A starving child is a frightful night

Provino Vampirismo - Evelyn

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    Gli Snasi
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    Londra | 1920
    La lama del coltello penetrò la pancia di Evelyn come se fosse burro. La ragazza, già indebolita nello spirito in seguito ad atti per cui non aveva concesso il consenso, si ritrovò con lo sguardo perso nel vuoto, mentre il denso liquido rossastro usciva senza sosta. In un primo momento Evelyn non realizzò di essere stata accoltellata da quel farabutto, ma quando lo vide scappare ebbe quasi un mancamento e il capo si spostò verso il proprio corpo: i vestiti si stavano tingendo di rosso, le gambe non riuscivano più a mantenersi in equilibrio e ti accasciasti al suolo mentre i ricordi sua breve vita scorsero veloci.
    Nei paraggi non v'erano passanti. Oltre ad essere un vicolo buio era ottobre e anche se fuori stagione a Londra nevicava quella sera. Faceva freddo e probabilmente la ragazza sarebbe morta lì, lontano da famiglia e affetti nella speranza che il giorno successivo qualcuno si sarebbe accorto del suo cadavere.
    Eppure il destino aveva in mente qualcosa di diverso per lei.
    Spike che per chissà quale motivo, si stava aggirando da quelle parti. Non era certo se stesse o meno seguendo la sorella da una sconosciuta distanza o se semplicemente il dolce aroma del sangue aveva inebriato la sua mente, ciò nonostante il suo incredibile olfatto non ebbe difficoltò a rintracciare quel che stava per divenire un cadavere. Il vicolo in cui Evelyn si trovava era angusto e stretto, caratterizzato dai classici contenitori per la spazzatura, un tombino per le fogne e un muro in mattoni che bloccava la fuga verso nord. Il killer non si era neanche premunito di sbarazzarsi del corpo e laddove l'uomo peccava di negligenza e superficialità, la saggezza dei non-morti godeva dei peccati degli stolti. Avvicinandosi al cadavere, Spike non ebbe la minima difficoltà a riconoscere sua sorella.



    RevelioGDR


    Eccoci qui!
    Di norma i provini durano 3 post, ma questa essendo una free role potete farla durare quanti post volete (Evelyn, non sei vincolata alla fine del provino per aprire altre role). L'unica cosa a cui tengo è che ci sia un post in cui Evelyn descrive il suo risveglio, concentrandosi sulle sue sensazioni ed emozioni. In fin dei conti non capita tutti i giorni di svegliarsi dopo essere stati uccisi ù.ù
     
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    "Parlato" - 'Pensato' - "Ascoltato"

    Quella sera non doveva assolutamente andare in quel modo. Avevo finito da poco di lavorare in quel piccolo locale che mi aveva accolta poco tempo prima e mi permetteva di vivere una vita discreta, senza farmi mancare il necessario almeno e che mi dava la possibilità soprattutto di non dover chiedere a mia madre soldi per mantenermi, era ormai una continua lotta tra noi per via di mio fratello, lei non voleva assolutamente averci a che fare e io invece ero in lotta con la mia stessa coscienza, era sempre stato importante per me, più di chiunque altra persona, e la distanza che si era andata a creare tra noi mi faceva male dentro, non ero pronta a escluderlo dalla mia vita e infatti, appena uscita dalla porta della sala da tè mi inoltrai nei vicoli ormai quasi deserti di quella Diagon Alley serale diretta verso dove sapevo aveva preso alloggio Spike. Che gli avrei detto? Non lo sapevo, sapevo solo che avevo il bisogno di andare da lui e vederlo, poi il resto sarebbe venuto da se.
    La mia camminata era un susseguirsi di pensieri e ripensamenti, avevo interrotto il mio cammino un paio di volte durante il percorso pronta a ritornare sui miei passi, a ritornare verso l'appartamento che avevo affittato in una stradina non molto distante da dove lavoravo, mi continuavo a ripetere che ero una stupida che se lui stesso non si faceva vivo con me perchè io avrei dovuto farlo, forse semplicemente era più felice così che avere intorno una ragazzina petulante come ero sempre stata con lui, forse le nostre strade era giusto che si dividessero lì. Nel mentre pensavo a quelle mille cose persi per un momento la lucidità di dove stessi andando e senza rendermene conto mi ritrovai in un vicolo buio, un vicolo senza uscita e che non lasciava presagire niente di buono, soprattutto dopo il rumore che sentii perfettamente alle mie spalle e la successiva voce che mi rimbombò nelle orecchie.
    "Ti sei persa bambolina? Questo non è un posto per una ragazza carina come te, potresti farti male"
    Il sangue mi si gelò nel giro di due secondi, il suono di quella voce era così palesemente canzonatorio e maligno allo stesso momento, e io mi ritrovai in trappola. Le mani di quell'uomo mi afferrarono con tutta la forza che avevano e mi strattonarono con poca cura verso il muro più vicino, sbattendomi ad esso con la schiena senza la minima cura. I suoi occhi erano fissi sulla mia figura, quasi iniettati di sangue e con la palese luce di qualcuno che non era molto sano in quel momento. Li vidi chiaramente spegnersi da ogni volontà umana quando si gettò nuovamente sulla mia figura con quelle mani viscide che cercavano di infilarsi in ogni dove, in ogni strappo dei miei vestiti che si andavo a creare per via del suo continuo strattonarmi per tenermi ferma e spogliarmi allo stesso tempo. Mi sentivo così impotente in quel momento, le urla mi morivano in gola rotte dal pianto che mi stava annebbiando totalmente la vista, l'unica cosa che potevo fare era divincolarmi al massimo della mie forze per allungare quel suo tentativo di spogliarmi e prendermi di forza in quel vicolo.
    Forse osai troppo, forse avrei dovuto semplicemente lasciarmi a lui e fargli fare quello che voleva, forse avrei semplicemente potuto evitare di pensare troppo e stare più attenta a dove andavo, ci furono tanti forse nella mia mente in quel frangente, ma solo una cosa fu certa...sentii il mio fiato spezzarsi all'improvviso e senza rendermene conto caddi a terra come un sacco vuoto. L'ultima immagine che mi ricordo di quel frangente è la figura che fino a poco prima stava cercando di abusare di me che se ne stava correndo via e intorno a me si stava espandendo piano piano una pozza di sangue, non avevo forze per cercare di comprimere quella che vidi come una coltellata in pieno stomaco e quindi mi lasciai totalmente andare al mio destino. L'ultimo pensiero fu rivolto a lui, mio fratello, avrei tanto voluto parlare con lui per l'ultima volta prima di perderlo per sempre.
    Evelyn Imogen Giles


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    Era il 1920. La mia vita era cambiata drasticamente circa tre anni prima, quando venni morso e divenni vampiro. Cominciai quindi a vagare per i successivi due anni fino a tornare nuovamente a Londra.
    A dir la verità, prima del 1917, il mio modo di vivere era più o meno lo stesso, con l'unica differenza che in quel periodo non avevo mai avuto la voglia di bere del sangue. Tre anni dopo la vampirizzazione, ero tornato a Londra perché mi mancava mia sorella. Nient'altro. Era l'unico motivo che avevo per tornare in quella città di merda. Mia madre mi detestava, lavoro non ne avevo, i soldi me li procuravo derubando le vittime che uccidevo...insomma, non ero felice. Non che lo fossi mai stato, in realtà. Ma non avevo quello strano sorriso di quando stavo con Imogen. L'unica persona della mia schifosa vita che mi era stata accanto, nonostante tutto, e che amavo più di ogni altra cosa. L'amore...forse non conoscevo veramente l'amore. L'unica cosa che sapevo era che con mia sorella non pensavo a nient'altro, mi rilassavo e, probabilmente, ero anche meno stronzo.
    Ero nervoso, quella notte. Non sapevo perché...avevo il timore che da un momento all'altro sarebbe successo qualcosa
    Ero affacciato alla finestra dell'alloggio nel quale risiedevo, ed osservavo la strada vuota. Forse avrei avuto la fortuna di vedere mia sorella? Ma non avevo avvisato nessuno che sarei tornato, nemmeno lei. Perché non lo avevo fatto? Forse perché ero convinto che non aveva voglia di vedermi. Ero scappato via senza dirle nulla...
    Ad un certo punto non ce la feci più. Non riuscivo a stare fermo davanti alla finestra e quindi decisi di indossare il mio cappotto nero e il mio berretto molto in voga in quel periodo tra Londra e Birmingham, utilizzato spesso da un gruppo di criminali di quegli anni.
    Uscii dal mio alloggio e mi incamminai in quella strada solitaria. Sono sempre stato solo, in quegli anni, solo la mia ombra camminava accanto a me, ha sempre camminato con me. Non desideravo altro che Imogen. Desideravo, anzi, speravo che mi apparisse davanti, in quella strada.
    Camminavo, con le mani nelle tasche del cappotto nero e guardavo a destra e a sinistra nella speranza di vedere il viso di mia sorella.
    Ma invece l'unico viso che scorsi, fu quello di un uomo che usciva da un vicolo e correva dalla mia direzione. Non si era nemmeno accorto di me, infatti si scontrò sulla mia spalla.
    “Stai attento idiota!” ma quello era già andato via senza voltarsi. Nello scontro avevo sentito qualcosa cadere a terra. Abbassai lo sguardo verso il terreno e vidi un coltello sporco di sangue. Lo presi ed annusai il liquido che macchiava quel coltello. Era ancora caldo, sembrava avesse appena colpito qualcuno.
    Mosso dalla curiosità e approfittando del fatto che probabilmente la vittima era sul punto di morire, mi avviai verso il vicolo dove era uscito l'uomo col coltello e vi entrai.
    A terra vidi un corpo. Guardai meglio al buio di quel vicolo isolato e vuoto e, stranamente, sentii la paura assalirmi. “Imogen!”.
    Non potevo non riconoscerla, era lei, a terra in una pozza di sangue ed un taglio in pancia. Mi inginocchiai di fronte al suo corpo. Era in fin di vita. Ma non potevo. Non potevo lasciarla morire così. Avevo il coltello, non ci pensai due volte, non poteva morire! Avvicinai la lama al mio polso sinistro, recisi la mia pelle ed avvicinai il polso alle labbra di mia sorella. Le aprii e alcune gocce addero dentro la sua bocca. Poi la presi in braccio e mi alzai. Dopo essermi accertato che nessuno stava vagando per quella strada, con passo veloce mi avviai verso il mio alloggio. Per fortuna non avevo fatto molta strada e per fortuna Imogen era vicina alla mia abitazione.
    Con un calcio spalancai la porta, forse avrei rotto la serratura ma non mi importava.
    Entrai in casa, raggiunsi la camera da letto e poggiai il corpo di mia sorella sul letto. Ora bisognava attendere e sperare. Attendere e sperare.
    Presi una sedia, la avvicinai al letto, accanto ad Imogen e rimasi fermo lì a vegliare su di lei. Non mi fregava nemmeno della ferita sul braccio.
    Avrei aspettato lì, senza battere ciglio, senza dormire. “Svegliati”
    Spike Giles

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    Vampiro, 123 anni

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    Edited by Amon Spike Giles - 16/4/2021, 10:17
     
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    Dopo quel pensiero tutto intorno a me divenne buio, niente più colori, niente più luce, solo l'ombra e l'oscurità che si avvicinavano sempre più come a volermi racchiudere nella loro morsa e più io cercavo di fuggire, resistergli, più loro si avvicinavano velocemente per prendermi con loro. Tutta la mia vita mi si riversò addosso come se volesse farmi capire che ciò che avevo passato era stato il mio percorso e che ora stava per volgere a termine, bello o brutto che era stato ora era giunto il momento di lasciare quella vita e iniziarne magari una nuova, alla fine molte persone credevano nella reincarnazione quindi probabilmente sarei ritornata anche io con altre sembianze e con una nuova vita da scrivere e da vivere. Mentre c'era in corso questa lotta tra la mia voglia di vivere e quello che era il richiamo della morte, sentii chiaramente qualcuno che urlò il mio nome e, come se ora tutto fosse al proprio posto, in quel momento la mia anima decise di smettere di lottare e concedersi completamente alla signora morte. Da lì cadde totalmente il buio.
    [...]
    Non avrei mai pensato che rinascere fosse così doloroso e con quell'estrema voglia, e necessità, di bere sangue. Non so quanto tempo passò da quel giorno in quel vicolo, ma come se avessi dormito un lungo sonno tormentato da incubi ricorrenti, incubi che nessuno vorrebbe mai avere nei propri sogni, riaprii gli occhi e guardandomi intorno mi ritrovai totalmente spaesata. In mezzo a quel mio totale spaesamento su cosa fosse successo e su dove fossi in quell'esatto istante sentii giungere al mio naso un profumo, un profumo che conoscevo molto bene ma che ora aveva qualcosa che lo caratterizzava ancora di più. Era come se il mio olfatto avesse captato ogni minima particella presente in quella stanza e ora la stesse analizzando, come se fosse la prima volta ma il mio cervello invece sapeva bene che non lo fosse, era strano, molto strano, ma avrei riconosciuto quella fragranza a metri di distanza, e non era affatto una battuta. Guardandomi intorno non c'era nessuno, la prima cosa che mi venne da fare era richiamare la persona al quale era collegato quel profumo, ma qualcosa me lo impediva. Portai così la mano alla gola, come un gesto automatico, ma toccandomi la pelle non c'erano segni di tagli o altre cose che potevano darmi un indizio sul fatto che mi sentivo la gola così arsa e che mi impedisse di parlare, anche solo chiamare un singolo nome. Poi improvvisamente sentii il mio corpo pervadersi da una sensazione alquanto macabra ma che non sembrava affatto dispiacermi, avevo bisogno di bere sangue, volevo assolutamente del sangue caldo da bere, lo esigevo proprio come se fosse di vitale importanza per me in quel momento. Ero spaventata ma allo stesso tempo qualcosa mi diceva che era ciò di cui avevo bisogno, quel qualcosa che poi mi avrebbe permesso di stare meglio e mi avrebbe tolto quell'arso che non mi permetteva di parlare.
    Con un movimento lento mi tirai su a sedere sul letto dove ero stata messa, non riconoscevo il posto dove ero, avevo la vista annebbiata, sembrava tutto così faticoso, ogni singolo movimento che compivo sembrava così innaturale e pesante, come se muovendo il mio stesso corpo stessi spostando dei macigni con la sola forza delle braccia. Quella voglia di sangue però mi stava imponendo di alzarmi da lì e andare in cerca di sangue, sangue caldo, sangue che sarebbe colato da qualche corpo ancora in vita, non mi resi nemmeno conto che con quel pensiero fisso in testa i canini mi spuntarono in automatico. Quando percepii del chiaro sapore di sangue in bocca mi resi conto di essermi tagliata il labbro maldestramente con qualcosa, passai così la punta della lingua a contatto con la ferita che si rimarginò subito e in quel momento sentii una strana forma appuntita spingere sulla pelle. Ne seguii il contorno lentamente, come se quella scoperta stesse risvegliando in me qualcosa di nuovo, la brama di andare a caccia si stava facendo sempre più viva e quando passai la lingua dall'altro lato tutto fu più chiaro, dovevo andare a caccia, dovevo andare a nutrirmi di sangue. Ormai era un pensiero vivido e fisso nella mia mente, mente ancora totalmente confusa su mille altre cose ma su quella voglia di sangue non aveva più dubbi. Era il mio obiettivo, niente mi avrebbe fermato.
    Mi alzai di foga dal letto ma a quanto pare il mio corpo non era per niente pronto a quello scatto e senza rendermene conto caddi a peso morto sul pavimento della stanza, con un tonfo alquanto sonoro e che mi avrebbe fatta imprecare se solo non avessi la gola così secca e senza saliva da permettermi di farlo. Mi ritrovai così a rannicchiarmi su me stessa, con la testa che mi girava e un dolore lancinante allo stomaco, come se ci fosse stata da poco una qualche ferita, e rimasi lì, da sola, a piangere improvvisamente sommersa da tutte quelle emozioni che non capivo.
    Evelyn Imogen Giles


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    Le ore passavano lente. Io ero rimasto lì accanto al letto di mia sorella per alcune ore, prima di pensare al fatto che avrebbe avuto bisogno di sangue. Quindi decisi di uscire e andarne a procurare un po'. Avevo deciso di scegliere il sangue migliore che un vampiro potesse assaggiare. Quello di una fanciulla. Non c'era sangue più puro di quello, tra gli esseri umani. Non ci volle molto a trovare una giovane fanciulla. C'era sempre una zona di Londra abbastanza popolata anche la notte. E tra quella gente avevo notato la persona giusta. Una donna, di circa una ventina di anni, molto timida mentre parlava con un ragazzo che le faceva la corte. O forse era intimorita? Chissà perché era ancora in giro a quell'ora della notte...poco mi importava. Mi ci avvicinai, la ammaliai senza alcun problema e la portai a casa mia, passando per i vicoli isolati della città. Non le parlai, la feci entrare in casa mia e la portai fino alla camera dove si trovava mia sorella. Presi dal cassetto del comodino un medicinale babbano, che chiamavano sonnifero- non lo avrei mai detto, ma funzionano quelle cose, soprattutto sulle babbane- la feci sedere su una sedia in un'altra stanza e glielo somministrai, quanto bastava per farla dormire per un po' di tempo, quello necessario a Imogen.
    Così chiusi le imposte della finestra e tornai a sedermi. E aspettai ancora. Ancora e ancora. La notte passò, il sole probabilmente doveva essere già sorto. Non facevo niente, ero in una sorta di veglia funebre dove il giorno dopo avrei finalmente rivisto gli occhi suoi che guardavano i miei. Era uno strazio, quell'attesa. Ad un certo punto presi anche la mano di lei e la strinsi. Sentivo già che cominciava a raffreddarsi, quella mano. Feci un respiro profondo e appoggiai la fronte su quella mano, chiudendo gli occhi.
    Non era possibile. Spike, il vampiro più insensibile del pianeta, il più stronzo, il più crudele...si trovava lì ad implorare, a sperare che gli occhi di lei si aprissero e guardassero lui, appena si sarebbe svegliata, come prima cosa. Voleva che fosse il suo, il primo volto che avrebbe guardato risvegliatasi in forma di vampiro.
    Cosa avrebbe detto, appena capirà che era diventata un vampiro? Lo avrebbe ringraziato? Non lo sapevo. Pensavo solamente al fatto che, se non l'avessi vampirizzata e l'avessi lasciata lì in quel vicolo a morire, mi sarei ammazzato conficcandomi un paletto dritto al cuore.
    Guardai l'orologio da tasca, vidi che mancava ancora qualche ora al tramonto e quindi, almeno speravo, al risveglio di Imogen.
    Mi alzai e mi diressi verso la stanza dove avevo lasciato la fanciulla a dormire. Ero agitato, osservavo quella fanciulla di cui non conoscevo il nome, non provai nemmeno ad assaggiarne il suo sangue, per quanto ne avessi abbastanza voglia. Sarebbe stata Imogen a bucarle la giugulare e la prima a berne il sangue.
    Giravo per tutta la stanza, ne misuravo la grandezza coi miei passi e pensavo. Pensavo al fatto che ora mia sorella sarebbe stata sempre legata a me. Avremmo condiviso gli omicidi, il sangue da bere, il letto...cosa poteva andare storto? Non poteva non svegliarsi! Non me lo sarei mai perdonato.
    Un lampo di euforia mi apparse nei miei occhi, a quei pensieri. Eccitazione, quasi felicità, per quanto quella non faceva parte dei miei sentimenti.
    Poco dopo sentii un tonfo provenire dall'altra camera. Mi bloccai. Fissai il vuoto per un millesimo di secondo e poi mi fiondai fuori da quella camera per raggiungere mia sorella. “Imogen!” la vidi lì, sul pavimento, rannicchiata su se stessa, piangeva. Mi accovacciai per prenderla in braccio “Imogen...sono Spike, tuo fratello...mi senti?” di corsa raggiunsi l'altra stanza, dove si trovava la fanciulla addormentata e con un piede avvicinai una sedia vuota a quella occupata dalla ragazza. Feci sedere mia sorella, le spostavo i capelli indietro, le davo baci sul viso. “Imogen...sorella...sei rinata...ci sei riuscita...apri gli occhi” le sussurrava. Mi misi in ginocchio di fronte a lei, le presi le mani. “Guardami.” sussurrò. Prima volevo che fosse il mio viso, il primo che avrebbe visto, dopo il risveglio. Successivamente, se la sorella avesse finalmente riaperto gli occhi, mi sarei spostato per farle vedere la fanciulla. Mi avvicinai, poi, al suo orecchio, un soffio. “Nutriti.”
    Avrei atteso che lei si sarebbe nutrita col sangue puro di quella fanciulla per poi non resistere più. Mi sarei avvicinato alle sue labbra e l'avrei baciata, gustandone nuovamente il suo sapore e il sangue della ragazza che aveva appena bevuto.
    Spike Giles

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    Vampiro, 123 anni

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    Mille emozioni e sensazioni strane stavano inondando la mia mente come se quello fosse il modo giusto per farmi capire cosa fosse appena successo, ma cosa era appena successo veramente? L'unica cosa certa è che avevo una bramosia di sangue che non riuscivo a spiegarmi e in quel momento ragionare sulle possibili cause di quel volere bere sangue a tutti i costi non era fattibile, avevo la mente troppo annebbiata e confusa, avevo troppe incognite che si stavano affollando in me senza riuscire ad avere una risposta concreta.
    All'improvviso sentii una voce, una voce che avrei riconosciuto in mezzo alla folla, come il profumo sentito poco prima e che si collegava perfettamente a esso. Mio fratello era lì, il mio amato fratello si trovava in quel luogo, ma perchè si trovasse lì non lo sapevo, non sembrava affatto il posto dove sapevo che alloggiava prima di andarsene e soprattutto quando era tornato? Altre mille domande si stavano affollando dentro di me, non bastavano quelle strane sensazioni, ora c'era di mezzo pure mio fratello a farmene sorgere di altre. Cercai di alzare lo sguardo verso di lui, ma mi sentivo così priva di forze che quando mi sentii presa in braccio rimasi a peso morto, rannicchiandomi però tra quelle braccia che mi erano mancate così tanto e che ora mi stavano offrendo una protezione momentanea. Quel calore che emanava durante i nostri incontri fugaci però era sparito, ora sembrava come essere di ghiaccio ma quel ghiaccio aveva comunque una strana forma di casa, come se avessi trovato nuovamente il mio posto in quell'istante.
    Percepii chiaramente che stavamo andando da qualche parte, il cambio d'aria da una stanza all'altra mi travolse in pieno viso ma soprattutto un suono arrivò diretto al mio udito, un suono che prima di quel momento non avevo mai percepito ma che mi sembrava di conoscere da sempre per come fece risvegliare i miei sensi. Una vena stava pulsando chiaramente nel corpo di qualcuno in quella stanza, null'altro mi importava da quando quel suono giunse a me, volevo solo affondare i miei canini in quella vena e avere il sangue che tanto stavo bramando da quando mi ero risvegliata poco prima su quel letto. Avrei fatto uno scatto direttamente dalle braccia di mio fratello per lanciarmi sulla figura che intravedevo in quella stanza, ma qualcosa mi impediva di farlo, qualcosa mi stava dicendo che non era il caso di essere una creatura così brutale per quanto ne avessi voglia.
    Attesi, attesi di essere posata su una sedia da quelle braccia che fino a quel punto mi avevano tenuta tra loro come se fossi la cosa più delicata di questo mondo, ascoltai la sua voce, mi godetti quei baci che stavo aspettando da così tanto tempo e un piccolo sospiro uscì dalle mie labbra, un sospiro rilassato, una conciliazione tra il mio voler essere bestia e il mio voler stare con lui, un patto tra quelle due parti che ora si stavano incontrando e che avrebbero convissuto per il resto della mia vita. Strinsi piano le sue mani quando lui prese le mie, alzando lo sguardo verso il suo e facendomi sfuggire un piccolo sorriso, tirato, sforzato, ma un sorriso per lui, ancora non avevo chiare le parole sentite poco prima ma stava parlando di rinascita, qualcosa quindi era successa non ero pazza a sentirmi in quello stato senza che niente fosse successo. Con fatica portai una mano al suo viso, gli lasciai una piccola carezza sulla guancia destra ma tutto sembrava così faticoso ancora, in me continuava a risuonare quella voglia di nutrirmi di sangue umano e come se fosse una cosa ovvia, sapevo che quello mi avrebbe aiutata a riprendermi da quel mio stato di affaticamento e pesantezza. Al suo sussurro non c'era bisogno di aggiungere altro.
    Con uno scatto felino mi alzai da quella sedia e mi gettai diretta verso la giugulare della fanciulla che ancora stava dormendo, sembrò un gesto consueto, un gesto abitudinale, ma affondai i miei canini in quella vena che avevo sentito pulsare da appena entrata in quella stanza e che stavo bramando come mai prima. Socchiusi gli occhi mentre sentivo il sangue di quella donna scorrermi lungo la gola e inebriare ogni mio senso, facendo fremere il mio corpo come se fosse la più bella scopata che avessi mai fatto in vita mia, mi sentito così eccitata e euforica, una sensazione mai provata prima d'ora e che non volevo assolutamente che smettesse, anzi a mano a mano che quel sangue scorreva dentro di me ne volevo sempre di più. Più sangue io prendevo da quella donna, più sentivo il suo corpo affievolirsi nelle mie mani, come un fiore che appassisce in mancanza d'acqua, ma in quel momento non mi importava e non mi stavo assolutamente rendendo conto di quello che stavo facendo. Arrivai al punto di non sentirla più e come un giocattolo rotto la lasciai cadere a terra a peso morto, con quel chiaro tonfo di quando un corpo esanime cade e sai bene che non si rialzerà più. Ero completamente sporca di sangue, ancora ne avevo delle gocce che mi colavano dalle labbra, ero totalmente spaesata da quello che avevo appena provato e era vivido nel mio corpo, ma mi sentivo come rinata, tutto quello che stavo provando fino a poco prima di negativo era come svanito. Mi girai verso mio fratello, in cerca di risposte, ma senza rendermene conto mi ritrovai le sue labbra a contatto con le mie e come se nulla fosse mi ritrovai nuovamente travolta da mille emozioni che mi scombussolarono. Tra noi c'era sempre stato un forte legame, legame che se non fossimo stati fratelli sarebbe andato ben oltre il semplice bacio, ma in quel momento era come se il nostro legame di sangue fosse stato messo da parte e superato da qualcosa di più forte, da un legame diverso e che stava triplicando quello che sentivamo reciprocamente, almeno io sentivo quello. Senza pensarci oltre mi lasciai così trasportare da quel bacio con lui, condividendo quel sangue che mi era rimasto addosso, generando un qualcosa di più complesso di un semplice bacio umano.
    Evelyn Imogen Giles


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    Come avrei fatto a spiegarle ciò che l'avevo appena vampirizzata? Come l'avrebbe presa? Erano le domande che mi frullavano in testa mentre guardavo Imogen nutrirsi del sangue di quella malcapitata il cui corpo sarebbe andato a finire nelle acque del Tamigi. Facevo avanti e indietro, cercando di non dar peso alla sua voglia di unirsi al banchetto. Era il cibo di Imogen, solo suo. Io lo avrei preso dopo.
    Quando lei finì, ed il corpo della fanciulla cadde esanime sul pavimento, io mi fiondai sulle sue labbra, sentendone il sapore che non sentivo da anni ormai e gustando anche le gocce di sangue che le sporcavano quelle labbra.
    Non avrei voluto più staccarmi da lei, continuavo a baciarla, la stringevo tra le mie braccia. Era viva. Era tornata in vita grazie a me! Non avrei saputo cosa fare se non fossi stato un vampiro. Dovevo ringraziare chi mi abbracciò, per una volta. Senza di lei non avrei potuto vivere. Ero niente e, quando ero andato via da Londra, sentivo la sua mancanza come non l'avevo mai sentita. Era stato un gravissimo errore, quello di andarmene via e non me lo sarei mai perdonato.
    Dopo un po' decisi di staccarmi dalle sue labbra (seppur di malavoglia) ma dovevo spiegarle tutto: Cosa le era successo e soprattutto quello che ero diventato io. Lei non sapeva nulla della mia natura, del fatto che ero un vampiro ed ora era decisamente arrivato il momento di dirle tutto.
    “Imogen!” Cominciai, accompagnandola verso la camera da letto, dove magari lei si sarebbe potuta sdraiare. “Devo spiegarti diverse cose, Imogen.” non avrei nemmeno aspettato che lei iniziasse a fare domande. La feci sedere sul letto ed avvicinai una sedia per potermi sedere di fronte a lei. Le presi le mani tra le mie e cominciai a parlare. “Cazzo...” mormorai scuotendo la testa e facendo un respiro profondo “Qualcuno...qualcuno ti ha...ti ha pugnalato allo stomaco. Ti ho trovata a terra, in un vicolo, in una pozza di sangue...eri...quasi morta.” dissi facendo poi una pausa per fare un profondo respiro. Poi continuai. “Tu ancora non lo sai. Io, Imogen, sono un vampiro. Sono stato vampirizzato tre anni fa.” Senza giri di parole. Perché avrei dovuto prendere la strada lunga se avevo la scorciatoia? Quindi glielo dissi e feci un'altra pausa, sperando che non l'avesse presa in malo modo. “Se...se non l'avessi fatto...se non l'avessi fatto tu saresti morta! Non me lo sarei mai perdonato, se fosse successo! Mi sarei conficcato un paletto nel cuore. Non sarei potuto sopravvivere...” Il mio sguardo era fisso su di lei, non piangevo ma ero davvero, davvero preoccupato. L'unica mia ragione di vita. Mi portai le mani sul viso, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sospirai. “Ti ho trasformata. Sei diventata un vampiro, Imogen”.
    Forse lo avrebbe intuito dalla sua grande voglia di bere del sangue, ma io dovevo dirglielo. Sarei anche stato attento a qualunque domanda mi avrebbe rivolto, se lo avesse fatto. Cosa mi avrebbe detto? Non restava altro che ascoltarla.
    Spike Giles

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    Animal I have become
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    Vampiro, 123 anni

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