Sulle labbra ho baciato un acceso papavero

Louise&Blake

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  1. Louise De Maris
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    17 ANNI AMETRIN FIDANZATA MEZZOSANGUE RICCA
    C’è un prato di papaveri che ti somiglia e racconta di te
    LOUISE DE MARIS

    Aveva bisogno di sé stessa, di sentirsi viva per una buona volta: i pizzicotti che si era data sulle braccia, procurandosi piccoli lividi nerastri e violacei disseminati su di esse, non erano bastati a “svegliarla” da quello che lei considerava un torpore da incubo. Lo studio la distraeva, sì, ma non abbastanza, non tanto quanto lei avrebbe voluto. Un tempo, non le sarebbe mai passato per la mente di protendere per la solitudine, intimorita da qualsiasi cosa le si parasse davanti agli occhi. La Louise del passato era abbastanza spavalda, per niente impacciata, impulsiva: ora, invece, avvertiva, per la maggior parte del tempo, che sarebbe stato meglio tener la lingua a freno e le mani legate, mantenersi al proprio posto ed evitare di entrare in situazioni spiacevoli o che non la riguardavano. Era questo il suo posto, ora, anche se, a volte, le sfiorava il pensiero che non valesse la pena continuare a vivere una vita che non le calzava, come fosse un abito troppo piccolo per entrarle. Aveva dovuto comprimere la pancia in dentro e mantenere il fiato per farlo “passare” in qualche modo, ma le stringhe di quello la fasciavano talmente forte da farle mancare il fiato. Era proprio questo il destino che qualcuno aveva scritto per lei: e se da ragazzina pensava fosse una mera invenzione degli esseri umani, ora non ci credeva più così tanto. Di notte, a volte, per addormentarsi nei momenti più difficili, si immaginava di raggiungere qualche divinità intenta a scrivere il Libro del Fato, prenderlo per la collottola, sbatterlo al muro e urlargli: Brutto bastardo, vedi di cambiarmi il destino o ti prendo a calci per il culo!. E quella fantasticheria lasciava che comparisse un sorrisetto sul suo viso, mentre un distinto “Ora sì che ti riconosco!” risuonava tra le sue membra, nel riconoscimento della sua propria identità.
    Si lasciò guidare dai suoi piedi, battenti il selciato di pietroline che, ogni tanto, saltavano scalciate da una forza moderata.
    “Portami dove ti porta il cuore…” disse a sé stessa. E il suo cuore la condusse ai giardini pensili, un paradiso in terrazza, dove avrebbe potuto ritrovarsi in quello che le era più familiare e che era rimasto come punto saldo in una vita di movimento: la natura.
    Gli occhi quasi le uscirono dalle orbite dallo stupore quando si ritrovò davanti allo spettacolo dei vasi fluttuanti, delle statue che si ergevano in tutta la loro bellezza, sovrastando i passanti con i loro sguardi, alcuni ammonitori, altri in contemplazione. Era così assorta che inciampò goffamente allo scontro del piede con un rialzo del pavimento, ma, grazie all’equilibrio dettato dalle braccia, riuscì a non cadere per terra. Si guardò attorno e prese un respiro profondo: un profumo gradevolissimo le inondò i sensi. Voleva capire da dove provenisse, a tutti i costi. Con un sorriso, si avviò lungo quella scia che sembrava richiamarla ininterrottamente, fino a ritrovarsi davanti a papaveri alti, così belli e colorati che a Louise venne voglia di avvicinarsi e fiondarsi dentro di essi, quasi fossero spighe di grano.
    Allungò una mano e delicatamente accarezzò i petali rossi.
    - Bellissimi… - sussurrò, incantata.
    Continuò, contenta di quella scelta. Non si rese conto di sentirsi particolarmente assonnata, fino a quando non decise di stendersi sui fili d’erba e non cadde in un profondissimo sonno, mentre il suo volto, per una volta, assumeva sembianze angeliche, delicate, e le labbra si contraevano leggermente all’insù.

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    Blake Barnes ~ Black OpalIl problema principale della situazione era che Blake odiava andare a scuola, odiava quando gli si dettavano delle regole da seguire ed odiava ancora di più le persone che gli mettevano paletti su paletti per farlo comportante in modi che lui non condivideva per niente. Blake era un caotico, era il caos totale, il suo respiro era caos e dove c'era lui c'era sempre qualcosa che girava come non doveva girare. Non sempre nel senso negativo della cosa, ma doveva ammettere spesso e volentieri non faceva altro che mettere in crisi persone o comunque lasciarle a bocca aperta. Era qualcosa che gli veniva veramente naturale. Quella mattina aveva deciso che dopo la lezione di alchimia si sarebbe andato a fumare una sigaretta nei giardini pensili e poi sarebbe tornato in stanza per fare qualcosa di arretrato. Ma come si poteva essere ai primi giorni di scuola ed essere già indietro? Era semplice, perchè fino a quel momento non aveva neanche spacchettato un libro dal proprio celofan. Camicia leggermente fuori dai pantaloni, pantalone un pò più largo, cravatta sbottonata, giacca slacciata, sigaretta rigorosamente in bocca, scarpette da ginnastica abbinate. Accese la sigaretta, e mentre camminava, al primo tiro sostanzioso vide una faccia conosciuta dormire nel prato. Scosse il capo e andò vicino a lei, con il piede le toccò il piede. Ti senti la bella addormentata nel bosco oppure sei di nuovo un pò brilla e ti sei addormentata?Chiese poi abassandosi e soffiandole un pò di fumo in faccia. Certo che non l'avrebbe sicuramente svegliata nel modo romantico che una persona poteva aspettarsi! Blake non ne era capace e soprattutto non era neanche sicuro che quella ragazzina le avesse tutte giuste nel cervello. Sapeva solamente che era stato il suo primo bacio, sicuramente non se lo ricordava neanche e che fose, non avrebbe mai voluto immaginare cosa le era successo una volta tornata a casa. Non era una persona empatica ma non era una persona stupida ed inoltre era così megalomane che riusciva a volersi prendere tutti i problemi del mondo su di se solamente perchè si riteneva una persona forte e che sicuramente sarebbe stato capace di affrontare tutto meglio degli altri. Il che non era del tutto falso a dire il vero. Blake era forte sia emotivamente che fisicamente, aveva un passato che lo aveva segnato in modi profondi, ma non si era mai e poi mai arreso. Sarebbe rimasto piegato su di lei fin quando non si sarebbe svegliata. cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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  3. Louise De Maris
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    LOUISE DE MARIS

    Durante quel sonno, che fosse breve o lungo, lei non lo sapeva, il buio non fu altro che nascondimento di mostri, di quelli di cui lei non aveva mai avuto paura da bambina, perché ogni notte una sfera di luce galleggiava sopra la sua testa, raccogliendo i sogni cattivi e scacciando via le entità che avrebbero voluto prenderla. Da molto tempo non aveva avuto più paura di essi, ma negli ultimi tempi aveva ricominciato ad averne, soprattutto da quando i mostri si erano tramutati in realtà, in carne e ossa, e la strappavano continuamente a sé stessa.
    Una porta si stagliava in mezzo ad un corridoio buio. Il cuore le batteva all'impazzata. Tum tum. Tum tum. Le gambe acceleravano la corsa al comando della sua mente. La paura le toglieva il fiato.
    - Papà! - urlò, sperando che accorresse come aveva sempre fatto quando era piccola e piangeva, mentre con le manine si stropicciava gli occhietti. Nessuno, però, si avvicinò a salvarla. Provò di nuovo: - Papà! -
    Ma niente ancora. Spalancò la porta, senza curarsi che questa fosse sbattuta atrocemente contro un muro invisibile: davanti ai suoi occhi, i suoi genitori, distesi sul letto della loro camera. Pallidi al chiaro di luna, sembravano dormire profondamente. La piccola ragazza Louise si avvicinò a sua madre.
    - Mamma - disse, mentre le scuoteva la spalla ma questa non accennava a muoversi. Così, dopo averla chiamata per altre due volte, raggiunse suo padre dall'altra parte del letto, pose la manina sul suo braccio, muovendolo avanti e indietro.
    - Papà, il mostro cattivo! - disse, cercando di catturare la sua attenzione.
    Il suo pigiama all'altezza del petto non si muoveva. Non un respiro. Non un russare. Gli toccò la faccia. Era gelida.
    - Papà... papà! Svegliati! -
    Ma quando i genitori non accennavano a svegliarsi, Louise si accoccolò in mezzo a loro, mentre i passi del mostro si avvicinavano, cercando un conforto che stentava ad arrivare. Le lacrime cominciarono a scenderle copiose sul volto e lei si rannicchiò sotto le coperte.
    - Mamma, papà! Perché non vi svegliate... - sussurrò, con la vocina spezzata.
    Dei passi. Lo scricchiolio del pavimento. La puzza di catrame. Un respiro. Un soffio.
    Louise si allontanò di scatto, mentre la luce le penetrava violentemente negli occhi, sperando di metter più distanza possibile tra lei e il "mostro". Il cuore non accennava a rallentare. Quando la sua vista si fu abituata al giorno, guardò la figura che si stagliava alta davanti a lei.
    "Cazzo" pensò. Blake Barnes. Un momento davvero perfetto per incontrarsi, ottima scelta.
    Si alzò dall'erba in fretta, stendendosi i vestiti con le mani. Si portò una mano al volto, per tentate di stropicciar via il sonno rimasto, ma si bloccò quando sentì le guance bagnate. Aveva pianto.
    "Oh no..." pensò, mentre si sentiva morire dentro.

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    Blake Barnes ~ Black OpalEra più che ovvio. Stava facendo un brutto sogno. Si stava agitando, stava piangendo, le mani ed i piedi sembravano quasi muoversi. Blake era un buon osservatore e doveva anche ammettere che Louisa lo aveva incuriosito, era riuscita sicuramente ad entrare nella sua sfera di interesse, cosa veramente molto strana e pazzesca visto e considerato che Blake non era una di quelle persone che si interessavano davvero altri altri. O meglio si interessava solamente a chi diceva lui e quando diceva lui. In fondo l'egocentrismo così funzionava, anche se lui non era per niente una persona opportunista, ma comunque era una contraddizione vivente e non poteva negarlo. Si mise seduto li, per terra a guardarla mentre si svegliava, e si muoveva veloce più lontano possibile da lui. Continuò a fumare la sua sigaretta, prima di alzarsi da quel piccolo muretto e poi girarsi verso di lei. Quindi ricapitoliamo la situazione: non reggi l'alcool, tuo zio ti picchia, fai incubi e piangi spesso! Che culo! Ecco appunto. Il tatto sotto la suola delle scarpe aveva, ma era fatto così. ALmeno se si innervosiva sicuramente avrebbe fatto meno storie per tutta quella situazione ed il tempo che rispondeva male a lui, non poteva certamente pensare alla sua triste vita. Ma che poi, perchè mai era così triste la sua vita? De Maris, si può sapere che hai? No perchè comincio ad essere un pò curioso di tutta questa storia pazzesca. Magari illumino la tua esistenza come ho fatto con un sacco di altre persone! Era allucinante perchè Blake era talmente tanto fatto in quel modo che non serviva neanche che lui si applicasse davvero per essere così irritante. Allora? Ce la fai a parlare oppure no? Nella sua testa e nella sua personalissima versione dei fatti stava cercando di aiutarla!


     
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    C’è un prato di papaveri che ti somiglia e racconta di te
    LOUISE DE MARIS

    Si portò le braccia in vita, stringendosi in un abbraccio personale, che avrebbe tanto voluto da qualcuno in quel momento. Si sentiva terribilmente smarrita, quasi fosse un agnello sacrificale in mezzo ai lupi, o meglio, a sacerdoti pronti ad immolarla per una causa più grande, una di quelle che a lei non importava e di cui non era davvero a conoscenza. Non sapeva, infatti, per quale motivo effettivo fosse stata promessa in sposa al famoso giornalista della Gazzetta del Profeta, Alton Mckinley. Che fosse influente ne era certa. Di riflesso, strinse tra le dita l’anello che portava all’anulare, uno che avrebbe preferito togliere. Chiunque la conoscesse bene, avrebbe saputo che lei di anelli e cianfrusaglie simili non ne indossava, almeno che non fossero orecchini, quindi, ad occhi esterni avrebbe potuto sembrare strano che lei ne portasse uno.
    I suoi occhi si spalancarono quando Blake confessò, quasi fosse una lista della spesa, una serie di eventi della sua vita che aveva intuito con grande facilità. Era lei il problema? Forse sì, visto che non era in grado di tenersi per sé questioni private, seppur non ne facesse parola con alcuno o, almeno, con la maggior parte delle persone, tra le quali era inglobato anche Blake. Si sentiva davvero una merda: avrebbe voluto essere in grado di assumere una faccia impassibile e distaccata ventinquattr’ore su ventiquattro, ma, purtroppo, le sue emozioni erano più forti di ogni sua volontà. Ma, in quel preciso istante, non poteva darsi per vinta. Doveva assolutamente far qualcosa.
    - Ti sbagli – disse, sena trovare altro da dire. Beh, almeno era qualcosa.
    Non rispose alle parole del ragazzo, la stava innervosendo parecchio con tutta quella boria che esternava da tutti i pori. Voleva soltanto che si zittisse per una buona volta. E la sua impulsività prese finalmente il sopravvento.
    - Sta zitto! – urlò, con tutta la violenza che aveva in corpo.
    Continuò a stringersi, si sentiva tremare, che fosse dalla rabbia repressa o dalla paura non lo sapeva

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    Blake Barnes ~ Black OpalNo, assolutamente non era la persona giusta per affrontare quelle situazioni, anzi, doveva ammettere che in quel momento la sua parte buona gli stava dicendo di andare a chiamare qualche suo compagno molto più in grado di lui di fare qualcosa. Ma Blake non chiedeva aiuto per se stesso, figurarsi per qualcun'altro. Si mise seduto vicino a lei e fece un respiro profondo quando la stessa gli disse che si stava sbagliando. Davvero? Insomma davvero voleva fare quel gioco con lui? Sbuffò alle sue parole ma quando lui continuò e lei gli rispose con quella violenza ed una certa arroganza - che poi da che pulpito arrivavano le prediche!- si girò completamente verso di lei. La osservò più attentamente. Era in difficoltà, stava tremando e la cosa gli dipiaceva anche, ma effettivamente, non sapeva che fare. O meglio l'avrebbe comunque aiutata, se no non si sarebbe neanche fermato li a guardarla, ma lui aveva il suo personale modo di farlo e non aveva intenzione di cambiare. Da quando era entrato in quell'accademia si era sempre fatto rispettare e la sua reputazione era qualcosa che arrivava molto prima di lui, quindi non aveva intenzione di cambiare modo di essere per una ragazzina sciocca che non si rendeva conto neanche di quello che aveva davanti. Ma ti senti quando parli oppure vuoi che ti registri. Mi sono seduto affianco a te perchè stai tremando e si vede che stai male, oltre al fatto che stai dormendo nei giardini della scuola. E tu a me dici che devo stare zitto? Ma davvero? Era leggermente stizzito, doveva ammetterlo. Scosse il capo. Allora hai due possibilità, o continui a fare la vittima del cazzo oppure, continua a tremare a piangere e mi dici cosa diavolo ti sta succedendo. Perchè se no soffri da sola, in silenzio e non concluderai mai niente. Ma fallo lontano dal posto in cui io sto fumando. Grazie. Ovvio che doveva andare via lei e non lui. Su quello era certo e sicuro.


     
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  7. Louise De Maris
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    C’è un prato di papaveri che ti somiglia e racconta di te
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    Non c'era alcun dubbio: Blake era un bastardo. Quelle parole non l'avrebbero aiutata di certo. Probabilmente lui aveva buone intenzioni, ma, detto sinceramente, era troppo rude, poco sensibile e per niente empatico. Stava tremando e, se un attimo prima quel tremore era stato di paura, non si poteva dire lo stesso per quel momento, in cui tutto ciò che riusciva a provare era rabbia, una rabbia profonda, scaturita dalle frasi del ragazzo scorbutico.
    Eppure, in minima parte, si fece strada nella sua coscienza un pizzico di rimorso per avergli urlato di stare zitto. Dopotutto, stava cercando di aiutarla, a modo suo. Si sarebbe scusata a dovere, forse come fosse una sorta di cane bastonato, con la testa bassa e la vocina piccola, se non fosse stato per quei duri appellativi con cui l'aveva appena chiamata.
    "Vittima del cazzo a chi?!" pensò, mentre ribolliva di una rabbia non troppo tenera. Probabilmente Blake avrebbe potuto tenerle testa anche da arrabbiata, ma lei non ci stava pensando davvero in quel preciso istante. Non riuscì ad ingoiare l'orgoglio che la sovrastava.
    - Perché mi dovrei allontanare io? Che sono io, scusami, che devo obbedire ai tuoi ordini?! -
    Ormai non piangeva più alcuna lacrima, seppur le sue ciglia continuassero a rimanere leggermente bagnate e le sue guance fossero rigate da sottili striscie d'acqua salata.
    Non poteva continuare cosi e non aveva molta voglia di litigare. Prese un profondo respiro, nel tentativo di calmarsi. Era una bomba ad orologeria: ogni attimo era buono per scoppiare, ora in lacrime, ora in furia, ora in una sorta di depressione.
    - Non avrei dovuto risponderti male. Scusami. - disse, con tono duro, ma sincero. Era difficile tirar fuor di bocca quelle parole.
    - È un periodo difficile e non posso fare a meno di scoppiare quando vengo istigata... -
    Era un sottile colpo: non poteva di certo affondare totalmente.

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    Blake Barnes ~ Black OpalBlake sogghignò appena per quella sua domanda, che per lui era semplice retorica. Si voltò di nuvo a guardarla e spense la sigaretta per terra facendola scomparire con un semplice incantensimo non verbale, poi sospirò e la sua gamba si piegò a novanta, in maniera tale che fosse completamente rivolto verso di lei, anche fin troppo vicino. Perchè io sono Blake Barnes e tu non sei proprio nessuno.Aggiunse, ma questa volta il suo tono era più morbido. Stava per aggiungere altro, in quanto sapeva riconoscere quando le persone erano completamente ko sapeva benissimo che lei stava passando dei momenti terribili e sapeva anche che era uno stronzo di merda e che aveva poca empatia e che pretendeva dagli altri qualcosa che lui aveva dentro da sempre e che non tutti potevano sviluppare. Lui era un menefreghista assurdo perchè sapeva di poterlo fare, perchè nonostante la sua infanzia difficile, aveva sempre ottenuto quello ch voleva ed aveva sempre preso quello che desiderava, ma non tutti avevano quella fortuna. Si morse il labbro quando gli chiese scusa e confessò che non stava attraversando un periodo facile. Blake non avrebbe detto che anche lui aveva esagerato, non si sarebbe neanche sognato di farlo, ma fece un sospiro e si stese affianco a lei, allargò un braccio e le fece segno di mettersi vicino a lui. Stava crescendo e seppur gli pesava tantissimo quel gesto, sapeva che era la cosa più vicina ad un:"non ti preoccupare andrà tutto bene". Non ti stavo istigando. Ma se vuoi psso farlo, insomma magari sfogarti ti farà davvero bene!Aggiunse poi attendendo una qualche reazione. Sapeva di essere una persona imprevedibile sapeva benissimo che ogni volta che succedevano quelle cose non sapeva esattamente che fare e come comportarsi e piano piano stava cercando di imparare tramite Jesse. Oddio Jesse. Si, prima o poi avrebbe dovuto parlare anche con lui, avrebbe dovuto affrontare un discorso serio e complesso con il suo socio e migliore amico. Sospirò e chiuse gli occhi. Se la ragazzina avesse voluto, si sarebbe potuta accoccolare, se no, fatti suoi! cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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  9. Louise De Maris
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    "Tu non sei proprio nessuno". Quelle parole erano come un mantra nella sua mente. "Tu non sei proprio nessuno". Risuonavano violentemente, battendo il suo cervello come fossero un martello che cade incessante su un chiodo. Solo che il suo non era né un chiodo, né un tarlo, ma piuttosto una vite che, lentamente e inesorabilmente, si avvitava sempre più stretta nei suoi pensieri e nelle sue carni, mentre il dolore di vecchie ferite si rifaceva vivo. "Tu non sei proprio nessuno" le aveva detto sua zia, quando le aveva urlato di lasciarla andare. "Tu non sei proprio nessuno" le aveva sussurrato all'orecchio suo zio, una volta, mentre continuava a picchiarla. "Tu non sei proprio nessuno" le aveva appena riferito Blake Barnes, un ragazzo che non conosceva, ma che con quelle parole l'aveva appena ferita in modo brutale.
    Le sue dita sottili raggiunsero il suo cuoio capelluto, stringendo duramente i capelli tra esse, lasciando esposto e in bella vista l'anello di fidanzamento. Voleva provare qualcosa che la distraesse, che la facesse sentire viva: aveva bisogno di dolore, solo di quello provocato da lei stessa.
    Non si rese conto che il ragazzo aveva appena allargato un braccio, invitandola ad avvicinarsi. I suoi occhi erano chiusi strettamente e le nere palpebre non permettevano alla luce di penetrare, mentre il suo corpo si accucciava per terra. L'unico senso rimasto ancora intatto era l'udito. Non si accorse di pronunciare un silenzioso - Hai già fatto abbastanza -. Si chiese se l'avesse solo pensato o se fosse stata la sua voce a pronunciare quelle parole. Si sentiva completamente stordita, il dolore era confuso, come le sue idee.

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    Blake Barnes ~ Black Opal Blake riusciva ad essere un disastro anche senza il minimo impegno. Blake riusciva a far male alle persone anche solo facendo se stesso. Si odiava spesso per quello ma allo stesso tempo non voleva cambiare. La sua essenza era qualcosa di brutale ma era reale, vera. Dopo le parole che disse la vide stringersi i capelli, farsi del male e Blake, per quanto egoista ed insensibile voleva e poteva essere, non era completamente stronzo. Con un colpo di addominali, si alzò a mezzo busto e le prese la mano per farle mollare la presa. Ok, forse il suo metodo non era quello giusto ma aveva conosciuto solamente quello, da quando era piccolo non aveva fatto altro che ricevere botte e minacce di morte, gli aveva ripetuto così tante volte che era uno stronzo bastardo assassino che alla fine ci era diventato davvero. Certo non un assassino ma uno stronzo bastardo sicuramente. Smettila di farti male! Le sussurrò cercando di farle mollare la presa su se stessa e facendola rialzare. Si morse il labbro. Eccolo la, quel sentimento che conosceva così bene, il senso di colpa,il senso di incertezza che lo attanagliava costantemente. Nessuno lo avrebbe mai detto, si era costruito un personaggio ed una maschera così salda e sicura che il vuoto che aveva dentro era invisibile. Solamente poche persone lo conoscevano e quelle poche che sapevano gli volevano bene e quello, per lui, era importante. Si morse il labbro e la costrinse a portare le sue braccia intorno alle sue spalle come per abbracciarlo.Se voleva far del male a qualcuno poteva farlo a lui, ma non a lei e non per colpa sua. Ehi, guardami. Cazzo devi guardarmi! Disse poi cercando di smuovere qualcos'altro in lei. Non voleva farle del male, la sua frase non era stata neanche davvero pensata e comunque era un intercalare, per lui nessuno era nessuno e lui era tutti. Era sempre stato così, era sempre così e soprattutto era il suo ego sconfinato a parlare. Blake era nato con una corona in testa che a volte non sapeva neanche portare. Era nato e cresciuto con un fratello maggiore che lo aveva reso potente, egocentrico, sicuro di se e sempre bello ed al top, determinato. Blake era una contraddizione vivente come la sua stessa famiglia, ma aveva il pregio di essere una persona intelligente. Non so cosa ti abbia provocato tutto questo ma non era mia intenzione. Se gliene avesse dato modo, praticamente, la stava abbracciando e stringendo per farle capire quanto, davvero volesse che le cose andassero bene nella sua vita. cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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    Il dolore non aiutava. Era in preda al panico. Le mancava il respiro. A volte, quando era completamente lucida, pensava che, forse, sarebbe stato meglio soffocare, così che potesse mettere fine alla sua misera vita. In quei momenti, però, non faceva altro che artigliare l'aria, nella speranza di riuscire a prenderne qualche boccone, pur di poter respirare di nuovo. Alcune volte, si era tagliata le braccia, quando proprio i pizzichi non bastavano. Le erano rimaste alcune cicatrici sulle braccia, nascoste dalle lunghe maniche. Non aveva iniziato da molto tempo, solo da quando la sua sofferenza era diventata così inarrestabile da non poter essere affrontata. Era un disastro, lo sapeva. Suo padre glielo diceva sempre, in positivo però. Ora, invece, lo credeva in negativo. Alcune volte si immaginava di comprare un mantello dell'invisibilità e di scappare il più lontano possibile, lontano da tutto e da tutti.
    D'un tratto le sue mani furono bloccate in una morsa di ferro.
    - Lasciami andare... lasciami andare! - urlò e nella disperazione più totale, annaspando, disse: - Ne ho bisogno... ti prego... -. Intendeva il dolore.
    Non guardò Blake quando le ordinò di guardarlo, non ci stava facendo caso, ma si lasciò portare all'interno di un abbraccio forte e virile. Continuò a ripetere quel - Lasciami -, dapprima con forza, poi con meno convinzione, fino a quando la voce spezzata non si incrinò in un pianto singhiozzante a dirotto, mentre le sue mani cercavano qualcosa a cui aggrapparsi. Aveva bisogno di un'ancora e quel pianto poteva essere liberatorio. Il primo passo, però, era stato compiuto: aveva permesso libero sfogo alle lacrime per la prima volta dopo tantissimo tempo, durante il quale erano state imbottigliate senza troppa cura.

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    Blake Barnes ~ Black OpalDecisamente non era la situazione ideale per uno come Blake. Lui che non sapeva gestire i suoi di sentimenti, figurarsi se riusciva a gestire quelli di un'altra persona. Figurarsi se davvero riusciva ad essere una persona lucida e fare qualcosa di buono per una persona che stava soffrendo così tanto. Quando succedeva a lui, quando era più piccolo, c'era sempre Aaron che si prendeva dei cazzotti sulla pancia, forti, senza sosta e sapeva che gli facevano male eppure lui non riusciva a fermarsi. Non si era mai fatto del male da solo, non aveva mai voluto provare dolore e forse proprio per quello si rendeva conto che era stato fortunato. Per quanto lui avesse sofferto, non era mai stato da solo, Aaron ed Annie non gli avevano mai permesso di sentirsi sbagliato, di sentirsi un signor nessuno ed in quel momento come se un fulmine lo avesse attraversato, si rese conto del cosa aveva fatto lui per scatenare tutta quella situazione. Si morse il labbro mentre sentiva le sue braccine continuare a ribellarsi, Blake comunque non si mosse da dove era, ed anzi, la strinse come per farle capire che non sarebbe andato da nessuna parte, che era impossibile anche solamente pensare una cosa del genere. Per quanto stronzo poteva essere la lealtà verso un amico era qualcosa che aveva sempre avuto. Certo anche in quel caso aveva strani modi per confermarla e dimostrarla, ma non era uno che scappava, non lo aveva mai fatto non avrebbe cominciato in quel momento. Rimase in silenzio, fino a quando non la sentì piangere e mollare un pò la presa. La ribellione stava per finire. La tenne tra le sue braccia e la strinse ancora un pò. Ecco, ed adesso cosa avrebbe dovuto fare, per l'esattezza? Cosa doveva dirle per farla stare meglio? Diventava completamente un cretino quando succedevano quelle cose. Sapeva gestire bene la rabbia, i combattimenti, gli scleri, le scazzottate, poteva anche ribaltare l'ufficio del professor Ensor senza alcun timore - cosa che aveva fatto realmente- ma quando qualcuno piangeva tra le sue braccia era un disastro. De Maris... non costringermi a chiederti scusa per quello che ti ho detto. Sono pessimo quando lo faccio e mi rovinerei la reputazione. Già, era pessimo specialmente perchè quello non era il momento di dire qualcosa o di sdrammatizzare il fatto. Ma solo mentre le sue braccia erano intorno alle sue spalle e lui la stringeva in un abbraccio, sentì il piccolo ferro dell'anello sul dito della ragazza. Non le disse niente, perchè in quel momento il suo deficit emotivo era così evidente che la ragazzina avrebbe potuto sentire tutto lo sforzo che Blake stava facendo pur di farla stare bene. cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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  13. Louise De Maris
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    Mentre quel ragazzo la stringeva, per la prima volta si sentì al sicuro, un sentimento che non provava da molto. Nonostante il fatto che a volte potesse essere rude, quel ragazzo era riuscito a comprenderla a fondo e a fare quello che che le sarebbe servito di più in quel momento: semplicemente abbracciarla. La presa forte sulle sue spalle la facevano sentire confortata, anche se sapeva che i suoi problemi non sarebbero svaniti magicamente. Come avrebbe voluto che si smaterializzassero! Avvertì un allentamento della presa sui polsi, il che le consentì di sfilare le mani e portare le braccia attorno alla vita di Blake. Era un gesto del tutto inconscio e, sicuramente, in un secondo momento, si sarebbe domandata se non avesse messo in imbarazzo e a disagio il povero ragazzo.
    Quel "De Maris" pronunciato con una velata delicatezza catturò la sua attenzione, mentre le lacrime si facevano più rade e i singhiozzi si assopivano per far spazio ad una risatina mista a pianto quando Barnes utilizzò una certa ironia per sdrammatizzare una situazione che, con assoluta certezza, gli stava scomoda, come un vestito troppo stretto. A quel punto, Louise, con la mente leggermente più lucida, tentò di staccarsi da quelle braccia, un pò per suo imbarazzo, un pò per evitare vergogna dell'altro. Avrebbe preferito, però, essere ancora tenuta per un pò, come quando era bambina .
    - Scusami... scusami... non volevo- disse, non riuscendo a proferire la parola "abbracciarti", evitandola come fosse peste.
    - Non è colpa tua - gli disse, seppur fosse ovvio.
    Si era calmata nel suo pianto, anche se qualche lacrima continuava a sfuggirle.

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    Blake Barnes ~ Black OpalIl tutto non solo era fuori dalla portata della sfera emotiva di Blake, ma era anche del tutto comica quella situazione. Forse non per la ragazzina, ma doveva ammettere che Blake era tra il divertito, il destabilizzato e non sapeva cos'altro. Il fatto era che non era un problema per lui un abbraccio, o meglio non era un problema effettivo, ma essendo una persona che non sapeva gestire davvero i suoi sentimenti ed i suoi stati d'animo, diventava difficile gestire quelle situazioni che richiedevano, appunto, empatia, diplomazia, delicatezza e dolcezza, tutte cose di cui lui era veramente, ma veramente carente. Allentò la presa su quei polsi, lasciò che la ragazza lo abbracciasse e gli stingesse la vita e pregò tutti i santi che la Clarke non passasse di li in quel momento. Cavolo se sarebbe scattata come una molla. Ma il principio era sempre lo stesso: Blake faceva sempre quello che si sentiva di fare. Non ce la faceva a non agire come gli suggeriva il suo corpo, come i suoi muscoli si muovevano. Certo, il suo abbraccio era determinato e fermo, proprio per trasmetterle una certa tranquillità e sicurezza, quindi quando si allontanò appena ironizzando su quella situazione, sorrise e quando lei chiese così tante volte scusa scosse il capo.Senti, patti chiari e amicizia lunga. Basta scuse, basta piangere. Mettiamola così: volevi un abbraccio da me ed io te l'ho dato! Il suo tono di voce era simpatico questa volta, era molto più rilassato. Con il pollice le asciugò una lacrima che le era sfuggita. L'unica primina che può dire di avermi abbracciato seriamente. Wao! Ti sei guadagnata una certa dose di notorietà De Maris!Ecco, quello sapeva farlo bene, per il resto davvero non sapeva che pesci prendere. Era abituato all'auto ironia e a dire cose che, fondamentalmente, erano vere, ma comunque erano leggere, erano completamente vane. Sorrise ancora prima di accarezzarle con l'indice il profilo. Non dovresti farti del male. é un peccato che tu lo faccia. Non voleva usare quel tono profondo e basso, a pochi centimetri dal suo viso. Era veramente un consiglio senza nessun tipo di scopo. cit. Vivi sempre come se fosse l'ultimo giorno sulla terra


     
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  15. Louise De Maris
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    Quando staccò le sue braccia dal busto dell'altro, si rese conto di avergli bagnato la maglietta a furia di piangere.
    "Ma come posso essere così stupida?!" si autorimproverò tra sé e sé, senza che nessuno potesse ascoltarla, seppur non fosse così sicura che il suo volto fosse stato impassibile come desiderava. Non era brava a nascondere le sue emozioni, le era stato detto così tante volte che per Louise era diventata un'ossessione.
    Voleva dire al ragazzo che, se glielo avesse permesso, gli avrebbe asciugato la maglietta con un incantesimo, ma fu presa alla sprovvista dalle improvvise parole di Blake e, soprattutto, dal tono ilare che la sua voce aveva assunto, strappandole via una leggera risatina. Non aveva pienamente ragione ed era questo a farla ridere di più: questa volta non ci aveva azzeccato, perché era vero che aveva bisogno di un abbraccio, ma non stava pensando qualche istante prima a chi la stesse stringendo. E, poi, non era nemmeno stata lei a volerlo, visto che era stato lui a trascinarla tra le sue braccia. E Louise non aveva detto niente, quindi era stato Blake stesso a prendere iniziativa. Non che bisognasse dire di aver bisogno di un abbraccio quando il cuore piangeva assieme al volto. Era scontato che ci volesse. Ma erano divagazioni.
    Il dito che scorreva lungo la sua guancia era così delicato da non sembrare il tocco di quel ragazzo che aveva conosciuto come brusco e rude. Eppure, Louise non sapeva spiegarsi cosa stesse provando in quel momento: aveva cominciato a volergli bene? Lei voleva bene a troppe persone e, spesso, finivano per ferirla. O per non capirla. Poteva considerarlo un amico? Forse. Ma non ne era del tutto certa.
    Abbassò lo sguardo sulle sue scarpe, non volendo farsi travolgere da quella speranza che cercava di accecarla.
    - Grazie per la tua... - si fermò, cercando di trovare il termine giusto. - ...preoccupazione. Ma il dolore è l'unica cosa che mi faccia, in qualche modo, sentire viva... -
    Non sapeva davvero come spiegarglielo. Era difficile trovare le parole giuste. D'istinto, si porto una mano sul braccio opposto, sfregando leggermente i punti in cui vi erano tagli cicatrizzati. Era come se, mentre parlava indirettamente di loro, un prurito li accendesse e non poteva fare a meno di grattarsi instancabilmente, fino a quando non costringeva le ferite più recenti ad aprirsi. Era un gesto ormai abituale. Non ci faceva caso.
    Era stanca di tutta quella storia con Alton, con i suoi zii e lo dimostravano le perenni occhiaie nere che le rovinavano il volto altrimenti sempre pulito.
    Lo sguardo si rivolse verso l'anello di fidanzamento e, presto, con occhi carichi di odio e rabbia, se lo strappò via dall'anulare, facendosi male, ma non rendendosene conto, e lo gettò nell'erba alta, tra i fiori di papaveri.
    - Stupido anello! - sussurrò, ma Blake avrebbe potuto sentirla.
    Con ancora rabbia in corpo, si portò nuovamente la mano al braccio, sfregando con più forza le ferite, fino a quando una crosta si ruppe, lasciando fuoriuscire del sangue caldo che le macchiò il vestito bianco.
    Rosso su bianco. Sussultò leggermente, rendendosi appena conto di quello che aveva fatto. Era senza parole per il suo stesso comportamento. E se Blake Barnes le avesse fatto alzare le maniche avrebbe visto non solo tagli, ma anche lividi. Si portò un palmo sulla macchia, nel tentativo di nasconderla o, almeno, così disse a sé stessa, nonostante sapesse che, ormai, il Black Opal l'avesse vista.

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