Louise De Maris - smistamento

Louise era leggermente preoccupata, non tanto per lo smistamento in sé, quanto per quello che avrebbero potuto pensare i suoi "cari" zii purosangue: era assolutamente certa che sarebbero stati perfettamente d'accordo con quelle terribili storie sui Purosangue di Denrise, che aveva sentito raccontare, per caso, da alcuni sconosciuti, mentre passeggiava per le vie della città alla scoperta di quella che sarebbe stata la sua "nuova" casa. Sapeva bene che non l'avrebbe mai potuta considerare come tale, dopotutto non era nemmeno una Purosangue, era soltanto costretta dalla famiglia a mantenere le apparenze, "per il cognome" dicevano. Aveva indossato un abito bianco e aveva raccolto i capelli in uno chignon, seppur leggermente disordinato. Non voleva davvero di obbedire totalmente ai suoi rapitori, desiderava ardentemente conservare un pizzico di indipendenza propria. Nonostante tutto, le mancava il respiro: con le mani strette sul suo grembo, si avvicinò alle sponde del lago, dove poté intravedere i suoi coetanei, accalcati l'uno sull'altro. A differenza loro, non aveva scambiato alcuna parola: a testa alta aveva raggirato l'agglomerato, fino a raggiungere la sponda, in modo tale da poter salire per prima. Stranamente, nessuno fece troppe storie. Saliti sulla nave, si limitò ad ammirare l'acqua increspata lungo i bordi del vascello e le onde basse che si protraevano dal moto continuo. Il silenzio regnava sovrano, si poteva udire soltanto qualche gemito di stupore, nulla di più. L'espressione di Louise, se confrontata con quella dei suoi compagni, appariva rassegnata, spenta di ogni possibile vitalità. Un leggero bagliore, però, comparve alla vista della riva e, di conseguenza, dell'Accademia di Hidestone, eretta in tutto il suo splendore.
Scesi dalla nave, gli studenti furono accolti dai tre capi delle casate di Ametrin, Dioptase e Black Opal.
"Speriamo vada bene" pensò, sapendo che quel "bene" non indicava certo il suo proprio volere. Troppo distratta per ascoltare le parole degli insegnanti, si concentrò con dovizia ai minuziosi dettagli d'ingresso della Sala Grande: il passaggio era illuminato dalla danza dei fuochi quieti, che si arrestavano nel punto in cui sorgeva la statua d'oro di uno snaso. Lucidata a puntino, sembrava fosse di nuova appartenenza, ma Louise immaginava fosse di una antichità secolare.
Raccolse la bacchetta di legno tra le dita, tastando con i polpastrelli le fini intarsiature. Alla deriva dei suoi pensieri, l'udito registrava una serie di nomi a lei sconosciuti, fino a quando il suo nome non la costrinse ad uscire dalla tana per andare incontro al "lupo".
“Ti prego, fa sì che vada tutto bene!". Si avvicinò alla statua, stringendo l'impugnatura della bacchetta tra le dita. Con un movimento di polso secco, cantò: - Revelio! -