Distractions

Marcus - Nathan

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    La luce del giorno che filtrava dalle finestre era un piacevole benvenuto in quei corridoi imprevedibili (ma nemmeno troppo) dell'accademia. Nel bel mezzo di essi, il ragazzo stava camminando lasciando che i suoi passi si mischiassero a quelli degli altri studenti, diventando un rumore di sottofondo ritmato. Come al suo solito però, questo rumore non entrava nelle sue orecchie, visto che il suo cervello era troppo impegnato in altro.

    Affondare i pensieri nella musica era un'evenienza normale per Marcus, incurante della gran parte di ciò che gli accadeva attorno. Non importava nemmeno che avesse le cuffie, perchè conosceva i brani a memoria e attivare una canzone che era la sua ultima fissazione richiedeva meno di un pensiero. Non era certo strano, in fondo, quel che era strano era vedere uno con la faccia impietrita e distratta muovere solo le labbra senza che un suono uscisse dalle sue labbra. Sarebbe stato facile, e per nulla controverso, pensare che fosse totalmente uscito di senno.

    Soft spoken like a gun, at the top of my lungs...

    Mentre il ritmo nella sua testa si sintonizzava lentamente a quello dei suoi passi, il solito ripasso mentale delle lezioni non poteva essere evitato. Era un mistero come le due cose potessero coesistere insieme nella sua testa, ma funzionava e di certo non si era mai lamentato della cosa. I corridoi della scuola erano ancora leggermente difficili da ricordare perfettamente, considerando che la sua memoria era spesa in tutto tranne che in senso dell'orientamento - e che, un po' come le scale della sua vecchia, cara scuola, questi adorassero fare un po' quello che volevano. Fattore non da poco, inoltre, era che come al solito il ragazzo fosse da solo, e stesse continuando a macinare metri fisso per la sua meta, la biblioteca, dove spesso e volentieri cercava qualcosa. Ancora ben lontano da lì però, aveva ancora tempo da perdere. Il vero problema era uno solo, cioè che guardare i suoi dintorni era un'opzione valida solo quando non stavi cercando di fare all'incirca tre cose assieme e in procinto di avviare la quarta. Il rischio di finire come all'autoscontro non era poi così lontano, e nemmeno così nuovo, per lui.

    We're the underground, we never die, we never die.

    Il karaoke stava tranquillamente continuando nel frattempo. Era inguaribile, probabilmente. C'era rimasta solo la speranza che nessuno ci facesse troppo caso, o che quantomeno non finisse per fare danni in quei corridoi rossi costellati da finestre.

    Sarebbe successo, sì. Era praticamente un'evenienza certa.

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    Marcus Ainsworth - Dioptase - 16 anni - Scheda
     
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    Se Nathan Parker King fosse stato un genere musicale sarebbe stato senza dubbio il raeggeton: testo ai limiti del porno, poco profondo, ritmo che lasciava intendere ben altri movimenti -preferibilmente in qualche vicolo- tutti che lo odiavano ma alla fine musica che faceva davvero partire la festa. Okay, era tutto vero tranne per il piccolo dettaglio che lui non fosse così odiato o almeno quella era la percezione che lui avesse della realtà. Beh, sempre se non si considerava Lancelot Olwen. Il professore aveva deciso di renderlo il suo schiavetto sessuale dopo che lui lo aveva accusato di aver avuto una liaison con una studentessa, mollandola solo perché lei incinta e quindi non riconoscendo il figlio nato dalla loro unione. «Sono troppo buono, avrei dovuto ucciderla con le mie mani, e invece...» E invece ci andava ancora a letto, sebbene i suoi interessi sentimentali iniziassero a veleggiare verso una data Dioptase, dimostrando come non fosse buono ma semplicemente un grandissimo idiota, che ragionava più con le parti basse finendo con l'atrofizzare una già moribonda materia grigia. E così, il fido Ametrino, veleggiava per i corridoi di sabato mattina con una pila assurda di libri tra le mani che dall'ufficio di Olwen stava riportando in biblioteca. Il docente era stato ben chiaro: niente magia, solo pratica di quei muscoletti nel trasportare secoli di sapere da una parte all'altra del castello. Quello, ad esempio, era il terzo -o forse quarto- tragitto che il ragazzo stava compiendo da una parte all'altra dell'accademia con la visuale nascosta dalla costa di un libro che recitava: "Rune apocrife e sigilli aritmantici", un enorme, fastidiosissimo, dito in culo per il bostoniano. E proprio quell'ultimo mattone non gli fece vedere un ostacolo finendo con l'incespicare, far volare i libri e crollare come una pera cotta sul pavimento di pietra. «Ouch! Che dolore!» E si manteneva la spalla dolorante, quella destra, che aveva impattato duramente contro la superficie dove avrebbe dovuto camminare. Alla fine l'ostacolo non era qualche mobilio o accessorio, bensì un ragazzo in carne ed ossa, del suo anno e fin troppo strambo per i suoi gusti. Praticamente non conservava nessun ricordo di lui a lezione e a discolpa del moretto poteva additare la colpa ad Amelia Farley ed Emma Lewis. In un modo o nell'altro le due bionde avevano la capacità di capitalizzare la sua completa attenzione seppur per due motivi diversi. «Ma quando hai fatto l'ultima visita oculistica?» Le parole sebbene astiose vennero pronunciate con un tono leggero, ben diverso da quello che avrebbe utilizzato una Black Opal di nostra conoscenza. «Non pensavo di essere così invisibile, felice di saperlo, pff!» Si guardò intorno, vedendo la distesa dei libri finiti con il creare uno strano disegno a spirale dove di sicuro il prof di Divinazione sarebbe riuscito a trovarne un significato, tipo che a pranzo ci sarebbero stati i broccoli. «Ewww, che schifo!» Un pensiero disgustoso che si tradusse in una smorfia altrettanto disgustosa.
    «Tu tutto okay? Ti sei fatto male?» Avrebbe cercato di rimettersi poi in piedi, muovendo dapprima la spalla e poi iniziando a roteare un braccio per sincerarsi che fosse ancora del tutto intero. Al mancato suono sinistro delle ossa e al tendere tranquillo dei muscoli comprese come non si fosse rotto nulla ma che la caduta gli avrebbe al massimo causato un piccolo livido, nulla di più. «Assurdo che tutto questo è successo perché non so tenermelo nei pantaloni!»
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    Come volevasi dimostrare. Fra la distrazione generale del ragazzo che aveva di meglio per la testa - ma anche no, in realtà - e il povero ragazzo che aveva la visuale bloccata dai libri, lo scontro fu inevitabile. Marcus rimbalzò all'indietro, non riuscendo nemmeno ad accorgersi per tempo cosa stesse succedendo, mentre le cuffie gli rimbalzarono fuori solo da un orecchio. Sentì il tonfo dei libri che caddero a terra, oltre che il dolore della caduta. Temporaneo, certo, ma non era comunque piacevole. Cadere senza preavviso era tranquillamente un'esperienza che avrebbe evitato, ma ormai era andata.

    Fissò colui con cui si era scontrato, con uno sguardo abbastanza sorpreso. Sapeva che fosse principalmente colpa sua, ma la voce in parte nascosta dalla musica che ancora riempiva le sue orecchie affogava in parte le parole di scherno di Nathan. Per quel che capì, però, aveva la risposta pronta. - Abbastanza di recente da sapere che non è quello il problema. - Non era troppo infastidito dal commento, poteva capire il sentimento in fondo, ma di certo non si sarebbe abbassato a prendere la frase lasciando correre. Troppo orgoglio per farlo.

    Si alzò, massaggiandosi la schiena dolorante un paio di volte, e fissò meglio il figuro che gli si era parato davanti la strada mentre si alzava. Non era certo di ricordarlo, ma aveva un che di familiare. Forse solo una sensazione, la sua memoria che gli faceva scherzi, oppure doveva ricordarselo ma non gli veniva in quel momento. L'unica cosa di certo era che fosse un Ametrin, ma a poco gli sarebbe servito in quel momento. Controllò anche il telefono, per essere certo che fosse salvo, e sfruttò quel momento per spengere la musica e concentrarsi sulla situazione che aveva fra le mani, posandolo nelle tasche. Rispose quindi al ragazzo un'altra volta, quando gli chiese se stesse bene. - Sì, tutto bene, grazie.

    Scosse la testa, osservando i libri che erano caduti a terra. Non esitò nel chinarsi, cercando di rimediare al suo errore. Nel frattempo, continuò a rivolgersi a Nathan. - Marcus. - Lo fissò per un attimo, mentre diceva il suo nome, per poi tornare a raccogliere quei tomi sul pavimento. - Scusa, ero perso in altri pensieri.

    In parte con la coscienza sporca, il ragazzo si scusò in fretta con chi aveva impattato poco prima, le sue azioni che sperò lo dimostrassero prima di quelle parole. Però si chiedeva cosa ci facesse con quella mole di libri. Non era proprio normale portarli tutti da solo, e non credeva nemmeno che potesse usarli tutti assieme per studiare. Decise di scoprirlo nella maniera più veloce. - Vuoi una mano a portarli?

    L'offerta era sincera, voleva farsi perdonare in qualche modo. Sperava solo che l'altro non lo rifiutasse in via diretta, ma non se ne sarebbe crucciato troppo. Non credeva che una richiesta di aiuto sarebbe veramente stata rifiutata, specialmente considerando la mole di roba che stava portando da solo per chissà quale ragione. Ragione che se fosse stato attento all'ultima frase dell'altro forse avrebbe potuto capire, ma a quella, la sua unica reazione era stato:

    Che vorrebbe dire? - Quello che non uscì dalla sua bocca, perchè sapeva quanto potesse suonare provocatorio, era un "Te la sei fatta con quella sbagliata?" che avrebbe fatto probabilmente la sua brutta figura, specialmente nel non sapere la reale situazione dell'ametrino.

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    I libri, la fretta che fa i figli scemi, lo scontro e la presa a male di Nathan verso il povero malcapitato furono solo alcune delle cose successe nel brevissimo lasso di tempo trascorso da quando aveva lasciato l'ufficio del runologo. Le bestemmie interiori -qualcuna mugugnata tra i denti quando aveva iniziato ad impilare i libri mentre il docente giocherellava con la bustina dell'infuso che stava bevendo- furono molteplici, tanto che buona parte dei santi del calendario avrebbero avuto qualche problema tra starnuti, fischi nelle orecchie e pizzicori costanti. Avrebbe tanto voluto scusarsi per quella sua condotta immorale eppure non ci riuscì. E non ci riuscì neanche col povero malcapitato contro cui era andato a scontrarsi. L'aveva accusato di non vederci bene e alla sua pronta risposta King non si era sottratto nel continuare ad andargli contro. «Secondo me dovresti cambiare medimago, così, giusto per dire», osservò serafico, riprendendo gli stessi movimenti che aveva prodotto a stento cinque minuti prima. Quel che però non aveva previsto era la volontà di tizio di rimarcare il suo nome, come se gli potesse interessare davvero. «Ahw qualcosa è il tuo cognome no?» Per quanto potesse sforzarsi per lui sarebbe stato sempre Dioptase numero tre, ma non per cattiveria: a stento riusciva a rincorrere i nomi e i volti degli ametrini e poi, diciamocelo, lui non aveva alcun requisito fisico che potesse suscitare il suo interesse. Beh, tranne i suoi inquietanti occhi e le orecchie a sventola.
    «Ed io ero perso tra le fiamme dell'inferno», lo informò ben sapendo che all'altro non sarebbero interessati. Quanto alla sua offerta di aiuto Parker avrebbe voluto davvero tanto accettare, ma sapeva che farlo avrebbe significato firmare una condanna a morte per i suoi poveri muscoli. Se perdeva quello era decisamente finito. «No, grazie. Olwen ha lanciato qualche maledizione che se qualcuno dovesse provare ad aiutarmi il peso si triplica. Di tutti.» lui e le sue maledette rune di merda capaci di fare cose inimmaginabili. Che poi, ripetiamolo, manco avesse ucciso qualcuno! Tanto che se lui se lo lasciò sfuggire e l'altro non perse tempo nel chiedergli dove volesse andare effettivamente a parare. «Mai inzuppare il biscotto in una tazza sbagliata, Marcus, ti si potrebbe spezzare» e non solo poi così tanto figurativamente parlando. Ad ogni modo se non poteva contare sull'aiuto fisico poteva chiedere a Dioptase n.5 -o era quattro?- di fargli da discreto supporto morale. «Tu, invece, perché eri con la testa altrove? Cosa ti perplime? Racconta pure a Nathanuccio tuo. Sai, stavo pensando di mettere su un format televisivo, tipo salotto di gossip e di sostegno psicologico per noi poveri studenti di Hiddenstone. Non trovi anche tu che sarà un bel successo?»
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