla gola.
    < Tranquillo, non la ucciderò; ma magari così si darà una calmata. > Tranquillizzò Evrard, che sembrava avere dei piani ben precisi per la ragazza, o per la sua puttanella, come piaceva chiamarla a lui. Di sicuro qualcosa di losco e da cui avrebbe tratto profitto vi si celava dietro, considerando le parole che egli stesso gli aveva riferito.
    < Ottime referenze eh, dunque?! > Continuò, cambiando argomento con estrema tranquillità. < Potrei quasi offendermi, considerato il tipo di organizzazione di cui stiamo parlando. >
    Un sorriso ironico gli incurvò le labbra, seguito da un sospiro che sapeva di ego pompato.
    < Ad ogni modo, io ho conosciuto colui che è al vertice. Il capo della baracca. O la testa del ragno, se preferisci. > Contattato dal grande capo in persona, di sicuro un onore di cui potersi vantare.
    < Un tipo davvero interessante, come potrai intuire dal fatto che faccio ancora parte della combriccola. >
    Storse leggermente il naso, mentre Louise, sotto di lui, sembrava iniziare a dimenarsi: non le piaceva proprio mollare. Aumentò quindi la pressione esercitata dal suo piede, cercando di scoraggiarla anche solo dal respirare, per poi tornare a osservare il Pozionista. Un ciuffo ribelle che, nel mentre, faceva capolino sulla fronte.
    < Anche se combriccola non è decisamente il termine adatto, da quel che dici. > Il fatto che fossero in molti, era davvero una manna dal cielo. < Comunque no, non mi sembra di aver sentito di nessun Callawey, credo. Tu hai sentito di un certo Romanoff, invece? >
    Un ghigno che rispecchiava tutta la grandezza del suo ego gli allargò gli angoli della bocca, le iridi che scintillavano di arroganza dopo aver pronunciato il nome della sua ultima vittima: un Auror! Cani da guardia del Ministero.
    < Parlami di questo Callaway. > Riprese dopo qualche secondo, deciso a non farsi distrarre proprio dal suo stesso narcisismo, e quasi sorrise, quando Evrard lo invitò a dargli del tu: lo stava facendo ormai da molto. Lui.
    Era davvero un tipo particolare, ma che sembrava sapere molte cose.
    < Non mi piace sporcarmi le mani, sono cose che fanno i babbani. Quando posso evito. Io ho il dono della magia e ho intenzione di sfruttarlo fino all'ultima goccia. In ogni situazione. Soprattutto in queste!>
    Concluse infine, mentre un'espressione sadica si palesava sul suo volto.
    < Ma dimmi, come ti sei ritrovato a dover badare a questa sgualdrina?>
    Quella si che sarebbe stata un'altra storia interessante da sentire.
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
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  14. Evrard Boyer
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    40 anni - Purosangue - Pozionista - Acromantula
    ★ ★ ★
    La strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.
    Forse aveva fatto male a dire quelle parole e a dargli una testata per provare a difendersi visto che, dopo un violento Crucio, si era ritrovata con la bacchetta puntata addosso ancora una volta e un piede sulla sua gola. Non riusciva proprio a respirare. Sapeva che avrebbe potuto essere un passo falso, ma non poteva fare a mano di toccargli la gamba, mentre cercava di artigliare l’aria per prenderne una manciata.
    - N-non ries-sco a res-pi-rare – tentò di dire, mentre la bocca le si apriva tentando di inspirare nei suoi polmoni un po' di vita. Sperava solo che quel sadico bastardo la lasciasse andare prima che ci rimanesse secca. Era proprio in momenti come questo che pensava che le tante idee di suicidio che le frullavano per la testa non fossero proprio buone idee e, che, anzi, era meglio tenersi lontana dalla morte fin quando sarebbe riuscita. Sandstrom aveva promesso ad Evrard che non l’avrebbe uccisa, ma la ragazza non sapeva quanto fossero veritiere le sue parole: quello che stava facendo in quel preciso istante, soffocarla, era proprio l’esatto opposto.
    - Se parli di Vanderwaal, l’ho conosciuto anche io e confermo appieno le tue parole. E’ un tipo interessante, come tutti noi, d’altronde! – rispose Boyer, con aria tranquilla e accomodante.
    - Ah certo, Romanoff! Certo che ne ho sentito parlare -
    E come non avrebbe potuto? Dopotutto era nell’Acromantula Scarlatta da parecchio tempo e sapeva molte più cose di quel giovanotto novizio.
    - Callaway era un capo auror che andava eliminato subito dattorno. Un tipo pericoloso, non più pericoloso di noi, ovviamente – disse, con orgoglio, gonfiando il petto. Poi, sorrise quando notò che Markus era ancora più sadico di lui.
    - Bene, bene -
    - E’ una lunga storia e se dovessi raccontartela, sarebbe meglio lanciarle qualche incantesimo che le faccia dimenticare queste parole che sto per dire -
    Louise drizzò le antenne, seppur cercasse di sembrare svenuta per non ricevere ulteriori torture. Che cosa sapeva suo zio in più che lei non avrebbe dovuto ricordare? E di quale organizzazione stavano parlando? C’era sicuramente qualcosa sotto.
    - Ho ucciso io i suoi genitori: un traditore del sangue e una sporca babbana. Mia moglie, essendo quasi in crisi di maternità, poiché non ha mai potuto avere figli suoi, mi ha pregato di aiutare a vendicarla. Così ho ucciso i suoi genitori e l’ho fatta rapire, portandola in casa mia e consegnandola nelle mani di sua zia. È lei che provvede a educarla come degna erede del cognome De Maris, una delle più importanti famiglie purosangue della Francia. Ma quella sgualdrina non ha niente di degno e mai lo avrà. È solo una combina guai. In compenso, l’ho promessa in sposa ad Alton Mckinley, non so se tu lo conosca, altro membro dell’organizzazione. E qualcuno dei nostri spia ogni suo comportamento, in modo tale che non si macchi di immoralità. E lei, invece di ringraziarmi, mi umilia costantemente, non obbedisce ai miei ordini diretti -
    La guardò con così tanto odio e disgusto che Louise si sentì ritrarre. Mentre pronunciava quelle parole, Louise mormorò continuamente: - No, non può essere… -.
    Approfittando del momento di distrazione dell’aguzzino, gli alzò una gamba, lasciandolo inciampare e si alzò in piedi, scagliandosi verso suo zio.
    Evrard non si lasciò cogliere alla sprovvista: le diede un forte pugno in pancia, che fece piegare Louise in due, rantolando, fino a cadere a terra.
    - Non le cancellare la memoria ancora, se vuoi tu l’onore. Voglio che soffra del più atroce dei dolori, sapendo che fine hanno fatto i suoi genitori. Anche se per poco! – disse, lasciandola a un destino brutale.

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  15. Markus Sandström
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    Markus Sandström
    Acromantula | XXVI
    Le orecchie di Markus si drizzarono, come probabilmente si drizzava l'uccello di Evrard ogni volta che vedeva sua nipote soffrire, appena quest'ultimo iniziò a parlare dell'organizzazione.
    La presa sul collo di Louise che venne inconsciamente allentata: oro colato, per le sue orecchie da novizio; aveva si in programma una chiacchierata con il capo in persona ma, fino ad allora, qualsiasi altra informazione gli avrebbe fatto solo comodo. Si limito perciò ad annuire, in un primo momento, appena Evrard gli rivelò chi fosse in realtà Callaway, mentre un rinato odio per gli Auror montava dentro di lui.
    < Dannati Auror! > Riprese. < Non sono proprio capaci a farsi gli affari loro, devono sempre ficcare il naso ovunque. >
    Stizzito, ma allo stesso tempo compiaciuto, portò la mano libera ad aggiustare il ciuffo ribelle cascato sulla sua fronte poco prima, rimettendolo al suo posto: malgrado il fastidio provocato dalle persone citate, c'era di positivo che... Erano entrambe morte! A riprova che non importava quanto ci provassero, quegli Auror inetti non avrebbero mai catturato nessuno. E sarebbero morti uno a uno come falene su una lanterna.
    < C'è di buono che né Romanoff, né Callaway potranno più ficcare il naso da nessuna parte. Siamo davvero efficienti su questo fronte, non trovi?>
    Domandò, prima che i lineamenti del suo viso assumessero una forma perplessa, a tratti curiosa, non appena il Pozionista rivelò che, per parlare della storia che lo legava alla ragazza, avrebbe dovuto addirittura cancellarle la memoria: cosa diavolo era successo?
    Più curioso che mai, Markus non si fece scrupoli ad avanzare la sua richiesta - che Evrard era già pronto ad assecondare.
    < Fa ciò che devi, sono curioso. >
    Gli disse, mentre si piegava leggermente in avanti e poggiava il gomito sul ginocchio che teneva ancorata Louise al suolo, aumentando di nuovo la pressione sul collo di quest'ultima, incurante del suo ansimante bisogno d'aria.
    Gliel'aveva già detto: avrebbe fatto meglio a rimanere zitta.
    Markus ascoltò quindi con estremo interesse la storia di Evrard, commentando solo alla fine. Lo sguardo per certi versi ammirato dalla deduzione che l'uomo dedicava ai suoi obiettivi, malgrado fossero un'evidente palla al piede - come la nipote, appunto.
    < Tua moglie mi sta già simpatica.> Commentò divertito. < Vi siete ritrovati con una brutta gatta da pelare, insomma. Nonostante le speranze. È proprio vero che non c'è giustizia a questo mondo. >
    Trattenne la risata, il moro, per quelle parole tanto ironiche quanto inverosimili, se pronunciate dalla sua bocca. Poteva mai parlare lui di giustizia? Certo che si, lui poteva fare tutto! E dal canto suo, poi, lui era dall parte della ragione.
    < Si, conosco questo tizio. Ho ricevuto un invito da parte sua, in effetti. Sembra che qui il destino stia incastrando i pezzi del puzzle un po' alla volta. >
    Una serie davvero curiosa di coincidenze.
    < Cagna maledet...> Esordì ritrovandosi ad impattare improvvisamente con il culo per terra, dopo essere scivolato all'indietro, mentre la sua mente era ancora impegnata sul discorso precedente. Che diavolo era successo? Possibile che si fosse distratto a tal punto da non prestare attenzione alla furia crescente di Louise? Si, proprio così. Fortunatamente, Evrard bloccò subito quel patetico tentativo di ribellione e, dopo essersi gustato lo spettacolo di quest'ultimo che inveiva contro la ragazza, Markus si rimise in piedi. Quell'uomo odiava davvero sua nipote.
    < Questa puttana ha bisogno di soffrire ancora, non sedi d'accordo? Che spreco, la magia in te...>
    Commentò infine, disgustato, mentre la bacchetta si alzava di nuovo, puntando come bersaglio ancora una volta la figura di Louise.
    < Incarceramus!>
    Proferì secco, mentre una stoccata del polso armato faceva comparire delle corde tutt'intorno al busto della ragazza.
    < Se vuoi rivelarle qualche altra dolorosa verità, siamo tutt'orecchi. Anche se dubito ci sia qualcosa di peggiore.>Si rivolse poi di nuovo a Louise, l'espressione beffarda sul volto.
    < Hai sentito, passi le giornate di fianco alla persona che ha ucciso i tuoi genitori... Sei davvero stupida. Una babbana mancata! >
    Concluse, per poi sferrarle un calcio allo stomaco.
    Quell'ultima insolenza lo aveva turbato non poco.
    < Parlato> - "Pensato" | Scheda | Stat.
    RevelioGDR
     
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