Il giovedì della sua prima settimana di lezioni ad Hidenstone aveva fatto una splendida lezione di Magitecnica sulle coste di Denrise: aria aperta, profumo di mare e sole avevano garantito al giovanotto una tinta leggermente dorata della sua carnagione altrimenti molto chiara; il colorito era decisamente sano, di chi sia in ottimo stato psicofisico.
Isaac non aveva perso tempo e aveva raccontato della lezione alla sorella minore Jade, lo aveva fatto in una lunghissima lettera che ora stringeva tra le dita della mano sinistra. A destra, invece, aveva un sacchettino chiuso.
Approfittando dell'ora buca tra Difesa Contro le Arti Oscure e Divinazione, aveva lasciato il castello e aveva attraversato l'immenso e ben curato parco, in direzione della guferia. Aveva camminato di buon passo e, giunto ai piedi della stessa, aveva rovesciato all'indietro la testa guardando verso l'alto, verso la cupola puntuta:
“Speriamo che Luli sia di buonumore e abbia voglia di svolazzare verso casa con un peso più grosso del solito...”, canticchiò con la sua voce da baritono, ricca di note autunnali e calde, piacevoli e avvolgenti. Isaac era discretamente intonato, ma nulla di eccezionale: il canto non era di certo tra le sue passioni. Agitò il sacchetto nella mano destra e aggiunse:
“Speriamo che il suo mangime preferito contribuisca alla mia causa”. Sì: stava tentando di comprare il suo gufo ma non ne provava assolutamente il benché minimo rimorso.
Riabbassò la testa e varcò la soglia della torre adibita a guferia, inspirò profondamente e guardò di nuovo verso l'alto, seguendo le volute della scala a chiocciola che conduceva ai piani superiori.
“Per il reggiseno imbottito di Morgana, ma qualcuno mi spiega per quale acciderboli di motivo le guferie non hanno mai un meccanismo magico di qualche sorta, che consenta di arrivare in cima senza fare tre fantastiliardi di scalini?”, borbottò: lo sconforto si leggeva chiaramente sul volto dell'inglese.
“Io odio le scale.”, aggiunse come se ci fosse davvero bisogno di chiarire la propria posizione.
“A Magitech avrei dovuto proporre un marchingegno tipo quello dei babbani, quello che chiamano 'ascensore' al posto di fantasticare sulla Metropolvere e la Polvere Volante. Un robo di quel genere installato nelle guferie: ecco che cosa ci vorrebbe!”Sospirò pesantemente e in maniera piuttosto teatrale prese a salire pesantemente la scala a chiocciola, un gradino dopo l'altro. Ci mise del bello e del buono ad arrivare al piano in cui erano alloggiate le gabbie dei volatili – e ci arrivò con le guance rosse e il fiato corto (visione degna d'un ottantenne con la sciatica e i reumatismi, altro che sedici anni!) manco avesse corso la maratona di New York e la Stramilano tutte in un giorno solo. Si appoggiò alla parete esterna, accanto all'uscio ancora chiuso, e rifiatò costringendosi a inspirare ed espirare ritmicamente. Sentiva il freddo della pietra sotto la maglietta bianca a maniche lunghe; oltre a quella Isaac indossava un paio di blue jeans sdruciti ad arte e un paio di Adidas bianche. La bacchetta era nel suo fodero, ed era assicurata in vita tramite la cintura che teneva su i jeans.
Si staccò dal muro, sbuffò verso l'alto ricacciando indietro, un po' sommariamente peraltro, una ciocca dei suoi capelli mori, ribelli e disordinatissimi. Afferrò la maniglia della porta con la mano sinistra, già ingombra della missiva, e la abbassò. Mentre stava ancora aprendo la porta, fischiettò un breve motivetto che aveva il gusto del richiamo per il suo gufo femmina:
“Lulìììì... Lulinaaaa! Indovina chi è venuto a trovarti e ti ha portato la pappa buona?”, esordì terminando di aprire la porta. Ancora fermo sull'uscio della stanza, fece girare lo sguardo cercando la gabbietta del suo volatile. Di tutto il resto che lo circondava non se ne curò minimamente: i suoi occhi erano solo per
Lucrezia.
.RevelioGDR
Isaac Callahan
